Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1079, del 10 marzo 2014
Urbanistica.Annullamento di una concessione edilizia in sede giurisdizionale

Nel caso di annullamento in sede giurisdizionale di una concessione edilizia, considerata illegittima per vizio sostanziale, la p.a. non può ricorrere all’art. 38, d.P.R. n. 380/2001, norma che consente di rimediare ai soli vizi formali o procedurali, poiché la regola posta dal richiamato art. 38, comma 1, si estrinseca nell'operatività della sanzione reale che, in quanto effetto primario e naturale derivante dall'annullamento del permesso di costruire, non impone alla p.a. un particolare onere di motivazione, ma trae la sua giustificazione dalla legalità violata, onde la sanzione alternativa pecuniaria deve intendersi riferita alle sole costruzioni assentite mediante titoli abilitativi annullati per vizi formali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01079/2014REG.PROV.COLL.

N. 04171/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso r.g.a.n. 4171/2012, proposto dalla Pastena Costruzioni s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Lodovico Visone, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via del Gesù, 62;

contro

il Comune di Battipaglia, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Di Lieto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Santina Murano, in Roma, via Pelagio I, 10;

nei confronti di

Ferdinando Belmonte, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo De Caterini e Gabriele Di Paolo, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, viale Liegi, 35/B;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Campania, Salerno, sezione I, n. 738/2012, resa tra le parti e concernente un diniego di permesso di costruire, con correlativa demolizione di opere abusive.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati, con tutti gli atti e i documenti di causa.

Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati Comune di Battipaglia e Ferdinando Belmonte.

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2014, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA e uditi, per le parti, gli avvocati Lodovico Visone, Andrea Di Lieto e Gabriele Di Paolo.

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue:



FATTO

A) La società Pastena Costruzioni nel febbraio del 1994 chiedeva al Comune di Battipaglia il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di tre edifici.

L’area di sedime dell’intervento (con una superficie totale di poco inferiore ai seimila metri quadri) per la maggior parte ricadeva in zona C2 residenziale di progetto e, per il resto, in zona destinata a verde semplice o a strade.

Gli interventi edilizi in zona C2, in virtù dello strumento urbanistico vigente all’epoca dei fatti, erano attuabili mediante concessione edilizia diretta ovvero piano di lottizzazione convenzionato.

L’indice di fabbricabilità, in presenza di un piano di lottizzazione, era stabilito in 3,00 mc./mq., rapporto sostanzialmente dimezzato nel caso di assenza di uno strumento attuativo.

Nella relazione, il progettista incaricato dava atto che non tutte le opere di urbanizzazione secondaria erano state realizzate e comunque prevedeva per l’intervento costruttivo un indice di fabbricabilità massimo.

La commissione edilizia rilasciava parere favorevole, subordinatamente all’acquisizione del parere dell’autorità sanitaria ed alla redazione del piano di lottizzazione.

Il capo sezione dell’Ufficio tecnico comunale di Battipaglia, non condividendo il parere della commissione edilizia, in merito alla previa redazione del piano e della convenzione di lottizzazione, richiedeva un parere all’Ufficio legale del comune.

Quest’ultimo, ritenendo che l’intervento costruttivo riguardasse un solo edificio, esprimeva un parere favorevole alle tesi dell’Ufficio tecnico.

In conseguenza della falsa rappresentazione della realtà, e della conseguente induzione in errore, il Sindaco di Battipaglia rilasciava la concessione edilizia 14 marzo 1994 n. 2447 per l’edificazione dei tre fabbricati.

La vicenda formava quindi oggetto di un processo penale, conclusosi con la condanna irrevocabile per falso ideologico del capo del servizio dell’Ufficio tecnico comunale e del legale rappresentante della società Pastena (processo definito con sentenza n. 18020/2006 della prima sezione penale della Corte di cassazione).

Con successiva concessione n. 440 del 17 febbraio 1995, veniva assentita altresì la realizzazione di una cabina elettrica a servizio delle residenze.

Il 13 maggio 1995 l’amministrazione comunale avviava il procedimento di annullamento dei sopra indicati titoli edilizi.

Acquisiti i prescritti pareri, il sindaco, con provvedimento prot n. 10151 del 15 maggio 1996, annullava le contestate concessioni.

B) La società Pastena impugnava il provvedimento avanti al competente Tribunale amministrativo territoriale di Salerno che, con la sentenza n. 1362/2001, respingeva il ricorso ed avverso tale sentenza la società Pastena proponeva appello al Consiglio di Stato, da quest’ultimo respinto con la decisione della sezione V n. 5504 del 15 settembre 2009.

Il 7/1/2010, la Pastena richiedeva l’applicazione dell’art. 38, d.P.R. n. 380/2001.

Con provvedimento n. 12324 dell’11 febbraio 2011, anticipato da comunicazione dei motivi ostativi, ai sensi dell’art. 10-bis, legge n. 241/1990 (v. nota prot. n. 1346 del 7 gennaio 2011), alla quale la stessa Pastena non forniva alcun riscontro, il responsabile del servizio edilizia privata del Comune di Battipaglia respingeva la richiesta, sulla base delle seguenti osservazioni: “in quanto la mancata preventiva redazione ed approvazione del prescritto piano di lottizzazione per l’area in esame, l’eccedenza di volumetria realizzata, in considerazione della mancanza dello strumento attuativo, nonché il conseguente mancato rispetto delle disposizioni in tema di indici edilizi, rappresentano evidenti violazioni delle norme/prescrizioni del vigente strumento urbanistico, in quanto tali, da considerare vizi sostanziali e non meramente procedurali”.

C) Avverso tali provvedimenti (quanto al ricorso introduttivo, notificato il 13 aprile 2011 e depositato il successivo 18, il rigetto prot. n. 12324 dell’11 febbraio 2011 della richiesta di permesso di costruire; quanto al ricorso per motivi aggiunti, notificato il 4 agosto 2011 e depositato il successivo 5: la nota prot. n. 45597 del 6 giugno 2011 del responsabile del servizio edilizia privata del Comune di Battipaglia, recante l’ingiunzione di demolizione delle opere oggetto delle concessioni edilizie n. 2447 del 14 marzo 1994 e n. 440-3/95 del 25 settembre 1995 e di ripristino dello stato dei luoghi nel termine di giorni novanta “decorrenti dalla pubblicazione della sentenza di primo grado relativa al ricorso n. 566/2011, proposto avverso il provvedimento di rigetto del’istanza formulata ai sensi dell’art. 38, d.P.R. n. 380/2001”; ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente) l’impresa Pastena presentava l’attuale ricorso al T.a.r. di Salerno, chiedendone l’annullamento previa sospensione dell’efficacia e deducendovi, sotto diversi e molteplici profili, la violazione dell’art. 38, d.lgs. n. 380/2001 (già art. 11, legge n. 47/1985, in relazione alla legge reg. Campania n. 19/2009); dell’art. 97, Cost., e dell’art. 1, legge n. 241/1990; infine, la violazione dei princìpi di proporzionalità, economicità, non aggravamento e buon andamento della p.a..

Resisteva il Comune di Battipaglia che, con memoria, rilevava l’inammissibilità e/o l’infondatezza del ricorso, del quale chiedeva il rigetto, con vittoria di spese.

Con atto notificato l’11 aprile 2011 e depositato il successivo 18 interveniva volontariamente ad opponendum, ai sensi dell’art. 50, c.p.a., Ferdinando Belmonte, a giustificazione dell’intervento deducendo la sua qualità di proprietario d’immobili ricadenti nel medesimo comprensorio urbanistico rispetto all’ipotetico intervento edilizio per il quale Pastena aveva richiesto il discusso permesso di costruire.

D) In seguito, con ricorso per motivi aggiunti, notificati il 4 agosto 2011 e depositati il 5 successivo, Pastena impugnava la nota prot. 45597 del 6 giugno 2011, con cui il responsabile del servizio di edilizia privata del comune resistente ingiungeva la demolizione delle opere oggetto delle concessioni edilizie annullate (n. 2447/1994 e n. 440/1995), nonché il ripristino dello stato dei luoghi.

Oltre ai motivi di ricorso già dedotti con il ricorso introduttivo, la parte ricorrente censurava la violazione dei princìpi di leale collaborazione tra privato e p.a., degli artt. 7, 10 e 10-bis, per omessa comunicazione di avvio del procedimento e/o di preavviso di rigetto, nonché dell’art. 21-quater, legge n. 241/1990 (principio di tipicità degli atti).

Tutte le doglianze venivano rigettate dal primo giudice con la gravata decisione: il ricorso introduttivo ed i relativi motivi aggiunti venivano respinti dal T.a.r. di Salerno (la cui sentenza veniva sospesa quanto alla sua esecuzione, limitatamente alle disposte demolizioni: v. ordinanza della sezione VI n. 2488/2012), mentre le spese processuali seguivano la soccombenza nei rapporti Pastena/Comune di Battipaglia e venivano compensate quanto all’interventore ad opponendum Belmonte Ferdinando.

E) La Pastena Costruzioni impugnava detta pronuncia, riprospettando sostanzialmente tutte le doglianze già dedotte in prima istanza.

Ferdinando Belmonte, intervenuto ad opponendum in primo grado, si costituiva in appello, ritenendolo inammissibile e infondato, come faceva pure il Comune di Battipaglia, che eccepiva di essere tenuto a disporre la riduzione in pristino, essersi rigettata la richiesta della Pastena per assenza del piano (e non della convenzione) di lottizzazione ed essersi ottenute le discusse concessioni edilizie (illegalmente edificando il doppio di quanto assentito) solo grazie al concorso criminoso dei signori Pastena e dell’apparato tecnico comunale.

L’appellato Belmonte depositava poi apposita memoria in cui eccepiva l’inammissibilità dei nuovi documenti prodotti in appello (configurabile come generica impugnazione piuttosto che come specifico gravame, con doppia violazione dell’art. 101, commma 1, c.p.a.), ma non rilevanti né indispensabili (come la relazione tecnica di Pastena); l’insufficiente urbanizzazione della zona interessata (cfr. C.S., sez. V, sent. n. 5504/2009, implicante un giudicato non ridiscutibile); l’impraticabile monetizzazione in assenza di un piano di lottizzazione; la presenza di vizi non formali ma sostanziali; non essersi proceduto in sede penale - per il reato di cui all’art. 20, lett. b), legge n. 47/1985 - contro i Pastena solo per intervenuta prescrizione; non doversi confondere la lottizzazione convenzionata (o piano attuativo) con la convenzione di lottizzazione; la natura assolutamente vincolata dei provvedimenti sanzionatori in materia di abuso edilizio (illecito di carattere permanente).

F) L’appellante Pastena depositava memoria illustrante le sue tesi difensive, come faceva pure l’appellato Belmonte, seguito da un’ulteriore memoria di replica di Pastena Costruzioni (sottolineante come i discussi documenti fossero venuti in evidenza solo dopo il giudizio di primo grado, donde la loro producibilità solo in sede d’appello), con successiva memoria riepilogativa di Belmonte e definitiva memoria conclusiva di Pastena, evidenziante come i nuovi documenti sarebbero depositabili in appello solo se in grado di determinarne l’estinzione o l’improcedibilità: dopo di che la controversia passava in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va respinto, dovendosi condividere le argomentate considerazioni esposte dal primo giudice e qui sintetizzate da questo collegio come segue.

I) I motivi di ricorso venivano esaminati congiuntamente e correttamente respinti dal Tribunale amministrativo territoriale, ritenendosi che il responsabile del servizio edilizia privata avesse rigettato l’istanza di applicazione dell’art. 38, d.P.R. n. 380/2001,“in quanto la mancata preventiva redazione ed approvazione del prescritto piano di lottizzazione per l’area in esame, l’eccedenza di volumetria realizzata in considerazione della mancanza dello strumento attuativo, nonché il conseguente mancato rispetto delle disposizioni in tema di indici edilizi, rappresentano evidenti violazioni delle norme/prescrizioni del vigente strumento urbanistico e, in quanto tali, [sono] da considerare vizi sostanziali e non meramente procedurali”.

Il Comune di Battipaglia aveva rigettato la richiesta avanzata dalla società ricorrente per l’assenza del piano di lottizzazione e non della convenzione di lottizzazione.

Alla luce della complessa vertenza e delle intervenute pronunce giurisdizionali, nelle sedi amministrative e penali, appariva non più controvertibile la circostanza che occorresse la previa redazione del piano di lottizzazione e che l’area ospitante i manufatti non fosse sufficientemente urbanizzata.

Su questo punto appariva opportuno richiamare i seguenti capi della sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, n. 5504/2009, qui testualmente trascritti:

- “L’area di sedime del divisato intervento (con una superficie totale di poco meno di seimila metri quadri) ricadeva in gran parte in zona C2 residenziale di progetto e, per le residue, in zona destinata a verde semplice o a strade.

Gli interventi edilizi in zona C2, in virtù dello strumento urbanistico vigente all’epoca dei fatti, erano attuabili mediante concessione edilizia diretta o mediante piano di lottizzazione convenzionato.

Rispetto ai citati motivi di censura, si rammenta come sul lotto in questione l’edificazione fosse condizionata alla previa redazione del piano di lottizzazione.

La regola appena esposta può essere eccezionalmente derogata solo quanto l’amministrazione accerti la completa urbanizzazione dell’area, anche in relazione all’entità globale dell’intervento costruttivo e la sua completa interclusione (cfr. C.S., sezione V, sent. 3 marzo 2004 n. 1013).

L’eventuale scelta derogatoria è ampiamente discrezionale e è non è quindi sindacabile dal giudice amministrativo, salvo il limite dell’abnormità dei profili logici che supportino il provvedimento.

Osserva la Sezione come, nel caso di specie, il Comune di Battipaglia abbia, in sede di autotutela, riscontrato la mancanza di una sufficiente urbanizzazione da ancorare a precisi elementi fattuali.

L’indice di fabbricabilità, in presenza di piano di lottizzazione, era pari a 3,00 mc./mq. e, in carenza di quello strumento attuativo, veniva sostanzialmente dimezzato.

Nella relazione il progettista incaricato dava atto che non tutte le opere di urbanizzazione secondaria erano state realizzate e comunque prevedeva per l’intervento costruttivo l’indice di fabbricabilità massimo”;

- pertanto, “i lavori non sono mai stati completati dal punto di vista edilizio”;

- inoltre, di come “sul lotto in questione l’edificazione fosse condizionata alla previa redazione del piano di lottizzazione. La regola appena esposta può essere eccezionalmente derogata solo quando l’amministrazione accerti la completa urbanizzazione dell’area, anche in relazione all’entità globale dell’intervento costruttivo, e la sua completa interclusione (C.d.S., sez. V, sent. 3 marzo 2004 n. 1013)”.

Non può essere poi trascurato che riguardo alle concessioni edilizie, in origine rilasciate e poi revocate, la sentenza della Corte di cassazione (I sezione penale, sentenza n. 18020/2006) aveva appurato la sussistenza di reati in concorso per falso ideologico tra il capo del servizio dell’Ufficio tecnico comunale e il legale rappresentante della Pastena.

II) In presenza di questi elementi, ormai incontrastabili, avendo gli stessi acquisito forza di giudicato formale e sostanziale, la ricorrente Pastena avanzava pretese di rilascio diretto del permesso di costruire, invocando a tal fine l’art. 38, d.P.R. n. 380/2001, dato che:

1. l’intervento sarebbe ricaduto in zona completamente urbanizzata, ove in casi analoghi erano stati rilasciati permessi di costruire diretti, senza previa stipulazione di piani urbanistici attuativi;

2. la superficie disponibile del lotto da edificare avrebbe dovuto essere calcolata al lordo di strade e verde semplice, pari a mq 5.755 (più correttamente, mq 5.695);

3. in assenza di piano attuativo avrebbe dovuto comunque applicarsi l’indice di fabbricabilità fondiario (3 mc./mq.), anziché l’indice di fabbricabilità territoriale (equivalente esattamente alla metà: 1,5 mc./mq.)

4. il volume massimo realizzabile sarebbe stato pari a mc. 17.055,90 anziché mc. 6.000;

5. i fabbricati edificati in virtù di concessione edilizia annullata avrebbero comunque rispettato i limiti edilizi e urbanistici definiti dal p.r.g. ancora vigente;

6. sarebbe stato comunque possibile fare ricorso all’istituto della monetizzazione;

7. in ogni caso, le precedenti concessioni sarebbero state annullate per vizi formali o procedurali;

8. le volumetrie assentite sarebbero state quelle esprimibili dall’area asservita all’intervento.

9.- Le affermazioni di parte ricorrente non potevano apparire condivisibili ed erano risultate smentite dalle conclusioni alle quali era pervenuto il Consiglio di Stato.

Al che doveva aggiungersi quanto segue:

a. la sentenza n. 5504/2009 del Consiglio di Stato, sezione V, aveva accertato la mancanza di una sufficiente urbanizzazione nella zona interessata;

b. la Pastena intendeva realizzare, con permesso diretto, un volume pari a mq. 5.755 x 3,00 mc./mq., in misura quindi non coerente rispetto al volume massimo realizzabile in zona C2, pari a mc. 6.000, ed all’indice di fabbricabilità da considerare;

c. l’art. 22 del regolamento edilizio comunale (r.e.c.) chiariva che “l’indice di copertura è dato dal rapporto tra la superficie dell’edificio e la superficie disponibile del lotto, al netto di strade, piazze, spazi pubblici, verde pubblico ed ogni altra area destinata ad altro uso dagli strumenti urbanistici in vigore, anche se tali destinazioni non sono ancora in essere”;

d. in assenza di un piano di lottizzazione, risultava non praticabile il ricorso alla monetizzazione; l’allegato alla legge regionale Campania 20 marzo 1982 n. 14, in particolare il Titolo III (dedicato alla strumentazione esecutiva), Capo III, disciplinante il regime dei piani di lottizzazione convenzionata (art. 8, legge 6 agosto 1967 n. 765), chiarisce come sia nelle aree in cui lo strumento urbanistico generale subordini l'edificazione alla preventiva autorizzazione dei piani attuativi sia nelle restanti aree, i proprietari singoli o riuniti in consorzio, ovvero il comune, nei casi stabiliti dal penultimo e ultimo comma dell'art. 28, legge 17 agosto 1942 n. 1150, e s.m.i., possano redigere piani di lottizzazione convenzionata.

La convenzione deve prevedere, tra l’altro, la cessione gratuita, entro termini stabiliti, delle aree per le opere di urbanizzazione primaria, indicati nell'art. 4, legge 29 settembre 1964 n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree per le opere di urbanizzazione secondaria, nella misura richiesta dalla legislazione vigente, salvo che gli strumenti urbanistici vigenti nei comuni non prevedano misure più elevate. Qualora l'acquisizione di tali aree non sia considerata opportuna dal comune - in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero ai programmi comunali d’intervento - la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale alla cessione, che all'atto della stipulazione i lottizzanti corrispondano all’ente locale una somma, comunque non inferiore al costo di acquisizione di altre aree: la facoltà di richiedere o accettare il controvalore delle opere di urbanizzazione rientra nella piena discrezionalità tecnico-amministrativa dell’ente comunale, come tale non censurabile se non per evidente irragionevolezza.

III) Nella specie, non si era in presenza di vizi soltanto formali, bensì sostanziali, posto che, come chiarito anche da questo Consiglio di Stato, l’area di sedime interessata dall’intervento disponeva in tutto di una superficie totale di poco meno di seimila metri quadri e ricadeva in prevalenza nella zona residenziale di progetto C2, mentre le restanti parti erano destinate a verde semplice o a strade.

Inoltre, gli interventi edilizi in zona C2, in virtù dello strumento urbanistico vigente all’epoca dei fatti, erano attuabili mediante concessione edilizia diretta o mediante piano di lottizzazione convenzionato, con indice di fabbricabilità, in presenza di un piano di lottizzazione, pari a 3,00 mc./mq. e, in assenza di quello strumento attuativo, sostanzialmente dimezzato.

Nel caso di annullamento in sede giurisdizionale di una concessione edilizia, considerata illegittima per vizio sostanziale, la p.a. non può ricorrere all’art. 38, d.P.R. n. 380/2001, norma che consente di rimediare ai soli vizi formali o procedurali, poiché la regola posta dal richiamato art. 38, comma 1, si estrinseca nell'operatività della sanzione reale che, in quanto effetto primario e naturale derivante dall'annullamento del permesso di costruire, non impone alla p.a. un particolare onere di motivazione, ma trae la sua giustificazione dalla legalità violata, onde la sanzione alternativa pecuniaria deve intendersi riferita alle sole costruzioni assentite mediante titoli abilitativi annullati per vizi formali.

IV) Analoghe argomentazioni valgono anche ai fini dell’esame dei motivi aggiunti, insieme alle seguenti ulteriori considerazioni, per cui appare infondata la censura circa la violazione del principio di cooperazione e leale collaborazione, al riguardo osservandosi come il responsabile dell’U.t.c., dal momento in cui era stata fissata l’udienza di trattazione nel merito del ricorso, avesse ravvisato l’opportunità di differire l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione, in attesa della pubblicazione dell’attesa sentenza, in questo modo intendendo tutelare sia l’esigenza della parte ricorrente, nel senso che l’eventuale accoglimento del ricorso avrebbe travolto la stessa ordinanza di demolizione, sia l’interesse pubblico, dato che, nel caso di rigetto del ricorso, l’azione dell’ente comunale non avrebbe subìto alcun sensibile ritardo.

Il differimento, pertanto, non appare né illogico né arbitrario, ma si pone quale ragionevole soluzione, adottata dall’amministrazione comunale, in attesa dell’esito nel merito del ricorso, come confermato nell’art. 21-quater, legge n. 241/1990, in tema di efficacia ed esecutività del provvedimento, secondo cui “L'efficacia ovvero l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze”.

V) Non appare neppure condivisibile la doglianza relativa alla violazione degli artt. 7 e 10, legge n. 241/1990, posto che, in primo luogo, la Pastena originaria ricorrente aveva acquisito comunque da diversa provenienza la notizia dell’avvio del procedimento, connesso per derivazione al provvedimento di reiezione dell’istanza di permesso di costruire, oggetto del ricorso introduttivo, per cui essa aveva quindi avuto la possibilità di esternare le proprie valutazioni (cfr. C.S., sez. V, sent. 7 settembre 2011 n. 5032).

In ogni caso, l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività del tutto vincolata per la p.a. ed i relativi provvedimenti, come in particolare l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti doverosi per la cui adozione non è necessario alcun preavviso procedimentale, dato che la natura dovuta del procedimento elimina completamente i margini per un utile contributo partecipativo da parte del soggetto inciso e non è necessario acquisire ulteriori pareri di organi né si rende indispensabile un’ulteriore fase istruttoria.

VI) Infine, l’art. 10-bis, legge n. 241/1990, si riferisce espressamente ai procedimenti scaturiti ad istanza di parte e non a quelli avviati d’ufficio, come nella specie; in ogni caso, l’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, legge n. 241/1990, dispone che “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (cfr. C.S., sez. IV, sent. 10 agosto 2011 n. 4764).

VII) Conclusivamente, l’appello va respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza e degli atti gravati in prima istanza, mentre gli oneri processuali di secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, respinge l’appello r.g.n. 4171/2012 e condanna l’impresa Pastena, appellante e soccombente, a rifondere al Comune di Battipaglia ed a Ferdinando Belmonte, appellati e vittoriosi, gli oneri processuali di secondo grado (in ragione di euro tremila/00 per il primo ed euro duemila/00 per il secondo), liquidati in complessivi euro cinquemila/00, oltre ai dovuti accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2014, con l'intervento dei giudici:

Aldo Scola, Presidente FF, Estensore

Maurizio Meschino, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

 

 

 

 

 

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)