Consiglio di Stato Sez. V sent. 5679 del 1 ottobre 2003
Rifiuti. Realizzazione discarica
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 10934/02, proposto dal Comune di S. Zenone degli
Ezzelini, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti
Fabio Lorenzoni e Guido Sartorato, con domicilio eletto presso lo studio del
primo in Roma, v. del Viminale n. 43,
contro
il
Consorzio Autogestione Rifiuti (C.A.R), in persona del Presidente e
legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Bruno Barel e Luigi Manzi, ed elettivamente
domiciliato presso il secondo in Roma, v. F. Confalonieri n. 5,
e
nei confronti
della
Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t.,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliataria ex
lege nella sua sede in Roma, v. dei Portoghesi n. 12;
del
Comune di Mussolente, interveniente ad
adiuvandum, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv.
Emma Bergamin, ed elettivamente domiciliato in Roma, v. F. Confalonieri n. 5
(studio Di Mattia);
del
Comitato difesa ambiente contro la discarica tra il monte Grappa e i colli
Asolani, non costituito in
giudizio,
per
l’annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, III, 6 luglio
2002, n. 3281, resa inter partes, con
la quale è stato accolto
il ricorso proposto dall’attuale appellata avverso la
deliberazione della Giunta Regionale n. 1041 del 13.4.1999, nonché il parere n.
2782 in data 17.12.1998, espresso dal Comitato tecnico regionale - Sezione
ambiente, relativamente alla realizzazione di una discarica di 2° cat. tipo B
in località Liedolo.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio dell’appellata e della Regione Veneto;
Visto
l’atto di intervento ad adiuvandum
del Comune di Mussolente;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti
gli atti tutti della causa;
Visto
il dispositivo della decisione in epigrafe, n. 241, pubblicato il 3 giugno 2003;
Relatore
alla pubblica udienza del 3 giugno 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea;
uditi per le parti gli avv.ti Loria, su delega di Lorenzoni, Sartorato, Manzi e
Di Mattia, su delega quest’ultimo di Bergamin;
Ritenuto
e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1.
Con ricorso al
TAR Veneto, il Consorzio appellato impugnava la deliberazione della Giunta
Regionale n. 1041 del 13 aprile 1999, nonché il parere n. 2782 in data 17
dicembre 1998, espresso dal Comitato tecnico regionale Sezione ambiente, con i
quali era stata respinta l’istanza relativa alla realizzazione di una
discarica di 2° categoria, tipo B, in località Liedolo, nel Comune di S.
Zenone degli Ezzelini.
Nei
confronti dei provvedimenti impugnati all’uopo deduceva: eccesso di potere per
perplessità e contraddittorietà della motivazione, nonché sviamento, in
quanto l’organo tecnico, prima, e la Regione conclusivamente, pur riconoscendo
l’idoneità tecnica dell’impianto realizzando avevano fondato il proprio
diniego su una presupposta “criticità” dell’aspetto viario nonché su
una acritica considerazione del vincolo paesaggistico insistente
sull’area in questione.
Si
costituivano in giudizio per resistere la Regione Veneto ed il Comune di S.
Zenone degli Ezzelini e intervenivano ad
opponendum il Comune di Mussolente e il Comitato difesa ambiente contro la
discarica tra il monte Grappa e i colli Asolani, che controdeducevano nel merito
chiedendo la reiezione del gravame. Il Comune, allora resistente, eccepiva,
altresì, la tardività dello
stesso.
2.
Con la
sentenza impugnata, in epigrafe indicata, il
TAR Veneto, disattesa preliminarmente l’eccezione di tardività del gravame
prospettata dalla difesa del Comune appellante - secondo la quale non erano
stati rispettati i termini di cui
all’art. 19 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito dalla legge 23 maggio
1997, n. 135 - non ritenendo il primo Collegio
che la fattispecie in esame rientrasse tra quelle previste dal primo
comma del citato art. 19, giudicava fondato l’unico articolato motivo di
gravame con cui l’appellato Consorzio aveva eccepito l’inidoneità, sotto il
profilo argomentativo, delle giustificazioni addotte per la reiezione del progetto.
In
particolare, muovendo dalla premessa che la deliberazione regionale di rigetto
aveva fatto acriticamente proprie le argomentazioni esposte nel predetto parere,
tutti i tre profili di “criticità” del progetto, espressi nel parere del
C.T.R.A., non apparivano ai giudici di prime cure suffragati da sufficienti
supporti giustificativi.
Ed
invero, quanto alla viabilità, il parere si limitava a rilevare
l’attraversamento della frazione di S. Eulalia (provenendo da nord), la
limitatissima sezione trasversale e le condizioni generali della viabilità di
avvicinamento. Orbene, premesso che l’organo tecnico non si era in alcun modo
preoccupato di precisare l’ipotizzabile entità del movimento dei mezzi
pesanti, sembrava al giudice territoriale che si trattasse di considerazioni del
tutto generiche e sottratte ad ogni possibilità di oggettiva verifica, e dunque
inidonee a fondare qualsivoglia giudizio di criticità.
Per
quanto riguarda l’aspetto paesaggistico, il parere del C.R.T.A si limitava a
rilevare la sussistenza di un vincolo ex
lege 1497/1939 e la circostanza che
l’area risultava effettivamente compresa tra il massiccio del Grappa ed i
colli Asolani, senza collegare in alcun modo le modalità di realizzazione della
discarica, di cui veniva rilevata la correttezza tecnica, con l’eventuale
compromissione del bene paesistico, cosicché quest’ultima veniva ad essere
tautologicamente determinata dalla discarica in sé.
Si
rilevava, inoltre, che il profilo paesistico risultava già oggetto di per sé
di compromissione, in termini assoluti, alla stregua della pregressa
coltivazione della cava, il cui esercizio era comunque stato riconosciuto
compatibile con lo stesso.
In
relazione, infine, alla ricomposizione ambientale ed ai programmi in
fieri del Comune di S. Zenone degli Ezzelini, veniva sottolineata la natura
tautologica, in sé insufficiente, delle argomentazioni rese sul punto
dall’impugnato parere tecnico del C.T.R.A
Conclusivamente
il ricorso veniva accolto in relazione al dedotto difetto di congrua motivazione
del diniego contestato.
3.
Il Comune di
San Zenone ha interposto l’appello in trattazione avverso la prefata
pronunzia, evidenziando anche le circostanze
di fatto e di diritto sopravvenute nelle more del giudizio (con
particolare riguardo alla nuova destinazione urbanistica dell’area, derivante
dalla Variante generale al p.r.g approvata nell’aprile del 1999, divenuta
inoppugnabile, nonché all’approvazione definitiva del progetto di
realizzazione di un’oasi naturalistica nel sito interessato), e comunque
ribadendo l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado.
Il
Comune reclamante, prima di contestare nel merito le affermazioni dei primi
giudici, ha eccepito anche l’inammissibilità del gravame introduttivo per
mancata notifica al controinteressato e carenza di interesse, nonché l’improcedibilità
dello stesso per sopravvenuta carenza di interesse.
4.
L’appellata
si è costituita in giudizio per resistere all’appello, ed ha puntualmente
controdedotto rispetto ai motivi dedotti con il medesimo, ribadendo peraltro la
permanenza dell’interesse alla coltivazione del ricorso originario, quanto
meno ai fini risarcitori.
Si
è costituita in giudizio anche l’Amministrazione regionale, che ha
integralmente aderito al gravame di appello.
Posizione
adesiva che è stata espressa anche dal Comune di Mussolente, con apposito atto
di intervento proposto nel presente grado di giudizio.
Le
parti hanno depositato memoria.
Alla
pubblica udienza del 3 giugno 2003 il ricorso in appello è stato introitato per
la decisione.
DIRITTO
1.
L’appello
merita accoglimento, sotto il preliminare profilo della tardività del ricorso
introduttivo.
Come
accennato in narrativa, con il ricorso di prime cure il Consorzio
Autogestione Rifiuti (C.A.R) impugnava la deliberazione della Giunta Regionale
n. 1041 del 13 aprile 1999, nonché il parere n. 2782, espresso in data 17
dicembre 1998 dal Comitato tecnico regionale, Sezione ambiente,
con i quali era stata respinta l’istanza relativa alla realizzazione di
una discarica di 2^ categoria tipo B in località Liedolo, nel Comune di S.
Zenone degli Ezzelini.
Invero
il C.T.R.A. rilevava, nei confronti del progetto presentato dal Consorzio
appellato, i seguenti aspetti di criticità:
a)
viabilità;
b)
presenza di un vincolo paesaggistico,
c)
già prevista ricomposizione ambientale dell’area (ex cava) e sua futura,
programmata destinazione ad attività turistiche e sportive.
2.
Il TAR, prima
di accogliere nel merito il gravame alla stregua del riscontrato difetto di
congrua motivazione, disattendeva l’eccezione di tardività sollevata dal
Comune (allora) resistente e basata sull’applicabilità alla fattispecie dei
termini dimidiati di cui all’art. 19 del d.l. 67/97.
Osservava,
in particolare, il Tribunale che la disposizione richiamata, in
quanto derogatoria del regime ordinario del processo amministrativo,
rendeva oggettivamente più difficoltoso, sia pure nell’ambito della legittima
discrezionalità normativa, l’esercizio del potere di azione del cittadino
avverso i provvedimenti della Pubblica Amministrazione.
Ne
conseguiva che la norma era di stretta interpretazione, con l’ulteriore
conseguenza che il procedimento in questione, di rilascio dell’autorizzazione
alla realizzazione di una discarica ad un determinato richiedente, non poteva
essere equiparato a quello volto all’elezione del soggetto idoneo alla
progettazione o all’appalto di opere pubbliche; con ogni conseguenza in ordine
alle attività amministrative ancillari, ivi comprese quelle dirette
all’espropriazione.
Il
fatto che l’approvazione del progetto degli impianti di smaltimento e di
recupero dei rifiuti comportasse l’eventuale variante dello strumento
urbanistico e la declaratoria di pubblica utilità con ogni conseguenza in
termini di potere di espropriazione, non cambiava i termini del problema, nella
considerazione che, a tenore del citato art. 19, era l’attività principale
quella che determinava la procedura e non viceversa e nel caso di specie quella
non era assimilabile, all’evidenza, all’appalto di opere pubbliche.
3.
Fin qui dunque
i primi giudici, con un argomentare però che non convince, siccome affetto da
una visione troppo riduttiva.
Il
diniego contestato, in ordine all’approvazione di un progetto relativo ad
impianto di smaltimento rifiuti, non può, infatti,
sfuggire all’applicazione dei termini dimezzati di cui al citato art.
19, che letteralmente trovava applicazione, tra l’altro, ai provvedimenti di
esecuzione di opere di pubblica utilità, ed alle procedure di occupazione ed
espropriazione delle aree ad esse destinate.
Orbene,
non può essere pretermesso, ai fini dell’applicabilità
della citata disposizione, che l’approvazione del progetto in argomento
avrebbe comportato il rilascio, seppur implicitamente, di una dichiarazione di
pubblica utilità delle opere, sulla base di un’apposita previsione normativa
(art. 27, comma 5, d.lg. 22/97), e
quindi l’integrazione del momento iniziale di una procedura espropriativa.
Il
tutto, inoltre, era comunque volto
alla realizzazione di un’opera di pubblica utilità, espressione
quest’ultima volutamente di portata generale, nel senso della finalizzazione
dell’opera da costruire allo scopo di interesse pubblico (quale è
senz’altro anche quello relativo all’efficiente
smaltimento dei rifiuti, seppur di produzione propria, da parte di
aziende legittimamente operanti nel territorio interessato), prescindendo dalla
natura – pubblica o privata – del soggetto chiamato a realizzarla.
In
più, l’approvazione dei progetti relativi ad impianti di trattamento dei
rifiuti, come si accennava, ha l’effetto, sempre ai sensi dell’art. 27,
comma 5, d.lg 22/97, di modificare l’eventuale diversa destinazione
urbanistica dell’area.
Il
fatto poi di essere al cospetto di un provvedimento di tipo negativo - nella
specie è stata respinta
l’istanza di un soggetto privato relativamente alla realizzazione di
un’opera di pubblica utilità - non costituisce elemento di per sé
sufficiente ai fini di escludere l’applicazione dei risvolti processuali della
normativa acceleratoria in argomento.
4.
In definitiva,
il ricorso di primo grado, in quanto proposto oltre il termine legale dimezzato
(per altro verso, il Comune appellante non ha dato prova efficace
dell’effettivo superamento, invece, del termine ordinario di sessanta giorni),
deve essere dichiarato tardivo, senza che si ravvisino, data la chiara dizione
di legge, gli estremi per la concessione dell’errore scusabile.
5.
Alla stregua
delle considerazioni che precedono, l’appello interposto va accolto e per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va
dichiarato irricevibile per tardività.
Sussistono
i presupposti per la compensazione tra le parti delle spese dei due gradi di
giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto,
in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo
grado.
Spese
dei due gradi di giudizio compensate tra le parti.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2003, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei
seguenti Magistrati:
Alfonso
Quaranta
Presidente
Raffaele
Carboni
Consigliere
Goffredo
Zaccardi
Consigliere
Marco
Lipari
Consigliere
Gerardo
Mastrandrea
Consigliere est.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to
Gerardo Mastrandrea
f.to Alfonso Quaranta