Cass. Sez. III n. 22034 del 20 maggio 2019 (PU 11 apr 2019)
Pres. Ramacci Est. Mengoni Ric. PM in proc. Pintore ed altri
Urbanistica.Lottizzazione confisca e prescrizione del reato

L’accertamento della sussistenza del reato – nella pienezza dei suoi elementi materiali e psicologici, e con pieno rispetto delle garanzie difensive – costituisce un atto dovuto per il giudice, con ogni conseguenza in tema di confisca, anche nel caso in cui la prescrizione sia maturata e, dunque, senza che possa operare l’obbligo di immediata dichiarazione di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., norma all’evidenza soccombente a fronte della previsione specifica


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2/2/2017, il Tribunale di Sassari dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati in epigrafe, per intervenuta prescrizione, con riguardo al reato di cui agli artt. artt. 110 cod. pen., 30, comma 1, e 44, comma 1, lettera c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, loro ascritto per aver realizzato - in concorso e nella qualità di proprietari o venditori - una lottizzazione abusiva mediante trasformazione urbanistica ed edilizia di un vasto terreno inedificabile perché classificato in zona Eh (agricola). Il Tribunale di Sassari, in conseguenza di questa pronuncia, disponeva la restituzione agli aventi diritto dei lotti di terreno sequestrati.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sassari, censurando la violazione dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, per non avere il Giudice disposto la confisca obbligatoria sui medesimi beni. In particolare, secondo il ricorrente, la sentenza avrebbe dovuto considerare che il reato non risultava prescritto al momento dell'esercizio dell'azione penale, ma si era prescritto durante lo svolgimento del dibattimento, a causa della lungaggine dello stesso; quel che avrebbe imposto un’interpretazione dell'art. 129 cod. proc. pen. compatibile con la lettera dell'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, così come da interpretare alla luce della pronuncia n. 49 del 2015 della Corte Costituzionale. Il Tribunale di Sassari, pertanto, avrebbe dovuto disporre quella minima istruttoria dibattimentale necessaria per dimostrare l'integrazione del reato nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, e solo al termine della stessa dichiararne l'estinzione per intervenuta prescrizione. In ogni caso, secondo il Procuratore ricorrente, le componenti oggettive e soggettive della fattispecie de quo sarebbero risultate già evidenti e desumibili dagli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento. In particolare, il Tribunale avrebbe dovuto considerare: a) che il fumus commissi delicti emergeva non solo dal decreto di sequestro preventivo disposto dal G.i.p., ma anche dal provvedimento conformativo del Tribunale del riesame; b) che la concretizzazione dell'abuso poteva desumersi dai vari verbali di ispezione dei luoghi redatti nei corso delle indagini preliminari e dagli annessi rilievi fotografici (atti pacificamente irripetibili ed utilizzabili ai fini della decisione), in uno con l’ordinanza di sospensione dei lavori emessa dal Comune di Sassari; c) che non si erano rilevate posizioni riconducibili a quelle del terzo estraneo alla lottizzazione o dell'acquirente di buona fede, sicché non poteva dubitarsi della chiara volontà degli imputati di procedere alla lottizzazione, fermo restando che la natura contravvenzionale del reato contestato ammetterebbe la sua realizzazione anche a titolo di colpa.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta inammissibile per mancanza di specificità.
Al riguardo, occorre innanzitutto evidenziare che la tematica della confisca urbanistica – e dei presupposti per disporla – è stata oggetto negli ultimi anni di un significativo “dibattito tra le Corti” che ha interessato, a livello nazionale, questa Corte di cassazione e la Corte costituzionale, e, a livello sovranazionale, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo; quel che origina dalla particolare lettera dell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, che – diversamente da altre disposizioni in materia di confisca (ad esempio, artt. 240, 240-bis e 322-ter cod. pen., artt. 73, comma 7-bis, 85-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) - lega espressamente la misura ablatoria urbanistica, con carattere di obbligatorietà, non ad una pronuncia di condanna o di applicazione della pena su richiesta, ma alla sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva (come contestato nel caso in esame),
4. Premesso che tale dibattito è stato affrontato nella sua interezza, ed in ogni aspetto di rilievo, da una recentissima sentenza emessa proprio da questa Sezione (n. 8350 del 23/1/2019, Alessandrini+altri), alla quale il Collegio intende aderire e rimandare, si ritiene qui opportuno richiamare soltanto gli esiti interpretativi che possono esser tratti dalla complessiva discussione, anche alla luce della sentenza G.I.E.M. e altri c/Italia, emessa dalla Grande Camera della Corte EDU il 28/6/2018, che ne ha definitivamente individuato i parametri convenzionali.
5. Con questa pronuncia, in particolare, la Corte di Strasburgo – ribadita la natura di “pena” della confisca, ai sensi dell’art. 7 della Convenzione, attesine il carattere e lo scopo punitivi (desunti dalla natura afflittiva e dissuasiva della stessa, dalla sua obbligatorietà pur in assenza di prova di un danno effettivo e di un rischio concreto per l’ambiente, oltre che dalla penetrante onerosità) – ha sostenuto che “la logica della pena e della punizione nonché la nozione di «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente nozione di «personne coupable» (nella versione francese) vanno nel senso di un’interpretazione dell’articolo 7 che esige, per punire, un legame di natura intellettuale” che permetta di rilevare un elemento di responsabilità nella condotta dell’autore materiale del reato; “ciò significa anche che una pena nel senso dell’articolo 7 si può concepire in linea di principio soltanto a condizione che a carico dell’autore del reato sia stato accertato un elemento di responsabilità personale.”
6. Muovendo da questo assunto, la sentenza “G.I.E.M.” ha quindi precisato che la richiesta dichiarazione di responsabilità penale è spesso contenuta in una sentenza che condanna formalmente l’imputato, ma ciò non costituisce una norma imperativa (al riguardo ricordando che la nota sentenza Varvara della stessa Corte Edu, del 29/10/2013, “non permette di concludere che le confische per lottizzazione abusiva devono necessariamente essere accompagnate da condanne penali ai sensi del diritto nazionale”). Ciò che invero rileva, quale presupposto imprescindibile nell’ottica della tutela convenzionale, è infatti soltanto che i giudici del merito agiscano nel pieno rispetto dei diritti della difesa sanciti dall’articolo 6 della Convenzione e constatino che sussistono tutti gli elementi – oggettivi e soggettivi - del reato di lottizzazione abusiva, pur pervenendo ad una pronuncia di non luogo a procedere, ad esempio, soltanto a causa della prescrizione; “tali constatazioni, in sostanza, costituiscono una condanna nel senso dell’articolo 7, che in questo caso non è violato”.       
7. Tanto sinteticamente richiamato, ritiene il Collegio che questa conclusione ben possa essere interpretata come una conferma della giurisprudenza interna di legittimità, anche successiva alla citata sentenza Varvara; con il quale indirizzo, in particolare, si era affermato che se la prescrizione non è concettualmente incompatibile con un accertamento di responsabilità idoneo a legittimare l'applicazione di una misura ablatoria e se, ancora, la inapplicabilità della misura renderebbe il sistema "scoperto" sul versante della tutela di diritti anch'essi di rango costituzionale, così come evidenziato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 49 del 2015, l'opzione interpretativa del giudice comune deve orientarsi per quella soluzione che, nel rispettare i principi convenzionali - per come "interpretati" dalla Corte di Strasburgo - si collochi in una linea che risulti integralmente satisfattiva anche e soprattutto dei valori costituzionali che, altrimenti, risulterebbero compromessi. “Difatti, con la sentenza n. 49 del 2015, il Giudice delle leggi, chiamato a pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale dell'articolo 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, denunciato, in riferimento agli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117 Cost., nella parte in cui in forza proprio della interpretazione della Corte europea dei Diritti dell'Uomo, tale disposizione «non può applicarsi nel caso di dichiarazione di prescrizione del reato anche qualora la responsabilità penale sia stata accertata in tutti i suoi elementi», pur pervenendo, per ragioni varie, ad una declaratoria di inammissibilità della questione, ha offerto una serie di affermazioni di indubbio rilievo, evidenziando come il dovere del giudice comune di interpretare il diritto interno in senso conforme alla CEDU «è, ovviamente, subordinato al prioritario compito di adottare una lettura costituzionalmente conforme, poiché tale modo di procedere riflette il predominio assiologico della Costituzione alla CEDU», e confermando - sulla scia di precedenti pronunce relative proprio al tema della confisca urbanistica - il principio secondo il quale «nel nostro ordinamento, l'accertamento ben può essere contenuto in una sentenza penale di proscioglimento dovuto a prescrizione del reato, la quale, pur non avendo condannato l'imputato, abbia comunque adeguatamente motivato in ordine alla responsabilità personale di chi è soggetto alla misura ablativa, sia esso l'autore del fatto, ovvero il terzo in mala fede acquirente del bene». Su questa scia, non sarebbe di per sé «escluso che il proscioglimento per prescrizione possa accompagnarsi alla più ampia motivazione sulla responsabilità, ai soli fini della confisca del bene lottizzato».” (così Sez. 3, n. 53692 del 13/7/2017, Martino; in termini, tra le altre e successivamente alla sentenza G.I.E.M., Sez. 3, n. 8350 del 23/1/2019, cit.; Sez. 3, n. 14005 del 4/12/2018, PM/Bogni+altri; Sez. 3,  n. 5936 dell’8/11/2018, Basile+altri).
8. Alla luce delle considerazioni che precedono, ecco allora che il giudice, pur maturata la prescrizione del reato nel corso del dibattimento, è tenuto comunque ad effettuare un accertamento di responsabilità dell’imputato, nei termini oggettivi e soggettivi sopra indicati, perché a ciò chiamato proprio dalla lettera e dalla ratio dell’art. 44, comma 2 in esame, per come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, costituzionale e convenzionale; un accertamento, si ribadisce, espressamente previsto dalla norma (“La sentenza…che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva”) come presupposto di una misura obbligatoria (“dispone la confisca dei terreni”), dal che dovendosi concludere che – contestato l’art. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 - la sentenza definitiva deve in ogni caso accertare se la lottizzazione abusiva vi sia stata, così decidendo sulla eventuale confisca, non già disporre quest’ultima solo nel caso in cui il processo abbia permesso di accertare se la lottizzazione medesima sia stata realizzata o meno (quel che sarebbe impedito dall’intervenuta prescrizione).
9. In altri termini, l’accertamento della sussistenza del reato – nella pienezza dei suoi elementi materiali e psicologici, e con pieno rispetto delle garanzie difensive – costituisce un atto dovuto per il giudice, con ogni conseguenza in tema di confisca, anche nel caso in cui la prescrizione sia maturata e, dunque, senza che possa operare l’obbligo di immediata dichiarazione di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., norma all’evidenza soccombente a fronte della previsione specifica; come espressamente confermato, peraltro, dalla recente introduzione dell’art. 578-bis cod. proc. pen. (inserito dal d. lgs. 1 marzo 2018, n. 21 e modificato dalla l. 9 gennaio 2019, n. 3), a mente del quale quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell'articolo 240-bis del codice penale e da altre disposizioni di legge (tra le quali la misura urbanistica) o la confisca prevista dall'articolo 322-ter del codice penale, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato. Norma inserita tra le disposizioni generali in tema di impugnazioni, ma – per evidente eadem ratio – perfettamente riferibile anche al giudizio di primo grado.
10. Quel che, peraltro, questa Corte ha già più volte affermato, sul presupposto che - “essendo proprio detto accertamento richiesto dalla legge (articolo 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001) e dovendo la disposizione essere interpretata da parte del giudice nazionale in senso convenzionalmente conforme nel senso che, anche in presenza di una causa estintiva del reato, è necessario, per disporre la confisca urbanistica, procedere all'accertamento del reato (nei suoi estremi oggettivi e soggettivi) e verificare la sussistenza di profili quanto meno di colpa nei soggetti incisi dalla misura - il principio generale risulta implicitamente derogato dalle disposizioni speciali che prevedono l'applicazione di misure le quali, per essere disposte, richiedono inevitabilmente la prosecuzione del processo – in forza delle sollecitazioni istruttorie avanzate dalle parti, ed eventualmente con i poteri officiosi di cui all’art. 507 cod. proc. pen. - e la conseguente acquisizione delle prove in funzione di quell'accertamento strumentale all'emanazione del provvedimento finale (Sez. 3, n. 53692 del 13/7/2017, cit.; in termini, tra le altre, Sez. 3, n. 5936 dell’8/11/2018, cit.; Sez. 3, n. 43630 del 25/6/2018, Tammaro).
11. Tutto quanto premesso in termini generali, e pronunciandosi sul caso di specie, osserva il Collegio che il ricorso difetta di specificità.
L’atto, in particolare, si limita alla richiesta di svolgimento di una “minima” e generica istruttoria dibattimentale, senza alcuna indicazione delle attività concrete che il giudice del dibattimento avrebbe dovuto porre in essere per accertare il reato, pur al solo fine di disporre la confisca dì cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001; del pari, l’impugnazione non argomenta in ordine all'immediata valenza probatoria degli atti irripetibili contenuti nel fascicolo per il dibattimento (peraltro menzionati senza alcuna allegazione) che, al contrario, devono considerarsi privi di forza cogente e, comunque, ìnidonei a fondare una decisione di merito. Gli elementi oggettivi e psicologici del reato contestato, inoltre, non risultano desumibili neppure dalle misure cautelari disposte nel corso del processo - genericamente richiamate nel ricorso senza nessuna indicazione ulteriore -, la cui applicazione è basata su uno standard probatorio che le rende di per sé insuscettibili di assurgere a prova certa della colpevolezza.
La prospettazione di parte ricorrente, pertanto, non consente a questa Corte di sindacare la mancata confisca degli immobili, a seguito della declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Il ricorso, quindi, deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, l’11 aprile 2019