La depurazione delle acque reflue urbane in Sicilia. Nota a due sentenze del Tribunale di Palermo sez. Bagheria (nn. 84 e 85 del 2012) in materia di opposizione a ordinanze ingiunzione emesse per illeciti amministrativi commessi dal gestore del servizio idrico integrato della provincia di Palermo.

di Salvatore MANCUSO

INDICE

1. Premessa. 2. Dello stato di grave degrado della depurazione delle acque reflue urbane in Sicilia e dell’azione di controllo di ARPA Sicilia. 3. Esame della fattispecie e delle motivazioni delle sentenze. 4 Conclusioni.

 

 

  1. Premessa.

Credo sia utile provare ad offrire qualche considerazione di diritto su due sentenze “gemelle” emesse dal Tribunale di Palermo sezione di Bagheria a giugno del corrente anno con cui sono state annullate due ordinanze ingiunzione emesse nel 2011 dalla Provincia Regionale di Palermo e che irrogavano sanzioni pecuniarie nei riguardi di Acque Potabili Siciliane s.p.a., gestore del servizio idrico integrato del territorio provinciale di Palermo.

Era stato infatti contestato da ARPA Sicilia al gestore del S.I.I., per due distinti sopralluoghi effettuati nel marzo e nel novembre 2008 presso il depuratore delle acque reflue urbane di Bagheria, l’illecito amministrativo di cui all’articolo 133 primo comma del d.l.vo 152/2006 che prevede l’irrogazione della sanzione pecuniaria compresa fra 3.000 e 30.000 euro.

I due successivi procedimenti amministrativi tenutisi in seno alla Provincia di Palermo e diretti all’esame degli scritti difensivi depositati dal gestore del S.I.I. non conducevano tuttavia all’archiviazione del procedimento sanzionatorio e sfociavano nell’emissione di due distinte ordinanze con cui veniva ingiunto il pagamento della sanzione pecuniaria di 3.000 euro. Tali ordinanze ingiunzione, con appositi ricorsi in opposizione ex artt. 22 e 22 bis della legge 689/1981, sono stati portati all’esame dell’Autorità Giudiziaria competente.

Con il presente articolo chi scrive intende esaminare il percorso logico-giuridico che ha ispirato le due decisioni del Tribunale di Palermo sez. Bagheria che hanno annullato le ordinanze ingiunzione emesse dall’ente locale. Non si tratta - per la verità - di sentenze particolarmente innovative sotto il profilo della motivazione, tuttavia esse assumono un certo rilievo per il fatto che sono le prime decisioni che consentono di dicere ius sull’azione di controllo posta in essere da ARPA Sicilia negli ultimi anni sui depuratori del territorio palermitano e, conseguentemente, sulla legittimità della gestione del servizio pubblico di depurazione svolto dal gestore del S.I.I. palermitano.

 

2. Dello stato di grave degrado della depurazione delle acque reflue urbane in Sicilia e dell’azione di controllo di ARPA Sicilia.

Occorre premettere che gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane presentano in Sicilia una diffusa condizione di usura ed inadeguatezza frutto di gestioni inadeguate e di mancata manutenzione. Non è un caso che da anni sono pendenti nei riguardi dello Stato italiano varie procedure di infrazione comunitaria per la mancata attuazione della Direttiva 91/271/CEE e che coinvolgono, in particolare, numerosi depuratori e reti di pubblica fognatura siciliane.

Una di queste procedure di infrazione si è recentemente conclusa con la decisione datata 19 luglio 2012, con cui l’Italia è stata condannata per il mancato adeguamento alla normativa europea per le reti fognarie degli agglomerati superiori a 15000 ab. che scaricano in aree non sensibili.

Per risolvere quindi il diffuso degrado degli impianti siciliani di trattamento acque reflue urbane, da vari anni si è dato impulso alla progettazione di opere ed interventi diretti al rinnovo ed all’adeguamento degli impianti esistenti per renderli conformi alle norme vigenti, in particolare al d.l.vo 152/2006. Tuttavia il cronico ritardo della pubblica amministrazione nell’approvazione dei progetti unito alla difficoltà di reperimento delle risorse finanziarie, per la verità sia quelle pubbliche che quelle private, hanno determinato il perdurare di una situazione in cui ciascun soggetto, il gestore del S.I.I. ed ARPA Sicilia, è manzonianamente “l’un contro l’altro armato”.

ARPA Sicilia ha svolto in questi anni una notevole azione di vigilanza e controllo ambientale sull’attività di depurazione delle acque reflue urbane, effettuando sopralluoghi su quasi tutti gli impianti condotti dal gestore del S.I.I., che hanno talvolta portato all’emissione di contestazioni di illeciti amministrativi nei riguardi del gestore (oltre cento contestazioni nel solo territorio palermitano). In particolare viene generalmente contestato l’illecito di cui all’articolo 133 primo comma del d.l.vo 152/2006 riguardante il superamento negli scarichi dei limiti tabellari. Anche nei due casi di cui alle due pronunce gemelle era stata irrogata, nel minimo edittale, la sanzione di cui all’art. 133 primo comma, articolo che così recita: “Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’art. 101, comma 2, o quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, o dell’articolo 108 comma 1 è punito con la sanzione amministrativa da tremila a trentamila euro”.

In altre occasioni, invece, ARPA Sicilia ha contestato l’illecito dello scarico senza autorizzazione ex art. 133 II comma del d.l.vo 152/2006 che prevede una sanzione pecuniaria compresa fra 6.000 e 60.000 euro.

 

  1. Esame della fattispecie e delle motivazioni delle sentenze

Va detto che le due ordinanze ingiunzione emesse dalla Provincia di Palermo si riferiscono a due distinti sopralluoghi condotti da ARPA Sicilia, l’uno avvenuto nel marzo 2008, l’altro nel novembre dello stesso anno. Durante entrambi i sopralluoghi i tecnici della società che gestisce il S.I.I. avevano dichiarato ai controllori l’affluire nel depuratore in questione di scarichi anomali, in un caso scarichi di sostanze derivanti dall’industria ittica conserviera molto presente nel territorio di Bagheria e, nell’altro caso, di scarichi di acque di vegetazione provenienti dall’autunnale molitura delle olive.

In una delle due sentenze si legge che “a sostegno della proposta opposizione, il ricorrente (il gestore del SII), dopo avere sollevato tutta una serie di eccezioni attinenti alla regolarità formale del procedimento di emissione dell’ordinanza oggetto di impugnazione, evidenziava, fra l’altro, di avere segnalato diverse volte, alle competenti autorità, la presenza di reflui anomali, nelle acque di ingresso del depuratore di Bagheria … e che tali reflui anomali avevano evidentemente alterato e influenzato i dati rilevati dall’Arpa nell’eseguire i controlli previsti dalla normativa vigente in materia”. La Provincia Regionale di Palermo, nel costituirsi, contestava naturalmente quanto dedotto dal gestore del S.I.I., evidenziando pure “la mancanza di prove in relazione agli asseriti reflui anomali in ingresso nel depuratore del Comune di Bagheria. Chiedeva quindi rigettarsi l’opposizione.”.

Ora in entrambe le sentenze, il Tribunale di Palermo sez. Bagheria fonda il proprio convincimento per l’accoglimento del ricorso in opposizione sulla base di due elementi di prova: 1) la documentazione depositata da parte ricorrente, che comprendeva tra l’altro le analisi in autocontrollo effettuate da un laboratorio esterno su campioni prelevati in giorni antecedenti al campionamento; 2) la prova testimoniale assunta con il capo-impianto il quale, già durante il sopralluogo, aveva rilevato l’afflusso di reflui anomali. Lo stesso dichiarava, poi, nella deposizione testimoniale resa in entrambi i giudizi, la sussistenza di scarichi anomali i quali si erano evidenziati non come episodi sporadici ma afflussi ripetuti e continuati.

Il Giudice pertanto, fonda le proprie decisioni sulla prova testimoniale, suffragata anche dall’esito delle analisi in autocontrollo effettuate dallo stesso gestore del S.I.I. attraverso un laboratorio esterno su campioni prelevati nei giorni antecedenti a quello del sopralluogo effettuato dall’ARPA.

Si deve ritenere, pur non esplicitandolo espressamente il Giudice nella decisione, che l’accoglimento dell’opposizione ed il conseguente annullamento dell’ordinanza ingiunzione sia formalmente dovuta alla carenza nel trasgressore dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa, che sono esclusi, appunto, per via dell’immissione nel depuratore di reflui anomali (derivanti cioè da scarichi non autorizzati in pubblica fognatura, e quindi illeciti) che hanno alterato in peius la qualità della depurazione e, conseguentemente, delle emissioni nel corpo idrico ricettore.

In ordine però alle spese di lite, che com’è noto devono essere poste, salvo il ricorrere di certi presupposti, a carico del soccombente, il Tribunale svolge un ragionamento singolare, asserendo che se è vero che l’ordinanza ingiunzione va invalidata, “tuttavia, poiché non è possibile escludere che, anche in assenza dei reflui anomali, i valori rilevati dall’ARPA avrebbero comunque superato i limiti prescritti dalla normativa vigente in materia si ritiene equo compensare nella misura del 50% le spese di lite e porre il restante 50% a carico della Provincia ”. In altre parole il Tribunale di Palermo accoglie entrambi i ricorsi in opposizione, tuttavia non potendosi escludere che, in mancanza di reflui anomali, potesse esservi comunque negli scarichi del depuratore un superamento dei limiti tabellari decide di compensare per metà le spese di lite in entrambi i giudizi.

Ciò che appare in verità singolare è che in una fattispecie governata, oltre che dalle norme di cui al d.l.vo 152/2006, anche dalle norme generali sugli illeciti amministrativi di cui alla legge 689/81 - che prevedono, in buona sostanza, l’applicazione per il presunto trasgressore delle garanzie previste per gli illeciti penali – il Tribunale disponga una parziale compensazione delle spese, sulla base di un giudizio probabilistico che – a parere di chi scrive – andrebbe condotto soltanto in un’ottica di tutela del trasgressore (favor rei) e non certamente per supportare una compensazione sulle spese di lite a danno proprio del trasgressore (incolpevole).

 

  1. Conclusioni.

Le sentenze in esame, pur nella sobrietà del percorso motivazionale, inducono chi scrive a non voler riassumere le due decisioni con una riflessione conclusiva, ma piuttosto a formulare una domanda, che impone riflessione: in una generalizzata situazione di grave carenza strutturale ed inadeguatezza, in un dato territorio, degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane che sia un’eredità marcia di gestioni passate, come può svolgersi un’azione di accertamento di illeciti da parte dell’ARPA (o di altri enti di controllo) che sia al contempo efficace ma giusta ?

Ancora, più in particolare, entro quali limiti ed a quali condizioni un nuovo gestore del S.I.I. può essere ritenuto non responsabile per eventuali illeciti ambientali rilevati negli impianti di depurazione presi in carico dallo stesso quando le opere di adeguamento degli impianti sono ritardate od addirittura impedite a causa dell’inerzia della P.A., soprattutto nella mancata approvazione dei progetti delle opere?

Al Legislatore la (sapiente) risposta.