PITELLI
La
zona di Pitelli, come è noto, fu scelta ormai molti anni fa da
pseudo-imprenditori e pseudo-amministratori come luogo di elezione per impianti
di smaltimento di rifiuti di ogni genere, tutti gestiti nel più assoluto
disprezzo della legge. Mentre i processi penali vanno faticosamente avanti,
emerge con sempre maggior gravità il problema delle bonifiche dei siti
inquinati.
Date
le enormi dimensioni delle aree di cui stiamo parlando (si tratta di numerosi
impianti di smaltimento rifiuti dei quali quello tristemente famoso di proprietà
della Contenitori Trasporti è solo il più conosciuto), la questione
preliminare più importante è quella del reperimento delle risorse necessarie.
Si tratta di un “budget” di svariate decine (forse centinaia) di miliardi;
le associazioni ambientaliste, consapevoli di questo, avevano chiesto, fin dal
novembre ’96 (subito dopo gli arresti effettuati dalla Procura della
Repubblica di Asti), che gli Enti Locali, in particolare il Comune, compissero
atti conservativi sui beni delle società coinvolte nello scandalo nonché dei
titolari e dirigenti delle medesime. I nostri appelli sono sempre stati
ignorati; si è così colpevolmente consentito alle società maggiormente
responsabili, che avevano accumulato profitti enormi, di rendersi incapienti.
Addirittura si è assistito all’incredibile ed inquietante fenomeno del
costante ricorso alla magistratura amministrativa, da parte delle società in
questione, contro i pur blandi e contraddittori provvedimenti delle
Amministrazioni Locali che, dopo l’intervento della Magistratura Penale, erano
più o meno necessitate a non rimanere inerti. Per colmo del paradosso uno degli
inquisiti più in vista, alto dirigente della società che ha gestito la
discarica di Pitelli e il forno inceneritore per rifiuti tossico-nocivi fino
alla loro chiusura, ha acquistato la squadra di calcio dello Spezia e l’ha
gestita per due anni, investendo cifre consistenti. Nella veste di proprietario
della squadra di calcio, detto personaggio più volte ha interloquito con il
Sindaco e la Giunta Comunale per discutere dello stadio e di problemi sportivi,
sempre trattando gli Amministratori Locali con un certo sussiego.
In
questa città non è strano che il Comune abbia deliberato di affidare la
bonifica di un sito inquinato alla stessa società colpevole
dell’inquinamento, ma non in suo danno, bensì sulla base di un appalto
(stipulato senza procedura d’evidenza pubblica), lautamente pagato (v. caso
“Monte Montada” sempre zona Pitelli, sempre società già di Duvia e poi
passata ad altri inquisiti e sempre terreni di Duvia e famiglia, ma su questa
vicenda non ci si può soffermare perché da sola meriterebbe un romanzo). Così
come non deve apparire singolare che la macchina della bonifica sia stata messa
faticosamente in moto principalmente per iniziativa del Ministero
dell’Ambiente e, in ogni caso, di organi centrali, a fronte di un
comportamento, nel migliore dei casi contraddittorio, delle Amministrazioni
Locali.
Il
sistema complessivamente in vigore, che ha i suoi punti fondamentali nell’art.
17 del D. Lgs. 22/97, nell’art. 1 co. 4 della L. 9.12.98 n. 426 che individua,
tra gli altri, l’area di Pitelli come intervento di interesse nazionale, nel
D.M. 25.10.99 n. 471, concernente il “Regolamento recante criteri, procedure e
modalità per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei
siti inquinati, ai sensi dell’art. 17 decreto legislativo 5.2.97 n. 22 e
successive modificazioni ed integrazioni”, ha trovato all’inizio del
presente anno, un importante momento di sintesi, per quanto riguarda i siti di
smaltimento da bonificare nel Levante spezzino, nel D.M. 10.1.2000
“perimetrazione del sito di interesse nazionale di Pitelli”, che ha
individuato le aree da sottoporre ad interventi di caratterizzazione, messa in
sicurezza, bonifica, ripristino ambientale e attività di monitoraggio.
Successivamente a detto provvedimento, è sorto il problema della costituzione,
presso il Ministero dell’Ambiente, del Comitato tecnico – scientifico
deputato a curare l’istruttoria della bonifica, nelle fasi del piano della
caratterizzazione, dell’approvazione dei progetti preliminari e del progetto
definitivo. Le associazioni ambientaliste, sull’importante questione, fin da
subito assunsero una posizione netta, nel senso di chiedere che i rappresentanti
degli Enti Locali spezzini nel citato Comitato fossero personalità di specifica
competenza e di assoluta indipendenza. Come sempre il Comune e la Provincia non
hanno raccolto la sollecitazione degli Ambientalisti, almeno secondo le
informazioni in possesso di chi scrive. Ad oggi, l’unico intervento concreto
è lo stanziamento di 660 milioni, da parte della Regione Liguria, per le più
urgenti misure di sicurezza.
In
un contesto di grande debolezza degli Enti Locali, alla luce della colpevole
inerzia negli anni immediatamente successivi allo scoppio dello “scandalo”
di Pitelli, esiste un gravissimo rischio per la comunità spezzina e cioè che i
responsabili dell’inquinamento, attraverso un giro di partecipazioni
azionarie, la costituzione di nuove società, una serie di accordi incrociati,
possano, in qualche modo, rientrare nel gioco, ovviamente in maniera indiretta,
al momento dell’esecuzione delle opere di bonifica. È certo che i gruppi
dirigenti delle società che hanno gestito gli impianti di Pitelli non stanno
fermi e tuttora hanno una significativa capacità di influenzare l'ambiente
spezzino.
La
bonifica dell’area di Pitelli è un banco di prova decisivo per la tenuta del
tessuto democratico della nostra città: non è solo un problema, pur
gravissimo, di eliminazione o, quantomeno, di riduzione dell’inquinamento
ambientale. Si tratta in realtà di una questione di sopravvivenza delle stesse
istituzioni locali; in questa fase è fondamentale che la mobilitazione e la
vigilanza dei cittadini trovino puntuale e forte riferimento negli organi
statuali. È molto importante che il Governo, il Parlamento, la Commissione
Parlamentare di indagine sul traffico di rifiuti facciano la loro parte fino in
fondo.
LA
BONIFICA DELL’AREA GIA’ OCCUPATA DALLA RAFFINERIA IP
In
una zona fortemente antropizzata, tra le colline che delimitano a N.E. la parte
centro-orientale della città e la fascia pianeggiante prospiciente il mare, si
trova un’area di oltre 60 ha che, fin dall’inizio del secolo, fu utilizzata
per la realizzazione di un deposito costiero di olii minerali e,
successivamente, dalla fine degli anni ’20, ospitò una vera e propria attività
di raffineria. Gli impianti di trattamento di petroli grezzi pesanti per la
produzione di benzine e di olii per riscaldamento vennero progressivamente
sviluppati sinché, pressappoco al momento dello scoppio del secondo conflitto
mondiale, La Spezia divenne uno dei più importanti centri di produzione e
distribuzione dei prodotti di raffinazione.
Dopo
gli eventi bellici e l’inevitabile distruzione di gran parte degli impianti,
negli anni ’50 la raffineria ricominciò a produrre e sviluppò fortemente le
proprie capacità produttive, fino a raggiungere, nel 1964, le 5,5 milioni di
tonellate/anno.
Negli
anni ’70, dopo la guerra del Kippur e l’acquisto della raffineria da parte
dell’IP, cominciò un lento declino, culminato, a metà degli anni ’80 (per
l’esattezza nel 1984), con la chiusura ed, infine, con la demolizione,
iniziata nel 1986 e ultimata nel 1991. Ancora nella fase della demolizione il
Comune della Spezia, direttamente e/o attraverso società sue partecipate (soc.
Spedia), si era posto il problema del riutilizzo dell’area, rimasta in gran
parte di proprietà I.P. almeno fino al 30 gennaio ‘96, quando la società
petrolifera cedette circa 47 ha alla Grifil S.r.l. di Lucca. Vennero impegnati
studi professionali assai prestigiosi per elaborare dei piani che, pur con
significative diversità, prevedevano tutti l’insediamento nell’area di
numerose funzioni (p. es. edilizia residenziale, attività industriali,
artigianali, commerciali, zone verdi, attività turistico ricettive, quindi
alberghi e centro congressi, ecc.). Il tutto attraverso una divisione
dell’intera superficie in diversi lotti (nello studio “Piano d’area
dell’ex-raffineria IP” elaborato da Federico Oliva & Associati vengono
denominati subdistretti) per i quali sono previsti interventi diversificati.
All’interno
degli studi effettuati la questione della bonifica che, come pure dovrebbe
essere noto, è la PRE-CONDIZIONE perché si possa anche solo discutere di
riutilizzo dell’area interessata da insediamento produttivo altamente
inquinante, viene affrontata marginalmente, come problema di dettaglio e sempre
subordinato alle scelte urbanistiche da compiere.
Molto
significativa è poi la circostanza che la bonifica non viene mai riferita a
tutta l’area dell’ex raffineria, ma sempre ai singoli lotti (c.d.subdistretti)
e alle rispettive destinazioni. Così facendo si compie già una significativa
forzatura con riferimento alla vigente normativa nazionale e regionale, in
particolare art. 17 D. Lgs. 5.2.97 n. 22 e successive modificazioni,
segnatamente L. 9.12.98 n. 426, delibera R. Liguria
n. 3811 del 3.10.97, L. R. Liguria 18/99.
Ma
un approccio tanto singolare trova precisi riscontri negli studi commissionati
dall’IP quando era proprietaria di quasi tutta l’area (in particolare
campagna di caratterizzazione effettuata sul campo e susseguenti “Indagine
dell’area dell’ex raffineria della Spezia”, datata 31.8.93 e “Relazione
sugli interventi svolti nell’area del Piezometro 3 dell’ex raffineria della
Spezia”, 1994, interventi ed elaborati svolti dal Prof. Stelio Munari
dell’Università di Genova). Detti studi minimizzano i rischi per l’ambiente
e la salute dei cittadini ed autorizzano a nutrire ottimismo per futuri
riutilizzi. Per certi versi queste risultanze non devono meravigliare: l’IP
per molti anni ha gestito gli impianti e ha mantenuto la proprietà delle aree.
Ciò che lascia perplessi è quello che attestano taluni Uffici Pubblici: fin
dal 30.7.93 il P.M.P. dell’USL 19 certificava l’avvenuta bonifica delle
aree. Dalla documentazione in possesso di Legambiente non è dato di sapere su
quali elementi si fondasse un convincimento del genere. Quello che è certo è
che si trattava di una valutazione profondamente errata, se è vero che sei anni
dopo, a seguito di circostanze piuttosto fortuite, emergeva una verità del
tutto diversa.
Il
Comune continuava ad impiegare cospicue risorse nell’elaborazione di progetti
urbanistici per l’area in questione omettendo qualunque approfondimento sulla
reale effettuazione della bonifica, al punto che, nel giugno ’97, il dirigente
dell’Ufficio Ambiente, in sede di osservazioni alla V.I.A. per il piano
d’area dell’area I.P., dichiarava senza mezzi termini: «…L’area
in questione è stata bonificata dall’inquinamento da idrocarburi come
attestato da studi universitari.È anche previsto che possono essere individuate
piccole aree esterne a tale intervento e sulle quali potrebbe essere necessario
un ulteriore intervento…».
A questo punto non sarà inutile, sia pure in estrema sintesi, dare conto del problema dal punto di vista urbanistico. L’area in questione è individuata dal P.R.G. vigente quale “zona della dismessa raffineria IP ed aree ad essa contigue”. L’art. 45 bis delle N.T.A. (introdotto con apposita variante approvata con D.P.G.R. n. 911 dell’11.7.90, ai fini dell’adeguamento del P.R.G. ai contenuti del Piano d’Area predisposto nel 1989) consente in tale zona (in origine divisa in 24 ambiti, 17 dei quali contrassegnati da numeri progressivi e 7 da lettere alfabetiche) la realizzazione di interventi di nuova edificazione ed interventi sul patrimonio edilizio esistente.
Ogni
intervento all’interno di un ambito numerico è soggetto a strumento
urbanistico attuativo (S.U.A.) di iniziativa pubblica o privata secondo le
disposizioni della L.R. Liguria 24/87. Con deliberazione C.C. 50/14.6.95 veniva
adottato lo S.U.A. relativo all’ambito n. 12, poi approvato in via definitiva
con deliberazione 92/10.10.95, cui seguiva la stipula di apposita convenzione,
ai sensi dell’art. 18 citata L.R. Liguria 24/87.
Il
28.7.97, il Provveditorato Regionale Liguria OO.PP., il Ministero delle Finanze,
la Regione Liguria, la Provincia della Spezia, il Comune della Spezia, l’ANAS
stipulavano accordo di programma, ai sensi e per gli effetti dell’art. 27 L.
142/90, per il riassetto e la riqualificazione urbanistica dell’area ex
raffineria IP e la realizzazione degli interventi inseriti nella prima fase di
attuazione del nuovo piano d’area. L’accordo, in sostanza, ha per oggetto
l’approvazione, sotto il profilo urbanistico, del nuovo Piano d’Area
dell’ex Area IP e delle varianti al P.R.G. allo stesso conseguenti. Veniva
inoltre previsto che l’attuazione degli interventi previsti dall’accordo
sarebbe avvenuta attraverso formale stipula di appositi atti convenzionali tra
il Comune della Spezia ed i soggetti attuatori e che la stessa Amministrazione
avrebbe provveduto al rilascio delle concessioni edilizie previste per
l’attuazione degli interventi previsti nella prima fase. L’accordo veniva
ratificato dal Comune della Spezia con deliberazione C.C. n. 69/31.7.97. Il
nuovo piano d’Area sopra descritto prevede che «…per
ogni subdistretto, con riferimento al layout progettuale
e alle previsioni insediative, dovrà essere valutata la bonifica dei suoli,
specificando le metodologie per gli insediamenti integrativi ed individuando le
eventuali aree di rischio sulle quali verificare puntualmente la bonifica…»
e che tale valutazione avrebbe integrato gli «elaborati
costitutivi di SUA di cui agli artt. 2 e 3 della L.R. 24/87». Si prevede
inoltre, in via espressa, che in ogni subdistretto l’inizio dei lavori
relativo alle concessioni per la realizzazione delle opere di urbanizzazione sia
subordinato alla verifica e alla certificazione della compatibilità degli usi
programmati e previsti di tutti i suoli compresi nel relativo SUA.
In data 15.10.98 il Provveditorato Regionale OO.PP., la Provincia della Spezia, il Ministero delle Finanze e la società GRIFIL stipulavano conferenza di servizi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 59 L.R. Liguria 36/97, avente ad oggetto l’approvazione dello S.U.A. relativo al subdistretto n. 2 ai fini di consentire la realizzazione di edificio destinato ad ospitare la nuova sede del Comando Provinciale VV.FF. La Spezia. L’efficacia degli esiti della conferenza veniva poi rimessa alla stipula di apposita convenzione.
Nel
breve volgere di alcuni giorni la società GRIFIL ed il Comune della Spezia
stipulavano due convenzioni urbanistiche aventi ad oggetto le previsioni
edificatorie ed urbanistiche degli S.U.A. relative a tre dei subdistretti in cui
l’area in questione risulta suddivisa (subdistretti 2, 3 e 4). Una delle norme
delle prefate convenzioni prevede che, prima del rilascio delle concessioni
edilizie, deve essere certificata l’avvenuta bonifica dei suoli.
Nello
stesso periodo in cui venivano stipulate le predette convenzioni, per
l’esattezza nell’estate ’98, la società Grifil presentava ricorso per
accertamento tecnico preventivo al Tribunale della Spezia per accertare lo stato
attuale e, in particolare, l’eventuale inquinamento ambientale dei beni di cui
alla compravendita tra GRIFIL e IP che, al momento del ricorso, erano ancora in
proprietà della GRIFIL. Quanto sopra alla luce di campagne di rilevamento
effettuate dalla GRIFIL che, evidentemente, non confermavano i responsi
ottimistici degli studi effettuati dalla IP.
Il
Tribunale della Spezia incaricava il prof. Luigi Boeri dell’Università di
Pisa che, all’esito di una complessa indagine geologica, idrogeologica e
chimica perveniva a conclusioni tutt’altro che rassicuranti sull’”avvenuta
bonifica”. Nelle conclusioni del prof. Boeri testualmente leggiamo: «…Alla
luce dei risultati delle indagini l’area dell’ex raffineria IP di La Spezia,
per la parte attualmente di proprietà della Grifil S.r.l., risulta in alcune
zone fortemente inquinata da idrocarburi e metalli pesanti in concentrazioni
tali da superare i limiti previsti dalla normativa della Regione Liguria
relativa alla bonifica delle aree contaminate per i terreni destinati ad uso
industriale o commerciale; in altre zone, di maggiore estensione, i terreni
risultano contaminati in misura minore, ma comunque con concentrazioni tali da
superare i limiti previsti per i terreni destinati ad aree agricole o
residenziali…» ed oltre: «…queste
considerazioni (n.d.r. v. sopra) sono
basate sulle analisi di laboratorio e quindi su dati certificati; tuttavia
bisogna tener presente che durante l’effettuazione degli scavi (trincee
esplorative) sono state riscontrate intense emissioni di odori “fortemente
idrocarburici”, avvalorate dalle analisi speditive di campo, anche in aree
dove le analisi di laboratorio non hanno evidenziato valori superiori a quelli
limite…» ed ancora, con specifico riferimento all’inquinamento delle
acque: «… Le concentrazioni di
inquinanti riscontrate, se confrontate con quelle del campione considerato come
bianco di riferimento, evidenziano una contaminazione diffusa su tutta l’area.
Anche in questo caso questa situazione dovrà essere
tenuta in debita considerazione al momento dell’effettuazione di lavori
di scavo del terreno per le previste edificazioni o per le eventuali operazioni
di bonifica…».
La
Procura della Repubblica della Spezia, acquisita la perizia del Prof. Boeri,
avviava un procedimento penale contro ignoti per il reato di disastro
ambientale. L’Ufficio del Pubblico Ministero, nel notiziare il Comune, lo
invitava ad illustrare le iniziative adottate o in corso di adozione in
attuazione dell’art. 17 D. Lgs 22/97, ai fini dell’accertamento
dell’eventuale integrazione degli estremi del reato di cui all’art. 51 bis
del medesimo decreto in capo ai soggetti tenuti all’effettuazione della
bonifica dell’area.
Solo
a questo momento il Comune, sorgendo da un lunghissimo quanto incomprensibile
letargo, cominciava a rendersi conto, sia pure con lentezza ed ambiguità, che
il primo problema, in ordine di importanza e di tempo, riguardante l’area ex
IP era quello della bonifica dei siti inquinati. La prolungata inerzia appariva
ancor più grave se si considera che, con l’entrata in vigore della L. Regione
Liguria n. 18 del 21.6.99, il rilascio del titolo ad
aedificandum è stato subordinato alla previa certificazione, da parte della
Provincia, dell’avvenuta bonifica del singolo lotto (sempre che, come nel caso
in questione, non sussista interazione con altri lotti non ancora risanati). Di
più, il Comune della Spezia aveva già rilasciato titoli concessori, pur
subordinando l’avvio dei lavori, in base a clausole previste nella
convenzione, all’avvenuta bonifica dell’area.
Come
risulta del tutto evidente, si è trattato di un nuovo, incredibile, gravissimo
infortunio delle Amministrazioni Locali Spezzine, in particolare del Comune, che
non si sono poste un problema di solare evidenza e cioè che, prima di
predisporre futuribili (ed assai opinabili) programmi di riutilizzo per
un’area adibita per oltre 50 anni a raffineria di prodotti petroliferi,
bisogna avere la certezza che detta area sia bonificata e, all’uopo, è
INDISPENSABILE effettuare rigorosissimi controlli.
Nel
caso concreto, il Comune, solo dopo l’iniziativa della Magistratura, civile e
penale, ha avviato la procedura di cui all’art. 17 D. Lgs. 22/97, con la
diffida al responsabile dell’inquinamento (IP) e al proprietario dell’area
(soc. GRIFIL) a predisporre progetti di bonifica del sito.
Il
tentativo che, comunque, viene portato avanti in modo neppure troppo scoperto,
è di effettuare una bonifica “a lotti”, onde salvaguardare al massimo i
soggetti attuatori degli interventi, nonostante che le concrete caratteristiche
degli impianti e le esperienze, già in corso, di bonifica di siti di grandi
dimensioni inquinati da idrocarburi, dimostrino la non percorribilità di una
siffatta strada. Occorre pertanto che venga costituita una commissione tecnico
– scientifica nella quale i membri nominati dagli EE.LL. siano persone che
offrano la massima garanzia ai cittadini dal punto di vista della competenza e
dell’indipendenza di giudizio. È altresì ovvio che tutte le concessioni fin
qui rilasciate dovranno essere annullate, stante la perdurante situazione di
inquinamento.
Alla luce di quanto verificatosi in un passato anche recente, in questo frangente è indispensabile che il Ministero dell’Ambiente sia particolarmente vigile e “presente”. Così pure la battaglia delle Associazioni Locali dovrà essere fortemente supportata a livello nazionale.
È
notizia recentissima che la società responsabile dell’inquinamento (IP) e
quella proprietaria dell’area (Grifil) hanno presentato documenti che
comprendono il piano della caratterizzazione ed il progetto preliminare. Tali
progetti esaminati in sede di conferenza dei servizi sono stati rispettivamente
respinti quelli dell’IP e “rimandati” con numerose prescrizioni, quelli
della Grifil. Questo dimostra ancora una volta quanto il cammino della bonifica
risulti difficile in una città nella quale oltre 340 ettari del territorio sono
stati oggetto di un inquinamento tanto grave da essere definito disastro
ambientale ai sensi dell’art. 434 c.p.