TAR Sicilia (CT) Sez. I sent. 200 del 29 gennaio 2008
Rifiuti. Bonifiche siti contaminati

La nuova normativa del Dlgs 152/2006, incentrata sulla necessità di perseguire chi effettivamente cagiona l’inquinamento, secondo il principio comunitario “chi inquina paga”, è applicabile alle procedure di bonifica della Rada di Augusta (siano esse inerenti agli interventi in mare che a quelli a terra), procedure che, invece, sono state condotte in applicazione delle prescrizioni del dlgs 22/97, con rilevanti e approfondite differenze in punto di disciplina e presupposti del procedimento stesso (sia relativamente alle procedure di emergenza, sia in relazione ai più radicali e risolutivi interventi di bonifica e recupero ambientale).

REPUBBLICA ITALIANA N. 0200/08 Reg. Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 0726/07 Reg. Gen.
N. 0727/07 Reg. Gen.
N. 0728/07 Reg. Gen.
N. 0739/07 Reg. Gen.
N. 0740/07 Reg. Gen.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania - Sezione Prima, composto dai Signori Magistrati:
Dott. Vincenzo Zingales, Presidente
Dott.ssa Rosalia Messina, Giudice
Dott. Salvatore Gatto Costantino Giudice rel.est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 726/2007 R.G., proposto da POLIMERI EUROPA SPA , rappresentato e difeso da GRASSI AVV. STEFANO, AMARA AVV. PIERO con domicilio eletto in CATANIA CORSO ITALIA, 302 presso AMARA AVV. PIERO,
sul ricorso n. 727/2007 R.G., proposto da SYNDIAL SPA , rappresentata e difesa da GRASSI AVV. STEFANO, AMARA AVV. PIERO con domicilio eletto in CATANIA CORSO ITALIA, 302 presso AMARA AVV. PIERO,
sul ricorso n. 728/2007 R.G., proposto da ENI SPA, rappresentata e difesa da GRASSI AVV. STEFANO, GIULIANO AVV. CORRADO con domicilio eletto in CATANIA VIA PASUBIO, 33 presso lo studio del secondo,
sul ricorso n. 739/2007 R.G., proposto da ERG SPA, rappresentata e difesa dall’Avv. Lorenzo Acquarone, dall’Avv.Giovanni Acquarone, dall’Avv.Mario Caldarera e dall’Avv.Donato De Luca, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Catania, Via Lago di Nicito n. 14,
sul ricorso n. 740/2007 R.G., proposto da MAXCOM PETROLI Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Lorenzo Acquarone, dall’Avv.Giovanni Acquarone, dall’Avv.Mario Caldarera e dall’Avv.Donato De Luca, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Catania, Via Lago di Nicito n. 14,

CONTRO

I MINISTERI DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, DELLE INFRASTRUTTURE, DEI TRASPORTI, DELL’INTERNO, DEL DEMANIO, DELLA DIFESA; GLI ASSESSORATI REGIONALI DELLA REGIONE SICILIA: TERRITORIO E AMBIENTE, ALL’INDUSTRIA, DEI BENI CULTURALI AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE; IL COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA RIFIUTI E LA TUTELA DELLE ACQUE, IL VICECOMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA RIFIUTI E LA TUTELA DELLE ACQUE, IL SUBCOMMISSARIO PER LA BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI; IL PRESIDENTE DEL PIANO DI RISANAMENTO AMBIENTALE DELLA PROVINCIA DI SIRACUSA, L’APAT (AGENZIA PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE E PER I SERVIZI TECNICI), L’ARPA SICILIA (AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE), L’AUTORITA’ PORTUALE DI AUGUSTA, LA CAPITANERIA DI PORTO DI SIRACUSA, L’ENEA, L’ICRAM (ISTITUTO SUPERIORE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA DEL LAVORO), L’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’, IL CORPO REGIONALE DELLE MINIERE, L’AGENZIA REGIONALE PER I RIFIUTI E LE ACQUE, IL COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA BONIFICHE E LA TUTELA DELLE ACQUE IN SICILIA; IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA MARINA MILITARE (MARISTAT), IL COMANDO IN CAPO DELLA SQUADRA NAVALE (CINCNAV), IL MARISICILIA, IL COMANDO DELLE FORZE DI PATTUGLIAMENTO PER LA SORVEGLIANZA E LA DIFESA COSTIERA (COMFORPAT), IL REPARTO AMBIENTALE MARINO DEL CORPO DELLE CAPITANERIE DI PORTO (RAM), L’AGENZIA DEL DEMANIO, tutti non costituiti;

LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, IL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, LA DIREZIONE SERVIZIO QUALITA’ DELLA VITA DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE, IL MINISTERO DELLA SALUTE, IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, LA REGIONE SICILIA, L’ASSESSORATO REGIONALE DELLA SICILIA ALL’INDUSTRIA, LA PREFETTURA DI SIRACUSA L’ISPESEL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) E LA CAPITANERIA DI PORTO DI AUGUSTA, ciascuno in persona del rispettivo rappresentante legale pro tempore, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA DELLO STATO con domicilio eletto in CATANIA VIA VECCHIA OGNINA, 149;

LA PROVINCIA REGIONALE DI SIRACUSA, IL CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE PER LA ZONA SUD DELLA SICILIA ORIENTALE – SIRACUSA, IL COMUNE DI SIRACUSA, IL COMUNE DI AUGUSTA, IL COMUNE DI PRIOLO GARGALLO, L’AZIENDA SANITARIA LOCALE NR. 8 SIRACUSA, LA CAPITANERIA DI PORTO DI AUGUSTA, L’AUTORITà PORTUALE DI AUGUSTA, LA CAPITANERIA DI PORTO DI SIRACUSA; tutti non costituiti;
IL COMUNE DI MELILLI, in persona del Sindaco pro tempore, rapprresentato e difeso dall’Avv. Pietro Coppa, con domicilio eletto in Catania presso lo studio dell’Avv. Francesco Favi in V.le XX Settembre 51;

e nei confronti di:
ERG, RAFFINERIE MEDITERRANEE SPA, SVILUPPO ITALIA SPA – AREE PRODUTTIVE, EDISON SPA, tutti non costituiti;
SVILUPPO ITALIA SPA, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa da TUFARELLI AVV. LUCA, con domicilio eletto presso la SEGRETERIA del Tribunale;

PER L’ANNULLAMENTO
- del decreto prot. n. 3387/QdV/DI/B adottato in data 1 marzo 2007 dal Direttore Generale per la Qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, avente ad oggetto “Decreto contenente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter, legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di interesse nazionale di Priolo del 16.02.07”;
- del verbale e delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio in data 16 febbraio 2007, allegato al decreto di cui sopra;
di tutti gli atti, comportamenti, provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali, meglio articolati in atti;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti, per ciascun giudizio, l’atto di costituzione delle Amministrazioni rappresentate dall’Avvocatura di Stato, del Comune di Melilli e di Sviluppo Italia Spa;
Visti i motivi aggiuntivi di ricorso, proposti nei giudizi nn. 727/07, 728/07, 739/07;
Visti gli atti tutti delle cause;
Designato relatore all’udienza pubblica dell’ 11 ottobre 2007 il Referendario dr. Salvatore Gatto Costantino;
Uditi altresì gli avvocati delle parti, come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
IN FATTO
Con i ricorsi odierni in decisione, le società ricorrenti impugnano le determinazioni adottate dalle Amministrazioni resistenti nella conferenza dei servizi decisoria del 16 febbraio 2007, fatte proprie dal Ministero dell’Ambiente con decreto del Direttore Generale per la Qualità della vita nr. 3387/QDV/DI/B del 1 marzo 2007, con cui si dettano disposizioni inerenti la caratterizzazione e la bonifica dei suoli e delle acque contaminati insistenti nella zona della rada di Augusta, all’interno del Sito di interesse nazionale di Priolo.
I ricorsi, ritualmente proposti, sono tutti affidati sostanzialmente, a censure identiche che possono essere come di seguito descritte:
1) Violazione del giudicato cautelare. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto dei presupposti, sviamento e illogicità;
2) Illegittimità diretta e derivata dall’illegittimità dei provvedimenti presupposti.
Con quest’ultimo capo di censura, le ricorrenti ripropongono integralmente avverso gli atti e di provvedimenti impugnati con il ricorso, le medesime censure già a suo tempo proposte contro gli atti presupposti, oggetto di precedenti giudizi già trattenuti in decisione alla scorsa udienza pubblica del 7 giugno 2007 e sui quali è stata pronunciata la sentenza nr. 1254 del 20 luglio 2007.
Si sono costituiti, nei differenti giudizi, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio, la Direzione Servizio Qualita’ della Vita del Ministero dell’ambiente, il Ministero della Salute, il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Sicilia, l’Assessorato Regionale della Sicilia all’industria, la Prefettura di Siracusa e la Capitaneria di Porto Di Augusta.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Prefetto di Siracusa, la Regione Sicilia e l’Assessorato regionale all’Industria, chiedono l’estromissione dal giudizio e, unitamente alle altre Amministrazioni costituite, la reiezione del gravame per inammissibilità d infondatezza, con vittoria di spese.
In ciascun giudizio si è costituita anche Sviluppo Italia Spa la quale, con riserva di ulteriori deduzioni, chiede di essere estromessa dai giudizi per estraneità alla materia oggetto di lite e, comunque, domanda la reiezione del gravame e la vittoria delle spese.
Previa concessione delle misure provvisorie ex art. 21 comma 9 l. 1034/71, alla camera di consiglio del 26 aprile 2007 la Sezione ha concesso, in ciascun giudizio, la sospensione cautelare degli atti impugnati, altresì disponendo l’esame del ricorso nel merito alla udienza pubblica dell’11 ottobre 2007.
Successivamente, nei ricorsi nn. 727/07, 728/07, 739/07 le società ricorrenti in questi giudizi hanno ritualmente proposto motivi aggiuntivi di impugnazione dei medesimi provvedimenti già fatti oggetto di gravame.
Con i motivi aggiunti, si impugnano le prescrizioni della conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007 con riferimento a quanto disposto per le singole industrie ricadenti all’interno della Rada in ordine alla rimodulazione degli obiettivi di bonifica precedentemente assentiti o alla prescrizione di interventi nuovi.
Avverso tali determinazioni, le ricorrenti deducono articolate censure con le quali si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. e 14 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione sia delle norme di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 così come attuato dal d.m. 471 del 1999 sia degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto dei presupposti, del difetto di istruttoria ed incongruità della motivazione. Incompetenza, violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006. Violazione e falsa applicazione delle norme in materia di V.I.A. e, in particolare, dell’art. 6 e ss. della legge 8 luglio 1986, n. 349 e del d.p.c.m. 10 agosto 1988, n. 377 e dell’art. 23, comma 1, lett. a) del d.lgs 3 aprile 2006, n. 152 e dell’Allegato III alla parte Seconda del decreto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, aggiunto dall'art. 6, L. 11 febbraio 2005, n. 15. Eccesso di potere particolarmente sotto del profilo del travisamento dei fatti e del difetto dei presupposti. Insufficienza dell’istruttoria e incongruità della motivazione.
Il 30 maggio 2007, in ciascun giudizio eccetto il nr. 726/07 si è costituito il Comune di Melilli che resiste ai gravami avversari chiedendone il rigetto.
Il 28 giugno si è costituito, in tutti i giudizi, l’ISPESEL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) che chiede l’estromissione dai giudizi, non avendo preso parte all’adozione di alcuna delle determinazioni impugnate.
Alla camera di consiglio del 5 luglio 2007 la Sezione ha concesso, con distinte ordinanze in ciascuno dei giudizio ove sono stati proposti i motivi aggiunti, la sospensione cautelare degli atti impugnati, nelle parti fatte oggetto di nuovo gravame.
Le parti hanno prodotto documenti e memorie.
Di queste ultime, in ciascun giudizio, risulta depositata fuori termine, in data 1 ottobre 2007, quella di Sviluppo Italia Spa, che, pertanto, è stata custodita in plico chiuso ed il Collegio non ne ha preso cognizione.
Alla Udienza pubblica dell’11 ottobre 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
IN DIRITTO
Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, attesa la loro connessione in parte oggettiva ed, in parte, soggettiva.
Va quindi disposta l’estromissione dal giudizio dell’ISPESEL, costituitosi a mezzo dell’Avvocatura di Stato, posto che l’Istituto si è limitato ad esprimere un parere che si riferisce soltanto alla bonifica del sito di altra società; nessuna opposizione su tale richiesta è stata proposta dalle società ricorrenti.
E’ invece da respingere la analoga domanda formulata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Prefetto di Siracusa, dalla Regione Sicilia e dell’Assessorato regionale all’industria, nel presupposto che non sarebbero state formulate domande contro le suddette amministrazioni.
Come si evince dall’ elenco indirizzi nota prot. 5890/qdv/VII e VIII, in atti, le suddette Amministrazioni sono state tutte convocate alla conferenza dei servizi e, comunque sono destinatarie delle relative prescrizioni, per quanto di loro competenza; le Amministrazioni regionali, in particolare, sono parti della Conferenza dei servizi (sebbene assenti) e risultano regolarmente convocate ad essa (vedi pag. 6 del verbale, ove si riporta la convocazione avvenuta con prot. 2639/Qdv del 5.2.2007, “trasmessa a mezzo fax in pari data e regolarmente ricevuta”). La Presidenza del Consiglio, inoltre, trattandosi nel caso in esame, di ricorso vertente su materie di competenza di più ministeri ha un evidente interesse di coordinamento di vertice.
Consegue che va respinta la domanda di estromissione dal giudizio di ciascuna delle Amministrazioni che lo hanno richiesto.
Va infine rinviato al prosieguo l’esame della richiesta di estromissione dal giudizio proposta dalla Società Sviluppo Italia Spa, in quanto è necessario preliminarmente trattare dapprima il gruppo di censure proposte al secondo articolato capo di gravame, dal cui esame discendono anche conseguenze precise in ordine alla sussistenza dell’interesse di Sviluppo Italia a resistere all’azione dei ricorrenti.
Ciò premesso, ritiene il Collegio che il giudizio può essere definito in forma abbreviata, a mente dell’art. 26 della l. 1034/71, con richiamo al precedente costituito dalla sentenza di questa Sezione nr. 1254 del 20 luglio 2007.
I) Il Collegio prende infatti in esame le censure introdotte, nei vari ricorsi, al capo secondo di essi ed osserva che con la sentenza nr. 1254/07, in accoglimento di censure identiche a quelle qui riproposte e limitatamente al difetto di motivazione, carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e violazione di legge, sono state annullate le determinazioni adottate nelle conferenze dei servizi del 2005 e del 2006, peraltro già sospese in via cautelare nei giudizi definiti con la suddetta sentenza nr. 1254/07.
Inoltre, sempre con la medesima sentenza, e per ragioni di diritto coincidenti con le motivazioni dell’odierno gravame, la Sezione ha annullato le determinazioni adottate nella conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007 impugnate da altra società ricorrente.
Quanto a quest’ultimo aspetto, il Collegio osserva che gli atti impugnati non sono inscindibili, posto che pongono collettivamente a carico di tutte le imprese operanti nella Rada di Augusta oneri di bonifica indistinti ma che non risultano essere obbligatoriamente da eseguirsi in maniera collettiva (anche per via della genericità con cui sono formulate le relative prescrizioni): ciò comporta che ciascuna delle imprese destinatarie di tali prescrizioni ha l’onere di impugnarle specificatamente e pertanto, una volta proposto il gravame, ha interesse processuale al suo esame anche se l’identico ricorso risulta essere stato accolto nei confronti di altra società nelle medesime condizioni.
Inoltre, si osserva che i provvedimenti impugnati, nella parte di interesse, costituiscono atti immediatamente lesivi, in quanto danno prosecuzione agli atti ed ai provvedimenti già sospesi, iscrivendosi in un unico comportamento amministrativo continuativo ed omogeneo teso ad imporre alla ricorrente ed alle altre imprese operanti nella rada obblighi di bonifica generalizzati, senza previo accertamento di responsabilità di inquinamento e con metodi tecnici di intervento le cui modalità non sono state in nessuna parte confrontate nel procedimento con le imprese medesime, con violazione dei loro diritti di partecipazione ex lege 241/90, riproducendosi quindi i medesimi vizi di legittimità che già sono stati riscontrati in relazione ai precedenti amministrativi che la Sezione ha annullato con la sentenza nr. 1254/07.
In particolare, va visto in questo quadro unitario anche l’intervento della società Sviluppo Italia che si è offerta di organizzare la bonifica, adempiendo a quello che il Ministero ha ritenuto essere l’esecuzione in danno delle imprese asseritamente inadempienti agli obblighi di intervento (che al momento della conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007 erano già stati sospesi da questo Tribunale e che poi sono stati annullati con la sentenza nr. 1254/07 – cfr. punti 41, 42 e 43 del verbale).
Tale aspetto qualifica necessariamente la posizione di interesse della Società Sviluppo Italia Spa al mantenimento degli effetti degli atti impugnati e quindi alla loro difesa, rendendola così controinteressata a pieno titolo.
Per tale ragione, così come d’altronde già ritenuto e deciso anche con la sentenza nr. 1254/07, la domanda di estromissione della società Sviluppo Italia dal presente giudizio deve essere respinta.
Ciò premesso, il Collegio può definire la lite limitandosi a richiamare quanto recentemente statuito con la sentenza nr. 1254/07, essendo la questione principale all’esame del Collegio di contenuto identico a quanto già deciso con la sentenza predetta; resta solo da esaminare la distinta questione introdotta con i motivi integrativi al ricorso introduttivo con cui si impugnano i medesimi provvedimenti oggetto di ricorso, per differenti profili.
Quanto al primo dei due aspetti, con la sentenza nr. 1254/07 è stato ritenuto che la nuova normativa del Dlgs 152/2006, incentrata sulla necessità di perseguire chi effettivamente cagiona l’inquinamento, secondo il principio comunitario “chi inquina paga”, è applicabile alle procedure di bonifica della Rada di Augusta (siano esse inerenti agli interventi in mare che a quelli a terra), procedure che, invece, sono state condotte in applicazione delle prescrizioni del dlgs 22/97, con rilevanti e approfondite differenze in punto di disciplina e presupposti del procedimento stesso (sia relativamente alle procedure di emergenza, sia in relazione ai più radicali e risolutivi interventi di bonifica e recupero ambientale).
Inoltre, non è stato accertato - e neppure, prima ancora, indagato - il presupposto soggettivo dell’ordine di intervento impartito alle imprese ricorrenti, ossia il rispettivo apporto all’inquinamento della falda.
In terzo luogo, quanto alle modalità di intervento - sia ai fini della M.I.S.E. (Messa In Sicurezza d’Emergenza) che del più generale programma di bonifica - le determinazioni della conferenza dei servizi oltre che a confondere i presupposti per l’imposizione di una M.I.S.E. e della bonifica ed i relativi contenuti, sono state adottate in violazione delle regole generali sul procedimento amministrativo, specialmente in punto di partecipazione e, conseguentemente, di motivazione, perché non tengono in conto i diversi contributi variamente offerti dalle ricorrenti e, tra queste, le articolate e documentate obiezioni che sono state sollevate circa i presupposti della bonifica e circa le modalità dell’intervento, tra le quali, in particolare, il pericolo che lo strumento del dragaggio ambientale della Rada comporta ai fini della tutela dell’ambiente e della salute pubblica e l’impossibilità di procedere al c.d. marginamento fisico delle acque di falda, senza, per di più, offrire sufficienti garanzie (e previsioni) né sui tempi della bonifica, né sui suoi risultati finali.
Infine, sono state ritenute illegittime, e come tali sono state annullate, le prescrizioni dettate per limitare la navigazione nella rada di Augusta, per violazione di legge (in relazione a quanto previsto dagli artt. 15 e ss. del Codice della navigazione), e per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
I-bis) Osserva il Collegio che anche la giurisprudenza di merito degli altri TAR sta maturando, in maniera assolutamente prevalente, eguali orientamenti.
In particolare, il TAR Veneto, Sez. III, con sent. n. 2111 del 2/7/2007 ha ritenuto necessario ai fini della configurazione della responsabilità del proprietario del sito inquinato, l’ accertamento dei presupposti della colpa: secondo tale pronuncia, ai sensi dell’art. 14, comma 3, del D. Lgs. n. 22/1997, la violazione dei divieti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul e nel suolo è punita a titolo di dolo o colpa e comporta l’obbligo, per il responsabile, di procedere alla rimozione, all’avvio al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. È escluso, inoltre, che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo, concorso alla produzione dell’evento (cfr. altresì T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 11 giugno 2007, n. 2248; TAR Lombardia, Milano, 27/06/2007 n. 5289; T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 8 ottobre 2007, n. 1809 secondo la quale “non appare legittima l’imposizione della MISE in caso di contaminazioni pregresse, senza alcuna motivazione specifica sulla situazione di emergenza e sull’esigenza di scongiurare il rischio immediato che possano giustificare l’intervento richiesto” ).
In senso contrario risulta, allo stato, solamente la pronuncia di TAR Toscana, Sez. II, Sent. n. 393 del 14/03/2007 che afferma la sussistenza di una responsabilità del proprietario incolpevole di un sito inquinato, in applicazione dell’art. 2051 c.c., secondo la quale “Il proprietario di un sito contaminato si presume responsabile, secondo quanto previsto dalle regole civilistiche (art. 2051 c.c.), dei danni cagionati a terzi dalle cose in custodia, inclusi i danni derivanti dall’inquinamento presente nel sito, salvo che non provi il caso fortuito o il fatto altrui”.; tuttavia si osserva che quest’ultima pronuncia ha ritenuto applicabile l’art. 2051 cc, senza prendere in considerazione l’intero impianto normativo di cui al dlgs 152/06 e ciò consente al Collegio di disattenderne l’orientamento, che peraltro, allo stato – così come detto – è rimasto isolato.
II) In accoglimento della prima censura dedotta in ricorso, il gravame è fondato anche per l’evidente ragione dell’avvenuta violazione del giudicato cautelare formatosi in relazione ai gravami proposti inter partes davanti a questo Tribunale (ossia quelli conclusisi con la sentenza nr. 1254/07) nei quali è stata concessa la misura della sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati (che costituiscono antecedenti causali dei provvedimenti oggetto dell’odierno gravame - cfr. ex multis ordinanze nn. 1934 e 1936 del 7 dicembre 2006 ed ordinanza nr. 338 dell’8 marzo 2007): i provvedimenti impugnati hanno dato prosecuzione al procedimento amministrativo posto in essere con le determinazioni adottate nelle conferenze dei servizi del 2005 e del 2006, nonostante fossero queste già state sospese dal TAR nei giudizi pendenti con ordinanze nelle quali si era data ampia motivazione delle ragioni di fondatezza del gravame, ragioni che l’Amministrazione non ha neppure inteso prendere in considerazione ai fini della motivazione degli atti (Cons. Stato, Sez. IV, ord, 9 gennaio 2001, n. 253; cfr. anche TAR Campania, Napoli, Sez. V, 3 febbraio 2005, n. 766; TAR Lazio, sez. I, 19 gennaio 2000, n. 236).
A giudizio del Collegio, inoltre, la nullità delle statuizioni amministrative contenute nei provvedimenti impugnati discende anche dalla disposizione di cui all’art. 21 septies della l.241/90, secondo la quale sono nulli i provvedimenti adottati in violazione o elusione del giudicato.
Infatti (e non è mancato in dottrina chi lo ha rilevato), ragioni di effettività della tutela giudiziale ed il principio di separazione dei poteri, conducono necessariamente a ritenere che nel termine “giudicato” utilizzato dal legislatore, non possa che ricomprendersi anche quel particolare tipo di giudicato che si viene a costituire sulla pronuncia cautelare non suscettibile di impugnazione.
Quanto al primo aspetto (effettività della tutela giudiziale), è da ritenersi che, sebbene la pronuncia cautelare non oppugnata fa stato tra le parti solo fino alla definizione del giudizio (e quindi possiede solamente una sorta di stabilità condizionata), sarebbe comunque del tutto inutile pronunciarla se l’Amministrazione destinataria di un ordine del giudice, nel periodo della vigenza della pronuncia cautelare medesima, potesse senza sanzione alcuna continuare ad operare avvalendosi degli effetti (sospesi) dell’impugnato provvedimento amministrativo in una successiva sequenza procedimentale che lo utilizzi come presupposto o come precedente. Inoltre, sotto il secondo profilo (separazione dei poteri) – il che è ancora più grave - l’Amministrazione disattendendo l’ordine cautelare, incide su un assetto di interessi che trova la sua fonte non più nell’esercizio del potere amministrativo, ma in una statuizione del giudice, vanificandola o comunque rendendola priva di effetti pratici e così compromettendo, in definitiva, il buon esito del processo che la misura cautelare è volta a tutelare (essa è infatti preordinata a rendere possibile, in quanto ancora effettiva, la pronuncia sulla causa che sarà contenuta nella sentenza).
III) Restano adesso da esaminare le distinte questioni che le società ricorrenti nei ricorsi nn.727/07 (Syndial), 728/07 (ENI), e 739/07 (ERG) hanno posto con i motivi aggiuntivi, ritualmente proposti ed in accoglimento dei quali, in sede cautelare, la Sezione ha concesso le misure cautelari nella camera di consiglio del 5 luglio 2007.
A mezzo dei motivi aggiuntivi, le società ricorrenti hanno impugnato le determinazioni della conferenza dei servizi, variamente riportate nel verbale del 16 febbraio 2007, con le quali la Pubblica Autorità ha adottato prescrizioni che fissano nuovi obiettivi e nuovi parametri di bonifica per i siti industriali di loro proprietà, a modifica dei progetti di bonifica che le stesse imprese hanno già in corso di realizzazione e che erano stati precedentemente approvati con decreti interministeriali nella vigenza (ed a norma) del DM 471/99.
Più precisamente, con i motivi aggiuntivi proposti nel ricorso nr. 727/07, la società Syndial ha impugnato le determinazioni della conferenza dei servizi che sono riportate nel verbale del 16 febbraio 2007 al punto n. 36 dell’ordine del giorno, con le quali la conferenza ha deliberato di ritenere “non approvabile” la proposta di rimodulazione degli obiettivi di bonifica presentata dalla Società ai sensi dell’art. 265 comma IV del d.lgs n. 152 del 2006 per i suoli delle aree interessati dall’impianto T.A.F. (trattamento acque reflue).
La società Syndial censura il diniego sotto il profilo dell’incompetenza del Direttore Generale a modificare un progetto approvato con decreto interministeriale (III motivo), dell’omesso preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 (IV motivo), della violazione delle norme transitorie di cui al d.lgs n. 152/06 (V motivo), della carenza di istruttoria e di motivazione (V, VI e VII motivo).
Con i motivi aggiuntivi proposti nel ricorso nr. 728/07, la società ENI ha impugnato le determinazioni della conferenza dei servizi che sono riportate nel verbale del 16 febbraio 2007 al punto n. 28 dell’ordine del giorno.
La conferenza di servizi ha impartito “ prescrizioni in merito alla caratterizzazione delle aree interne alla Raffineria” (censurate con il PUNTO A dei motivi aggiuntivi), in relazione alle quali la ricorrente si duole che la conferenza di servizi del 16 febbraio 2007 richiede a distanza di anni dalla presentazione e dall’approvazione del piano di caratterizzazione presentato e dalla realizzazione e completamento delle relative indagini, immotivate integrazioni delle attività di caratterizzazione, attraverso la ripetizione non solo delle analisi dei campioni, ma anche dei sondaggi già effettuati, nonché l’ingiustificato ampliamento dello spettro degli analiti che erano stati già ricercati sulla base delle indicazioni progettuali approvate dalla stessa Conferenza di servizi.
Quanto alle prescrizioni relative alla falda acquifera sottostante la raffineria (punto B dei motivi aggiuntivi), la ricorrente si duole che La Conferenza di Servizi decisoria del 16 febbraio 2007 ribadisce la richiesta di integrare il progetto definitivo di bonifica delle acque di falda con un marginamento fisico entro 30 giorni dalla data di ricevimento del presente verbale, richiesta già formulata dalla conferenza dei servizi decisoria del 21.07.06 e sospesa in via cautelare dalla Sezione alla camera di consiglio del 7 dicembre 2006.
La prescrizione, infatti, impone senza alcuna adeguata motivazione di integrare le tecnologie di bonifica della falda già approvate in via definitiva con decreto interministeriale e già in avanzata fase di esecuzione e già a pieno regime, con la realizzazione di un’opera (confinamento fisico) ingiustificata in rapporto ai costi-benefici e la cui implementazione nelle condizioni sito specifiche dell’area (secondo la ricorrente nemmeno prese in considerazione dell’Amministrazione) è stato affermato essere tecnicamente non realizzabile.
Tale prescrizione, ricorda la ricorrente, è già stata sospesa da questo stesso Tribunale che, con le ordinanze prima richiamate, pronunciate inter partes nella camera di consiglio del 7 dicembre 2006 sui ricorsi nn 2939/06 e 3235/06, ha affermato che “quanto alle opere di bonifica su aree private, già autorizzate, l’Amministrazione ha illegittimamente imposto un cambio di metodologia, senza adeguata istruttoria e motivazione specie in relazione al notevole aggravio di attività e costi che ne derivano”.
Inoltre, quanto alle prescrizioni relative al progetto definitivo di bonifica dei suoli (punto “C” dei motivi aggiuntivi), la ricorrente deduce che le prescrizioni sono illegittime per la parte in cui l’Amministrazione non consente l’adeguamento del procedimento ai nuovi criteri di cui al d.lgs n. 152 del 2006, nonostante le espresse richieste da parte della società ricorrente, ma formula prescrizioni incompatibili con le nuove disposizioni normative o, addirittura, ribadisce pedissequamente, a distanza di mesi dall’entrata in vigore della nuova disciplina, prescrizioni adottate nella vigenza dell’abrogato d.m. n. 471 del 1999.
Infine, quanto alla richiesta di misure di messa in sicurezza di emergenza (punto D motivi aggiuntivi), la ricorrente deduce che i provvedimenti impugnati sono illegittimi per la parte in cui richiedono di adottare interventi di messa in sicurezza di emergenza senza alcuna adeguata istruttoria e motivazione che dimostri la sussistenza dei presupposti normativi degli interventi stessi.
La Conferenza di Servizi decisoria del 16 febbraio 2007 ha infatti richiesto alla ricorrente di adottare “entro 10 giorni dalla data del ricevimento” del verbale, “gli interventi di messa in sicurezza di emergenza in corrispondenza degli hot spot rilevati per la matrice suolo (…) e per la matrice acqua di falda” (Pagina 78 del verbale).
La società ricorrente lamenta che le prescrizioni impartite in merito alla caratterizzazione delle aree interne alla Raffineria sono illegittime per difetto dei presupposti, per difetto di istruttoria e per incongruità della motivazione, nonché per incompetenza.
Con i motivi aggiuntivi proposti nel ricorso nr. 739/07, ha proposto gravame avverso i provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo la società ERG, relativamente alle determinazioni assunte con riguardo alle aree a terra di sua spettanza, e segnatamente in ordine alla falda acquifera ed al suolo della Raffineria ISAB Impianti Nord.
Anche la società ERG impugna le determinazioni contenute nel punto n. 28 dell’ordine del giorno dalla conferenza di servizi del 16 febbraio 2007, essendo queste rivolte alle imprese del gruppo ENI cui la stessa ricorrente appartiene.
Pertanto le censure che sono state formulate contro dette prescrizioni sono in tutto sovrapponibili a quelle, già esposte, contenute nel ricorso nr. 728/07 e possono essere trattate congiuntamente

Alla camera di consiglio del 5 luglio 2007, sono state concesse le misure cautelari anche in ordine alle prescrizioni impugnate con i motivi aggiuntivi; intervenuta la decisione nel merito dei ricorsi chiamati alla udienza pubblica del 7 giugno 2007, con sentenza nr. 1254/07, il Collegio può esaminare il gravame odierno avvalendosi di quanto già ritenuto e statuito con la predetta sentenza nr. 1254/07, alla luce delle cui conclusioni gli odierni gravami vanno riconosciuti come fondati anche in relazione al contenuto dei motivi aggiuntivi, sebbene l’oggetto delle prescrizioni in esame imponga alcuni approfondimenti.

IIIA) Per come già ritenuto e deciso con la sentenza nr. 1254/07, fondate ed assorbenti, rispetto a tutte le altre censure proposte, sono le censure con le quali le società ricorrenti variamente si dolgono dell’avvenuta violazione del contraddittorio, dell’obbligo di motivazione e della omissione del preavviso di rigetto nonché della violazione delle norme in materia di V.I.A.
Il Collegio ritiene sufficiente, anche sul punto in esame, richiamare quanto già puntualmente affermato dalla Sezione con la sentenza nr. 1254/07: medesime prescrizioni erano state infatti già sospese dalla Sezione con ordinanze del 7 dicembre 2006 sui ricorsi nn 2939/06 e 3235/06 e, quindi, annullata con la già richiamata sentenza n. 1254/07 (cfr., in particolare, pagg. 219-224) per ragioni sintetizzabili come di seguito esposto:
- i progetti definitivi di bonifica della falda che la Conferenza dei servizi intende modificare erano stati approvati con decreto interministeriale e si trovano attualmente in fase di esecuzione o addirittura già a pieno regime (ciò emerge dagli atti e non ha costituito oggetto di contestazione da parte della difesa erariale o di quella della società controinteressata o del Comune resistente). Pertanto, eventuali modifiche possono essere deliberate solo con l’approvazione di un decreto interministeriale correttivo (e comunque sulla base dell’eventuale richiesta degli obiettivi di bonifica);
- è del tutto illogica - e comunque insufficiente - la motivazione di modificare / integrare il progetto di bonifica della falda – già approvato ed in esecuzione - mediante la realizzazione di un opera (confinamento o barrieramento fisico) con tecnologia completamente diversa da quella approvata (barrieramento idraulico) sul presupposto di presunti “ritardi” nel completamento della stessa. Anziché sollecitare il completamento delle opere già approvate ed autorizzate (che si affermano essere in ritardo), l’Amministrazione impone la realizzazione di un’opera completamente diversa, incompatibile con quella approvata e per la cui realizzazione sono prevedibili tempi lunghissimi;
- la prescrizione non risulta comunque motivata da alcun adeguato accertamento tecnico: circa la presunta (ma nemmeno affermata) insufficienza o inidoneità della soluzione di barrieramento prescelta e approvata; circa l’applicabilità della diversa tecnologia imposta (barrieramento fisico) in relazione alle caratteristiche geologiche del sito; circa il rapporto costi/benefici di tale intervento; circa i tempi di esecuzione dell’intervento diretto alla bonifica del sito (sul punto, cfr. anche TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247, 2248, 2249 e 2250);
- nessuno studio è stato condotto dall’Amministrazione sull’impatto che la realizzazione di tale progetto arrecherebbe all’ambiente circostante;
- oltre che denunciare il palese difetto di istruttoria del procedimento, tale omissione si caratterizza anche come specifica violazione della disciplina sulla valutazione di impatto ambientale. L’opera di confinamento fisico ipotizzata dal Ministero dell’ambiente ed imposta con i provvedimenti impugnati è infatti soggetta a procedura obbligatoria di valutazione di impatto ambientale sia ai sensi della normativa vigente (in quanto rientrante, in particolare, negli impianti contemplati dall’art. 1, comma 1, lett. l) del d.p.c.m.10 agosto 1988, n. 377), sia ai sensi delle nuove norme in materia ambientale approvate con il d.lgs 3 aprile 2006, n. 152 (si veda in particolare, la previsione di cui alla voce n. 15 dell’Elenco A dell’Allegato III alla Parte Seconda del decreto cit., elenco richiamato dall’art. 23, comma 1, lett. a);
- l’Amministrazione chiede delle modifiche progettuali dopo aver approvato gli interventi sin dal 2004 e non aver successivamente avanzato alcuna obiezione in merito alle tecnologie prescelte, l’esecuzione delle quali viene trimestralmente rendicontata alla Amministrazione stessa. Emerge dunque la palese contraddittorietà delle prescrizioni impugnate e la violazione del principio di legittimo affidamento;
- manca inoltre una adeguata istruttoria che giustifichi la correttezza della prescrizione relativa all’integrazione del sistema di barrieramento idraulico con un sistema di confinamento fisico. In particolare non risulta effettuata alcuna istruttoria sulla compatibilità tra le due tipologie di interventi.
Conclusivamente sul punto, si deve pertanto affermare che l’Amministrazione resistente ha omesso di motivare il provvedimento impugnato in relazione ai contenuti partecipativi comunque già versati in atti dalle ricorrenti, alterando unilateralmente progetti di bonifica già approvati ed in corso di realizzazione con l’imposizione di oneri non supportati da alcuna istruttoria e neppure da fatti o elementi nuovi o da nuovi apprezzamenti razionali e giustificati dello stato di fatto per come emergente dall’istruttoria.
IIIC) Fondato è, infine, anche l’ulteriore motivo aggiuntivo di gravame, anche questo variamente articolato dalle ricorrenti, con il quale esse denunciano la violazione della disciplina transitoria prevista dal d.lgs n. 152 del 2006.
Tale censura obbliga il collegio ad un ulteriore approfondimento.
Secondo le ricorrenti, l’Amministrazione non solo non consente l’adeguamento del procedimento di bonifica dei suoli ai nuovi criteri di cui al d.lgs n. 152 del 2006, nonostante le espresse richieste avanzate, ma formula prescrizioni incompatibili con le nuove disposizioni normative o, addirittura, ribadisce pedissequamente, a distanza di mesi dall’entrata in vigore della nuova disciplina, prescrizioni adottate nella vigenza dell’abrogato d.m. n. 471 del 1999.
La richiesta di presentazione del “progetto definitivo di bonifica dei suoli”, integrato con l’adempimento alle prescrizioni istruttorie impartite con riferimento alla disciplina di cui al d.m. n. 471 del 1999 si configurerebbe pertanto come rigetto dell’istanza di rimodulazione del progetto a sua volta presentata nei termini della disciplina transitoria, senza che esso sia stato preceduto dal necessario preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, ed in violazione della menzionata disciplina transitoria di cui all’art. 265, comma 4 del d.lgs n. 152 del 2006 .
In punto di fatto, osserva il Collegio, che la comunicazione è stata effettuata nei termini di legge, tempestivamente rispetto al termine del 26 ottobre 2006 previsto dal d.lgs. n. 152/06.
Le doglianze della società ricorrente sono fondate.
La norma transitoria di cui all’art. 265, comma 4 del d.lgs n. 152 del 2006 espressamente recita: “fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all'autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L'autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie”.
Tale disposizione oltre a confermare, insieme all’art. 264, comma 1, l’immediata applicazione del nuovo regime di cui al Titolo V a tutti i procedimenti in corso, consente addirittura l’applicazione dei nuovi principi normativi anche ai procedimenti di bonifica che siano già arrivati alla conclusione della fase progettuale, con l’approvazione dei progetti definitivi con decreto interministeriale rilasciato ai sensi dell’art. 15 del d.m. n. 471 del 1999 .
Osserva il Collegio che la norma prevede chiaramente che sia il soggetto interessato a scegliere il regime applicabile entro un congruo termine (180 giorni dall’entrata in vigore del decreto delegato): potrebbe infatti accadere che l’interessato non ha ragione di rivedere gli obiettivi di bonifica – già autorizzati – e riaprire una nuova istruttoria positivamente conclusa in base a criteri diversi (confluenti nella analisi di rischio).
Per le stesse ragioni (tutela delle situazioni consolidate), la locuzione normativa “fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto” pone un limite espresso alla rimodulazione, a garanzia degli investimenti già realizzati, in conformità agli obiettivi a suo tempo già approvati.
La norma, infatti, garantisce l’interessato che dalla eventuale rimodulazione degli obiettivi di bonifica, non derivi la ricostruzione o lo smantellamento di opere già realizzate, vanificando i relativi investimenti, ovvero duplicandone i costi e le opere.
Pertanto, la norma in questione rimette, in via transitoria e dunque a pena di un termine di decadenza espresso, al titolare di un progetto di bonifica già approvato ai sensi del dm 471/99 la facoltà di scegliere tra il mantenimento della previgente disciplina, e dei relativi precedenti obiettivi di bonifica, o l’adesione, totale o parziale (a seconda cioè degli interventi già realizzati) alla nuova disciplina introdotta dal dlgs 152/06, procedendo, in ossequio a quest’ultima, alla corrispondente revisione degli obiettivi di bonifica.
Condizioni dell’esercizio di tale facoltà sono solamente la previsione di un termine perentorio per il suo esercizio (la comunicazione doveva essere trasmessa entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto delegato, cioè entro il 26 ottobre 2006) e la regolarità della documentazione tecnica allegata, che è finalizzata a fare emergere e comprovare la piena corrispondenza tra i nuovi obiettivi di bonifica proposti (ai fini della rimodulazione) le soluzioni prescelte e le previsioni di cui alla parte IV del decreto legislativo (e tale corrispondenza formerà l’oggetto principale dell’esame che l’Amministrazione procedente dovrà condurre).
Appare evidente che l’esito finale di tale giudizio dell’Autorità (condotto sempre nel rispetto delle intense garanzie partecipative che la legge disciplina in favore sia della stessa P.A. procedente che dei privati interessati), potrà essere o l’accoglimento della istanza, o il suo rigetto con correlativa conferma dei precedenti interventi di bonifica; ma in quest’ultimo caso il rigetto potrà essere motivato solo dall’assenza dei presupposti di legge per la rimodulazione, ossia la presentazione tardiva dell’istanza (ma, opina il Collegio, anche in questo caso l’interesse pubblico ad una migliore attività di recupero dell’area potrebbe legittimare la P.A. ad un accoglimento della domanda, anche se presentata oltre il termine, che appare perentorio per il solo privato proponente), oppure l’inadeguatezza tecnica o teconologica delle nuove proposte a garantire il rispetto delle più incisive (rispetto al sistema normativo di cui al dlgs 22/97) previsioni ed obiettivi di bonifica che il dlgs. 152/06 contempla (ed anche in questo caso, ad avviso del Collegio, sono salvi i poteri e le facoltà istruttorie della P.A. che potrebbe, in luogo del respingimento della istanza, chiedere o imporre prescrizioni integrative o correttive delle modulazioni proposte).
Nel caso in esame al Collegio, si evince che nonostante il chiaro disposto della norma in esame, la conferenza dei servizi, si è limitata a respingere il progetto di rimodulazione ed ha imposto oneri contraddittori ed immotivati, come visto, in spregio alle garanzie di partecipazione al procedimento (in particolare sotto l’aspetto della violazione dell’art. 10 bis l. 241/90) e senza neppure richiamare uno dei presupposti che si sono appena illustrati per disporre il non accoglimento della istanza.
Appare evidente, dunque, la censurata violazione della normativa transitoria e si conferma, ancora di più, come l’azione della P.A. sul punto è stata impermeabile all’apporto partecipativo della ricorrente.
Pertanto, anche sotto questo aspetto, il gravame è fondato e va accolto e ne consegue l’obbligo per l’Autorità di riesaminare le istanze delle società ricorrenti, nei modi e nei termini esposti a seguire.
Gli ulteriori motivi aggiuntivi di gravame possono considerarsi assorbiti.
*********
Conclusivamente, in accoglimento dei motivi di censura raggruppati sub 2 dei ricorsi ed in accoglimento del primo motivo di ciascun ricorso, va affermato che le determinazioni impugnate, inerenti gli atti conclusivi del procedimento di bonifica, nonché gli interventi sulle aree marine della Rada di Augusta ed, infine, le prescrizioni relative alle aree a terra (falda e suoli), assunte nella conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007, sono illegittime per eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti, del difetto di istruttoria ed incongruità della motivazione, nonché per violazione delle corrispondenti previsioni del dlgs 152/2006 e violazione del giudicato cautelare.
In questi limiti, i ricorsi sono dunque fondati e come tale da accogliersi, disponendo l’annullamento degli atti impugnati.
Quanto al diniego alla istanza di rimodulazione degli obiettivi di bonifica delle varie società ricorrenti, meglio individuate in atti, la fondatezza del gravame comporta che permane l’obbligo dell’Amministrazione resistente all’esame della istanza di ciascuna delle società ricorrenti, obbligo che dovrà essere esitato, nelle forme di legge e con il rispetto delle dovute garanzie di partecipazione, nonché considerando espressamente nella motivazione dei provvedimenti da adottarsi le osservazioni ampiamente esposte in atti, entro 90 giorni dalla comunicazione della presente Sentenza da parte della Segreteria del TAR o dalla sua notificazione a cura di parte.
Le spese e gli onorari seguono la soccombenza e si liquidano, forfetariamente e definitivamente, in ciascun ricorso, in euro 3.000, oltre all’importo del contributo unificato, delle altre spese sostenute per le notifiche, IVA e CPA, e con deduzione delle spese ed onorari relative alla estromissione dell’ISPESEL, di cui alla parte motiva, che sono invece poste a carico delle società ricorrenti ed in solido tra loro nella misura complessiva, forfetaria e definitiva, di euro 3000,00 (tremila), oltre IVA e CPA;
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia –Sezione staccata di Catania (Sez.1°), riuniti i giudizi in epigrafe:
ESTROMETTE dai giudizi l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro;
CONDANNA le società ricorrenti in solido tra loro alle spese e competenze del giudizio in favore di quest’ ultima, che liquida nella misura forfetaria e definitiva di euro 3000,00 (tremila) complessive, oltre IVA e CPA;
RESPINGE la richiesta di estromissione dal giudizio della Società Sviluppo Italia Spa, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Prefetto di Siracusa, della Regione Sicilia, dell’Assessorato regionale all’Industria, ;
ACCOGLIE i ricorsi in epigrafe e per l’effetto, ANNULLA gli atti ed i provvedimenti impugnati;
ORDINA al Ministero per l’Ambiente di provvedere all’esame della proposte di rimodulazione degli obiettivi di bonifica di cui alla parte motiva, con le modalità pure in parte motiva esposte, in favore di ciascuna delle società rispettivamente proponenti, nel termine di 90 giorni dalla comunicazione della presente sentenza o sua notifica a cura di parte.
CONDANNA le Amministrazioni resistenti e la Società Sviluppo Italia Spa, in solido tra loro, alla refusione integrale delle rimanenti spese di giudizio che liquida, forfetariamente e definitivamente, per ciascuno dei ricorsi riuniti, in euro 3.000 oltre l’importo del contributo unificato, notifiche, IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e manda alla Segreteria di comunicarla alle parti.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2007 e 25 ottobre 2007.

L’Estensore Il Presidente
Dr. Salvatore Gatto Costantino Dr. Vincenzo Zingales


Depositata in Segreteria il 29 gennaio 2008