TAR Puglia (Lecce) Sez. I sent. 2248 dell'11 giugno 2007
Rifiuti. Bonifica dei siti inquinati

Se è vero che ai fini degli interventi di cui all’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997 (poi: Parte IV del d.lgs. 152 del 2006) non può considerarsi irretrattabile l’opzione manifestata da parte delle Amministrazioni competenti in favore di una determinata tipologia di interventi di M.I.S.E., di bonifica e ripristino ambientale, è pur vero che una volta palesata con atti espressi un’opzione in tal senso (ed una volta avviata la realizzazione delle conseguenti attività, di rilevante impatto economico per le imprese interessate) le Amministrazioni interessate possono mutare il proprio avviso soltanto in base ad una congrua ed approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti del caso.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA PUGLIA

LECCE
PRIMA SEZIONE
Registro Decis.: 2248/2007

Registro Generale: 2342/04

896/06

nelle persone dei Signori:

ALDO RAVALLI Presidente

ETTORE MANCA Componente

CLAUDIO CONTESSA Componente, relatore

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Visti i ricorsi numm. 2342/2004 e 896/2006 proposti da:
POLIMERI EUROPA S.p.A.
(in persona del legale rapp.te, p.t.)
rappresentata e difesa da:
AVV. STEFANO GRASSI
AVV. CATALDO MOTTA

con domicilio eletto in LECCE

VIA MICHELE DI PIETRO, N. 11
presso
AVV. CATALDO MOTTA
contro
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

ora: MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

(in persona del Ministro, p.t.)
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
DIREZIONE GENERALE QUALITA’ DELLA VITA
(in persona del Direttore Generale, p.t.)
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
DIREZIONE GENERALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI
E PER LE BONIFICHE – DIVISIONE PROGRAMMAZIONE RIBO
(in persona del Responsabile, p.t.)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
(in persona del Presidente del Consiglio, p.t.)
MINISTERO DELLA SALUTE
(in persona del Ministro, p.t.)
MINISTERO DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE
ora: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
(in persona del Ministro, p.t.)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE
(in persona del Ministro, p.t.)
MINISTERO DEI TRASPORTI
(in persona del Ministro, p.t.)

ENTE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E L’AMBIENTE – E.N.E.A.

(in persona del legale rapp.te, p.t.)

ISTITUTO SUPERIORE PREVENZIONE E SICUREZZA SUL LAVORO – I.S.P.E.S.L.

(in persona del legale rapp.te, p.t.)

ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’

(in persona del legale rapp.te, p.t.)

COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA
SOCIO-ECONOMICO-AMBIENTALE PER LA REGIONE PUGLIA
(in persona del legale rapp.te, p.t.)
COMANDANTE DELLA CAPITANERIA DI PORTO DI BRINDISI
(in persona del legale rapp.te, p.t.)

rappresentati e difesi da:

AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO
con domicilio eletto in LECCE
VIA F. RUBICHI, 23
presso
SUA SEDE
e contro
REGIONE PUGLIA

(in persona del Presidente, legale rapp.te, p.t.)

A.R.P.A. PUGLIA
(in persona del legale rapp.te, p.t.)
e contro
PROVINCIA DI BRINDISI

(in persona del Presidente, legale rapp.te, p.t.)

e contro
AZIENDA U.S.L. BR/1
(in persona del legale rapp.te, p.t.)
e contro
AUTORITA’ PORTUALE DI BRINDISI
(in persona del legale rapp.te, p.t.)
e contro
SVILUPPO ITALIA S.p.A.
(in persona del legale rapp.te, p.t.)
e contro

SVILUPPO ITALIA – AREE PRODUTTIVE S.p.A.

(in persona del legale rapp.te, p.t.)

rappresentate e difese da:

AVV. ALBERTO COLABIANCHI
con domicilio eletto in LECCE
VICO DEI PROTONOBILISSIMI, 8
presso
AVV. ANDREA BORTONE

I - Per quanto concerne il ricorso N.R.G. 2342/04:

A) nell’ambito del ricorso principale, in data 26 novembre 2004:

- per l’annullamento, previa sospensione degli effetti, del verbale della Conferenza di servizi decisoria, convocata presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio in data 22 settembre 2004, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241/1990 e sue successive modificazioni ed integrazioni, relative al sito di interesse nazionale di Brindisi (verbale trasmesso con lettera 24 settembre 2004 del Direttore Generale della Direzione RIBO del Ministero del’ambiente e della tutela del territorio (prot. 16287)), nonché

- di ogni provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, per la parte in cui ha stabilito, al punto 26 dell’ordine del giorno, di richiedere alle aziende le cui aree di pertinenza presentino elevati livelli di contaminazioni delle matrici ambientali, acque sotterranee e suolo, di adottare, in attesa degli interventi di rimozione degli inquananti, adeguate misure di cautela, con la precisazione che “al fine di valutare le possibili mitigazioni del rischio afferente, le aziende devono procedere all’analisi di rischio applicando i criteri applicati nel documento ‘Proposta di criteri di valutazione analisi di rischio per il sito di interesse nazionale di Porto Marghera’ (documento allegato al verbale impugnato e che qui viene anch’esso impugnato quale atto presupposto”;

B) nell’ambito del ricorso per motivi aggiunti, in data 15 febbraio 2005:

- per l’annullamento del verbale della Conferenza di servizi convocata presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio in data 29 dicembre 2004, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241/1990 e sue successive modificazioni ed integrazioni, relativo al sito di interesse nazionale di Brindisi e della nota prot. 376 del 10 gennaio 2005, ricevuta in data successiva, del Dirigente della Divisione IX della direzione per la qualità della vita del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, con cui il verbale è stato trasmesso, nonché

- di ogni provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresi i documenti inviati in allegato al verbale impugnato, ed in particolare , il documento ‘Proposta di criteri di valutazione analisi di rischio – Sito di interesse nazionale di Porto Marghera’ (Allegato B) e della relativa lettera di trasmissione dell’A.P.A.T., prot. 25518 del 22 luglio 2004; nonché, infine, per l’annullamento,

- della nota dell’Istituto Superiore di Sanità, prot. 028690 AMPP/IA.12 del 1 luglio 2004, atto menzionato nel verbale della Conferenza di servizi del 29 dicembre ma non ad esso allegato;

- della nota dell’Istituto Superiore di Sanità, prot. 039021 AMPP/IA.12, atto menzionato nel verbale della Conferenza di servizi del 29 dicembre ma non ad esso allegato;

- della proposta formulata dalla Direzione per la Qualità della Vita riguardante la ‘definizione della problematiche tecnico amministrative al fine di individuare i criteri per garantire tempi certi per la restituzione agli usi legittimi, messa in sicurezza d’emergenza e bonifica della aree all’interno del sito perimetrato di Brindisi’, atto menzionato nel verbale della Conferenza di servizi del 29 dicembre ma non ad esso allegato, nonché:

- del verbale della Conferenza i servizi istruttoria convocata, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241/1990 e sue successive modificazioni ed integrazioni, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio in data 16 dicembre 2004, relativo al sito di interesse nazionale di Brindisi (documento non conosciuto dalla ricorrente);

C) nell’ambito del ricorso per motivi aggiunti, in data 22 luglio 2005:

- per l’annullamento del verbale della Conferenza di servizi convocata presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio in data 20 giugno 2005, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241/1990 e sue successive modificazioni ed integrazioni, relativo al sito in interesse nazionale di Brindisi e della nota prot. 12598/QDV/DI del 22 giugno 2005, ricevuta in data successiva, del Dirigente della Divisione IX della Direzione per la qualità della vita del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, con cui il verbale è stato trasmesso, nonché

- del verbale della Conferenza di servizi istruttoria convocata, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241/1990 e sue successive modificazioni ed integrazioni, presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio in data 11 maggio 2005 (documento non conosciuto dalla ricorrente);

- del verbale della Conferenza di servizi istruttoria convocata, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241/1990 e sue successive modificazioni ed integrazioni, presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio in data 20 giugno 2005, relativo al sito di interesse nazionale di Brindisi (documento non conosciuto dalla ricorrente), nonché

- di ogni provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, anche se non conosciuto dalla ricorrente, ivi compresi i documenti trasmessi in allegato al verbale della Conferenza di servizi decisoria del 20 giugno 2005.

II - Per quanto concerne il ricorso N.R.G. 896/06:

per l’annullamento:

- del verbale della Conferenza di servizi tenutasi presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio in data 13 marzo 2006, relativa al sito di interesse nazionale di Brindisi e della nota prot. 5989/QDV/VII/VIII/IX del 22 marzo 2006, ricevuta in data successiva, del Dirigente della Divisione IX della Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, con cui il verbale è stato trasmesso;

- del verbale della Conferenza di servizi istruttoria convocata presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio in data 19 gennaio 2006, relativo al sito di interesse nazionale di Brindisi (documento non conosciuto dalla ricorrente);

- del provvedimento, di incognita data, con cui le determinaizoni assunte dalla Conferenza di servizi decisoria del 13 marzo 2006 sono state recepite dall’Amministrazione procedente (atto sconosciuto alla ricorrente);

- di ogni altro provvedimento, atto, verbale o comportamento presupposto, connesso o consequenziale, anche se non conosciuto dalla ricorrente, ivi compresi:

- i documenti trasmessi in allegato al verbale della Conferenza di servizi decisoria del 13 marzo 2006 ed, in particolare, la nota A.P.A.T. del 18 gennaio 2006 prot. n. 1553, avente ad oggetto “Trasmissione istruttorie per la conferenza di servizi del 19 gennaio 2006. Sito di interesse nazionale di Brindisi”, con allegati i relativi pareri istruttori e, in particolare, del “Parere relativo al piano di caratterizzazione delle aree di proprietà Polimeri Europa S.p.A. esterne al perimetro dello stabilimento petrolchimico di Brindisi” (atto non conosciuto); le note dell’Istituto Superiore di sanità del 16-18 gennaio 2006, con allegato apparire recante ‘Osservazioni e analisi di rischio sito di interesse nazionale di Brindisi’; la nota A.P.A.T. del 20 luglio 2005, prot. n. 28220 e l’allegato protocollo A.P.A.T.-I.S.S.-A.R.P.A.V. per l’ossidazione chimica in situ; la nota A.P.A.T. del 9 settembre 2005, prot. n. 33360, con l’allegato parere A.P.A.T.-I.S.S., avente ad oggetto l’‘Applicazione di tecnologie in situ per la bonifica delle acque sotterranee mediante l’iniezione di composti e reagenti chimici’; la nota della Provincia di Brindisi – Servizio ambiente del 18 gennaio 2006, prot. 18421;

- i documenti richiamati dal verbale impugnato anch’essi ad esso non materialmente allegati, ivi inclusi: la nota A.R.P.A. Puglia, Dip. Brindisi, prot. n. 5082 del 21 settembre 2005.

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di:

AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO

SVILUPPO ITALIA S.p.A.

SVILUPPO ITALIA AREE PRODUTTIVE S.p.A.

Considerando che nei due ricorsi in epigrafe sono dedotti i sEguenti motivi:

I - Per quanto concerne il ricorso N.R.G. 2342/04:

A) quanto al ricorso introduttivo, in data 26 novembre 2004:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d. lgs. N. 22 del 5 febbraio 1997 e degli artt. 2, comma 1, lettera d), 7, 8, 15, comma secondo, nonché degli allegati 3 e 4 del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della illogicità e dell’incongruità dell’istruttoria e della carenza e incongruità della motivazione;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999 - Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, del d. lgs. 15 agosto 1991, n. 277, e dell’art. 82 bis e quater del d. lgs. 19 settembre 1994, n. 626, anche in relazione al d.m. 26 febbraio 2004, e alle direttive comunitarie di cui tali atti costituiscono attuazione- Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della illogicità e della incongruità della istruttoria della insufficienza e incongruità della motivazione;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d.lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999 – Eccesso di potere per difetto dei presupposti e dell’assenza dell’istruttoria;

4) Illegittimità costituzionale dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997, per contrasto con gli artt. 3, 23, 76 Costt.

B) quanto al ricorso per motivi aggiunti, in data 15 febbraio 2005:

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 e del d.m. n. 471 del 1999 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria e manifesta illogicità;

6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d. lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e degli artt. 2, comma 1, lettera d), 8, 8, 15, comma secondo, nonché degli allegati 3 e 4 del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della illogicità e dell’incongruità dell’istruttoria e della carenza e incongruità della motivazione - Violazione e falsa applicazione degli art. 14, 14 bis, 14 ter, 15 anche in relazione agli artt. 3, comma 1, nonché, 7 e segg. E 10, lettera b), della legge n. 241 del 7 agosto 1990

7) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999, con particolare riferimento all’Allegato 4 – Incompetenza - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della illogicità e della incongruità della motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.m. 468 del 18 settembre 2001, anche in relazione all’art. 1 della legge n. 426 del 9 dicembre 1998 e dell’art. 15 del d.m. n. 471 del 1999;

8) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d.lgs. n. 22 del 1997 e del d.m. n. 471 del 1999 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della manifesta illogicità ed incongruità della motivazione;

9) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e degli artt. 2, comma 1, lettera d), 7, 8, 15, comma secondo, nonché degli allegati 3 e 4 del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della illogicità e dell’incongruità dell’istruttoria e della carenza di incongruità della motivazione;

10) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d.lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e dell’assenza dell’istruttoria;

11) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 e del d.m. n. 471 del 1999 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria e manifesta illogicità.

12) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 e, in particolare, all’allegato 1 dello stesso decreto, anche in relazione al d.lgs. n. 152 del 1999 e successive modifiche - Eccesso di potere particolarmente sotto i profili del difetto di motivazione e della illogicità manifesta;

13) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471, nonché del d.lgs. 152 del 1999 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo dell’illogicità manifesta;

14) Incompetenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della contraddittorietà, della illogicità manifesta e carenza di motivazione

15) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d. lga. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della contraddittorietà, manifesta illogicità, difetto di motivazione e di istruttoria;

16) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione e manifesta illogicità;

17) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m.25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione e manifesta illogicità;

18) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e degli artt. 10 e 15 del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione e manifesta illogicità;

19) Violazione e falsa applicazione degli art. 14, 14 bis, 14 ter, 15 anche in relazione agli artt. 3, comma 1, nonché, 7 e segg e 10 lettera b), della legge n. 241 del 7 agosto 1990 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria e manifesta illogicità;

20) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d. lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 e del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999.

21) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d. lga n. 22 del 5 febbraio 1997 e degli artt. 10 e 15 del d.m. n. 471 del 25 ottobre 1999 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della manifesta illogicità e della insufficienza della motivazione.

B) quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti, in data 22 luglio 2005:

22) Violazione e flsa applicazione dell’art. 17, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della manifesta illogicità, del difetto di motivazione e di istruttoria;

23) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della contraddittorietà, manifesta illogicità, difetto di motivazione e di istruttoria.

24) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione e manifesta illogicità;

25) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e degli artt. 2, lettera d) e 15 del d.m. 25 ottobre 1999. n. 471 – Violazione e falsa applicazione dell’allegato 3 al D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione e manifesta illogicità;

II - Per quanto concerne il ricorso N.R.G. 896/06:

Considerando che con il ricorso in questione sono dedotti i seguenti motivi:

A) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 – Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della manifesta illogicità, del difetto di motivazione e di istruttoria (in quanto è palese l’assenza di motivazione del confinamento fisico a fronte del barrieramento idraulico);

B) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 – Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della manifesta illogicità, del difetto di motivazione e di istruttoria (in quanto l’Amministrazione contraddice le precedenti prescrizioni che hanno suggerito il barrieramento idraulico posto in essere dalla ricorrente);

C) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 – Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione e manifesta illogicità – Incompetenza (in quanto non sono indicate le ragioni tecniche che hanno suggerito le prescrizioni relative al confinamento fisico ed in quanto tali prescrizioni risultano palesemente illogiche) - Incompetenza;

D) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 – Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione, aggravio del procedimento e manifesta illogicità (con particolare riferimento all’illogicità dell’adozione di una tecnologia diversa dal barrieramento idraulico);

E) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 – Violazione dell’art. e e ss. della legge n. 241 del 1990 - Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione e manifesta illogicità (in quanto prevede l’attivazione dei poteri in danno della ricorrente in assenza dei presupposti di legge);

F) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471, nonché dei relativi allegati – Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 – Incompetenza – Violazione e falsa applicazione dell’art. 14-ter, comma 6-bis della legge n. 241 del 1990 e ss.mm.ii. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis e 21-octies della l. 241 del 1990 e ss.mm.ii. (in quanto manca la determinazione motivata di conclusione del procedimento);

G) Violazione e falsa applicazione della tabella 3 dell’allegato 5 al d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, come richiamato dall’art. 28, commi 1 e 2 e dall’art. 31, comma 1 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 46 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 – Violazione e falsa applicazione del d.m. 6 novembre 2003, n. 367 – Incompetenza - Eccesso di potere particolarmente sotto i profili della contraddittorietà, del difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e sviamento (in quanto si impone che le acque di falda emunte vengano trattate ai limiti di bonifica di cui all’ALL. 1 al d.m. n. 471 del 1999);

H) Violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 51-bis del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e degli artt. 7, 8 e 9 del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7. della legge n. 241 del 1990 – Difetto di motivazione - Eccesso di potere particolarmente sotto i profili del difetto di istruttoria, carenza di presupposti, della contraddittorietà, travisamento dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta – Sviamento (in quanto si impongono alla ricorrente, in assenza di qualsiasi motivazione, interventi di M.I.S.E. in non meglio precisate ‘aree esterne’ a quelle di propria competenza);

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e degli artt. 10 e 15 del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 – Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 – Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione e manifesta illogicità (in quanto si impone un termine irragionevole per la presentazione di un nuovo progetto di bonifica dei suoli sulla base del confinamento fisico);

L) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e degli artt. 5, 6, 10 comma 11 e 15 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 – Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 7 agosto 1990 – Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo della carenza di istruttoria, difetto di motivazione e manifetsa illogicità, carenza dei presupposti (in quanto il diniego di approvazione sul progetto di bonifica dei suoli con attività in corso non è motivato sull abase della normativa applicabile ed in quanto esclude immotivatamente l’ammissibilità del ‘capping’ nelle medesime aree) ;

Data per letta all’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2007 la relazione del Referendario Claudio Contessa e uditi, altresì, gli avvocati Motta e Grassi (per la società ricorrente) e Libertini (per l’Avvocatura Distrettuale dello Stato);

Considerando in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

La società ricorrente riferisce di essere proprietaria e di avere la disponibilità di aree industriali incluse nel sito di interesse nazionale di Brindisi, così come definito dal d.m. 10 gennaio 2000, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (‘Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/un689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio’) e dell’art. 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426 (‘Nuovi interventi in campo ambientale’), sulle quali insiste lo stabilimento gestito dalla società ricorrente.

Riferisce altresì che, in relazione alle attività di messa in sicurezza di bonifica del sito, si sono svolte numerose conferenze di servizi.

E’ importante sin da ora osservare che all’esito della Conferenza di servizi decisoria tenutasi in data 23 ottobre 2003, il Ministero dell’Ambiente aveva:

- deliberato di prendere atto del documento denominato ‘Messa in sicurezza della falda’ “contenente le misure di messa in sicurezza d’emergenza della falda che le aziende coinsediate [nello Stabilimento multisocietario di Brindisi, n.d.E.] (…) intendono adottare, al fine di intercettare, lungo il fronte dello stabilimento, le acque contaminate in uscita dal sito”: opere consistenti nello sbarramento idraulico e nel successivo trattamento delle acque di falda emunte;

- prescritto l’avvio della realizzazione dei pozzi costituenti la barriera idraulica, che avrebbe dovuto essere completata entro il dicembre 2003.

Risulta, poi, agli atti che all’esito della Conferenza di servizi decisoria tenutasi in data 20 aprile 2004 le Amministrazioni procedenti avessero prescritto la presentazione del progetto definitivo dell’impianto in questione e la realizzazione dell’intera barriera idraulica entro il 30 giugno 2004.

Tanto premesso in relazione alle vicende anteriori all’adozione degli atti odiernamente impugnati, il Collegio osserva che con il ricorso principale in data 24 novembre 2004 (causa 2342/04), l’odierna ricorrente impugnava in parte qua il verbale della Conferenza di servizi decisoria in data 22 settembre 2004, indetta ai sensi del comma 14 dell’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997, cit., per la parte in cui (punto 26 all’o.d.g.) essa prescriveva (inter alia) a carico dell’odierna ricorrente, in relazione agli interventi di messa in sicurezza di emergenza, alcune attività ritenute non dovute e la cui prescrizione risultava comunque illegittima.

Nel caso di specie, la ricorrente impugnava le determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi la quale, ravvisata la necessità di procedere ad un’analisi di rischio sanitaria in relazione ai siti in cui erano in corso attività di messa in sicurezza o di bonifica, aveva prescritto che anche in relazione al sito di Brindisi trovassero applicazione le indicazioni contenute nel documento denominato ‘Proposta di criteri di valutazione analisi di rischio per il sito di interesse nazionale di Porto Marghera’ (documento elaborato dal competente ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio congiuntamente con l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente ed i Servizi tecnici – d’ora in poi: ‘A.P.A.T.’ -, l’Istituto Superiore di Sanità – d’ora in poi: ‘I.S.S.’ - e l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto – d’ora in poi: ‘A.R.P.A.V.’ -).

Il ricorso investiva il richiamato verbale della Conferenza di servizi decisoria in data 22 settembre 2004 per la parte in cui (punto n. 26) esso, “nelle more dell’elaborazione di una proposta specifica per il sito di interesse nazionale di Brindisi, [richiedeva] alle aziende delle cui aree di pertinenza presentino elevati livelli di contaminazione delle matrici ambientali acque sotterranee e il suolo, di adottare, in attesa degli interventi di rimozione degli inquinanti, adeguate misure di cautela”, nonché per la parte in cui prevedeva che “al fine di valutare le possibili mitigazioni del rischio afferente, le aziende devono procedere all’analisi di rischio applicando i criteri indicati nel suddetto documento ‘Proposta di criteri di valutazione a analisi di rischio per il sito di interesse nazionale di Porto Marghera’”.

Il verbale in questione veniva impugnato dall’odierna ricorrente, che ne contestava l’illegittimità sotto quattro articolati profili.

Nella specie, la società Polimeri Europa ipotizzava anche l’illegittimità costituzionale della norma primaria su cui era fondato il potere di intervento nella specie esercitato dalle Amministrazioni intimate (in particolare: l’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997), nonché l’illegittimità derivata delle norme secondarie che ne costituivano attuazione (in specie, il d.m. 471 del 1999, cit.).

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, la quale concludeva per la declaratoria di inammissibilità e, nel merito, per l’integrale reiezione del ricorso.

Si costituivano, altresì, in giudizio le società Sviluppo Italia S.p.A. e Sviluppo Italia – Aree produttive S.p.A., le quali concludevano a propria volta per la declaratoria di irricevibilitào inammissibilità e, nel merito, per l’integrale reiezione del ricorso.

Risulta agli atti che in data 29 dicembre 2004 si tenne presso il Ministero dell’Ambiente un’ulteriore conferenza di servizi decisoria ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997.

Dal verbale della Conferenza in questione emerge quanto segue:

a) per quanto concerne l’esame dei ‘Risultati della caratterizzazione relativi alla Stabilimento multisocietario di Brindisi’ (presentati dalla ricorrente e da altre imprese operanti nel sito dello stabilimento multisocietario di Brindisi), la Conferenza deliberava di prenderne atto, a condizione che fossero rispettate alcune prescrizioni di carattere generale, ivi specificamente stabilite (punto 10 dell’o.d.g. e del verbale);

b) per quanto concerne, in particolare, l’esame dei ‘Risultati del Piano di caratterizzazione aree di proprietà trasmessi dalla Società Polimeri Europa’, la Conferenza deliberava di prenderne atto, a condizione che fossero rispettate alcune prescrizioni ivi stabilite e che l’A.R.P.A. - Puglia fornisse la validazione dei risultati delle indagini di caratterizzazione effettuate dall’Azienda (punto 12 dell’o.d.g. e del verbale);

c) per quanto concerne, infine, l’esame dei due documenti recanti: 1)Progetto preliminare/definitivo con misure di sicurezza per la bonifica delle acque di falda dello Stabilimento Multisocietario Petrolchimico’ – Risposte al verbale della Conferenza di servizi del 22/09/2004 – Analisi chimiche sui 9 pozzi in emungimento (periodo Aprile – Ottobre 2004) e 2)Piano di monitoraggio acque dai pozzi’, la Conferenza di servizi decisoria riteneva l’inidoneità della barriera idraulica a garantire il definitivo blocco della contaminazione e ad intercettare l’intera portata delle acque di falda contaminate. Conseguentemente, la Conferenza riteneva necessario adottare un sistema di confinamento fisico di tipo passivo “a integrazione e/o in sostituzione della barriera idraulica progettata ma non ancora realizzata, al fine di garantire la completa intercettazione delle acque di falda contaminate, nonché impedire la loro diffusione verso l’esterno dello stabilimento (lato mare, lato porto) e verso il Fiume Grande

Le determinazioni in tal modo assunte dalla Conferenza venivano impugnate dalla ricorrente attraverso il ricorso per motivi aggiunti in data 15 febbraio 2005 (causa n. 2342/04).

In tale occasione, la ricorrente censurava l’illegittimità degli atti impugnati atraverso diciassette motivi di ricorso (motivi dal n. 5 al n. 21).

Risulta agli atti che in data 14 marzo 2005, all’esito di una riunione tenutasi presso l’Avvocatura dello Stato di Venezia, fu convenuta una ‘Proposta di integrazione ai verbali delle CdS decisorie in riferimento alle osservazioni formulate dalle Aziende – Sito di interesse nazionale – Hot spots e analisi di rischio’.

Il documento in questione interveniva in via interpretativa sul contenuto del precedente documento recante ‘Proposta di criteri di valutazione analisi di rischio per il sito di interesse nazionale di Porto Marghera’ (che, come si è detto, era stato tenuto presente in sede di Conferenza di servizi del 22 settembre 2004 ai fini della predisposizione di un’Analisi di rischio sanitaria in relazione ai siti in cui erano in corso attività di messa in sicurezza o di bonifica), mitigandone fortemente l’impatto fattuale nei confronti delle Ditte interessate sia per quanto concerne gli hot spots, sia per quanto riguarda la messa in sicurezza d’emergenza.

In data 20 giugno 2005 si teneva presso il Ministero dell’Ambiente una nuova Conferenza di servizi decisoria, il cui o.d.g. prevedeva (fra l’altro) deliberazioni in ordine a:

a) prescrizioni in materia di interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di caratterizzazione e bonifica delle aree di competenza delle Società coinsediate nello Stabilimento petrolchimico di Brindisi;

b) risultati del monitoraggio delle acque di falda (trimestre Novembre 2004 – Gennaio 2005) nell’ambito della messa in sicurezza d’emergenza della falda sottostante lo Stabilimento multisocietario di Brindisi, trasmessi dalle Società coinsediate con nota prot. AMBI/TCSI 19/05 del 16 febbraio 2005 e acquisiti dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio al prot. n. 3772/QdV/DI del 21/02/2005.

In via preliminare rispetto alla trattazione dei due punti in questione (che venivano esaminati congiuntamente), le Amministrazioni partecipanti deliberavano di far propri i contenuti dell’‘interpretazione autentica’ recata dal documento discusso ed approvato presso l’Avvocatura dello Stato di Venezia in data 14 marzo 2005 (“la Conferenza di servizi decisoria, dopo ampia ed articolata discussione delibera di far propri i contenuti della interpretazione autentica per ognuna delle sopra riportate prescrizioni, alla luce degli approfondimenti nel frattempo intervenuti con gli interessati e sulla scorta dei chiarimenti dagli stessi forniti”).

Per quanto concerne, invece, l’esame congiunto dei due punti all’o.d.g. dinanzi indicati sub a) e b), la Conferenza di servizi procedeva innanzitutto a valutare i risultati del monitoraggio eseguito sui nove pozzi realizzati nell’ambito del sistema di barrieramento idraulico (già prescritto con la Conferenza di servizi del 23 ottobre 2003 in relazione alla messa in sicurezza d’emergenza della falda sottostante lo Stabilimento Multisocietario) in relazione al periodo novembre 2004 – gennaio 2005.

I risultati in questione avrebbero dimostrato “una preoccupante propagazione della contaminazione della falda che rende urgente l’adozione di un sistema di confinamento che garantisca la completa intercettazione delle acque di falda contaminate e impedisca la loro diffusione all’esterno dello stabilimento”.

Nella medesima occasione, era emerso che la completa realizzazione del sistema di messa in sicurezza d’emergenza dello Stabilimento petrolchimico tramite confinamento idraulico a suo tempo prescritto (sistema che avrebbe dovuto constare di 60 pozzi di emungimento) non era stata ancora possibile “in quanto l’impianto di trattamento non è stato ancora autorizzato dall’Ente competente”.

Ciononostante, la Conferenza di servizi riteneva di ravvisare comunque nella specie un’inadempienza in capo alle Aziende coinsediate in relazione alla M.I.S.E., atteso che essa non poteva essere “giustificata con il ritardo dell’autorizzazione dell’impianto di trattamento”.

In conclusione, la Conferenza di servizi del 20 giugno 2005 evidenziava quanto segue:

1) che la barriera idraulica a suo tempo prescritta, composta di 60 pozzi di emungimento delle acque di falda, non era stata ancora attivata dalle Aziende coinsediate nello Stabilimento petrolchimico di Brindisi e che la valutazione di tale inadempienza non poteva essere attenuata dal fatto che essa fosse dipesa dal mancato rilascio delle necessarie Autorizzazioni da parte degli Enti a ciò competenti;

2) che i risultati del monitoraggio delle acque di falda prelevate dai nove piezometri a tal fine attivati nel trimestre novembre 2004 – gennaio 2005 nell’ambito della M.I.S.E. della falda sottostante lo Stabilimento multisocietario, mostrava un incremento di contaminazione in cinque pozzi su nove, relativamente a diversi analiti;

3) che le società coinsediate avevano assunto l’impegno di presentare entro il 31 luglio 2005 gli esiti della caratterizzazione integrativa relativi a suoli e falda, nonché il progetto definitivo di bonifica della falda e di presentare altresì entro il 30 settembre 2005 il progetto preliminare dei suoli.

In conseguenza di ciò, la Conferenza deliberava “di sollecitare le aziende coinsediate:

a) ad attivare i 60 pozzi provvedendo ad un idoneo trattamento delle acque emunte;

b) ad integrare il sistema idraulico basato sui 60 pozzi con l’adozione di un sistema di confinamento fisico che garantisca la completa intercettazione dell’acqua di falda contaminata e impedisca la sua diffusione all’esterno dello Stabilimento prtrolchimico;

c) a presentare entro il 31/07/2005 gli esiti della caratterizzazione integrativa relativi a suolo e falda e il Progetto definitivo di bonifica della falda ed entro il 30/09/2005 il progetto preliminare dei suoli;

d) a presentare i risultati relativi ai futuri monitoraggi anche in tabelle di sintesi ed elaborati grafici con curve di isoconcentrazione in modo da consentire un immediato confronto e un’immediata valutazione dell’andamento della concentrazione di contaminanti nel tempo;

e) a trasmettere gli esiti della seconda fase di monitoraggio della sbarramento idraulico della falda”.

Il verbale della Conferenza di servizi in questione veniva impugnato dalla società ricorrente con il secondo ricorso per motivi aggiunti, in data 22 luglio 2005 (causa n. 2342/04).

In tale occasione, la società Polimeri Europa censurava l’illegittimità del menzionato verbale sotto quattro distinti profili (motivi dal n. 22 al n. 25).

Nella medesima occasione, tuttavia, essa dava atto della circostanza per cui, a seguito dell’‘interpretazione autentica’ recata dal documento discusso ed approvato presso l’Avvocatura dello Stato di Venezia in data 14 marzo 2005 e del suo recepimento da parte della Conferenza di servizi, potevano senz’altro ritenersi superati i motivi di ricorso proposti con il ricorso introduttivo, nonché i motivi aggiunti in data 15 febbraio 2005 (limitatamente ai motivi dal n. 5 al n. 14).

Nella pendenza del ricorso n. 2342/04 era intervenuta l’autorizzazione per il trattamento delle acque di falda ai sensi del d.lgs. 22 del 1997, art. 27 (D.G.P. di Brindisi, n. 192 del 10 giugno 2005) ed art. 28 (Det. Dirig. della Provincia n. 1394 del 15 dicembre 2005).

Nel corso dello stesso periodo erano stati anche messi un esercizio ed attivati tutti i 60 pozzi della barriera idraulica, come da comunicazione alla Conferenza di servizi istruttoria in data 19 gennaio 2006.

Ancora, nel gennaio 2006 le aziende insediate nello Stabilimento multisocietario di Brindisi trasmettevano uno studio illustrativo circa gli effetti del barrieramento idraulico, dei risultati conseguiti e del modello idrogeologico, predisposto da una Società terza (documento del dicembre 2005).

Dallo studio in questione emergeva che i risultati delle prove effettuate sul campo “conferma[vano] l’efficacia della barriera idraulica quale strumento utile alla completa intercettazione della falda sottostante il sito industriale”.

Il 13 marzo 2006 si teneva una nuova Conferenza di servizi decisoria, la quale si pronunciava su numerose questioni di interesse della ricorrente, ed in particolare:

- sui dati relativi al Monitoraggio delle acque di falda trasmessi dalle Società coinsediate nell’ambito della M.I.S.E. della falda (punto 6 all’o.d.g.);

- sul Progetto relativo alle acque di falda sottostanti il sito multisocietario, trasmesso dalle ditte coinsediate (punto 7 all’o.d.g.);

- su quattro elaborati trasmessi dall’odierna ricorrente e recanti, rispettivamente: a) l’Anticipazione dei risultati della caratterizzazione integrativa (in forma tabellare); b) i Risultati del Piano di caratterizzazione integrativo; c) il Progetto preliminare di bonifica dei suoli e d) la Valutazione della necessità di effettuare interventi correttivi prioritari secondo i criteri di analisi di rischio (punto 16 all’o.d.g.), nonché

- sul Piano di caratterizzazione delle aree esterne allo stabilimento.

Dall’esame del verbale della Conferenza di servizi in questione risulta che in pressoché tutti i punti all’o.d.g. indistintamente (e con formulazioni in larga parte coincidenti) le Amministrazioni coinvolte abbiano ribadito le prescrizioni in merito al confinamento fisico già impartite dalle precedenti Conferenze di servizi del 29 dicembre 2004 e 20 giugno 2005, con riferimento alla M.I.S.E. della falda (Conferenze le cui risultanze sono state già impugnate con i primi ed i secondi motivi aggiunti nell’ambito del ricorso n. 2341/04).

I contenuti del verbale della Conferenza di servizi in data 13 marzo 2006 venivano, quindi, impugnati dalla ditta Polimeri Europa (ricorso n. 896/06) la quale ne contestava l’illegittimità sotto dieci articolati profili (riconfermando, per altro, i motivi di impugnativa già proposti avverso i verbali delle precedenti Conferenze).

All’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2007 le parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene in primo luogo di disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe, sussistendo evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva (per riguardare i due ricorsi in questione, il procedimento di bonifica del sito di interesse nazionale di Brindisi).

2. Del pari, in via preliminare, il Collegio dà atto della rinunzia (espressamente operata con il secondo atto per motivi aggiunti nel ricorso n. 2341/04) alla coltivazione dei ricorsi in epigrafe in relazione:

- ai motivi di doglianza originariamente proposti con il ricorso principale (dal n. 1 al n. 3);

- ai motivi di doglianza dal n. 5 al n. 14, articolati con il primo ricorso per motivi aggiunti.

3. Ancora, in via preliminare il Collegio ritiene di esaminare la censura relativa all’illegittimità costituzionale dell’art. 17 del d.lgs. 22 del 1998 (ossia, della norma che costituisce la base legale per l’esercizio del potere oggetto di contestazione), per contrasto con gli articoli 3, 23 e 76 Cost., articolata con il quarto motivo del ricorso principale.

Nella specie, la società ricorrente osserva che l’esercizio della delega in questione (per quanto concerne la materia dei siti contaminati) sarebbe avvenuto in assenza di una qualunque delega o principio direttivo in relazione:

a) alla determinazione in concreto degli interventi di M.I.S.E.;

b) all’imposizione di misure di cautela sulla base di criteri tabellari astratti e non sulla base di verifiche di concreti pericoli per la salute e per l’ambiente, nonché (più in generale):

c) alla fissazione di principi relativi alla responsabilità per danno ambientale, particolarmente penetranti nei confronti degli obbligati alla bonifica.

In particolare, nella tesi di Parte attrice, se è vero che il decreto del 1997 ha provveduto a recepire nell’ordinamento alcune direttive comunitarie (in particolare: la direttiva 91/156/CEE sui rifiuti e la direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi), è pur vero che nessuna disposizione di fonte UE prevedesse l’emanazione di una disciplina relativa all’obbligo di bonifica dei siti inquinati.

L’illegittimità costituzionale della normativa primaria in questione risulterebbe idonea a riverberarsi sia sul conseguente esercizio della conseguente potestà regolamentare – D.M. 471 del 1999 – sia sull’esercizio in concreto dell’attività amministrativa oggetto degli odierni gravami.

Il Collegio ritiene che la questione dinanzi richiamata sia manifestamente infondata.

Quanto alla scelta di recare in un testo di recepimento la disciplina di cui alle materie dinanzi richiamate sub a), b), c) il Collegio osserva che essa non risulti affetta dai lamentati vizi, in primis alla luce dell’ampio contenuto della delega conferita con la legge 22 febbraio 1994, n. 146 (Legge Comunitaria 1993).

Ed infatti, l’articolo 36 della legge in questione (rubricato ‘Tutela dell’ambiente: criteri di delega’), nel fissare i criteri generali della delega legislativa in questione stabiliva – fra l’altro – il seguente: “a) recupero e conservazione delle condizioni ambientali in difesa degli interessi fondamentali della qualità della vita, della conservazione e valorizzazione delle risorse e del patrimonio naturale attraverso:

1) misure volte alla prevenzione e alla riparazione del danno ambientale secondo le norme vigenti in materia; (…)

c) adeguamento della normativa vigente alla disciplina comunitaria, apportando alla prima ogni necessaria modifica ed integrazione allo scopo di definire un quadro omogeneo ed organico delle disposizioni di settore”.

Ad avviso del Collegio, l’indubbia ampiezza della formula della delega non può farsi coincidere con un presunto carattere di indeterminatezza della stessa.

Al contrario, l’espressa previsione di misure volte alla prevenzione ed alla riparazione del danno ambientale (art. 36, comma 1, lettera a), cit.), nonché la dichiarata intenzione di delineare un quadro disciplinare di riferimento che tenesse conto (non solo delle direttive che ci si accingeva a recepire, bensì) anche del più generale quadro comunitario di riferimento in tema di tutela dell’ambiente (art. 36, comma 1, lettera c)), sono tutti elementi idonei a confermare la correttezza dell’esercizio della delega nella specie posto in essere.

Al riguardo si osserva che il più generale riferimento alla disciplina comunitaria in materia di ambiente ed alla definizione di un quadro omogeneo ed organico delle disposizioni di settore sottendesse una voluntas legis non orientata al mero recepimento delle richiamate direttive ma, appunto, alla definizione di un più ampio ed omogeneo quadro normativo, certamente tale da ricomprendere anche una disciplina puntuale della materia della bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati.

Ancora, si osserva che l’ampiezza della delega nella specie conferita non può ritenersi affetta dai lamentati vizi di indeterminatezza, se solo si pensi che l’espressa menzione al quadro comunitario di riferimento consentiva di (rectius: obbligava a) fare diretta applicazione delle previsioni di principio rinvenibili al livello del Trattato di Roma (Tit. XIX, artt. 174 e segg.).

Si tratta di previsioni che, lungi dal presentare un contenuto indeterminato, orientano in modo obiettivamente definito le scelte dei Legisaltori nazionali in tema di protezione dell’ambiente (si pensi alla previsione di cui al secondo periodo del paragrafo 2 dell’art. 174 del TCE, secondo cui «[la politica della Comunià in materia ambientale] è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché del principio ‘chi inquina paga’»: principi – questi – che il Legisaltore delegato del 1997 sembra aver tenuto pienamente in considerazione).

4. A seguito della parziale rinunzia all’ulteriore coltivazione dei ricorsi in epigrafe contenuta nel secondo atto per motivi aggiunti, in data 22 luglio 2005, deve concordarsi con la Difesa di Parte attrice, secondo cui la questione principale della complessiva vicenda contenziosa riguarda l’obbligo (imposto in sede di conferenza di servizi del 29 dicembre 2004 e successivamente reiterato e specificato nelle successive Conferenze del 20 giugno 2005 e del 13 marzo 2006) di adottare un sistema di confinamento fisico di tipo passivo ad integrazione (e/o in sostituzione, secondo quanto si legge nel verbale in data 29 dicembre 2004) della ‘barriera idraulica’, “al fine di garantire la completa intercettazione delle acque di falda contaminate, nonché impedire la loro diffusione verso l’esterno dello stabilimento” (verbale in data 29 dicembre 2004, cit., punto 16).

Come si è esposto in narrativa, l’obbligo di dotare la Stabilimento Multisocietario di Brindisi di un siffatto sistema di barrieramento fisico:

a) era stato dapprima imposto alle società interessate all’esito della Conferenza di servizi decisoria del 29 dicembre 2004 (si veda il punto 16 del relativo verbale), in seguito all’esame del ‘Progetto preliminare/definitivo con misure di sicurezza per la bonifica delle acque di falda dello Stabilimento Multisocietario petrolchimico’;

b) successivamente, era stato confermato all’esito della Conferenza di servizi decisoria del 20 giugno 2005 (si vedano i punti 1 e 5 del relativo verbale), in seguito all’esame delle ‘Prescrizioni in materia di messa in sicurezza d’emergenza, di caratterizzazione e bonifica delle aree di competenza delle Società coinsediate nello Stabilimento petrolchimico di Brindisi’, nonché all’esito dell’esame dei ‘Risultati del monitoraggio delle acque di falda (Trimestre Novembre 2004 – Gennaio 2005) nell’ambito della messa in sicurezza d’emergenza della falda sottostante lo Stabilimento multisocietario di Brindisi, trasmessi dalle società coinsediate’;

c) ancora, esso era stato ulteriormente confermato all’esito della Conferenza di servizi decisoria del 20 giugno 2005 (si vedano i punti 1 e 5 del relativo verbale), in seguito all’esame dei documenti relativi al ‘Monitoraggio delle acque di falda sottostanti lo stabilimento multisocietario di Brindisi, nel’ambito della messa in sicurezza d’emergenza, trasmessi dalle società coinsediate’, nonché in seguito all’esame dei ‘Risultati della caratterizzazione integrativa’ (aree interne allo stabilimento multisocietario) trasmessi dalla società Polimeri Europa, odierna ricorrente;

d) da ultimo, l’obbligo di dotare lo Stabilimento multisocietario di un sistema di barrieramento fisico è stato confermato all’esito della Conferenza di servizi decisoria in data 13 marzo 2006 (si vedano i punti 6 e 15 del relativo verbale), in seguito all’esame dei documenti relativi al Monitoraggio delle acque di falda sottostanti lo Stabilimento multisocietario di Brindisi, nell’ambito della M.I.S.E., trasmessi dalle società coinsediate, nonché in seguito all’esame dei Risultati della caratterizzazione integrativa (aree interne allo stabilimento multisocietario), trasmessi dall’odierna ricorrente.

L’imposizione del sistema di confinamento fisico in questione veniva censurata nell’ambito del primo e del secondo ricorso per motivi aggiunti, nonché nell’ambito del ricorso n. 896/06.

In particolare (ed in via di sintesi), la società Polimeri Europa osservava quanto segue:

a) l’imposizione del sistema di barrieramento fisico (intervenuta per la prima volta solo all’esito della Conferenza di servizi del 29 dicembre 2004) si poneva in palese contrasto logico ed operativo con quanto già stabilito in sede di Conferenza di servizi del 23 ottobre 2003, allorquando si era deciso di avviare un sistema di barrieramento idraulico (motivo n. 15; motivo ‘B’ nel ricorso n. 896/06). Anzi, sino all’adozione degli atti impugnati sia il Ministero dell’Ambiente che le altre Amministrazioni rappresentate in sede di conferenza non avevano mai messo in dubbio la validità del sistema di barrieramento idraulico, al punto di fornire in sede di Conferenza di servizi del 22 settembre 2004 prescrizioni operative sul punto (motivo n. 23);

b) l’imposizione di tale sistema si basava sul falso presupposto secondo cui la barriera idraulica non fosse mai stata realizzata, mentre invece essa era già completata nel luglio del 2004 (motivo n. 16);

c) l’imposizione del sistema in parola risulta del tutto priva di motivazione circa le ragioni tecniche ed i vantaggi relativi di questo sistema rispetto a quelli rinvenibili dal sistema di barrieramento idraulico (motivo n. 17; motivo ‘C’ nel ricorso n. 896/06). Tale imposizione si fonda su un quadro non esatto né completo degli esiti dei monitoraggi sul sistema di confinamento idraulico già realizzato (motivi numm. 22 e 24; motivo ‘A’ nel ricorso n. 896/06). Ancora, tale imposizione non terrebbe conto in alcun modo dei notevoli svantaggi tecnici ed economici connessi alla realizzazione di un sistema di barrieramento fisico (motivo n. 25; motivo ‘I’ nel ricorso n. 896/06);

d) dalla prescrizione di insediare un sistema di confinamento fisico di tipo passivo, la Conferenza di servizi farebbe derivare la configurazione del progetto presentato dalle società consediate come progetto preliminare di bonifica, con conseguente richiesta di ripresentare un nuovo progetto definitivo.

Al contrario, il progetto presentato dall’odierna ricorrente presenterebbe tutti i caratteri propri del progetto definitivo e la sua artificiosa riqualificazione costituirebbe frutto di un’attività certamente illegittima (motivo n. 18);

e) l’imposizione dell’obbligo in parola violerebbe le previsioni di cui al D.M. 471 del 1999, che fa carico alle Amministrazioni interessate di svolgere una preventiva analisi comparativa fra le diverse opzioni astrattamente percorribili in tema di interventi di M.I.S.E., di bonifica e ripristino ambientale;

f) infine, l’imposizione di tale tipo di barriera risulterebbe illegittima sotto numerosi altri profili (sia sostanziali che procedurali), fra cui: a) violazione delle norme in tema di procedimento amministrativo ex lege 241 del 1990 (motivo ‘F’ nel ricorso n. 896/06); b) illegittimità in tema di prescrizioni per quanto concerne i valori di concentrazione limite delle acque trattate (motivo ‘G’ nel ricorso n. 896/06); c) illegittima prescrizione dell’obbligo di garantire la M.I.S.E. delle acque sotterranee anche all’esterno dello stablimento petrolchimico (motivo ‘H’ nel ricorso n. 896/06).

I motivi qui dinanzi sisteticamente descritti, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati e meritevoli di accoglimento nei sensi di cui in appresso.

4.1. In primo luogo il Collegio deve rilevare la correttezza di quanto dedotto dalla società ricorrente in relazione al fatto che la scelta di realizzare un sistema di confinamento idraulico (scelta che gli atti impugnati considerano incongrua e/o insufficiente) non solo fosse ben nota alle Amministrazioni procedenti sino almeno dall’ottobre del 2003, ma che essa fosse stata anche a più riprese avallata dalla Conferenza di servizi, la quale aveva preso atto dell’opzione per tale modello, limitandosi sul punto a fornire indicazioni e prescrizioni.

Risulta, infatti, agli atti che la Conferenza di servizi decisoria del 23 ottobre 2003 avesse:

d) deliberato di prendere atto del documento denominato ‘Messa in sicurezza della falda’, documento – questo - “contenente le misure di messa in sicurezza d’emergenza della falda che le Aziende coinsediate (…) intendono adottare, al fine di intercettare, lungo in fronte dello stabilimento, le acque contaminate in uscita dal sito” e che “consistono nello sbarramento idraulico” e nel “successivo trattamento delle acque di falda emunte”;

e) prescritto l’avvio della realizzazione dei pozzi costituenti la barriera idraulica entro dicembre 2003.

Risulta, ancora, agli atti che all’esito della successiva Conferenza di servizi in data 20 aprile 2004, il Ministero dell’Ambiente aveva prescritto la presentazione del progetto definitivo dell’impianto di trattamento e la realizzazione dell’intera barriera idraulica entro il 30 giugno 2004.

Inoltre, risulta che la Conferenza di Servizi decisoria del 22 settembre 2004 (secondo punto dell’ordine del giorno, avente ad oggetto gli ‘Elaborati progettuali, relativi alla messa in sicurezza d’emergenza della falda acquifera sottostante allo Stabilimento multisocietario di Brindisi’), aveva deliberato di prendere atto dei progetti in questione (progetti che, come già esposto in narrativa, riguardano la barriera idraulica costituita da 60 pozzi, nonché l’impianto di trattamento delle acque emunte).

Il complesso di atti in questione deponeva univocamente nel senso di una sostanziale adesione da parte delle competenti Amministrazioni in favore del modello del barrieramento idraulico.

Ora, se è vero che ai fini degli interventi di cui all’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997 (poi: Parte IV del d.lgs. 152 del 2006) non può considerarsi irretrattabile l’opzione manifestata da parte delle Amministrazioni competenti in favore di una determinata tipologia di interventi di M.I.S.E., di bonifica e ripristino ambientale, è pur vero che una volta palesata con atti espressi un’opzione in tal senso (ed una volta avviata la realizzazione delle conseguenti attività, di rilevante impatto economico per le imprese interessate) le Amministrazioni interessate avrebbe potuto mutare il proprio avviso soltanto in base ad una congrua ed approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti del caso.

La sussistenza di siffatti obblighi procedimentali, prima ancora che da specifiche norme valevoli nel particolare settore della disciplina ambientale, discende dai generali principi di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa (comma 1 dell’articolo 1 della l. 241 del 1990), nonché dal principio del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo, “se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria” (comma 2 dell’art. 1, l. cit.).

Un siffatto obbligo di motivazione e di adeguata istruttoria sarebbe risultato tanto più necessario nel caso di specie, in cui risultava provato in atti:

a) che le società interessate avevano proceduto a realizzare un complesso, articolato ed onerosissimo sistema di sbarramento idraulico con successivo trattamento delle acque di falda emunte, sulla base del progetto preliminare a suo tempo presentato e già noto alle Amministrazioni procedenti;

b) che già al luglio del 2004 il sistema in questione risultava completamente realizzato (con la sua struttura di 60 pozzi di emungimento);

c) al dicembre del 2005 la Provincia di Brindisi aveva espressamente autorizzato l’esercizio dell’attività di trattamento delle acque di falda tramite operazioni di recupero.

4.2. Del pari, risultano corrette le deduzioni di Parte attrice secondo cui, una volta manifestata l’opzione per una determinata tecnologia applicabile ai fini degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e ripristino ambientale, l’Amministrazione avrebbe potuto optare per una diversa tecnologia (ovvero, prescriverne l’utilzzo combinato) solo all’esito di un’analisi comparativa fra le diverse opzioni in gioco, “in considerazione della specifiche caratteristiche dell’area, in termini di efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali, concentrazioni residue, tempi di esecuzione, impatto sull’ambiente circostante degli interventi” (in tal senso: D.M. 471 del 1999, cit., Allegato 3 – ora: d.lgs. 152 del 2006, All. 3 alla Parte IV -).

In buona sostanza, anche in considerazione del fatto che la tecnologia del barrieramento idraulico era stata conosciuta ed avallata dalle Amministrazioni presenti in sede di Conferenza di servizi, alla luce della sua completa realizzazione già alla data del luglio 2004, nonché in considerazione dei rilevanti costi di realizzazione ad essa conessi, le Amministrazioni procedenti avrebbero dovuto acquisire e valutare in modo adeguato tutte le circostanze e le informazioni del caso prima di prescrivere una nuova e diversa tecnologia (quella del barrieramento fisico – in aggiunta o in sostituzione del barrieramento idraulico -) ed avrebbero dovuto valutare comparativamente i vantaggi e svantaggi delle varie opzioni sul campo.

Ai fini di tale comparazione, inoltre, esse avrebbero dovuto dare pienamente conto (per così dire: ‘in negativo’) delle rilevate insufficienze del sistema inizialmente individuato (quello del barrieramento idraulico), sulla base di un’analisi completa e basata su rilevazioni pertinenti.

Ancora, ai fini di tale comparazione, esse avrebbero dovuto fornire (per così dire: ‘in positivo’) indicazioni di dettaglio circa i vantaggi effettivi connessi alla tecnologia da ultimo individuata e fornire prova di avere adeguatamente valutato i potenziali svantaggi connessi a tale opzione.

4.3. Dall’esame complessivo dei documenti di causa, emerge che le Amministrazioni intimate non abbiano effettuato le comparazioni e valutazioni di cui innanzi e che non abbiano fornito le necessarie motivazioni cui si è innanzi sinteticamente fatto cenno.

In particolare, risulta agli atti che la prescrizione di un sistema di confinamento fisico delle acque di falda sia stato prescritto per la prima volta (‘in sostituzione della barriera idraulica progettata ma non ancora realizzata’) all’esito della Conferenza di servizi del 29 dicembre 2004 (si veda, al riguardo, il punto 16 dell’o.d.g.).

In tale occasione, le Amministrazioni procedenti osservavano che tale prescrizione risultasse necessaria dal momento che gli esiti delle indagini di caratterizzazione “hanno evidenziato il pesante stato di contaminazione delle acque di falda dovuto alla presenza di sostanze inquinanti pericolose ed anche cancerogene”.

La prescrizione in questione veniva sostanzialmente confermata dalla Conferenza di servizi del 20 giugno 2005 la quale ne disponeva, stavolta, la realizzazione ad integrazione del sistema di barriera idraulica (si veda, al riguardo, il punto 5 dell’o.d.g.).

Nell’occasione, la Conferenza aveva basato le proprie decisioni sui risultati del monitoraggio eseguito su nove pozzi nel trimestre novembre 2004 – gennaio 2005, nell’ambito della M.I.S.E. della falda sottostante lo Stabilimento multisocietario di Brindisi.

Dal verbale risulta che, all’esito di tale monitoraggio, era emersa “una preoccupante propagazione della contaminazione della falda che rende urgente l’adozione di un sistema di confinamento che garantisca la completa inercettazione delle acque di falda contaminate e impedisca la loro diffusione all’esterno dello stabilimento”.

Ancora, la prescrizione in questione era stata confermata all’esito della Conferenza di servizi in data 13 marzo 2006 (impugnata con il ricorso n. 896/06), in cui erano stati esaminati i risultati del monitoraggio eseguito su nove pozzi nei trimestri Febbraio-Aprile 2005, Maggio-Luglio 2005 e Agosto-Ottobre 2005.

Nell’occasione, la Conferenza di servizi aveva osservato che “non è stato ancora comunicato l’avvio delle attività di emungimento e trattamento delle acque di falda dei 60 pozzi già realizzati”.

Ebbene, nel momento in cui la realizzazione della barriera fisica fu imposta per la prima volta (29 dicembre 2004), essa veniva prescritta in sostituzione di un sistema (quello del barrieramento idraulico) che dapprima era stato avallato dalle Amministrazioni procedenti e successivamente veniva considerato meritevole di integrale sostituzione nonostante che, al momento in cui tale decisione veniva assunta, non fosse stata effettuata alcuna valutazione complessiva sull’efficienza del sistema nella sua interezza (struttura a 60 pozzi di emungimento).

Del resto, le risultanze di dati riferibili a solo 9 pozzi di emungimento su 60 non potevano considerarsi definitivamente indicative della funzionalità di un sistema complessivo in corso di perfezionamento.

Ed ancora, se la ratio dell’intervento disposto in sede di Conferenza era quello di porre rimedio all’ulteriore incremento della contaminazione nelle more del completamento e messa in funzione del sistema di barriera idraulica, non può ritenersi che la prescrizione della realizzazione di una barriera fisica risultasse la misura più adeguata e proporzionale al conseguimento dello scopo.

Ed infatti, la rilevanza dell’intervento da ultimo disposto ed i tempi verosimilmente lunghi per la sua realizzazione e messa in opera ne palesavano la non idoneità, anche nel caso in cui la sua finalità fosse quella di assicurare la tutela dell’ambiente in questione nelle more del perfezionamento del sistema di barrieramento idraulico.

Ancora, i medesimi profili di carenza di istruttoria e di motivazione viziano anche le decisioni assunte in sede di Conferenza di servizi in data 20 giugno 2005, laddove la conferma del sistema di barrieramento fisico (questa volta, in aggiunta alla barriera idraulica) è stata disposta alla luce dei risultati del Monitoraggio eseguito su nove pozzi di emungimento nel trimestre Novembre 2004-Gennaio 2005.

Ed infatti, anche in questa ipotesi la decisione della Conferenza di servizi si è fondata su un’incompleta istruttoria (per così dire: ‘in negativo’) in ordine alla presunta, non adeguata funzionalità del sistema inizialmente individuato.

Si tratta, come è evidente, di una circostanza che avrebbe potuto adeguatamente essere valutata solo in presenza di dati completi (o, almeno, ‘a regime’) in ordine alla funzionalità del sistema nel suo complesso (ossia, in relazione ad un sistema costituito da 60 pozzi).

Al contrario, le determinazioni assunte nel giugno del 2005 risultano basate solo su un sistema di 9 pozzi su un sistema a regime di 60, laddove 8 dei 9 pozzi in questione non costituivano neppure effettiva parte integrante del sistema di sbarramento idraulico.

Difetti del tutto analoghi viziano anche le determinazioni assunte in sede di Conferenza di servizi del 13 marzo 2006.

In tale occasione la prescrizione aggiuntiva del barrieramento fisico è stata confermata nonostante il fatto che, nelle more, le società interessate avessero fatto pervenire uno studio tecnico (‘Valutazione della funzionalità dello sbarramento idraulico della falda’) nel quale si dava atto dei positivi risultati delle indagini sull’efficacia dello sbarramento idraulico e si attestava che il sistema in questione assicurava la completa intercettazione delle acque sotterranee in uscita dallo Stabilimento.

Al riguardo il Collegio osserva che gli obblighi di correttezza procedimentale e di salvaguardia del contraddittorio avrebbero imposto (a fronte dei risultati degli studi di parte) di motivare in modo adeguato la ritenuta non congruità e/o non attendibilità di tali studi.

Al contrario, dal verbale della Conferenza in data 13 marzo 2006 emerge unicamente (attraverso un rinvio alla conferenza istruttoria preliminare) che, ad avviso delle Amministrazioni procedenti, “i dati trasmessi non sono sufficienti a dimostrare l’efficacia del sistema di messa in sicurezza della falda”, senza gli ulteriori approfondimenti istruttori o motivazionali che, pure, sarebbero stati necessari alla luce delle importanti conseguenze che le prescrizioni imposte avrebbero sortito nei confronti delle imprese interessate.

4.4. Del pari, risultano fondati i motivi di ricorso con cui la ricorrente lamenta che la prescrizione (per così dire: ‘in positivo’) relativa al barrieramento fisico risulterebbe a propria volta viziata per difetto di istruttoria e di motivazione.

Ed infatti, risulta agli atti che le Amministrazioni procedenti abbiano desunto dalla (per altro, non dimostrata) non sufficienza del sistema di barrieramento idraulico la conseguenza per cui le esigenze di tutela ambientale esistenti in loco avrebbero potuto essere compiutamente conseguite attraverso la realizzazione di una barriera idraulica.

Tuttavia, in tal modo opinando, le Amministrazioni interessate sembrano aver omesso di fornire un quadro motivazionale adeguato in ordine al carattere effettivamente risolutivo (e non addirittura peggiorativo) che il sistema di barrieramento fisico avrebbe assicurato rispetto allo stato esistente.

In particolare il Collegio ritiene che, sulla base alle presumibili caratteristiche fisiche e strutturali che la realizzanda barriera presenterebbe, occorresse nella specie:

a) un’istruttoria quanto mai attenta in relazione agli effetti che la barriera fisica avrebbe sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area sottostante;

b) un’istruttoria approfondita circa le possibili interazioni fra i due sistemi di barrieramento (di cui, da ultimo, veniva prescritta l’operatività congiunta), al fine di impedire tanto duplicazioni funzionali di interventi con inutili aggravi di costi, tanto possibili interazioni negative con aggravamento dei rischi che si intendevano scongiurare;

c) un’analisi cost/benefici in relazione alle quantità verosimilmente cospicue di materiale contaminato di cui la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto la movimentazione.

5. Per le ragioni sin qui esposte, le prescrizioni relative alla realizzazione del sistema di barrieramento fisico delle acque di falda contenute negli atti impugnati risultano già di per sé affette dagli epigrafati vizi e meritevoli di annullamento.

Conseguentemente, il Collegio ritiene che l’accoglimento dei motivi di ricorso sin qui esaminati comporti l’assorbimento degli altri motivi di ricorso relativi alla prescrizione della barriera fisica.

In particolare, ci si riferisce al motivo ‘E’ del ricorso n. 896/06 in cui si impugna il verbale della Conferenza di servizi del 13 marzo 2006 per la parte in cui si anticipava che, in assenza della realizzazione della barriera fisica, si sarebbe proceduto ad attivare i poteri sostitutivi in danno dei soggetti inadempienti.

Ancora, ci si riferisce al motivo di ricorso n. 21, con cui si contestava l’illegittimità del verbale in data 29 dicembre 2004 per la parte in cui impone di presentare entro il breve termine di 60 giorni dalla data della Conferenza un progetto definitivo di bonifica dell’area, integrato con il sistema di confinamento fisico.

Infine, ci si riferisce al motivo ‘I’ ricorso n. 896/06, in cui si contestava la legittimità del medesimo verbale per la parte in cui impone di ripresentare entro il breve termine di 30 giorni il progetto di bonifica dell’area, integrato con il sistema di confinamento fisico.

6. Ancora, risulta fondato il motivo n. 19 articolato nell’atto per motivi aggiunti in data 15 febbraio 2005.

Nella specie, la ricorrente ha censurato l’irragionevolezza della prescrizione della Conferenza di servizi decisoria del 29 dicembre 2004, per la parte in cui (punto 1 all’o.d.g.) stabilisce che, nelle more del completamento delle attività di M.I.S.E. e di caratterizzazione delle matrici ambientali “non possono (…) essere effettuati interventi che comportano scavi anche di ‘modeste dimensioni’, quali la posa di recinzioni, installazione di serbatoi e vasche interrate, realizzazione di ampliamenti di capannoni e/o fabbricati residenziali esistenti, installazione di pozzetti, etc.”.

La prescrizione in questione sembra introdurre una sorta di presunzione assoluta in base alla quale una qualunque movimentazione di terreno (‘anche di modesta entità’) sarebbe idonea ad interferire in modo pregiudizievole con le finalità proprie dell’attività di bonifica.

Ad avviso del Collegio, tale previsione risulta contraria al generale canone di proporzionalità nell’esercizio dell’azione amministrativa (che deve trovare applicazione, pur con le necessarie cautele del caso, anche in caso di situazioni di emergenza ambientale).

Pertanto, la prescrizione in questione è illegittima e deve essere annullata per la parte in cui non consente la realizzazione in loco di attività comportanti movimentazione di terreno le quali, per la loro consistenza obiettiva, non risultino idonee in alcun modo ad interferire in modo negativo con le attività di bonifica in corso, secondo una valutazione da effettuarsi caso per caso in contraddittorio fra i soggetti interessati.

Non può, invece, condividersi il motivo n. 20, del pari articolato nell’atto per motivi aggiunti in data 15 febbraio 2005.

Con il motivo in questione, la ricorrente lamenta che la decisione adottata in sede di Conferenza di servizi del 29 dicembre 2004 “di approvare la proposta formulata dalla Direzione per la Qualità della Vita riguardante la ‘definizione delle problematiche tecnico amministrative al fine di individuare i criteri per garantire tempi certi per la restituzione agli usi legittimi, messa in sicurezza d’emergenza e bonifica delle aree all’interno del sito perimetrato di Brindisi” avrebbe surrettiziamente introdotto prescrizioni di carattere regolamentare, che si sostituirebbero a quanto previsto dall’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997 sia sotto il profilo normativo, sia sotto il versante applicativo.

Il motivo di ricorso non può trovare accoglimento in quanto, ad avviso del Collegio, la questione della contrarietà fra le determinazioni assunte in sede di Conferenza di servizi ed il paradigma normativo di riferimento (primario o regolamentare), può essere risolta ricorrendo alle consuete figure della violazione di legge (scil.: laddove sussistenti), ovvero dell’eccesso di potere per difetto di attribuzioni, senza la necessità di configurare in capo alle determinazioni assunte in sede di conferenza l’illegittimo esercizio di un potere lato sensu regolamentare.

7. Del pari, non può trovare accoglimento il motivo rubricato come ‘F’, nell’ambito del ricorso n. 896/06.

Nella specie, la ricorrente osserva che “per la messa in sicurezza d’emergenza, l’imposizione di una soluzione progettuale di bonifica predeterminata (qual è la bonifica mediante confinamento fisico) non è nei poteri della Conferenza dei Servizi, la quale può semplicemente approvare – e all’occorrenza motivatamente respingere ovvero condizionare a prescrizioni – il progetto presentato, ma non certo sostituirsi al privato nel decidere quale sia la soluzione progettuale più idonea al raggiungimento dello scopo”.

Ad avviso del Collegio, tuttavia, il motivo in questione si fonda su una non condivisibile assimilazione fra l’imposizione di particolari prescrizioni idonee ad incidere sul contenuto del progetto di bonifica (la quale indubbiamente rientra fra i poteri delle Amministrazioni procedenti) e la sostituzione al soggetto privato nella presentazione del relativo progetto.

Si intende con ciò dire che, se in base a quanto sin qui esposto (cfr. retro, sub 4.) l’operato delle Amministrazioni intimate appare illegittimo per la parte in cui ha imposto alla ricorrente talune prescrizioni progettuali illegittime, ciò non implica che le Amministrazioni in questione fossero radicalmente prive di imporre prescrizioni idonee in qualunque modo a riverberarsi sul contenuto dell’attività progettuale dei privati.

Se si ammettesse ciò, si postulerebbe una limitazione dell’intervento prescrittivo consentito alle Amministrazioni competenti ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997 che non appare conforme al pertinente quadro normativo.

8. Con il motivo rubricato come ‘G’ nell’ambito del ricorso n. 896/06, la ricorrente impugna in parte qua il punto 7 del verbale della Conferenza decisoria del 13 marzo 2006.

In particolare, le determinazioni assunte in sede di Conferenza sarebbero illlegittime per la parte in cui, nel pronunciarsi circa il progetto definitivo di bonifica presentato dalle società coinsediate, hanno imposto di presentare un nuovo e diverso elaborato progettuale il quale assicuri, allo scarico, il rispetto dei limiti di cui all’Allegato I – Tabella ‘Acque sotterranee’ del D.M. 471 del 1999.

Nella tesi di Parte attrice “il decreto – e le tabelle ad esso allegate – non appartengono però al regime autorizzatorio dell’art. 45 e ss. del d.lgs. n. 152 del 1999, che disciplina l’autorizzazione agli scarichi, indicando specifici limiti di emissione.

In particolare, occorre osservare che il trattamento dell’acqua, successivo all’emungimento, non è di per sé finalizzato alla rimozione della fonte inquinante o ad impedire che la contaminazione possa continuare a migrare verso l’esterno e non fa dunque parte della fase di messa in sicurezza di emergenza e/o di bonifica del sito.

Il trattamento è invece finalizzato al raggiungimento dei limiti previsti per gli scarichi idrici nei corpi recettori.

Pertanto, non si può sostenere che l’acqua estratta dalla falda debba essere ‘bonificata’ (ovvero, riportata entro i limiti del D.M. 471 del 1999).

Ne consegue che l’acqua inquinata potrà legittimamente essere sottoposta ad un trattamento in un impianto di depurazione di reflui, all’uopo autorizzato, impianto che poi avrà un suo scarico che dovrà seguire le regole ed i limiti dello scarico dei reflui industriali nei corpi recettori di cui al d.lgs. 152/99 (…)

La correttezza dell’interpretazione sopra riferita trova ulteriore conferma anche nel decreto legislativo in materia ambientale 3 aprile 2006, n. 152. In particolare, all’art. 243, primo comma, il decreto chiarisce che «Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell’ambito degli interventi di bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissioni di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto»”.

Il motivo, nel suo complesso, non può essere condiviso.

In primo luogo, non può trovare accoglimento l’argomento secondo cui l’intero corpus normativo di cui al D.M. 471 del 1999 non sarebbe nella specie applicabile, in quanto dovrebbe piuttosto applicarsi il diverso regime autorizzatorio di cui al d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (‘Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole’), che disciplina la materia dell’autorizzazione agli scarichi, indicando specifici limiti di emissione.

Al contrario, non può che ribadirsi che nel caso di specie sono certamente applicabili le previsioni di cui al D.M. 471 del 1999, ed i limiti di soglia recati dai rispettivi allegati.

Al riguardo, è sufficiente richiamare la nozione stessa di ‘bonifica’ recata dall’art. 2, comma 1, lettera e) del decreto in questione secondo cui, appunto, essa consiste “[nell’]insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti (…) nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente regolamento” (il riferimento va all’Allegato I.3 al decreto, recante “Valori di concentrazione limite accettabili nele acque sotterranee”).

Ad ogni modo, al fine di determinare i regime dei limiti di emissione applicabili alle acque trattate con il sistema di emungimento e trattamento proposto dalle società coinsediate, occorre stabilire con precisione (il che, allo stato non appare evidente) quale sarebbe, in base ai progetti delle società coinsediate, la destinazione delle acque trattate, ovvero:

a) se esse siano destinate, a seguito dell’emungimento e del trattamento, ad essere scaricate nei corpi idrici superficiali (secondo le previsioni di cui all’art. 30, comma 6 del d.lgs. 152 del 1999): in tale ipotesi i limiti di emissione dovrebbero effettivamente coincidere con quelli (meno rigidi) previsti per gli scarichi idrici nei corpi recettori, oppure

b) se esse siano destinate alla reimmissione in falda, a seguito dei trattamenti di disinquinamento, secondo le previsoini di cui all’Allegato 3 al D.M. 471 del 1999: in tale ipotesi i limiti di emissione dovrebbero invece coincidere con quelli (più rigidi) previsti dall’Allegato 1 – Tabella ‘Acque sotterranee’ del D.M. 471 del 1999.

Tuttavia, come correttamente rilevato dalla Conferenza di servizi del 13 marzo 2006 (punto 7 del verbale, sub 8), dal progetto di bonifica presentato dalle società coinsediate non è immediatamente evincibile dove avvenga lo scarico (ovvero, la reimmissione) delle acque trattate con l’impianto di T.A.F. (‘Trattamento Acque di Falda’).

Né può ritenersi che, in mancanza di un siffatto chiarimento, una risposta dirimente possa giungere dalle previsioni di cui all’art. 243 del d.lgs. 152 del 1999.

Ed infatti (anche a voler ritenere l’applicabilità delle previsioni in parola al fine della risoluzione del caso di specie), non può che osservarsi che l’articolo in questione riproduca l’opzione – per così dire – ‘binaria’ cui si è appena fatto cenno.

Ed infatti:

a) mentre il comma 1 (espressamente menzionato dalla Difesa di Parte attrice) si riferisce al caso in cui le acque di falda, a seguito del trattamento, vengono scaricate nei corpi idrici superficiali (in tal modo determinando l’obbligo di rispettare i limiti propri di tale tipologia di scarico);

b) invece, il comma 2 del medesimo articolo 243 prevede il diverso caso in cui le acque di falda, sottoposte a trattamento a fini di bonifica, vengano reimmesse nell’acquifero (in tal modo determinando l’obbligo di rispettare i limiti di concentrazione stabiliti dall’Allegato 1 al D.M. 471 ai fini dell’attività di bonifica).

Ne consegue che, in assenza di specifiche previsioni di progetto circa la destinazione delle acque succesiva al trattamento, non sia allo stato possibile contestare in parte qua le prescrizioni imposte in sede di Conferenza di servizi.

9. Con il motivo rubricato come ‘H’ nell’ambito del ricorso n. 896/06, la ricorrente impugna in parte qua i punti 6, 7 e 15 del verbale della Conferenza decisoria del 13 marzo 2006, per la parte in cui si impone “la messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda all’esterno dello stabilimento petrolchimico”.

Il motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento sotto i rilevati profili del difetto di istruttoria e di motivazione.

In particolare, il Collegio osserva che, effettivamente:

- la prescrizione in questione non individua in modo puntuale le aree esterne cui essa fa riferimento;

- la medesima prescrizione non espone i presupposti (es.: la presenza di uno stato di contaminaizone) e le ragioni tecniche per cui si ritiene necessario estendere le misure di M.I.S.E. anche ad aree esterne allo stabilimento multisocietario;

- la prescrizione non specifica gli interventi di messa in sicurezza che le Amministrazioni procedenti ritengono necssario realizzare.

10. Con il motivo rubricato subL’ nell’ambito del ricorso n. 895/06, la ricorrente ha impugnato il punto 16 del verbale della Conferenza di servizi in data 13 marzo 2006 per la parte in cui, nel pronunciarsi sul documento recante il ‘Progetto preliminare di bonifica dei suoli ’ da essa trasmesso, ha stabilito che “pur pendendo atto della dichiarazione dell’azienda di non poter intervenire per motivi di sicurezza e di incompatibilità con le attività industriali in corso, si ritiene, tuttavia, che nelle aree in cui è prevista esclusivamente una copertura impermeabilizzante e la contaminazione risulta essere superficiale (da 0 a 1 m o a 2 m), sia preferibile la rimozione e lo smaltimento del terreno inquinato, a meno che non venga dimostrata l’impossibilità tecnica di effettuare tali operazioni. In ogni caso tala impossibilità deve essere attestata dagli Enti di controllo locali (A.R.P.A. Puglia Dipartimento di Brindisi e Provincia di Brindisi).

Il capping [ossia, la copertura ed impermeabilizzazione de alcune aree, n.d.E.] deve essere considerato a tutti gli effetti un intervento di messa in sicurezza permanente, che è prvisto dal D.M. 471/99 soltanto qualora la fonte inquinante sia costituita da rifiuti stoccati e il progetto preliminare dimostri che, nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sostenibili, non sia possibile la rimozione dei rifiuti stessi; inoltre, ai siti ai siti sottoposti a interventi di messa in sicurezza permanente si applicano le norme tecniche, finanziarie e amministrative, nonché le garanzie previste dal d.lgs. 22/97 per il controllo e la gestione delle discariche”.

Secondo la ricorrente, la prescrizione in questione è affetta da contraddittorietà ed illogicità in quanto, una volta ‘preso atto’ dell’impossibilità dichiarata dall’azienda di intervenire per motivi di sicurezza e di incompatibilità con le attività industriali in corso, non sarebbe poi logico né possibile prescrivere una tipologia di intervento (quello della rimozione e smaltimento di uno strato del terreno inquinato) la quale risulterebbe, appunto, di impossibile realizzazione e comunque incompatibile con la prosecuzione dell’attività.

Ancora, la prescrizione imposta dalla Conferenza di servizi risulterebbe erronea per aver ritenuto nelle specie applicabili i limiti e le prescrizioni tipici delle attività di messa in sicurezza permanente (art. 6 del D.M. 471 del 1999), mentre risulterebbe evidente che nel caso di specie sia altresì applicabile la diversa disciplina in tema di bonifica e ripristino ambientale (art. 10, D.M., cit.).

Il motivo, nel suo complesso, non può trovare accoglimento.

In particolare, non può essere condiviso l’argomento che, a ben vedere, rappresenta la premessa maggiore dell’argomentazione di Parte attrice: ossia, la tesi secondo cui l’affermazione della Conferenza di aver ‘preso atto’ della dichiarata impossibilità di effettuare in loco interventi diversi dal c.d. capping implicasse una condivisione (sotto il profilo tecnico e fattuale) da parte delle Amministrazioni procedenti circa tale impossibilità.

Al contrario, la lettura del verbale in questione e le prescrizioni conseguentemente impartite dimostrano che le Amministrazioni procedenti non solo non abbiano condiviso la richiamata tesi dell’impossibilità sostenuta dalla ricorrente di realizzare qualunque altro intervento se non il richiamato capping, ma abbiano per facta concludentia dimostrato di ritenere ben possibile (ed anzi, preferibile sotto il profilo della migliore tutela ambientale) la concreta realizzazione in loco di un diverso intervento di rimozione e smaltimento del terreno inquinato.

Ad avviso del Collegio, tale prescrizione risulta esente dai richiamati profili di abnormità ed irragionevolezza (entro i cui limiti si può muovere il sindacato ab aexterno nella specie esercitabile), atteso che la rimozione di uno strato limitato di terreno non sembra possa risultare a priori incompatibile con la prosecuzione delle attività produttive, specie se essa risulta limitata (secondo un giudizio di adeguatezza e proporzionalità) alle sole aree in cui la contaminazione è di carattere superficiale.

Del resto, correttamente le Amministrazioni procedenti hanno escluso che una siffatta impossibilità potesse essere data per acquisita sulla base della mera dichiarazione di parte ed hanno rimesso il giudizio finale all’espressione di una valutazione tecnica da effettuarsi da parte degli Organi tecnici a tanto preposti in contraddittorio con la parte interessata.

Ne consegue che le prescrizioni assunte in sede di Conferenza risultino di certo compatibili con l’applicazione dell’art. 10 del D.M. 471 del 1999 (richiamato dalla ricorrente), atteso che la compatibilità degli interventi in questione con la possibilità di proseguire l’l’attività esistente è stata ben tenuta presente in sede di Conferenza e, semplicemente, demandata ad una valutazione di impossibilità di carattere non aprioristico, bensì da valutarsi in concreto, nella piena salvaguardia del contraddittorio fra le parti.

Per i motivi esposti, i ricorsi di cui in oggetto devono essere accolti in parte (nei sensi di cui in motivazione), con conseguente annullamento in parte qua degli atti impugnati.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti dei Ministeri dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare, dello Sviluppo Economico e della Salute e vengono liquidate in dispositivo.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite nei confronti delle altre parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti n. 2342/04 e 896/06

LI ACCOGLIE IN PARTE e per l’effetto

ANNULLA i provvedimenti impugnati nei sensi di cui in motivazione.

CONDANNA i Ministeri dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare, dello Sviluppo Economico e della Salute alla rifusione in favore della ricorrente delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.000 (cinquemila), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

DISPONE l’integrale compensazione delle spese di lite nei confronti delle altre parti costituite.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita ad opera dell’Autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del giorno 4 aprile 2007.

Aldo Ravalli – Presidente

Claudio Contessa – Estensore

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 11 Giugno 2007