Cass. Sez. III n. 35138 del 10 settembre 2009 (Ud. 18 giu 2009)
Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Bastone
Rifiuti. Reflui stoccati in attesa di successivo smaltimento

Sono escluse dall’applicazione della disciplina sui rifiuti esclusivamente le acque di scarico e cioè quelle acque che vengono immesse direttamente nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria, secondo la definizione di cui all’art. 74, comma primo lett. ff), del D. Lgs n. 152/06, come sostituito dal D. Lgs 16.1.2008 n. 4), mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento, mentre in ogni altro caso in cui i reflui vengano stoccati in attesa di un successivo smaltimento gli stessi devono essere qualificati quali rifiuti allo stato liquido e sono, pertanto, soggetti alla disciplina di cui all\' art. 256 del D. Lgs n. 152/06

Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, ha affermato la colpevolezza di Bastone Salvatore in ordine al reato di cui all’art. 51, comma primo lett. a), del D.Lgs. n. 22/97, così diversamente qualificata l’originaria imputazione di cui all’art. 51, comma terzo, del D.Lgs. n. 22/97.
L’imputato era stato tratto a giudizio per avere realizzato e gestito una discarica abusiva su un’area di 60 mila mq. di sua proprietà, scaricando sulla stessa liquami provenienti da pozzi neri, acque di vegetazione, rifiuti animali, rifiuti speciali provenienti da demolizioni stradali ed altro, nonché tenendovi depositate due cisterne, rispettivamente della capacità di 25.000 e 30.000 litri, contenenti una sostanza fangosa di colore grigio.
Il giudice di merito ha escluso, sulla base delle risultanze probatorie acquisite in dibattimento, che nella specie potesse configurarsi l’esistenza di una discarica abusiva, non essendo stata accertata la presenza di parte dei rifiuti di cui alla contestazione, quali i liquami provenienti da pozzi neri ed altri rifiuti animali, nonché l’abitualità dello scarico dei materiali da parte dell’imputato.
Ha ritenuto, invece, il Bastone colpevole dello smaltimento di rifiuti non pericolosi, senza la prescritta autorizzazione, con riferimento al versamento sul terreno di acque di vegetazione ed allo smaltimento di rifiuti provenienti da demolizioni stradali.
Sul primo punto il giudice di merito ha escluso che, nel caso in esame, potessero trovare applicazione le norme in materia di fertirrigazione, non essendo state rispettate le disposizioni che la disciplinano, in quanto erano stati accertati fenomeni di stagnazione ed impaludamento dei liquidi versati sul terreno, nonché accertato che le vasche di cui alla contestazione erano utilizzate per lo stoccaggio, non solo di acque di vegetazione provenienti da frantoi, ma anche di altre sostanze oleose con cui le prime erano miscelate.
Sul secondo punto la sentenza ha escluso che i materiali provenienti da demolizioni stradali potessero essere definiti sottoprodotto, anche in applicazione delle disposizioni previgenti alla anima in vigore del D.Lgs. n. 152/06, non essendo stato affatto provato il reimpiego dei predetti materiali da parte dell’imputato.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.

Motivi della decisione
Il ricorrente dopo ampi riferimenti normativi alle disposizioni di legge ritenute applicabili nel caso in esame, tra cui le modificazioni apportate all’art 606, primo comma lett. e), c.p.p. dalla L. n. 46/06, denuncia la illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza.
Deduce, in subordine, la necessità dì riqualificare i fatti quale violazione di cui all’art. 50 del D.Lgs. n. 22/97, nonché la mancata applicazione dell’art. 1 della L. n. 241/06.
Si deduce in particolare inosservanza ed erronea applicazione: 1) dell’art. 6, comma primo lett. a), del D.Lgs. n. 22/97, come modificato dal D.L. n. 138/2002, convertito in L. n. 178/02, il cui art. 14 contiene l’interpretazione autentica della nozione di rifiuto; 2) dell’art. 8 del D.Lgs. n. 22/97, come modificato ed integrato dalla L. n. 93/01, che esclude dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido; 3) dell’art. 8 del D.Lgs. n. 22/97, come modificato ed integrato dalla L. n. 93/01, che esclude dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti le rocce e terre da scavo destinate all’effettivo utilizzo per rinterri, etc; 4) della L. n. 5 74/96
che consente l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione senza trattamenti intermedi; 5) del D.Lgs. n. 152/99 in materia di utilizzazione delle acque dì vegetazione per uso agronomico.
Si osserva che il giudice di merito ha escluso che la condotta attribuita all’imputato fosse connotata dal requisito della abitualità, trattandosi di fatto occasionale.
Si deduce, quindi, in sintesi, che tale condotta non poteva essere inquadrata nella fattispecie del deposito controllato di rifiuti, non essendo avvenuto il deposito nel luogo dì produzione dei rifiuti stessi; che, inquadrata, invece, la condotta nell’ipotesi del deposito incontrollato di rifiuti la stessa integra il reato di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 22/97, allorché sia posta in essere da titolari di imprese o responsabili di enti, mentre altrimenti deve essere qualificati quale violazione di cui all’art. 50 del D.Lgs. n. 22/97, punita con sanzione amministrativa.
Sul punto si osserva che la difesa aveva prodotto in giudizio la certificazione attestante la cancellazione della ditta di cui era titolare il Bastone dal registro delle imprese avvenuta nel 2003.
Si deduce inoltre che in ogni caso le acque di vegetazione non rientrano nella nozione di rifiuti, in quanto acque di scarico, sicché il loro impiego o smaltimento è assoggettato alle disposizioni in materia di tutela delle acque dall’inquinamento di cui al D.Lgs. n. 152/99; che l’art. 59, comma 11 ter, del citato decreto legislativo punisce con sanzione molto meno grave l’irregolare utilizzazione delle acque di vegetazione per uso agronomico.
Si deduce, infine, che i materiali provenienti da demolizioni stradali e destinati al reinterro sono stati erroneamente inclusi dal giudice di merito nel novero dei rifiuti e che l’accertamento di merito sul punto è fondato su una illegittima inversione dell’onere della prova di cui si è fatto carico all’imputato con riferimento al reimpiego dei predetti materiali.
Il ricorso non è fondato.
Osserva in primo luogo la Corte, con riferimento alla contestazione del ricorrente circa l’erronea applicazione da parte del giudice di merito della normativa in materia di rifiuti (D.Lgs. n. 22/97, come sostituito dal D.Lgs. n. 152/06), invece che di quella in materia di tutela delle acque dall’inquinamento (D.Lgs. n. 152/99, come sostituito dal D.Lgs. n. 152/06), che l’art. 8, comma primo lett. e), del D.L.vo n. 22/97 (attualmente art. 185, primo comma lett. b) n. 1), del D.Lgs. n. 152/06, come sostituito dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4) esclude dal novero dei rifiuti le acque di scarico ad eccezione dei rifiuti allo stato liquido.
Alla luce dì tale disposto, pertanto, sono esclusi dall’applicazione della disciplina sui rifiuti esclusivamente le acque di scarico e cioè quelle acque che vengono immesse direttamente nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria, secondo la definizione di cui all’art. 2, primo comma lett. bb), del D.L.vo n. 152/99 (attualmente art. 74, comma primo lett. ff), del D.Lgs. n. 152/06, come sostituito dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4), mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento, mentre in ogni altro caso in cui i reflui vengano steccati in attesa di un successivo smaltimento gli stessi devono essere qualificati quali rifiuti allo stato liquido e sono, pertanto, soggetti alla disciplina di cui al D.L.vo n. 22/97 (attualmente art. 256 del D.Lgs. n. 152/06). (cfr. sez. III, 199902538, Belcari, RV 214268; sez. III, 200301071, Schiavi, RV 223388 ed altre).
La sentenza impugnata ha, pertanto, correttamente applicato la normativa in materia di rifiuti nel caso in esame, essendo stato accertato che i reflui di cui alla contestazione venivano depositati in apposite vasche e successivamente immessi sul terreno con modalità che integrano la fattispecie dello smaltimento di rifiuti, non essendo state afflitto rispettate le prescrizioni in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione.
E’ stato, infatti, affermato da questa Suprema Corte con riferimento alla utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione, che “L’ambito di applicazione della disciplina dettata dalla L. 11 novembre 1996, n. 574 (Norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e dì scarichi dei frantoi oleari) è circoscritta ai soli casi in cui i reflui oleari (nella specie: acque di vegetazione derivanti dalla molitura delle olive e le relative sanse umide) abbiano una loro utilità ai fini agricoli, diversamente, il loro spandimento od abbandono su! terreno come mezzo incontrollato di smaltimento integrano, anche dopo l’entrata in vigore del T (I. Ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale), il reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti previsto dall’art. 256, comma secondo, del citato D.Lgs. n. 152.” (sez. III, 27.3.2007 n. 21777, Conti, RV 236709; sez. III, 2052008 n. 27071, Cornalba ed altro, RV 240264).
Lo stoccaggio in apposite vasche dei rifiuti liquidi, costituiti dalla miscela di acque di vegetazione con altre sostanze, così come accertato dal giudice di merito, ed il loro successivo spandimento sul terreno, con modalità che hanno provocato fenomeni di impaludamento, integrano la fattispecie della gestione di rifiuti senza la prescritta autorizzazione, di cui all’affermazione di colpevolezza dell’imputato.
Del tutto inconferente è, pertanto, il riferimento del ricorrente all’ipotesi dell’occasionale abbandono di rifiuti di cui all’art. 50 del D.Lgs. n. 22/97 (attualmente art. 255 del D.Lgs. n. 152/06).
Anche con riferimento ai materiali provenienti da demolizioni stradali le censure del ricorrente sono destituite di fondamento.
Va in primo luogo precisato che i materiali provenienti da demolizioni stradali non rientrano, in ogni caso, nella categoria delle rocce o terre da scavo.
La sentenza ha, altresì, esattamente affermato che i materiali di cui alla contestazione non rientrano
tra le sostanze per le quali deve essere esclusa la nozione di rifiuto, ai sensi della interpretazione autentica dell’art. 6, co. 1 lett. a), del D.L.vo n. 22/97, contenuta nell’art. 14, co. 2 lett. a), del D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito in L. 8.8.2002 n. 178.
Infatti, il comma secondo del citato art. 14 si riferisce esclusivamente alle sostanze di cui alle lettere b) e c) del comma primo e, cioè, alle sostanze di cui il produttore “abbia deciso” o “abbia / l’obbligo di disfarsi” e non anche alle sostanze di cui alla lettera a) e, cioè, alle sostanze di cui ci si
sia già disfatti.
Orbene, è evidente che nel caso in esame il produttore dei materiali da demolizioni stradali si era disfatto degli stessi, oltre a non essere provato il loro riutilizzo da parte del medesimo produttore dei rifiuti.
Sul punto, invero, non vi è affatto una inversione dell’onere della prova, trattandosi di materiali di risulta provenienti da demolizioni che rientrano nella categoria dei rifiuti in base al codice CER 1709, sicché è onere di colui che ne afferma la riutilizzazione produrre prova di tale assunto. Si deve osservare, infine, che l’indulto trova applicazione in sede esecutiva, sicché a nulla rileva la carenza di statuizioni sul punto da parte del giudice di merito.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.