TAR TOSCANA Sez. II sent. 383 del 14 marzo 2007
Rifiuti. Bonifica siti inquinati

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA,

- II^ SEZIONE -


N. 383 REG. SENT.

ANNO 2007

N. 1293 REG. RIC.

ANNO 2006


ha pronunciato la seguente

SENTENZA


sul ricorso n. 1293/06 proposto da CIMIMONTUBI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Giampietro e Francesco Fonderico ed selettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Gerolamo Angotti in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83;


c o n t r o


- il MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO ED IL MINISTERO DELLA SALUTE, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato nella cui sede di Firenze, via degli Arazzieri n. 4, sono selettivamente domiciliati;
- la REGIONE TOSCANA, in persona del Presidente pro tempore, non costituitasi in giudizio;
-la CONFERENZA DI SERVIZI DECISORIA svoltasi a Roma, in data 28 aprile presso la Direzione Generale per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato nella cui sede in Firenze, via degli Arazzieri n.4 è selettivamente domiciliata;


e nei confronti
del COMUNE DI PIOMBINO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio;


per l‘annullamento


1) del verbale della conferenza di Servizi decisoria del 28.4.2006 convocata presso la Direzione Qualità della Vita del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, a norma dell’art. 14, comma2, l. n. 241/90, e sue successive modifiche ed integrazioni, comunicato alla ricorrente in data 30 maggio 2006, nella parte relativa agli interventi di messa in sicurezza di emergenza e di caratterizzazione, e di bonifica nelle aree interne al perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di Piombino, con particolare riferimento al sito c.a. Cimimontubi, di proprietà della ricorrente, nonché per le parti di interesse; 2) del verbale della conferenza dei Servizi istruttoria del 23 marzo 2006, richiamato dalla Conferenza dei servizi del 28 aprile 2006.


Visto il ricorso e la relativa documentazione;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei Ministeri intimati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2007, relatore il Consigliere Vincenzo FIORENTINO, gli avv.ti Giampietro Franco e Michele Gambini (avv. Stato);


Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


F A T T O


Premette la Cimimontubi s.p.a., società controllata dalla Fintecna s.p.a., di essere proprietaria di un’area di mq. 135.000 ubicata nel territorio di Piombino; area che non sarebbe mai stata oggetto di attività produttiva trattandosi di zona a destinazione agricola.
Aggiunge che, essendo tale area stata inclusa, nell’ambito del perimetro del sito di interesse nazionale di Piombino, costituito con D.M. 10 gennaio 2000, ai fini dell’applicazione della normativa di settore in materia di interventi di bonifica, la società Fintecna presentò per conto di essa società Cimimontubi, un piano di caratterizzazione approvato dalla Conferenza di servizi decisoria del 17 dicembre 2002.
I risultati delle indagini di caratterizzazione avviate nel maggio 2004, avrebbero, tuttavia, evidenziato che l’area sia per quanto riguardava il suolo, sia in riferimento alla falda, presentava valori in linea con i limiti previsti dal D.M. 471/99;
gli stessi esiti avevano le indagini effettuate successivamente su richiesta della conferenza decisoria del 28 luglio 2005.
Riferisce la società che anche le ulteriori indagini dei terreni, richieste in sede di conferenza di servizi del 22 dicembre 2005, al fine di verificare l’idoneità della metodica di campionamento utilizzata nelle campagne precedenti (indagini eseguite tra dicembre 2005 e gennaio 2006) avrebbero confermato la conformità ai limiti di cui al D.M. n. 471/99 del sottosuolo e delle acque sotterranee per l’area in questione.
Lamenta che, tuttavia, ancor prima che venisse inviata da parte della società Fintecna la relazione, redatta il 31 marzo 2006, attinente a tali ultime indagini, la Conferenza di Servizi tenutasi, il28 aprile 2006, presso la Direzione Qualità della Vita del Ministero dell’ambiente e del territorio (conferenza che faceva seguito alla conferenza istruttoria del 23 marzo 2006, con cui era stato richiesto alla Fintecna ed a tutte le aziende invitate a trasmettere entro 30 giorni una dichiarazione di adesione al progetto unitario di messa in sicurezza d’emergenza della falda, elaborato da Sviluppo Italia - Aree Produttive s.p.a., contribuendo ai relativi costi “ovvero il progetto degli interventi di m.i.s.e. da adottare da parte di ciascuna azienda nell’area di competenza nel caso si scegliesse di agire autonomamente”) aveva disposto quanto segue: “visto che la società…..e Fintecna s.p.a., pur avendo le indagini di caratterizzazione evidenziato contaminazione delle acque di falda, non hanno ancora adottato interventi di messa in sicurezza di emergenza in grado di evitare la contaminazione verso il mare, dispone che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio verifichi le condizioni per l’avvio della procedura di sostituzione in danno, costituendo la notifica del presente verbale formale messa in mora, ai sensi dell’art. 15 comma 2, d.m. 471/99. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio si attiverà qualora le aziende non provvedano entro 30 giorni dalla notifica del presente verbale”. La stessa Conferenza dei servizi decisoria ha chiesto alla Direzione Qualità della Vita al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio “di segnalare l’avvio dell’esecuzione in danno ai sensi e per gli effetti degli artt. 51 bis del D.Lgs. 22/97 e del comma 7 dell’art. 114, l. 388/2000, nonché delle azioni di accertamento e di recupero del danno ambientale arrecato al mare aggravato anche a causa della mancata esecuzione di tutti gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza già prescritti”.
Da qui la proposizione del ricorso da parte della Cimimontubi s.p.a. con richiesta di annullamento, in parte qua, del suindicato verbale della conferenza di servizi in quanto affetta da più vizi.
Si sono costituiti in giudizio i Ministeri intimati resistendo.
Non si sono, invece, costituiti la Regione ed il Comune, sebbene intimati.
Nella camera di Consiglio dell’8 settembre 2006, come da ordinanza n. 726/2006, è stata accolta la domanda cautelare proposta.
La causa è stata trattenuta per la decisione, sulla memoria della società ricorrente, all’udienza dell’8 febbraio 2007.


D I R I T T O


1.Per come risulta dalla premessa esposizione in fatto, la vicenda oggetto di controversia attiene alla contestata legittimità del contenuto del verbale, conclusivo della conferenza di Servizi decisoria del 28 aprile 2006, convocata presso la Direzione Qualità della Vita del Ministero dell’ambiente e tutela del territorio, nella parte in cui ha imposto alla società Fintecna, per conto della società Cimimontubi, dalla prima controllata, di adottare interventi di messa in sicurezza di emergenza, di caratterizzazione, e di bonifica nelle aree interne al perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di Piombino, con particolare riferimento all’area c.d. Cimimontubi di proprietà della omonima società.
Quest’ultima in particolare sostiene di non essere responsabile dell’inquinamento dell’area “de qua” e di non essere, dunque, tenuta a sopportarere i costi della relativa bonifica, ivi compresi gli interventi ad essi prodromici.


2. Precisato l’oggetto del presente giudizio il Collegio ritiene indispensabile, ai fini della corretta decisione della controversia, premettere una analisi approfondita della natura del provvedimento impugnato dalla società Cimimontubi.


3. Il quadro normativo, nel quale si iscrive il gravato verbale della conferenza di servizi convocata dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, si può tratteggiare come segue:
a) l’art. 17, comma 2 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 stabilisce che “chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1 lett. a) ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento”;
b) al comma 14 dell’articolo sopra citato si precisa che “I progetti relativi ad interventi di bonifica di interesse nazionale sono presentati al Ministero dell’Ambiente ed approvati, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni che precedono, con decreto del Ministero dell’ambiente, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità, d’intesa con la Regione territorialmente competente. L’approvazione produce gli effetti di cui al comma 7 e, con esclusione degli impianti di incenerimento e di recupero energetico, sostituisce, ove prevista per legge, la pronuncia di valutazione di impatto ambientale degli impianti da realizzare nel sito inquinato per gli interventi di bonifica”;
c) giova rammentare che i criteri, le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati sono stati approvati con D.M. 25 ottobre 1999 n. 471, il quale all’art. 15 si occupa degli interventi di interesse nazionale (come è quello della fattispecie in esame);
d) per quanto qui rileva il citato art. 15 del D.M. n. 471 del 1999, scandisce le tappe procedimentali per giungere alla decisione sull’intervento di bonifica, da realizzarsi a spese e cura del responsabile, nel seguente modo: (comma 2) “il responsabile presenta al Ministero dell’Ambiente il Piano di caratterizzazione, il Progetto preliminare e il Progetto definitivo predisposti secondo i criteri generali stabiliti dall’Allegato 4, nei termini e secondo le modalità di cui all’articolo 10, comunicando, altresì, le informazioni relative agli interventi di messa in sicurezza adottati ai sensi dell’art. 7 o dell’articolo 8. Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile e non provveda il proprietario del sito inquinato né altro soggetto interessato, i progetti sono predisposti dal Ministero dell’ambiente, che si avvale dell’A.N.P.A., dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’E.N.E.A” (comma 3) “Per l’istruttoria tecnica degli elaborati progettuali di cui al comma 2 il Ministero dell’ambiente si avvale dell’A.N.P.A., delle A.R.P.A. delle regioni interessate e dell’Istituto Superiore di Sanità” (comma 4) “Il Ministro dell’Ambiente, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità, d’intesa con la regione territorialmente competente, approva il progetto definitivo, tenendo conto delle conclusioni dell’istruttoria tecnica e autorizza la realizzazione dei relativi interventi” (comma 4 - bis) “In attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione di cui al comma precedente, completata l’istruttoria tecnica, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio autorizza in via provvisoria, su richiesta dell’interessato, ove ricorrano i motivi di urgenza e fatta salva l’acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale ove prevista, l’avvio dei lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente, con eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata ai sensi dell’articolo 14 della L. 7 agosto 1990 n. 241, e successive modificazioni. L’autorizzazione provvisoria produce gli effetti di cui al comma 10 dell’articolo 10” (comma 5) “qualora gli interventi di bonifica e ripristino ambientale prevedano la realizzazione di opere da sottoporre a procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, l’approvazione di cui al comma 4 è subordinata all’acquisizione della relativa pronuncia di compatibilità.
In tali casi i termini previsti dal presente decreto sono sospesi sino alla conclusione della procedura di valutazione di impatto ambientale” (comma 6) “L’autorizzazione del progetto definitivo produce gli effetti di cui all’art. 10, comma 10”;
e) quest’ultimo (cioè l’art.10,comma 10 del D.M. n. 471 del 1999) così recita: “Ai fini soli della realizzazione e dell’esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all’attuazione del progetto definitivo, e per il tempo strettamente necessario all’attuazione medesima, l’autorizzazione di cui al comma 9 sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente. L’autorizzazione costituisce, altresì variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori qualora la realizzazione e l’esercizio dei suddetti impianti rivesta carattere di pubblica utilità”.


4. Orbene, da quanto sopra si evince che la disciplina normativa applicabile al caso in esame (bonifica di un sito inquinato di interesse nazionale) prevede le seguenti tappe procedimentali;
A)una fase preliminare istruttoria gestita dalla Amministrazione titolare del procedimento e della competenza ad adottare il provvedimento finale, nella specie il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, volta ad individuare quali siano i necessari interventi di messa in sicurezza (anche in via emergenziale) e di caratterizzazione delle aree interne al perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale (in tale fase nulla esclude, come è avvenuto nel caso di specie e riportato nelle premesse del verbale impugnato, che l’Amministrazione titolare del procedimento indica e convochi una conferenza di servizi del tipo “istruttoria”, ai sensi dell’art. 14, comma 1, della L. 7 agosto 1990 n. 241);
B) una seconda fase procedimentale nel corso della quale gli esiti dell’istruttoria preliminare sono portati al cospetto di una conferenza di servizi “decisoria”, alla quale partecipano (ai sensi dell’art. 17, comma 14 e tenendo conto dell’aggiornata denominazione dei Dicasteri coinvolti) il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, il Ministero delle attività produttive (ora sviluppo economico), il Ministero della salute e la Regione Territorialmente competente (nel caso di specie la Regione Toscana);
C) una terza ed eventuale fase - collocabile in epoca successiva rispetto all’istruttoria condivisa con le altre Amministrazioni interessate e caratterizzata dai lavori della conferenza di servizi decisoria - in cui, sul presupposto della espressa richiesta dell’interessato ed ove ricorrano motivi d’urgenza, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio autorizza con proprio atto ed in via provvisoria (fatta pur sempre salva l’acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale ove prevista) - in attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione del progetto degli interventi di bonifica - l’avvio dei lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente dalla citata conferenza di servizi decisorio;
D) una ultima ed includibile fase conclusiva nel corso della quale il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, ovviamente di concerto con le altre Amministrazioni statali che hanno partecipato alla conferenza decisoria e d’intesa con la Regione territorialmente competente, approva, con proprio atto (la norma fa riferimento ad un “decreto”) il progetto definitivo.
Conclusivamente si può affermare che, in ragione della suesposta ricostruzione del quadro normativo settoriale riferibile alla vicenda in questione, il procedimento per la individuazione degli interventi di bonifica di siti inquinati di interesse nazionale e dei responsabili ai quali imputarne gli oneri realizzativi:
- è diretto dal Ministero dell’Ambiente e del Territorio, quale Amministrazione procedente (anche ai sensi dell’art. 14, comma 1, della legge n. 241 del 1990);
- può trovare un esito provvisorio in casi di conclamata urgenza, costituito da un provvedimento del predetto Ministero di autorizzazione temporanea all’avvio dei lavori di bonifica (possibilità introdotta dall’art. 1, del D.M. 2 maggio 2005 n. 127, e che dunque avrebbe avuto rilievo nella vicenda qui in esame se tale istituto fosse stato utilizzato, cosa che non è avvenuta nella specie);
-si conclude, di regola, con il provvedimento di approvazione del progetto definitivo degli interventi da realizzarsi a cura del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, in concerto con le altre Amministrazioni statali che hanno partecipato alla conferenza decisoria e d’intesa con la Regione Territorialmente competente.


5 - D’altronde, la prevista conclusione dell’ “iter” istruttorio, la cui impostazione normativa si è sopra descritta, con atto di tipo monocratico a cura dell’Amministrazione procedente, successiva e distinto dalla decisione assunta con il verbale della conferenza di servizi, è perfettamente in linea con il quadro generale offerto dalle norme contenute nell’art. 14 e seguenti della L. n. 241 del 1990, più volte richiamato anche dalla legislazione di settore.
Ebbene, sia nella formulazione antecedente alle modifiche apportate dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15, che in quella risultante dalla recente novella, emerge una costruzione dell’istituto della conferenza di servizi che impone una distinzione bifasica:
1) il momento istruttorio, caratterizzato dall’accquisizione degli avvisi dei soggetti pubblici (necessariamente) coinvolti nel procedimento, senza che la naturale efficacia dei provvedimenti - autonoma e definitiva - dell’avviso richiesto alla singola Amministrazione partecipante, quando esso si esprima al di fuori della conferenza, possa incidere sulla sua (trasformata) natura meramente endoprocedimentale laddove venga pronunciato in sede di conferenza, sia pure decisoria;
2) il momento conclusivo, costituito dal provvedimento successivo e monocratico adottato dall’Amministrazione procedente, pur sempre tenendo conto degli esiti della conferenza di servizi decisoria.
In altri termini, l’affermazione contenuta nella disposizione di cui all’art. 14 - bis, comma 6 - bis, della legge n. 241 del 1990, secondo il quale “All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede”, testimonia dell’architettura che il legislatore ha voluto fare propria nel fissare le regole di funzionamento dell’istituto della conferenza di servizi - peraltro non derogata da alcuna norma contenuta nella disciplina speciale volta a rendere possibile la bonifica di siti di interesse nazionale inquinati e qui in esame - e che si compendia nella necessità che rispetto all’esito dei lavori della conferenza di servizi decisoria si sostituisce pur sempre un provvedimento conclusivo del procedimento (del quale la conferenza costituisce solo un passaggio procedurale), avente la veste di atto adottato (di regola e trama specifiche eccezioni) da un organo monocratico della Amministrazione procedente.


6 - Per completezza motivazionale e di ricostruzione dell’istituto qui in esame, appare utile rammentare come, in merito alla natura giuridica della conferenza di servizi, si sia ormai consolidato un convincente e diffuso orientamento giurisprudenziale secondo il quale il suddetto istituto:
a)costituisce un modello procedimentale di cui una delle funzioni principali è proprio quella di coordinamento ed organizzazione di fini pubblici e, nello stesso tempo, risponde al canone costituzionale del buon andamento dell’Amministrazione pubblica, attribuendo dignità di criteri normativi ai concetti di economicità, semplicità, celerità ed efficacia della sua attività.
Ciò vuol dire che la conferenza di servizi, proprio perché è solo un modulo procedimentale e non costituisce anche un ufficio speciale della Pubblica amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, riverbera certamente i suoi effetti (che sono di natura procedimentale) sull’atto finale (cfr. Cons. St. IV sez., 9 luglio 1999 n. 1193), ma non assurge alla dignità di organo “ad hoc”, nè acquista soggettività giuridica autonoma, essendo solo uno strumento procedimentale di coordinamento di Amministrazioni che restano diverse tra loro e mantengono la rispettiva autonomia soggettiva (cfr. Cons. St. IV Sez. 14 giugno 2001 n. 3169);
b) in altri termini, il compito della conferenza di servizi è sempre quello della composizione delle discrezionalità amministrative e dei poteri spettanti alle Amministrazioni partecipanti, nonché di contestuale esame degli interessi pubblici coinvolti, ponendosi come momento di confluenza delle volontà delle singole Amministrazioni (cfr. T.A.R. Abruzzo, l’Aquila, 25 ottobre 2002 n. 540), il cui coagulo è rappresentato dal verbale della conferenza che deve trovare esatta corrispondenza nel contenuto del provvedimento finale;
c) la conferenza costituisce, dunque, un momento di comparazione di interessi e di valutazione preventiva, il cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni sono soltanto degli elementi che l’Amministrazione procedente deve valutare (cfr. Cons. St. sez. IV, 6 ottobre 2001 n. 5296 e sez. V, 2 marzo 1999 n. 212).
La collocazione della conferenza di servizi - e del relativo verbale di conclusione dei lavori - nell’alveo degli istituti che si inscrivono nel percorso endoprocedimentale della formazione della volontà dell’Amministrazione procedente che si sintetizza nel contenuto del provvedimento finale è stato anche confermata dalla Corte costituzionale che, al punto 30 della sentenza 26 giugno 2001 n. 206, facendo riferimento alle disposizioni normative di cui all’art. 14 della L. n. 241 del 1990 nella formulazione precedente alla modifica del 2005, chiarisce come la “determinazione di conclusione del procedimento” debba essere assunta “sulla base della maggioranza delle posizioni espresse”, lasciando, dunque, evidentemente intendere come alla decisione conclusiva della conferenza di servizi debba dare comunque seguito l’adozione di un provvedimento dell’ “iter” istruttorio procedimentale, coerente con la predetta decisione, assunto dall’Amministrazione procedente.


7.- In ragione del percorso ricostruttivo sopra esposto, è ora possibile definire la natura giuridica dell’atto impugnato e concludere per la sua natura endoprocedimentale, trattandosi di verbale di conclusione dei lavori di conferenza di servizi che, seppur decisorio, non assurge al rango di provvedimento conclusivo e quindi idoneo a pregiudicare la posizione giuridica che la società Cimimontubi intendeva tutelare in via giudiziale.
Ne deriva la inammissibilà della domanda giudiziale annullatoria proposta, in quanto rivolta avverso atto di natura endoprocedimentale e come tale inidoneo a definire il relativo procedimento.
Le spese ed onorari di causa, possono, tuttavia, attesa la particolarità dei temi trattati, essere compensati tra le parti.


P. Q. M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione II^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.
Spese ed onorari di causa compensati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Firenze, l’8 febbraio 2007, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Giuseppe PETRUZZELLI - Presidente
Vincenzo FIORENTINO - Consigliere, rel.
Stefano TOSCHEI - Consigliere


F.to Giuseppe Petruzzelli
F.to Vincenzo Fiorentino
F.to Silvana Nannucci - Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 14 MARZO 2007

Firenze, lì 14 MARZO 2007

Il Direttore della Segreteria

F.to Silvana Nannucci