Cass.Sez. III n. 3711 del 28 gennaio 2014 (Ud 8 gen 2014)
Pres.Squassoni Est.Ramacci Ric. Riccio
Alimenti. Vendita sulla pubblica via di prodotti ittici

Configura la contravvenzione di cui all'art. 5 lett. b) della legge n. 283 del 1962 la messa in vendita sulla pubblica via di prodotti ittici non sottoposti ad adeguato trattamento di refrigerazione (a causa dell'interruzione della cosiddetta "catena del freddo") ed esposti senza protezione agli agenti atmosferici e alle polveri.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 08/01/2014
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 17
Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere - N. 15285/2013
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RICCIO PAOLO N. IL 27/10/1933;
avverso la sentenza n. 1716/2011 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA, del 21/11/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/01/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del 21.11.2012 ha riformato, riducendo la pena originariamente inflitta, la sentenza con la quale, in data 12.10.2011, il Tribunale di Locri - Sezione Distaccata di Siderno, aveva riconosciuto RICCIO Paolo responsabile del reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b), per aver posto in commercio, su una bancarella ambulante allestita sulla SS 106, prodotti ittici (palamiti, naselli, pesci lupo) in cattivo stato di conservazione (Siderno 5.3.2009). Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione. 2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando l'insussistenza di un'offesa penalmente rilevante, considerato che il bene giuridico tutelato dalla disposizione che si assume violata è quello della salute pubblica e dell'integrità del prodotto e che, dalle dichiarazioni del teste escusso, non risulterebbe alcuna interruzione della "catena del freddo", come invece ipotizzato dai giudici del gravame, trattandosi di pesce fresco, pescato poco prima, cosicché i giudici del merito avrebbero basato il proprio convincimento su una mera presunzione.
Lamenta, inoltre, la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato.
3. Con un secondo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e della pena della sola ammenda.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.
I giudici del merito hanno accertato in fatto, come risulta dalla sentenza impugnata, che il pesce posto in vendita dall'imputato era collocato su una bancarella allestita sulla pubblica via e che, dal controllo effettuato dal veterinario della locale ASL, era emersa la interruzione della cd. catena del freddo e l'esposizione della merce agli agenti atmosferici, alla polvere ed all'inquinamento, tanto da renderla inidonea al consumo umano.
Tale situazione, documentata nella certificazione redatta dal suddetto sanitario, era stata successivamente oggetto di conferma in occasione della deposizione testimoniale resa in giudizio. 5. Ciò premesso, occorre ricordare come le Sezioni Unite di questa Corte abbiano da tempo avuto modo di precisare la natura di reato di danno della contravvenzione prevista dalla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. b), in quanto finalizzata ad assicurare una protezione immediata all'interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura, evidenziando anche che il cattivo stato di conservazione non è necessariamente riferito alle caratteristiche intrinseche degli alimenti, essendo sufficiente il riferimento alle modalità estrinseche di conservazione, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza (SS.UU. n. 443, 9 gennaio 2002. Conf. Sez. 3 n. 29987, 27 Luglio 2011; Sez. 3 n. 35828, 2 settembre 2004). Si è inoltre chiarito, successivamente, che l'affermazione di responsabilità per la violazione della disposizione in esame non può essere fondata esclusivamente sulla mera natura di reato di pericolo, perché l'anticipazione della tutela rispetto al verificarsi del danno in concreto presuppone, in ogni caso, un rigoroso accertamento delle situazioni di fatto che danno causa all'esistenza del pericolo (Sez. 3 n. 439, 11 gennaio 2012). 5. Alla luce di tali principi, pienamente condivisi dal Collegio, appare evidente che la sentenza impugnata non è incorsa in alcuno dei vizi denunciati con il primo motivo di ricorso.
Va rilevato, a tale proposito, che l'inosservanza di elementari regole di conservazione del pesce venduto risulta essere stata oggetto di puntuale certificazione da parte di soggetto tecnicamente qualificato, che i giudici del merito hanno opportunamente valorizzato.
6. Del tutto corretto appare, inoltre, il riferimento alla interruzione della ed catena del freddo.
Tale termine, infatti, secondo la definizione datane dalla comunità scientifica, sta ad indicare "la continuità di mezzi impiegati in sequenza per assicurare la conservazione a bassa temperatura di derrate deperibili dalla fase di produzione al consumo finale" (Dizionario Internazionale della refrigerazione, edito dall'International Institute of Refrigeration - MF). Esso riguarda, inoltre, non soltanto i prodotti congelati o surgelati, ma anche quelli soggetti a mera refrigerazione, che comporta la conservazione a temperature variabili tra 0 e 5 gradi centigradi.
Il mantenimento della temperatura indicata deve conseguentemente essere assicurata anche durante il trasporto e l'esposizione per la vendita, circostanza, questa, che i giudici del merito hanno ritenuto non verificatasi nella fattispecie, correttamente rilevando la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato contestato, peraltro considerando l'ulteriore, non secondario, aspetto rappresentato dall'esposizione dei prodotti ittici, posti in vendita ai margini di una strada statale, agli agenti atmosferici ed alla polvere ed altri elementi inquinanti evidentemente prodotti dal passaggio di automezzi.
7. Altrettanto correttamente è stata ritenuta la configurabilità, in capo all'imputato, di una condotta colposa, caratterizzata dall'inosservanza di regole elementari sulla conservazione degli alimenti e dalla oggettiva prevedibilità della condizione di pericolo determinata dalle modalità di vendita.
8. Deve conseguentemente affermarsi che la messa in vendita sulla pubblica via di prodotti ittici esposti agli agenti atmosferici ed alle polveri senza alcuna protezione ne' adeguata refrigerazione, quest'ultima conseguente all'interruzione della "catena del freddo", configura la contravvenzione di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b).
9. Quanto al secondo motivo di ricorso, non si ravvisa il difetto di motivazione dedotto.
La Corte territoriale ha infatti giustificato la mancata applicazione delle attenuanti generiche ponendo in rilevo la presenza di precedenti penali, anche specifici, gravanti sull'imputato. Tale motivazione è del tutto sufficiente, poiché il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego delle attenuanti generiche (v. Sez. 2 n. 3609, 1 febbraio 2011; Sez. 6 n. 34364, 23 settembre 2010).
10. Altrettanto deve dirsi per ciò che concerne la determinazione della pena, che la Corte del merito ha quantificato, riducendola, facendo espresso riferimento alle "reali dimensioni del fatto" e considerando, evidentemente, anche i plurimi precedenti penali ai quali ha, in precedenza, fatto cenno.
Va ricordato, a tale proposito, che il giudice, nel quantificare la pena, opera una valutazione complessiva sulla base dei criteri direttivi fissati dall'art. 133 cod. pen. e che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell'ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito che risulta legittimamente esercitato anche attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella richiamata disposizione (sez. 4^, n. 41702, 26 ottobre 2004).
11. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2014