Cons. Stato Sez. VI sent. 1020 del 22 febbraio 2010
Sviluppo sostenibile. Impianti e autorizzazione
L’organo competente al rilascio dell’autorizzazione unica in materia di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili compie la valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, tenendo conto delle posizioni di dissenso espresse dai partecipanti alla conferenza di servizi. Stante il rinvio operato dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, alla l. n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi, ne consegue che, ai sensi dell’art. 14-quater, citata l. n. 241/1990, le amministrazioni convocate devono esprimere il proprio eventuale dissenso, a pena di inammissibilità, motivatamente e all’interno della conferenza di servizi. Ove poi il dissenso sia espresso, tra l’altro, da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, sono dettate specifiche norme procedurali per il superamento del dissenso.
N. 07738/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 7738/2009, proposto da Essebiesse Power s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Abbamonte, Giovanni Battista Conte, Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
contro
Associazione Italia Nostra, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Medugno, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Panama, n. 58;
nei confronti di
Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Molise, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, n. 7;
Provincia di Campobasso, Federazione Regionale Coldiretti del Molise, Michele Zurlo, Maria Gaetana D'Aversa, Gennaro Zappone, Maria Libera D'Amico, Michele Paolo Pietrarola, Giovannina Sirniele, Biagio Zappone, Pasquale Varriano, Rita Rubertino, Vincenzo Testa, non costituiti;
per la riforma
della sentenza del Tar Molise - Campobasso, sez. I, n. 115/2009, resa tra le parti, concernente autorizzazione alla realizzazione di impianto eolico.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Associazione Italia Nostra, del Ministero per i beni e le attività culturali e della Regione Molise;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2010 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati D'Angiolella (su delega dell’avv. Abbamonte), Clarizia, Conte, Medugno Colagrande (su delega dell’avv. Colalillo) e l'avvocato dello stato Fiduccia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante Essebiesse Power s.r.l. (d’ora innanzi SBS) opera nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili, e segnatamente si occupa di realizzazione e gestione di impianti eolici.
In data 12 novembre 2004 SBS inoltrava alla Regione Molise istanza di rilascio dell’autorizzazione unica (ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 387/2003), per la realizzazione di un impianto di energia elettrica di fonte eolica da 32 MW da ubicarsi nei Comuni di Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo.
La Regione Molise, con determinazione 16 febbraio 2005 n. 12 assoggettava il progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale.
SBS inviava a tutte le autorità statali, regionali e comunali competenti richiesta di rilascio dei pareri di rispettiva competenza.
La Soprintendenza per i beni archeologici del Molise con provvedimento n. 3789 del 18 maggio 2005 esprimeva, ai sensi dell’art. 21, d.lgs. n. 42/2004, il proprio assenso sul presupposto dell’assenza di vincolo e di presenze archeologiche.
La Regione con provvedimento 24 giugno 2005 rilasciava nulla osta ai sensi dell’art. 146, d.lgs. n. 42/2004, in relazione ad una limitata zona incisa dal progetto e gravata da vincolo paesaggistico, relativa alla realizzazione della sottostazione di trasformazione e del relativo cavo interrato nel territorio del Comune di Vinchiaturo.
Con nota prot. 2921 del 21 luglio 2005 il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise invitava la Regione Molise a sottoporre l’intera area interessata dal progetto a vincolo paesaggistico.
Con nota prot. n. 3233 dell’11 agosto 2005 detto direttore regionale dichiarava che la precedete nota n. 3789 del 18 maggio 2005 doveva intendersi annullata in autotutela, e con nota prot. 3963 del 29 settembre 2005 inoltrava agli organi centrali del Ministero per i beni e le attività culturali una proposta di vincolo paesaggistico sull’intera area.
Il Comitato tecnico v.i.a. in data 23 giugno 2006 esprimeva parere favorevole alla realizzazione del progetto.
In data 6 aprile 2006 SBS chiedeva alla Regione Molise il rilascio dell’autorizzazione unica.
Con decreto n. 10 del 6 aprile 2006 il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise apponeva vincolo archeologico sull’immobile “strada comunale tratturo”.
2. Rimanendo inerte la Regione Molise nel rilascio dell’autorizzazione unica, SBS proponeva innanzi al Tar Molise azione volta ad acclarare l’illegittimità del silenzio – inadempimento.
Il Tar Molise, con sentenza n. 749/2006 ordinava all’amministrazione di provvedere.
Con nota prot. 4889 del 6 dicembre 2006 il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise diffidava SBS dall’esecuzione del progetto sull’assunto che esso utilizzerebbe il percorso di interesse storico come tracciato di servizio dei nuovi impianti.
Per contro, con nota prot. n. 9537 dell’11 dicembre 2006 il Soprintendente per i beni archeologici del Molise affermava che l’area oggetto dell’intervento non è interessata da vincolo archeologico, prescrivendo che “qualsiasi lavoro di scavo dovrà essere seguito da personale della Soprintendenza archeologica e comunicata a questo Ufficio. Il tratturo dovrà essere ripristinato in battuto al termine dei lavori. Poiché però l’aerogeneratore n. 2 si trova situato alla distanza di m. 19 dal tratturo storico tutelato, si prescrive il leggero spostamento dello stesso immediatamente al di fuori dell’area sottoposta a vincolo di rispetto (20 m.)”.
Con nota prot. n. 5108 del 15 dicembre 2006 il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise annullava in autotutela la citata nota prot. n. 9537 dell’11 dicembre 2006.
3. A seguito di ulteriore ricorso al Tar Molise, quest’ultimo con sentenza n. 749/2006 nominava un commissario ad acta con il compito di provvedere sulla domanda di autorizzazione unica entro novanta giorni.
In data 9 maggio 2007 si svolgeva presso il Ministero per i beni e le attività culturali un “tavolo di concertazione” per valutare una eventuale localizzazione alternativa del progetto.
Con nota prot. n. 1904 del 18 maggio 2007 il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise inviava un resoconto della riunione del 9 maggio 2007.
Il commissario ad acta, con provvedimento n. 1000/CAA del 2 luglio 2007 autorizzava SBS a realizzare e gestire l’impianto.
Con provvedimento n. 950 del 28 novembre 2007 il Soprintendente autorizzava la messa in sicurezza della stradina “Tratturo”, sottoposta a vincolo archeologico con decreto n. 10/2006, “indispensabile per la sicurezza del passaggio degli automezzi”, considerato che “non sussistono tracce dell’antica sistemazione del tratturo … e che tale sistemazione non modifica la conservazione delle caratteristiche specifiche tutelate dal vincolo di interesse storico-archeologico”.
4. Contro l’autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta e contro la valutazione di compatibilità ambientale ha proposto ricorso al Tar per il Molise l’Associazione Italia Nostra.
Nelle more del giudizio di primo grado, con istanza in data 27 febbraio 2008 la SBS ha chiesto alla Soprintendenza di certificare se il progetto autorizzato dal commissario ad acta sia o meno in contrasto con le prescrizioni del decreto n. 10/2006 impositivo di vincolo archeologico.
Con nota prot. 1577 del 3 marzo 2008 il Soprintendente ha attestato che le opere progettate sono al di fuori e non contrastano con le prescrizioni relative al vincolo di cui al decreto n. 10/2006.
5. Con la sentenza n. 115/2009 il Tar Molise ha accolto il ricorso proposto dall’Associazione Italia Nostra, annullando l’autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta e il provvedimento di valutazione di impatto ambientale.
La sentenza, in sintesi:
1) ha accolto il primo motivo del ricorso di primo grado con cui si lamentava l’inadeguata valutazione dell’interesse paesaggistico dell’area, rilevando che, pur non gravando sull’area vincolo paesaggistico, non sarebbe stato adeguatamente considerato il particolare pregio ambientale, evidenziato dal direttore regionale e dell’Associazione ricorrente nel corso del procedimento amministrativo, e sarebbe mancata la valutazione comparativa degli interessi pubblici primari antagonisti (paesaggio, ambiente, energia, salute, libertà di impresa economica) (da pag. 11 a pag. 16 della sentenza);
2) per le stesse ragioni sub 1) ha accolto il quarto motivo del ricorso di primo grado, con cui si lamentava che gli organi regionali preposti alla valutazione di impatto ambientale avrebbero omesso di condurre qualsiasi concreto apprezzamento della compatibilità dell’opera con il contesto paesaggistico interessato dalla localizzazione (da pag. 16 a pag. 18 della sentenza);
3) ha accolto il secondo motivo del ricorso di primo grado, con cui si lamentava la mancata valutazione dell’interesse archeologico dell’area, ritenendo che il provvedimento di autorizzazione unica si fonderebbe sull’erroneo presupposto di fatto che l’intervento sarebbe compatibile con il vincolo archeologico di cui al decreto n. 10/2006; non varrebbe obiettare che il parco eolico insisterebbe al di fuori della strada comunale tratturo (oggetto del vincolo archeologico); perché la verifica andrebbe condotta ex ante e non ex post, perché alla data in cui la SBS ha interpellato la Soprintendenza, l’opera insisteva, in parte, su area gravata da vincolo archeologico; inoltre i mezzi necessari per realizzare l’opera transitano su detta strada, sicché occorrerebbe munirsi di autorizzazione, per quanto attiene a transito, scavi, risistemazione del tratturo; il vizio non sarebbe superato dalla prescrizioni imposte dal commissario ad acta, che non avrebbe competenze in materia di vincolo archeologico (da pag. 18 a pag. 20 della sentenza);
4) ulteriore vizio concernerebbe la indebita estromissione dal procedimento del direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici, essendo stata coinvolta solo la Soprintendenza (da pag. 20 a pag. 21 della sentenza);
5) ha ritenuto fondato il quarto motivo del ricorso di primo grado quanto all’ulteriore profilo di violazione della delibera di giunta regionale n. 908 del 26 giugno 2006, con la precisazione che i parametri da considerare non sono quelli di tale delibera, ma quelli della successiva delibera 7 maggio 2007 n. 452, in quanto no sarebbero rispettate le fasce di rispetto ivi previste.
6. Ha proposto appello SBS, muovendo motivate critiche alla sentenza gravata.
7. Osserva in via preliminare (da pag. 8 a pag. 9 dell’atto di appello) che:
1) non è contestato che l’area non era gravata, all’epoca del rilascio dell’autorizzazione unica, da alcun vincolo paesaggistico;
2) sull’area oggetto di intervento non esiste vincolo archeologico;
3) il provvedimento 3 marzo 2008 n. 1577 del competente Soprintendente attesta che le opere sono al di fuori dell’area gravata da vincolo, e tale provvedimento non è stato impugnato dall’Associazione ricorrente in primo grado;
4) anche la precedente nota soprintendenti zia 28 novembre 2007 n. 950 non risulta ex adverso impugnata.
7.1. Ciò premesso con il primo e il secondo motivo di appello (da pag. 10 a pag. 24 dell’atto di appello) si contestano i capi di sentenza che accolgono il primo e quarto motivo del ricorso di primo grado.
Contrariamente a quanto statuito dal Tar, il Commissario ad acta, nel rilasciare l’autorizzazione unica, e il competente organo regionale, nell’effettuare la verifica positiva di impatto ambientale, hanno tenuto conto della posizione del direttore regionale quanto al pregio paesaggistico dell’area, hanno tenuto conto della posizione espressa da Italia nostra nel corso del procedimento amministrativo, hanno valutato comparativamente tutti gli interessi coinvolti, e hanno motivatamente ritenuto prevalente l’interesse energetico, considerato anche che l’area non è gravata da vincolo paesaggistico.
Si contestano con analoghi argomenti le statuizioni del Tar in ordine al provvedimento del comitato tecnico v.i.a., che non ha rilevato un particolare interesse paesaggistico, in assenza di vincolo puntuale, e ha ritenuto preminente l’interesse energetico e ambientale.
8. Il primo e secondo motivo di appello sono fondati.
8.1. In diritto va premessa una considerazione di carattere generale.
In ossequio a impegni internazionali e comunitari, finalizzati alla riduzione dell’inquinamento, anche mediante lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, il legislatore statale, in attuazione di direttiva comunitaria, ha varato il d.lgs. n. 387/2003, ispirato a principi di semplificazione e accelerazione delle procedure finalizzate alla realizzazione e gestione degli impianti di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili e, segnatamente, da fonte eolica.
In particolare, l’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, ha previsto una autorizzazione unica, che sostituisce tutti i pareri e le autorizzazioni altrimenti necessari, e in cui confluiscono anche le valutazioni di carattere paesaggistico, nonché quelle relative alla esistenza di vincoli di carattere storico- artistico, tramite il meccanismo della conferenza di servizi.
La Corte cost. (tra l’altro anche in relazione alla legislazione della Regione Molise, v. Corte cost. n. 282/2009) ha riconosciuto al citato art. 12 valore di principio fondamentale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 117, co. 3, Cost., vincolante per le Regioni nella materia di legislazione concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, cui è da ascrivere la realizzazione e gestione degli impianti di energia da fonte eolica (Corte cost. n.342/2008 e n. 364/2006).
Pertanto l’organo competente al rilascio dell’autorizzazione unica compie la valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, tenendo conto delle posizioni di dissenso espresse dai partecipanti alla conferenza di servizi.
Stante il rinvio operato dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, alla l. n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi, ne consegue che, ai sensi dell’art. 14-quater, citata l. n. 241/1990, le amministrazioni convocate devono esprimere il proprio eventuale dissenso, a pena di inammissibilità, motivatamente e all’interno della conferenza di servizi. Ove poi il dissenso sia espresso, tra l’altro, da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, sono dettate specifiche norme procedurali per il superamento del dissenso.
8.2. Tanto premesso in diritto, giova osservare, in fatto, che non è contestata l’assenza di vincolo paesaggistico alla data di adozione del provvedimento di autorizzazione unica.
E’ vero che vi erano stati tentativi di imposizione del vincolo, ma il vincolo non esisteva.
Il provvedimento commissariale ha tenuto conto di tutte le vicende relative al tentativo di imposizione del vincolo, e ha altresì tenuto conto delle posizioni volte ad evidenziare il pregio paesaggistico dell’area a prescindere da un formale vincolo (direttore generale, Associazione Italia Nostra).
Va però osservato che l’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio non ha formalizzato alcun dissenso espresso e motivato in sede di conferenza di servizi.
Sicché, correttamente il commissario ha compiuto una valutazione comparativa degli interessi pubblici coinvolti, e ha ritenuto che l’opera non avesse un impatto paesistico negativo, e che per converso la stessa avesse un impatto ambientale positivo, atteso che l’impianto consente la produzione di energia da fonte rinnovabile, con effetto riduttivo dell’inquinamento.
Sotto tale profilo, il provvedimento è adeguatamente e correttamente motivato, immune da vizi logici o di travisamento dei fatti, immune da censure di eccesso di potere per difetto di istruttoria o inadeguata valutazione degli interessi in gioco.
Lo stesso è a dirsi quanto al presupposto provvedimento di valutazione di impatto ambientale.
Vanno pertanto accolto il primo e secondo motivo di appello.
9. Con il terzo mezzo (da pag. 24 a pag. 31 dell’atto di appello) si contesta il capo di sentenza che ha accolto il secondo motivo di primo grado ritenendo non adeguatamente valutato il vincolo archeologico.
Il capo di sentenza sarebbe affetto da vizio di ultrapetizione, e sarebbe comunque erroneo.
L’area interessata dal progetto non sarebbe gravata dal vincolo archeologico, che insiste solo sul Tratturo.
Neppure vi sarebbe stata indebita estromissione dal procedimento del direttore regionale, in quanto è proprio il provvedimento n. 10/2006, impositivo del vincolo archeologico, ad attribuire al soprintendente la competenza a dare il pare in relazione a qualsiasi movimento di terreno o scavo che interessi l’area vincolata. Andrebbe poi considerata l’esistenza dei provvedimenti soprintendentizi autorizzatori n. 9501/2007 e n. 1577/2008, mai impugnati.
9.1. Il mezzo è fondato.
Il vincolo archeologico imposto con il decreto n. 10/2006 riguarda solo il Tratturo.
Il commissario ad acta ha accertato che l’opera è localizzata in area non gravata da vincolo archeologico.
Inoltre l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo archeologico non ha esternato in sede di conferenza di servizi alcun dissenso espresso e motivato.
E’ bensì vero che i mezzi necessari per la realizzazione dell’opera transitano sul Tratturo sicché occorre autorizzazione soprintendentizia per il transito.
Ma si tratta di autorizzazione che non riguarda la localizzazione dell’opera, bensì la fase esecutiva della stessa.
Sicché, tale profilo non era condizionante del rilascio dell’autorizzazione unica.
Inoltre il provvedimento commissariale fa salve le competenze della Soprintendenza sotto tale profilo.
Va poi rilevato che sono in atti i provvedimenti autorizza tori soprintendentizi n. 9501/2007 e n. 1577/2008, mai impugnati, sicché anche le modalità esecutive dell’opera mediante utilizzo del Tratturo debbono ritenersi autorizzate.
Neppure sussiste il vizio procedimentale per mancato coinvolgimento del direttore generale.
Infatti il decreto n. 10/2006 delega le competenze al Soprintendente, per cui era quest’ultimo il soggetto che andava coinvolto nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica.
10. Con il quarto motivo (da pag. 31 a pag. 33 dell’atto di appello) si contesta il capo di sentenza che ha accolto il quarto motivo del ricorso di primo grado, sotto il profilo della violazione della delibera di giunta regionale n. 980/2006.
Si lamenta che il Tar si è pronunciato ultrapetita, perché il motivo di ricorso lamentava la violazione della delibera n. 908/2006, laddove il Tar ha ritenuto violata la delibera n. 452/2007, censura non dedotta nel ricorso di Italia Nostra.
Né sarebbe rilevante che la censura di violazione della delibera n. 452/2007 è contenuta nell’atto di intervento ad adiuvandum proposto da Coldiretti, perché tardiva.
10.1. Le censura è fondata, avendo il Tar ravvisato, d’ufficio, un vizio non dedotto con il ricorso di primo grado.
Né rileva che la censura fosse presente nell’atto di intervento ad adiuvandum, sia perché l’atto di intervento adesivo non può introdurre temi nuovi, sia perché la censura sarebbe comunque tardiva: il termine per contestare il provvedimento commissariale, pubblicato in data 16 luglio 2007, scadeva il 30 ottobre 2007, laddove l’atto di intervento risulta notificato il 20 novembre 2007.
11. Con il quinto mezzo si contesta l’affermazione della sentenza secondo cui non era applicabile ratione temporis al provvedimento impugnato la l.r. n. 18/2008 (recte n. 15/2008), ma che tale legge dovrà essere applicata in sede di rinnovo dell’attività amministrativa conseguente alla sentenza di annullamento, nella parte, segnatamente, in cui individua alcune aree, tra cui la valle del Tammaro, come non idonea alla installazione di impianti eolici e fotovoltaici.
Parte appellante ritiene che tale statuizione esulava dal thema decidendum, e comunque viene tuzioristicamente appellata per evitare che si formi su di essa il giudicato.
11.1. Il Collegio osserva che tale statuizione è, nel corpo della sentenza di primo grado, intimamente connessa a quelle precedenti che hanno ritenuto illegittimi i provvedimenti impugnati, indicando una modalità di esecuzione della sentenza in sede di riesercizio dell’azione amministrativa.
Una volta riformata la sentenza e fatti rivivere i provvedimenti impugnati, non essendoci spazio per un riesercizio dell’azione amministrativa, tale statuizione resta automaticamente travolta.
Solo per completezza il Collegio osserva che, in ogni caso, la citata l.r. n. 15/2008, oltre ad essere stata espressamente abrogata dalla successiva l.r. 7 agosto 2009 n. 22, è stata anche dichiarata incostituzionale con la sentenza Corte cost. 6 novembre 2009 n. 282, tra l’altro proprio in relazione alla previsione, recata nell’art. 2, che individua determinate aree non idonee alla installazione di impianti eolici e fotovoltaici. Ha rilevato la Corte che tale limitazione non c’è nella legge statale e che pertanto la legge regionale viola i principi fondamentali di legislazione statale posti dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003 in materia di legislazione concorrente:
“la disciplina degli insediamenti di impianti eolici e fotovoltaici è attribuita alla potestà legislativa concorrente in tema di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione (cfr. le sentenze n. 342 del 2008 e, soprattutto, n. 364 del 2006). Pur non trascurando la rilevanza che, in relazione a questi impianti, riveste la tutela dell'ambiente e del paesaggio (v. la sentenza n. 166 del 2009), si rivela centrale nella disciplina impugnata il profilo afferente alla gestione delle fonti energetiche in vista di un efficiente approvvigionamento presso i diversi ambiti territoriali.
L'energia prodotta da impianti eolici e fotovoltaici è ascrivibile al novero delle fonti rinnovabili, come si evince dalla lettura dell'art. 2 della direttiva n. 2001/77/CE e dell'art. 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003.
La normativa internazionale, quella comunitaria e quella nazionale manifestano un favor per le fonti energetiche rinnovabili, nel senso di porre le condizioni per una adeguata diffusione dei relativi impianti. In particolare, in ambito europeo una disciplina così orientata è rinvenibile nella citata direttiva n. 2001/77/CE e in quella più recente del 23 aprile 2009, n. 2009/28/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), che ha confermato questa impostazione di fondo.
In ambito nazionale, la normativa comunitaria è stata recepita dal decreto legislativo n. 387 del 2003, il cui art. 12 enuncia, come riconosciuto da questa Corte, i princìpi fondamentali in materia (così la sentenza n. 364 del 2006). Ulteriori princìpi fondamentali sono stati fissati, anche in questo ambito, dalla legge n. 239 del 2004 che ha realizzato «il riordino dell'intero settore energetico, mediante una legislazione di cornice» (sentenza n. 383 del 2005).
(…) Le censurate previsioni di cui all'art. 2 individuano una serie di aree territoriali ritenute non idonee all'installazione di impianti eolici e fotovoltaici.
Dal canto suo, la normativa statale di cornice non contempla alcuna limitazione specifica, né divieti inderogabili, rinviando alle linee guida di cui all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003, il compito di «assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio».
È ben vero che la richiamata disposizione statale abilita le Regioni a «procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti», ma ciò può aver luogo solo «in attuazione» delle predette linee guida. Al momento attuale non risulta che le linee guida siano state adottate con le modalità previste dallo stesso comma 10, vale a dire in sede di Conferenza unificata.
Al riguardo, questa Corte ha precisato che «la presenza delle indicate diverse competenze legislative giustifica il richiamo alla Conferenza unificata, ma non consente alle Regioni […] di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa» (sentenza n. 166 del 2009). Il bilanciamento tra le esigenze connesse alla produzione di energia e gli interessi, variamente modulati, rilevanti in questo ambito impone, infatti, una prima ponderazione concertata in ossequio al principio di leale cooperazione, al fine di consentire alle Regioni ed agli enti locali di contribuire alla compiuta definizione di adeguate forme di contemperamento di tali esigenze. Una volta raggiunto tale equilibrio, ogni Regione potrà adeguare i criteri così definiti alle specifiche caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali.”
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2010 con l'intervento dei Signori:
Giovanni Ruoppolo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Giancarlo Montedoro, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/02/2010