TAR Lazio (RM), Sez. I-Ter, n. 9846, del 18 novembre 2013
Beni Ambientali.E’ vietata la privatizzazione dei terreni ad uso civico ricadenti in aree naturali protette

Ai sensi dell’art. 1 della L.R. n. 11 del 18/2/05 la Regione Lazio ha vietato la privatizzazione dei terreni di proprietà collettiva di uso civico ricadenti in aree sottoposte a vincoli, a tutela dei parchi e delle aree protette.  Inoltre, secondo la giurisprudenza formatasi in materia, il provvedimento di legittimazione pur in presenza delle condizioni fissate dalla legge, tra cui la esecuzione di "migliorie sostanziali e permanenti”, che in ogni caso debbono consistere in opere preordinate alla coltivazione o comunque allo sfruttamento agricolo o zootecnico del suolo ed alla soddisfazione dell'interesse agrario della collettività, rimane pur sempre un atto a carattere eccezionale, cui è possibile pervenire solo attraverso un adeguato apprezzamento, rimesso al potere discrezionale del Commissario, di tutti gli interessi pubblici eventualmente ostativi alla legittimazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 09846/2013 REG.PROV.COLL.

N. 02864/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2864 del 2009, proposto da:
Lieti Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Carlo Pucci, con domicilio eletto presso Pietro Carlo Pucci in Roma, via Riccardo Grazioli Lante, 9;

contro

Regione Lazio, rappresentato e difeso dall'avv. Rosa Maria Privitera, con domicilio eletto presso Rosa Maria Privitera in Roma, via Marcantonio Colonna, 27; Comune di Farnese, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Luisa Acciari, con domicilio eletto presso Studio Cerulli Irelli Lorizio in Roma, via Dora, 1;

per l'annullamento

della determinazione del Direttore del Dipartimento Economico ed Occupazionale della Regione Lazio n. C0184 del 12/2/09, avente ad oggetto la “Reintegra di terreni di demanio collettivo a favore del Comune illegittimamente occupati dalle ditte Lieti Antonio ed Alfonsi Nicolino”.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e del Comune di Farnese;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il dott. Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con determinazione n. C0184 del 12 febbraio 2009, la Regione Lazio ha disposto la reintegra del Comune di Farnese nel possesso dei terreni ricadenti all’interno delle particelle n. 51 del foglio n. 3 del Comune di Farnese, per una superficie complessiva di Ha 8.97.00, e delle particelle n. 89 e 45 del foglio 13 del Comune di Isola di Castro, ai sensi del combinato disposto dell’art. 9 della L. 16/6/27 n. 1766 e dell’art. 29 del R.D. 26/2/1928 n. 332.

Tali terreni furono assegnati con Decreto Commissariale di quotizzazione del 29 settembre 1956, con il quale era stata autorizzata la concessione in enfiteusi di 69 quote site nel terreno di Farnese ed in parte in quello di Isola di Castro.

In particolare, i terreni siti nella località “I Raggi” distinti in C.T. al foglio 3 del Comune di Farnese, particella n. 51, sono stati individuati con le quote n. 51, 52, 57, 58, 59, 60, 61, 62 e 63, mentre il terreno in località “Panetto” distinto in C.T. al foglio 13 del Comune di Isola di Castro, part. n. 89 e 45, è individuato con la quota 10.

I terreni risultano occupati quasi tutti dal ricorrente il quale dapprima si è opposto alla proposta di reintegra, e poi ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale la Regione Lazio non ha accolto la sua opposizione ed ha disposto la reintegra del bene demaniale.

A sostegno della propria impugnazione ha dedotto i seguenti motivi di gravame:

__1. Incompetenza e carenza di potere (violazione dell’art. 29 della L. 1766/29).

Ha dedotto il ricorrente che la competenza spetterebbe al Commissario Regionale per la liquidazione degli usi civici e non all’autorità amministrativa, e che pertanto il provvedimento regionale sarebbe illegittimo.

__2. Incompetenza (violazione dell’art. 29 della L. 1766/29) ed eccesso di potere per difetto di motivazione.

Non avendo provato il perito demaniale la natura demaniale dei beni, non potrebbe disporsi la reintegra senza aver prima accertato detta natura in sede giurisdizionale.

__3. Violazione di legge (violazione dell’art. 29 della L. 1766/29).

Ha dedotto il ricorrente che la Regione non avrebbe potuto disporre la verifica demaniale con riferimento a specifici beni (9 quote su 56).

__4. Violazione di legge (violazione dell’art. 8 della L. 241/90).

Lamenta la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento all’esito del quale è stata disposta la reintegra, con conseguente impossibilità di essere presente agli accessi svolti dal perito demaniale e di intervenire nella fase di verifica.

__5. Violazione di legge (violazione dell’art. 10 della L. 241/90 e dell’art. 30 comma 1 del R.D. n. 332 del 1928).

Lamenta, inoltre, di non aver potuto visionare la documentazione a corredo dell’istanza di reintegra e la relazione della competente struttura regionale in materia di usi civici.

__6. Violazione di legge (violazione degli artt. 7 e 8 della L. 241/90).

Deduce poi la violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento.

__7. Violazione di legge (violazione dell’art. 33 della L. 1766/27).

Sostiene il ricorrente che la Regione non potrebbe demandare al Comando della Polizia Municipale del Comune di Farnese la riconsegna del terreno e l’allontanamento degli occupanti abusivi, in quanto il ricorso alla forza pubblica sarebbe riservata ai soli Commissari regionali in quanto organi giurisdizionali.

__8. Eccesso di potere per difetto di motivazione; violazione di legge (art. 10, lett. b) L. 241/90.

Sostiene che nel respingere la sua opposizione alla proposta di reintegra, la Regione non avrebbe indicato le ragioni per le quali avrebbe ritenuto di non poter accogliere la sua richiesta.

__9. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

Lamenta il ricorrente il difetto di motivazione sull’interesse pubblico alla riappropriazione dei fondi, in quanto in precedenza il Comune di Farnese aveva stipulato con altri occupanti abusivi “atti di concessione in via conciliativa” definendo con un accordo il contenzioso con costoro.

__10. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

Mancherebbe la motivazione in merito all’interesse pubblico alla reintegra, in quanto con deliberazione di G.M. n. 155 del 2003, il Comune di Farnese ha stabilito di procedere al recupero dei frutti indebitamente percetti per 10 anni come corrispettivo per l’occupazione abusiva dei terreni del demanio civico: non vi sarebbe quindi alcun interesse a riappropriarsi dei terreni occupati.

__11. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

L’affitto della quota non costituirebbe violazione del divieto di cui all’art 21 comma 3 della L. 1766/27, né violazione delle condizioni alle quali sono state concesse le quote con provvedimento commissariale del 1956.

__12. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

Sostiene il ricorrente di disporre dei requisiti previsti per la legittimazione, contrariamente a quanto ritenuto dalla Regione in adesione alla relazione redatta dal perito demaniale, in quanto egli sarebbe occupante abusivo, non vi sarebbe prova dell’interruzione della continuità del demanio civico, ed inoltre egli avrebbe apportato migliorie al fondo.

__13. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

Sostiene di essere occupatore abusivo e dunque di poter ottenere la legittimazione.

Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

Si è costituita in giudizio la Regione Lazio che ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Si è costituito in giudizio anche il Comune di Farnese che ha chiesto anch’esso il rigetto del ricorso infondatezza.

In prossimità dell’udienza di discussione la parte ricorrente ha depositato una memoria nella quale ha meglio precisato le proprie tesi difensive.

All’udienza pubblica del 17 ottobre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto il vizio di incompetenza, sostenendo che il potere di reintegra rientrerebbe tra le attribuzioni dei Commissari Regionali per la liquidazione degli usi civici in sede giurisdizionale, e non spetterebbe quindi all’autorità amministrativa.

La censura è infondata.

Nell’ambito del complessivo trasferimento di funzioni amministrative precedentemente attribuite allo Stato, o ai suoi organi periferici, l’art. 66 del D.P.R. 616/77 ha disposto il trasferimento alle Regioni delle competenze attribuite al Commissario per la Liquidazione degli usi civici: restano quindi assegnate al Commissario per il riordino degli usi civici le sole attribuzioni di carattere giurisdizionale.

Pertanto, secondo il costante orientamento della giurisprudenza “L'azione di reintegra al demanio di uso civico delle terre abusivamente detenute da privati, delle quali sia già accertata, o comunque incontestata, la qualità demaniale costituisce, a differenza dell'azione di rivendica - che tende invece al recupero del bene attraverso l'invocato riconoscimento della sua appartenenza al demanio di uso civico ed è attribuita alla giurisdizione del commissario regionale per la liquidazione degli usi civici dagli art. 29 e 32, l. 16 giugno 1927, n. 1766 e dall'art. 3, l. 10 luglio 1930, n. 1078 - esplicazione del potere di autotutela della p. a., rispetto al quale la posizione dell'occupante è di interesse legittimo, con riguardo all'eventuale beneficio dell'istituto della legittimazione; pertanto, salvo che l'opposizione importi contestazione della qualitas soli, l'azione di reintegra, che già apparteneva alla competenza del commissario regionale (ai sensi dell'art. 9, l. 16 giugno 1927, n. 1766, nonché degli art. 25, 29, 30, 31, r. d. 26 febbraio 1928, n. 332) quale organo della p. a., non rientra più nelle attribuzioni dello stesso, essendo state trasferite alle regioni, mediante l'art. 66, d. p. r. 24 luglio 1977, n. 616, tutte le funzioni amministrative attinenti alla liquidazione degli usi civici, allo scioglimento delle promiscuità, alla verifica delle occupazioni ed alla destinazione delle terre di uso civico”. (cfr., tra le tante, Cass. civ. Sez. Unite, 24-04-1992, n. 4963; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, 18-04-2002, n. 997; Cass. civ. Sez. Unite, 02-04-1998, n. 3385).

Ne consegue l’infondatezza della censura.

Altrettanto infondato è il secondo motivo, con il quale il ricorrente contesta la natura demaniale del bene oggetto di reintegra, in quanto i terreni in questione sono stati quotizzati con decreto commissariale del 29/9/56, approvato con D.P.R. del 23/4/57 registrato alla Corte di Conti il 24/5/57 a norma dell’art. 13 della L. 16/6/27 n. 1766.

Dalla relazione redatta dal tecnico Geom. Guerrino Randolfi in servizio presso l’Ufficio Usi Civici e Diritti Collettivi della Direzione Regionale Agricoltura della Regione Lazio del 18/12/08, depositata dalla Regione Lazio, si evince in modo incontestabile la natura demaniale dei terreni in questione; del resto lo stesso ricorrente ha reso in passato dichiarazioni sostitutive nelle quali ha riconosciuto la natura demaniale di detti beni (cfr. doc. n. 16, 17, 18 fascicolo documenti del Comune di Farnese), e proprio per l’incontestata natura demaniale dei terreni, il Commissario Usi Civici, con sentenza del 12/7/97 n. 127, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione nella controversia proposta nei confronti del Comune di Farnese, relativa ancora una volta ai medesimi beni.

La censura deve essere pertanto respinta.

Altrettanto infondato è il terzo motivo di gravame, in quanto il perito demaniale può procedere all’espletamento delle operazioni demaniali secondo le necessità del caso, non essendo affatto vincolato ad effettuare la verifica demaniale contestualmente su tutti i terreni.

Con il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso lamenta il ricorrente la violazione delle norme sul procedimento amministrativo.

Le censure sono infondate.

Innanzitutto si applica al procedimento in questione la normativa speciale propria della materia: il provvedimento impugnato è stato preceduto da una regolare verifica demaniale, ai sensi degli artt. 15 e 16 del R.D. n. 332/28.

Il perito demaniale ha visionato i fondi occupati alla presenza del ricorrente, del rappresentante del Comune e degli originari assegnatari delle quote (cfr. verbali di sopralluogo depositati dal Comune di Farnese); ha formulato la proposta di reintegra dopo aver rilevato che i fondi non erano occupati dai legittimi assegnatari, bensì dal ricorrente, e che detti fondi non presentavano migliorie.

La relazione demaniale è stata regolarmente pubblicata all’Albo Pretorio del Comune ed è stata comunicata al ricorrente che ha proposto opposizione ex art. 30 comma 2 R.D. n. 332/28, alla quale ha fatto seguito un sopralluogo da parte del tecnico regionale dopo la convocazione delle parti interessate.

Il provvedimento di reintegra è stato quindi emesso nel rispetto delle norme previste dalla speciale procedura.

Nessuna lesione del contraddittorio può dunque sussistere, e comunque tenuto conto della natura del provvedimento, una volta accertato il possesso sine titulo del bene, la mancata partecipazione al procedimento non avrebbe potuto comunque sovvertire il suo esito (Cons. Stato Sez. V 3/2/09 n. 595).

Il settimo motivo è inammissibile, in quanto dal suo eventuale accoglimento non deriverebbe al ricorrente alcuna utilità, non potendo conseguire il ricorrente l’annullamento del provvedimento di reintegra.

Con i successivi motivi il ricorrente censura il provvedimento di reintegra rilevando:

-- che la Regione non avrebbe spiegato le ragioni per i quali avrebbe ritenuto di non poter accogliere la sua opposizione;

-- che il provvedimento sarebbe carente nella motivazione con riferimento all’interesse pubblico alla sua adozione.

-- che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Regione, egli disporrebbe dei requisiti per poter ottenere la legittimazione.

Le censure sono infondate.

In seguito all’opposizione, la Regione ha incaricato un proprio tecnico di verificare la regolarità del procedimento, e la possibilità di disporre la legittimazione anziché la reintegra.

Il tecnico regionale Geom. Guerrino Randolfi, nella relazione del 18/12/08, ha accertato la regolarità del procedimento, la demanialità dei beni, l’inesistenza dei presupposti per disporre la legittimazione esaminando puntualmente tutti i motivi di opposizione.

La Regione ha emesso il provvedimento sulla base della relazione del proprio tecnico, nella quale è stato confermato che i fondi non erano gestiti dal concessionario, ma che erano stati addirittura affittati abusivamente ad un terzo (l’attuale ricorrente), e che, in ogni caso, non erano stati migliorati; ha quindi dichiarato – conformemente a quanto sostenuto dal proprio tecnico – che non sussistevano i presupposti per la legittimazione.

Date queste premesse, l’interesse pubblico alla reintegrazione è in re ipsa e non necessita di un particolare sforzo motivazionale, configurandosi il provvedimento di reintegra come atto vincolato, dovendo l’Amministrazione riappropriarsi dei fondi per una più corretta e funzionale gestione degli stessi, come correttamente indicato dalla Regione nel provvedimento impugnato.

Né può ritenersi – come pretenderebbe il ricorrente - che l’interesse alla reintegrazione potesse venir meno per effetto di particolari pregressi accordi con soggetti terzi (come quelli indicati nel ricorso) in merito al pagamento dei frutti (peraltro mai effettuato dal ricorrente, secondo quanto dedotto dal Comune di Farnese), ovvero in considerazione di altri accordi per la concessione dei terreni agli occupanti abusivi (che comunque presupponevano la previa reintegra dei terreni del demanio pubblico abusivamente occupati).

Infine, non può accogliersi neppure la censura diretta a sostenere che ricorrevano i presupposti per la legittimazione in quanto – come ha correttamente rilevato la Regione Lazio – il ricorrente non solo non l’ha mai richiesta, ma neppure ha dimostrato di aver migliorato i fondi, elemento indispensabile per poterla ottenere, senza considerare che i terreni in questione si trovano all’interno della Riserva Naturale “Selva del Lamone” e che dunque la legittimazione avrebbe interrotto la continuità del demanio civico.

A questo proposito il Comune di Farnese ha inoltre rilevato che ai sensi dell’art. 1 della L.R. n. 11 del 18/2/05 la Regione Lazio ha vietato la privatizzazione dei terreni di proprietà collettiva di uso civico ricadenti in aree sottoposte a vincoli, a tutela dei parchi e delle aree protette.

Sussiste dunque questo ulteriore impedimento alla legalizzazione.

In ogni caso, non risulta provato che il ricorrente avesse effettuato migliorie sui fondi, secondo la definizione datane dalla giurisprudenza.

Secondo la giurisprudenza, infatti, le "migliorie" di cui all’art. 9 del R.D. 1766/27 debbono consistere in opere preordinate alla coltivazione o comunque allo sfruttamento agricolo o zootecnico del suolo ed alla soddisfazione dell'interesse agrario della collettività (così, tra le altre, Cons. St. VI, 14 ottobre 1998, n. 1379; e 5 maggio 1997, n. 291).

Ed anzi, la stessa giurisprudenza è giunta ad affermare che non è sufficiente, cioè, una generica opera di miglioramento - che sarebbe sempre ricorrente, trattandosi in genere di occupazione di terreni in stato di abbandono .-, ma occorre invece che l'occupante abbia posto in essere una specifica attività di trasformazione fondiaria ("sostanziale" e "permanente"), in grado così elevato da far apparire contrario all'interesse pubblico il ricorso alla reintegrazione.

Si deve in ogni caso aggiungere che, secondo la giurisprudenza formatasi in materia, il provvedimento di legittimazione pur in presenza delle condizioni fissate dalla legge - tra cui la esecuzione di "migliorie sostanziali e permanenti" - rimane pur sempre un atto a carattere eccezionale, cui è possibile pervenire solo attraverso un adeguato apprezzamento, rimesso al potere discrezionale del Commissario, di tutti gli interessi pubblici eventualmente ostativi alla legittimazione (cfr. Cons. St. VI 9 marzo 1996, n. 404; 27 aprile 1999, n. 524; Cons. Stato Sez. VI 13/5/02 n. 2557; T.A.R. Abruzzo, Sez. Pescara 30/6/06 n. 368).

Il ricorrente, a confutazione di quanto emerso in sede di relazione tecnica, ha depositato soltanto vecchie domande di concessioni di contributi da parte dell’AGEA che non soddisfano i requisiti previsti dalla legge, e che non possono superare quanto è stato accertato in sede di sopralluogo dal perito regionale (i terreni sono interamente destinati ad erbaio, senza alcun miglioramento agrario e fondiario) e che è comunque evincibile anche dalla documentazione fotografica allegata alla relazione tecnica del 18/12/08 versata in atti dalla Regione Lazio.

Ne consegue l’infondatezza del ricorso e la sua conseguente reiezione.

Quanto alle spese di lite, tenuto conto della peculiarità della fattispecie, sussistono comunque giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

Rita Tricarico, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)