Il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 e s.m.i. cosiddetto Salva Casa
(Quinto scritto di approfondimento)
di Massimo GRISANTI

Segue i primi quattro scritti d’approfondimento pubblicati su Lexambiente dedicati alle modificazioni degli articoli 2-bis, 6, 9-bis e 23-ter del Testo unico dell’edilizia.
In questo quinto vengono analizzate le modifiche all’art. 24 t.u.e.
    5. Sulle modifiche all’art. 24 (Agibilità) del Testo unico dell’edilizia.
        5.1 È necessario ricordare che con l’art. 5, co. 1, d.P.R. 425/1994 il legislatore ha disposto che "Ai sensi dell'art. 2, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati il primo comma dell'art. 221 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, [...] LIMITATAMENTE ALLA DISCIPLINA PER IL RILASCIO del certificato di abitabilità". L’art. 2 della legge 537/1993, intitolato “Semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi” stabilisce: “Le norme, anche di legge, regolatrici DEI PROCEDIMENTI indicati al comma 7 sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui al medesimo comma 7”. Ciò che viene semplificato e accelerato è il procedimento senza che il provvedimento venga eliminato.
Cosicché, il primo comma dell’art. 221 TULS è così sempre vigente: “Gli edifici o parti di essi indicati nell'articolo precedente non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando [[previa ispezione dell’ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato]] risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità”.
Pertanto, per abitare le case è ancor oggi necessaria l’autorizzazione del Sindaco quale autorità sanitaria locale ex art. 2 TULS, il quale, in ragione del fatto che le condizioni di agibilità possono mutare nel tempo, una volta ottenuta la certificazione della salubrità dei luoghi ben può modulare il provvedimento autorizzatorio in guisa che le condizioni siano mantenute oppure introdurvi elementi accidentali che ne determinino la decadenza.
Del resto, se non fosse stato così non sarebbe esistito il presupposto per istituire la segnalazione certificata di agibilità sul modello della SCIA ex art. 19 L. 241/1990, la quale richiede l’esistenza di un provvedimento amministrativo da sostituire con l’atto oggettivamente e soggettivamente privato.
In questo quadro, l’attestazione del direttore dei lavori che, quale esercente un servizio di pubblica necessità, assevera la sussistenza delle condizioni di agibilità surroga l’accertamento dei luoghi e la certificazione dell’ingegnere comunale della loro salubrità che era previsto dall’art. 221 TULS fino all’entrata in vigore del d.P.R. 445/2000.
        5.2 Sennonché, poiché l’ordinamento non concepisce che possa esservi uno iato tra il progetto di cui la pubblica amministrazione ne autorizza l’esecuzione e l’effettivo rispetto delle norme igienico sanitarie, tanto che i locali possono essere dichiarati inagibili ancorché l’opera sia stata eseguita in conformità al progetto, ecco che, SOLO PER GLI EDIFICI ESISTENTI DA RECUPERARE D’ORA IN AVANTI in guisa da limitare il consumo di suolo, si è reso necessario prevedere la possibilità di derogare, prima di eseguire l’opera, a taluni parametri igienico sanitari: la superficie dell’alloggio monolocale e l’altezza degli ambienti principali di abitazione.
Purché, però, al di là del pleonastico richiamo al rispetto del requisito dell’adattabilità ex L. 13/1989, l’edificio nel suo insieme sia sottoposto a interventi di recupero edilizio e di miglioramento igienico sanitario – ovverosia sia preventivamente individuato come zona di recupero ex art. 27 L. 457/1978, a mente del quale I comuni individuano, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente i mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature – oppure il progetto della nuova unità immobiliare sia stato redatto secondo criteri compensativi dimodoché il volume d’aria a disposizione per ogni alloggiato, mai maggiore di due, non sia diminuito e che ne sia facilitato il ricambio.
Da qui le disposizioni del nuovo comma 5-bis dell’art. 24 t.u.e. che rivolte al progettista – giammai al direttore dei lavori asseverante l’agibilità dei locali, il quale, quest’ultimo, così certificherà, a lavori ultimati, la rispondenza di quanto eseguito a quanto preventivamente già valutato esser igienicamente idoneo ancorché non rispettoso di questi due specifici ordinari standard igienico-sanitari (altezza dei locali principali e superficie del monolocale) – lo abilitano, senza fargli rischiare di commettere il delitto di falso ideologico, ad asseverare la conformità alle norme igienico sanitarie mediante l’espressione di un giudizio di compensata salubrità dei locali che, tuttavia, deve essere condiviso dall’autorità competente mediante l’espressione di un atto di assenso, visto che le forme di semplificazione del procedimento amministrativo ex artt. 19 e 20 L. 241/1990 non trovano applicazione nei procedimenti inerenti la tutela della salute qualora caratterizzati da discrezionalità tecnica o amministrativa. Ma quale è l’amministrazione competente? 
        5.3 L’Amministrazione competente è certamente il Comune e per esso il Sindaco e il Consiglio, nell’ambito delle rispettive competenze, i quali si avvalgono dei servizi dell’Azienda sanitaria locale.
Infatti, il Sindaco quale autorità sanitaria locale non può dare il proprio assenso in deroga alle disposizioni regolamentari locali igienico-sanitarie qualora il Consiglio comunale, titolare della competenza alla loro formazione, non lo consenta espressamente e sempreché i regolamenti la prevedano e in quali limiti.
Il procedimento per la concessione della deroga alle norme igienico sanitarie locali ovviamente deve essere corredato dal parere dell’ufficiale sanitario, il quale deve esprimersi esaminata l’asseverazione del progettista.
        5.4 Inoltre, il fatto che le disposizioni del comma 5-bis dell’art. 24 t.u.e. siano circoscritte a due soli parametri igienico sanitari conferma la regola che gli altri, prescritti dalla legge e da altre norme di carattere primario, non possono essere derogati (requisiti illuminotecnici, ubicazione degli alloggi rispetto al terreno circostante l’edificio, presenza di accorgimenti per impedire l’insorgenza di umidità delle murature ecc.), nemmeno se astrattamente consentibile o consentito dai regolamenti comunali (all’evidenza invalidi in parte qua e perciò suscettibili di doverosa disapplicazione in ossequio al principio di gerarchia delle fonti del diritto, in guisa da rendere effettivo il costituzionale diritto del cittadino alla tutela della salute).
Forse è sconosciuto alla maggior parte dei Comuni che la deroga a tutti gli altri standard, costituenti le Istruzioni ministeriali del 20 giugno 1896, è loro motivatamente consentita negli stretti limiti in esse previsti e solo in sede di formazione dei regolamenti d’igiene (previa acquisizione del parere favorevole degli ufficiali sanitari) che “… si uniformeranno, per quanto sarà possibile, alle istruzioni tecnico-igieniche emanate dal Ministero dell’Interno sull’igiene del suolo e dell’abitato” (così l’art. 97 del sempre vigente Regolamento generale sanitario approvato con il r.d. 45/1901).
        5.5 Concludendo, la segnalazione certificata di agibilità – è bene ricordare che avvalersene è una facoltà, non un obbligo  – è il titolo che – in determinate casistiche, all’esito di interventi sul patrimonio edilizio esistente – consente di utilizzare l’immobile in luogo della (sempre richiedibile) autorizzazione sindacale all’agibilità ex art. 221 r.d. 1265/1934, ancorché lo stesso non sia rispettoso dei suddetti parametri di legge perché la competente autorità sanitaria ha già condiviso in via preventiva rispetto alla trasformazione edilizia, giammai a sanatoria, il giudizio asseverato del progettista.
In tutti gli altri casi in cui i locali esistenti, anche non soggetti a nuovi interventi edilizi, non rispettino pedissequamente i requisiti igienico sanitari è sempre possibile chiedere e ottenere l’autorizzazione all’agibilità ex art. 221 r.d. 1265/1934 all’esito positivo degli accertamenti che il Sindaco è tenuto a far eseguire alle strutture tecniche comunali e agli ufficiali sanitari. In parole semplici, il libero professionista sostituisce il pubblico ufficiale nelle valutazioni sottese al rilascio dell’autorizzazione in parola solo laddove non ne siano necessarie di tecnico-discrezionali.