Senza EOW non c’è circolarità

di Massimo MEDUGNO

1 .Vagando nella rete si può (ri) leggere che il Comitato dei Ministri del Benelux, già nel 2015, con una raccomandazione, aveva definito i criteri per determinare il momento in cui la carta da riciclare “valorizzato”, cioè “recuperato” cessa di essere un rifiuto (“..définissant des critères déterminant à quel moment le papier valorisé cesse d'être un déchet”).

Nelle premesse iniziali alla raccomandazione si evidenzia che la stessa viene adottata in quanto a livello comunitario non vi sono criteri europei per la carta.

Ne apprezzo la linearità e semplicità e qualche volta mi domando se la più grande responsabilità non sia quella di rendere tutto maledettamente complicato, anche ciò che può essere semplice.

Un po' come succede in tanti campi. Cerco di fare un esempio.

Forse c’è minor tasso di occupazione in Italia non solo perché c’è minore sviluppo economico ma anche perché abbiamo “quasi” paura del lavoro, di assumere qualcuno a tempo indeterminato, in quanto quel rapporto, in molti casi, non potrà che essere sciolto che dalla pensione (proviamo a pensarci, anche se il concetto è sicuramente estremizzato).

La stessa cosa è l’EOW: tutti ne parlano, tutti ne sottolineano l’importanza per l’economia circolare, ma di EOW ce ne sono pochi. Quando ci si trova ad elaborarne qualcuno… se ne ha quasi paura.

E alla fine sembra riaffacciarsi il ”sospetto” e che, quindi, nel dibattito dell’EOW si debba evitare “l’importante concetto di economia circolare per legittimare una confusione e una frammentazione che rischia di sottrare sostanze e oggetti che sono ancora rifiuti ai relativi obblighi comunitari” 1

Siamo ancora a questo punto? Mi sembra di rileggere le stesse discussioni di 20 anni fa in cui al momento della pubblicazione del DM 5.2.1998 (che portò all’individuazione delle MPS, mai bocciate dalle istituzioni europee e ancora vigenti) si scrisse (e molto) che le Materie Prime Secondarie non erano che un modo per sottrarre rifiuti dagli obblighi comunitari.

Eppure il DM 5.2.1998 sta ancora lì (magari troppo rigido per essere seguire l’evoluzione del mercato del riciclo e con la tendenza, quindi, a diventare una sorta di simulacro), ma può essere considerato il pioniere del sistema EOW. Guai non ci fosse stato, saremmo molto più indietro nel riciclo e nel recupero dei rifiuti.

2 . Qual è la situazione dell’EOW in Italia e in Europa?

A livello europeo i criteri EOW sono stati definiti per i rottami ferrosi, non ferrosi e per il vetro.

Poi ci sono i casi come quelli citati all’inizio del Benelux che rischiano di essere delle vere e proprie “porte girevoli” nel centro dell’Europa e al porto di Rotterdam.

Non si può non apprezzarne però pragmaticità e semplicità.

Qual è la situazione a livello italiano?

Il sito del Ministero dell’Ambiente ci ricorda che lo stesso si è già attivato da tempo intervenendo su alcuni flussi specifici di rifiuti.

In particolare per il decreto End Of Waste sul fresato d'asfalto, per il decreto End Of Waste sulla gomma derivante da pneumatici fuori uso, sono stati completati i controlli tecnici ed entrambi i decreti sono stati inviati alla Commissione Europea.

Il Ministero dell’Ambiente, inoltre, ha predisposto e sottoposto all’esame dell’ISPRA ulteriori schede tecniche per il recupero di materia dai pannolini, dal piombo contenuto nelle batterie per auto, dai rifiuti da demolizione e costruzione e dalla vetroresina, con particolare riferimento alle imbarcazioni.

3 .In questo contesto interviene la Sentenza n. 01229/2018 del 28 febbraio del Consiglio di Stato con la quale i Giudici amministrativi hanno affermato che lo strumento di derivazione comunitaria, noto come “End of Waste”, può essere fatto valere solamente se trova applicazione all’interno di Regolamenti europei o Decreti nazionali. 

Il caso riguarda un’impresa che era già stata autorizzata ad una attività sperimentale, ex art. 211 del d.lgs. n.152 del 2006 per il trattamento ed il recupero dei rifiuti costituiti da pannolini, pannoloni ed assorbenti igienici, per un periodo di due anni.

La Giunta Regionale del Veneto aveva, poi, respinto la richiesta di qualificare le attività svolte nel proprio impianto industriale come attività di recupero “R3”, finalizzate alla produzione di materie prime secondarie (MPS), poiché, per tali materiali, la normativa comunitaria, come anche quella nazionale, al momento non lo prevede. 

Il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso dell’impresa e conseguentemente annullato il diniego, ritenendo che in mancanza di espresse previsioni comunitarie, l’amministrazione potesse valutare caso per caso. 

La Regione Veneto si era, quindi, appellata al Consiglio di Stato.

Quest’ultimo, come sopra anticipato, ha accolto il ricorso stabilendo, tra l’altro, che “è del tutto evidente che, laddove si consentisse ad ogni singola Regione, di definire, in assenza di normativa UE cosa è da intendersi o meno come rifiuto, ne risulterebbe vulnerata la ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e Regione”. 

Da tale decisione si desume che, per il Consiglio di Stato, la mancanza di Regolamenti comunitari o di Decreti ministeriali relativi alle procedure di “End of Waste” non consente ad altro soggetto istituzionale di stabilire criteri per cui un rifiuto cessa di essere tale.  

Infatti, “la scelta fatta dal legislatore nazionale con l’articolo 184-ter, in legittimo esercizio di potestà legislativa esclusiva, è stata quella di individuare nel regolamento ministeriale l’atto idoneo ad intervenire ai fini della declassificazione “caso per caso”.

Inoltre, sempre a giudizio del Consiglio di Stato, “non possono assumere rilevanza eventuali diverse considerazioni desumibili da circolare emanate dal Ministero dell’ambiente cui compete più propriamente l’esercizio del potere regolamentare in materia”.  

4. La sentenza si inserisce in un quadro normativo – europeo e nazionale – che è necessario ricordare in breve. 

Con riguardo alla disciplina europea, il provvedimento di riferimento risulta essere la Direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti, recepita dalla normativa nazionale che, all’interno del d.lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente), più segnatamente all’articolo 184-ter , rubricato “Cessazione della qualifica di rifiuto”, dispone che un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfa i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: 

a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; 

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; 

c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; 

d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. 

La normativa nazionale deve essere considerata non solo sotto il profilo della normativa nazionale di recepimento ma della normativa emergenziale.

Infatti, l’articolo 9-bis del d.l. n. 172 del 2008, recante “Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale” (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210), dispone alla lettera a) dispone che "fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 181-bis (oggi sostituito dall'articolo 184-ter), comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le caratteristiche dei materiali di cui al citato comma 2 si considerano altresì conformi alle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 210 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni, e del decreto legislativa 18 febbraio 2005, n. 59". Pertanto, l'articolo 9-bis, comma 1, lettera a) del citato decreto attribuisce alle Autorità competenti al rilascio di provvedimenti autorizzativi relativi all'esercizio di impianti di gestione dei rifiuti la possibilità di definire, nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 184-ter, comma 1, per singolo impianto i criteri end of waste. 

Ciò detto, le modalità alternative di definizione dei criteri EoW, a mente dell’articolo 184-ter del d.lgs, n. 152 del 2006, risultano essere le seguenti: 

a) mediante regolamento comunitario, laddove emanato; 

b) mediante uno o più decreti ministeriali, laddove emanati; 

Proprio sull’art. 9 bis citato si sofferma la sentenza del Consiglio di Stato ed afferma che la “disposizione citata prende in considerazione i materiali (di cui al co. 2 dell’art. 181 bis) per dichiarali “conformi” alle autorizzazioni già rilasciate (in linea con il dichiarato carattere emergenziale e transitorio delle disposizioni medesima), ma non attribuisce un potere di classificazione ex novo in sede di rilascio delle nuove autorizzazioni; né, d’altra parte, un potere così conformato potrebbe essere ritenuto conforme al quadro normativo e comunitario e costituzionale”

Insomma, secondo il Consiglio, vanno bene le autorizzazioni già rilasciate, ma la norma non prevede un potere ex novo di declassificazione in sede di rilascio delle nuove autorizzazioni.

Il Consiglio di Stato ovviamente non tace sul fatto che, prima della stessa sentenza, il Ministero dell’ambiente con la Circolare n. 10045 del 1° luglio 2016, aveva fornito chiarimenti in merito alla cessazione della qualifica di rifiuto e, quindi, circa l’applicazione della normativa di riferimento. 

In particolare, la Circolare chiariva altresì che, nelle more dell'adozione dei provvedimenti di cui alle precedenti lettere a) e b) il Legislatore ha previsto che, per quanto riguarda il recupero agevolato, continuano ad essere di riferimento i criteri definiti dal d.m. 5 febbraio 1998, dal d.m. 12 giugno 2002 n. 161 e dal d.m. 17 novembre 2005 n. 269, come del resto si può dedurre anche dal comma 4, dell'articolo 214, del Codice dell’ambiente. 

Con specifico riferimento al recupero non agevolato, l’articolo 214, comma 7 prescrive che l'autorizzazione all'esercizio in impianti "di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211". 

Secondo l’interpretazione fornita dalla stessa Circolare, risultavano individuate tre modalità di definizione dei criteri di EoW, gerarchicamente ordinate.

I criteri di cui ai regolamenti europei prevalgono, nell'ambito del loro rispettivo campo di applicazione, sui criteri definiti con i decreti ministeriali, laddove abbiano ad oggetto le stesse tipologie di rifiuti.

I criteri definiti con i decreti ministeriali prevalgono, salvo uno specifico regime transitorio stabilito dal rispettivo decreto ministeriale, sui criteri che le Regioni — o gli Enti da queste delegati — definiscono in fase di autorizzazione ordinaria di impianti di recupero dei rifiuti, sempre che i rispettivi decreti ministeriali abbiano ad oggetto le medesime tipologie di rifiuti. 

Infine, le Regioni — o gli enti da queste individuati — possono, in sede di rilascio dell'autorizzazione prevista agli articoli 208, 209 e 211, e quindi anche in regime di autorizzazione integrata ambientale (Aia), definire criteri EoW previo riscontro della sussistenza delle condizioni indicate al comma I dell'articolo 184-ter, rispetto a rifiuti che non sono stati oggetto di regolamentazione dei sopracitati regolamenti comunitari o decreti ministeriali, ma solo in via residuale. 

Per completezza va aggiunto che la stessa Circolare fornisce un ulteriore approfondimento circa gli effetti derivati dall’entrata in vigore dell’articolo 3, comma 4, del d.l. n. 91 del 2014, che ha modificato l’articolo 216 del d.lgs. n. 152 del 2006, inserendo il comma 8-sexies. 

Tale comma prevede che "Gli enti e le imprese che effettuano, ai sensi delle disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269, e dell'articolo 9-bis del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, operazioni di recupero di materia prima secondaria da specifiche tipologie di rifiuti alle quali sono applicabili i regolamenti di cui al comma 8-quater del presente articolo, adeguano le proprie attività alle disposizioni di cui al medesimo comma 8-quater o all'articolo 208 del presente decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti di cui al comma 8-quater. Fino alla scadenza di tale termine è autorizzata la continuazione dell'attività in essere nel rispetto delle citate disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio n. 161 del 2002 e n. 269 del 2005 e dell'articolo 9-bis del decreto-legge n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008. Restano in ogni caso ferme le quantità massime stabilite dalle norme di cui al secondo periodo." 

Sul punto, la Circolare ministeriale chiarisce, inoltre, che l'entrata in vigore del nuovo comma 8-sexies dell'articolo 216, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non ha modificato né le modalità di individuazione dei criteri di cessazione della qualifica di rifiuto, né il riparto delle competenze definite all'articolo 184-ter del medesimo decreto. 

5 .In materia di EOW va ricordato che la revisione della Direttiva europea 20008/98/CE, in materia di rifiuti (in corso di pubblicazione) prevede, tra l’altro, all'art. 6 nuove disposizioni in materia di End Of Waste che consentiranno agli Stati membri la possibilità di procedere con il criterio del “caso per caso”, senza dover per forza procedere ad atti di rilevanza nazionale. Tale nuova impostazione comporterebbe una maggiore legittimazione di quanto succede oggi in Italia, ovvero un sistema di autorizzazioni al riciclo e recupero rilasciato su base territoriale.

Non è necessario aggiungere quanto sia necessario un sistema di EOW in un contesto di economia circolare.

Come è straordinariamente importante che il sistema dell’EOW sia collocamento all’interno di un efficiente sistema di gestione dei rifiuti in cui tutte le opzioni anche quello del recupero energetico vengono considerate per quello che sono, non la strategia generale, ma uno strumento per chiudere il ciclo.

La nuova Direttiva Rifiuti, appena approvata, introduce una nuova metodologia di calcolo per il conseguimento degli obiettivi di gestione dei rifiuti (art. 11bis Direttiva Rifiuti e art. 6a Direttiva Imballaggi).

L’approccio seguito è comune ai due articoli e, di fatto, chiarisce che il peso dei rifiuti da prendere in considerazione è quello dei rifiuti che “dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari, per eliminare i materiali di scarto che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di alta qualità, sono immessi nell'operazione di riciclaggio con la quale i materiali di scarto sono effettivamente ritrasformati in prodotti, materiali o sostanze”. Per ottenere il valore percentuale, il quantitativo di rifiuti va diviso, nel caso dei rifiuti urbani, sui rifiuti prodotti, e, nel caso degli imballaggi, per il peso dei rifiuti di imballaggio prodotti, il quale può essere considerato “equivalente alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nel corso dello stesso anno” su base nazionale.

I materiali di scarto che derivano da operazioni di controllo, cernita e da altre operazioni preliminari che fine fanno?

Se è possibile si riciclano, altrimenti vanno in discarica o in termovalorizzazione.

Va bene innalzare gli obiettivi di raccolta differenziata e riciclo perché si toglieranno i rifiuti dalle strade ma non si può più ignorare che:

  1. le nuove quantità raccolte dovranno essere riciclate in impianti nuovi o esistenti, adeguatamente modificati, che andranno autorizzati in tempi certi;

  2. nelle strade ci saranno meno rifiuti perché in gran parte saranno riciclati e, in misura minore, verranno scartati dagli impianti industriali, che produrranno più rifiuti che dovranno essere recuperati.

Anche questa è Economia Circolare.

Ad una più completa attuazione di questo obiettivo come Paese, imprese ed amministrazioni dobbiamo guardare.

Il “buon andamento” dell’amministrazione (di cui all’art. 97 della Costituzione) non può prescindere dall’applicare l’agenda dell’Economia Circolare.

1 G. Amendola “End of waste, recupero dei rifiuti e Consiglio di Stato. Chiariamo le responsabilità”, www.lexambiente.it