Cons. Stato Sez. V sent. 4328 del 29 luglio 2003
Rifiuti. Bonifica dei siti inquinati. Ordinanza sindacale. Doveri della curatela
fallimentare
REPUBBLICA
ITALIANA IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quinta - |
N. 4328/03 Dec. N. 8197
Reg. Ric. Anno: 2002 |
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 8197/2002 proposto dal comune di Monselice, rappresentato e difeso dall’Avv. Mario Testa, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Luigi Manzi, in Roma Via F. Confalonieri, 5.
CONTRO
Fallimento della società Racc. Pell. S.n.c. di Destro Emilio, Destro Enrico e Mazzuccato Katia, in persona del curatore fallimentare, rappresentato e difeso dall’Avv. Fulvio Lorigiola, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Michele Costa, in Roma, Via E. Pimentel, n. 2.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, Sezione Terza, 9 maggio 2002, n. 2118.
Visto il ricorso con i relativi allegati ;
Visto l' atto di costituzione in giudizio della parte appellata ;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 18 febbraio 2003, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi difensori come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1 La sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto dal fallimento della società Racc. Pell. S.n.c. di Destro Enrico, Destro Emilio e Mazzuccato Katia, contro l’ordinanza del sindaco del comune di Monselice 30 gennaio 2002 n. 7, concernente l’ordine di bonifica di un’area utilizzata dalla società fallita.
2 Il comune appellante sostiene l’infondatezza del ricorso.
3 L’appellato resiste al gravame.
DIRITTO
1 Con sentenza n. 7 del 23 gennaio 2002, il tribunale civile di Padova dichiarava il fallimento della società Racc. Pell. S.n.c. di Destro Enrico, Destro Emilio e Mazzuccato Katia, esercente l’attività di smaltimento e di recupero di pneumatici difettosi e fuori uso, in un immobile sito nel comune di Monselice e concesso in locazione dalla proprietaria Flag s.a.s.
2 Con ordinanza 30 gennaio 2002, n. 7, il sindaco del comune di Monselice, ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ordinava alla società fallita, ai soci, alla società Flag ed alla curatela fallimentare di provvedere alla rimozione dei rifiuti presenti nel luogo e di eseguire altri interventi di bonifica, sulla base delle risultanze istruttorie del sopralluogo effettuato congiuntamente alla Provincia di Padova, ai Vigili del Fuoco e all’Agenzia regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV).
3 La sentenza appellata, accogliendo il ricorso proposto dalla curatela fallimentare, ha annullato l’ordinanza sindacale, affermando che
“ – ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 22/1997, l’obbligo del proprietario del sito inquinato che non sia responsabile dell’inquinamento è meramente sussidiario rispetto a quello dell’autore della contaminazione – nel caso di specie non risulta che sia stato ricercato e perseguito l’effettivo responsabile – e, comunque circoscritto all’onere di risarcimento dell’ente pubblico che abbia provveduto d’ufficio a bonificare l’area stessa; “
“ - nessun coinvolgimento nella contaminazione del sito va attribuito al curatore fallimentare, la cui posizione si distingue dal bene, garantito ai soli fini del soddisfacimento della massa dei creditori”.
4 Il comune appellante contesta la decisione di primo grado, affermando la legittimità dell’ordinanza impugnata.
5 In linea preliminare, l’appellato deduce l’inammissibilità dell’appello per intervenuta acquiescenza alla sentenza, rilevando che, con ordinanza n. 70 in data 8 luglio 2002, il comune ha adottato una nuova ordinanza, ritenendo “prudente, in attesa dell’esito dell’appello, ridefinire gli obblighi del curatore, tenendo conto della sua posizione giuridica in ordine ai beni del fallito”.
6 L’eccezione deve essere disattesa. Il nuovo provvedimento non implica affatto un’accettazione della sentenza, ma si limita a prendere atto della sua esecutività e, quindi, non preclude affatto la proposizione dell’appello.
7 La sentenza va confermata, ancorché la motivazione del tribunale debba essere integrata e corretta.
8 Infatti, la pronuncia dei primi giudici muove da un presupposto errato in punto di fatto e non persuasivo sotto il profilo giuridico.
9 In punto di fatto, occorre precisare che la società fallita non è proprietaria dell’area interessata dall’ordinanza. Pertanto non assume alcun rilievo, nella presente vicenda, la questione concernente i limiti di responsabilità del proprietario di un immobile in relazione al deposito ed all’abbandono incontrollato dei rifiuti all’interno di un’area gestita ed utilizzata da un altro soggetto.
10 Nella fattispecie concreta, poi, non sembra seriamente contestato che l’attività inquinante sia stata realizzata proprio dalla società Racc. Pell. S.n.c., nello svolgimento dell’attività di smaltimento e di riutilizzo di materiali.
11 Inoltre, la costruzione interpretativa proposta dal tribunale restringe in modo eccessivo l’ambito della responsabilità del proprietario, trascurando di considerare il dovere del proprietario di attivarsi, nell’esercizio dei poteri tipici del diritto reale di cui è titolare, pienamente compatibili con il titolo del diritto di godimento attribuito ai terzi, affinché il bene sia utilizzato nel rispetto delle regole igieniche e sanitarie, fissate, tra l’altro, dal decreto legislativo n. 22/1997.
12 La questione da esaminare è dunque un’altra e consiste nello stabilire se la curatela fallimentare possa essere destinataria di ordinanze sindacali dirette alla bonifica di siti inquinati, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita.
13 Al riguardo, il comune sostiene che la responsabilità del fallimento deriva dalla inottemperanza ai precedenti provvedimenti adottati nei confronti della società (decreto provinciale di sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di smaltimento dei pneumatici n. 4664 del 14 settembre 2001; ordinanza sindacale n. 118/2001, notificata all’impresa, prima della sentenza di fallimento).
14 Inoltre, l’amministrazione espone che le “migliaia di tonnellate dei pneumatici inquinanti”, oggetto dell’ordinanza impugnata, sono uscite dalla disponibilità della società fallita, entrando a far parte della massa fallimentare, gestita ed amministrata dal curatore.
15 In tal senso, secondo l’appellante, si pone un orientamento giurisprudenziale, in forza del quale l’adempimento dell’obbligo di smaltimento dei rifiuti grava sulla curatela fallimentare (TAR Toscana, Prima Sezione, 3 marzo 1993, n. 196; Tar Toscana, Seconda Sezione, 28 aprile 2000, n. 780), poiché la disponibilità dei beni, anche di quelli classificati come rifiuti nocivi, entra giuridicamente nella titolarità del curatore e conseguentemente con essa anche il dovere di rimuoverli in applicazione delle leggi vigenti.
16 In termini più generali, il comune sostiene che il fallimento subentra negli obblighi facenti capo all’impresa fallita e, quindi, è tenuto all’adempimento dei doveri derivanti dall’accertata responsabilità della stessa impresa.
17 A tal fine, il comune appellante richiama, fra l’altro, le disposizioni della legge fallimentare riguardanti la prosecuzione dei contratti facenti capo all’impresa fallita.
18 Nessuno degli argomenti proposti è persuasivo.
19 In primo luogo, proprio l’amministrazione comunale evidenzia che l’ordinanza sindacale è rivolta al fallimento in conseguenza dell’inottemperanza dell’impresa ad un precedente provvedimento. In tal modo, si evidenzia l’estraneità della curatela fallimentare alla determinazione degli inconvenienti sanitari riscontrati nell’area.
20 In questo senso, si pone, del resto, anche una parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado (TAR Toscana, Sezione Terza, 1 agosto 2001, n. 1318), la quale evidenzia l’assenza di una corresponsabilità del fallimento, anche meramente omissiva, in relazione alle condotte poste in essere dall’impresa fallita.
21 In secondo luogo, il riferimento alla disponibilità giuridica degli oggetti, qualificati dal comune come rifiuti inquinanti, non è sufficiente per imporre l’adempimento di un obbligo gravante sull’impresa fallita.
Il potere di disporre dei beni fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti.
22 In terzo luogo, poi, proprio il richiamo alla disciplina del fallimento e della successione nei contratti evidenzia che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell’imprenditore fallito.
Non assume alcun rilievo la disposizione contenuta nell’art. 1576 del codice civile, poiché l’obbligo di mantenimento della cosa in buono stato locativo riguarda i rapporti tra conduttore e locatore e non si riverbera, direttamente, sui doveri fissati da disposizioni dirette ad altro scopo.
23 Si deve aggiungere, poi, che il fallimento non è stato autorizzato a proseguire l’attività precedentemente svolta dall’impresa fallita. Pertanto, l’obbligo di bonifica del sito non potrebbe essere nemmeno collegato allo svolgimento di operazioni potenzialmente inquinanti.
24 In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato .
Le spese possono essere compensate.
Per Questi Motivi
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello, compensando le spese;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 febbraio 2003 , con l'intervento dei signori:
Emidio Frascione - Presidente
Giuseppe Farina - Consigliere
Francesco
D’Ottavi -
Consigliere
Claudio Marchitiello - Consigliere
Marco Lipari - Consigliere Estensore