L’uso distorto del potere legislativo regionale e le riforme che necessitano ai cittadini
(Spunti di riflessione da Corte costituzionale n. 217/2022)

di Massimo GRISANTI


«Che l’articolo 7 potesse essere considerato al limite della competenza tra Regione e Stato era una possibilità di cui avevamo tenuto conto, ma andava data una risposta - la replica del leghista Zecchinato -. Non resta che sensibilizzare il nuovo Governo rispetto a un problema reale che è necessario risolvere». Così il relatore Zecchinato della Lista Zaia Presidente all’indomani della sonora bocciatura dell’art. 7 della legge regionale n. 19 del 30 giugno 2021, detta <Cantiere Veloce>, da parte della Corte costituzionale.
Siccome era lapalissiana l’incostituzionalità delle disposizioni (dipoi) impugnate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, vi è da chiedersi se la Regione Veneto abbia confidato nella dea bendata affinché il ricorso venisse assegnato ad un Avvocato dello Stato che inciampasse in qualche errore o disattenzione che consentisse di fermare il giudizio al livello delle eccezioni preliminari e così non entrare nel merito delle questioni.
La pervicacia colla quale la Regione, per espressa ammissione del relatore, ha voluto sfidare il riparto di competenze legislative dovrebbe pungolare i giuristi in servizio presso le Procure della Repubblica e della Corte dei Conti ad interrogarsi circa la possibilità di condurre a giudizio coloro i quali, facendo un uso distorto del potere legislativo, hanno agito con un tal disprezzo del senso di responsabilità che ha portato i cittadini a formare atti giuridici manifestamente invalidi o forieri di contenziosi (si pensi agli interventi sul patrimonio edilizio esistente acclarato, poi e in ragione della sentenza, esser illegittimo, oppure a compravendita di immobili viziati pagati come buoni).
I problemi esistenti a cui fa riferimento il consigliere regionale Zecchinato non trovano soluzione con colpi di mano che creano disordine istituzionale, bensì con ordini di demolizione e chiamate a responsabilità degli amministratori pubblici che hanno avallato, in un modo o in un altro, la violazione delle regole.
Sintanto che mediante cause civili i cittadini non aggrediranno i patrimoni delle pubbliche amministrazioni per esser risarciti dei danni subìti; sintanto che il motore dei pubblici amministratori non verrà riconvertito con iniezioni di agir secondo legalità, così abbandonando la ricerca del consenso quale linfa di propulsione dei loro interessi; le cose andranno avanti nella sicurezza che i risultati si ritorceranno sempre contro i cittadini stessi, prima o poi.
Non bastasse, quel che non è stato detto è che le cassate norme regionali che attribuivano al certificato di agibilità un inammissibile effetto sanante edilizio avevano l’inconfessato obiettivo di dare copertura legislativa ad egual disposizioni già contenute da anni in innumerevoli regolamenti edilizi locali (all’evidenza giuridicamente inesistenti). Pertanto, in verità, l’effetto che la Corte costituzionale ha voluto scongiurare, ovverosia l’incertezza del traffico giuridico, è quasi da un decennio che si sta verificando in quasi tutta Italia (con particolar frequenza nel centro nord).
Concludendo, sono decenni che si sta assistendo al disordine più totale nella materia edilizia e urbanistica – compreso il fatto che le regioni, a mezzo di proprie leggi, hanno inteso abdicare al loro compito di approvare i piani regolatori comunali, pur essendo il decreto approvativo, in tutta evidenza, l’atto di garanzia del rispetto degli standard urbanistici (per questo profilo sarà interessante vedere se la Corte costituzionale, nel trattare il ricorso aperto con ordinanza n° 32/2022, statuirà l’appartenenza delle disposizioni in tema degli standard, quindi anche il decreto di approvazione del PRG, alla materia dei livelli essenziali delle prestazioni di competenza legislativa esclusiva dello Stato) – e ciò grazie alla riforma del Titolo V della Costituzione che ha sfilacciato lo Stato ed accentuato la diseguaglianza tra cittadini delle varie regioni.
Il principio di eguaglianza deve essere rispettato nella realtà di tutti i giorni, prima che nella carta dei provvedimenti legislativi. Cosicché è insopportabile, prima che inammissibile, assistere a sanatorie surrettizie comunali o regionali oppure vedere città dotate di servizi pubblici ed altre in completa balia del degrado che genera criminalità.
Non vi è chi non veda come la prima riforma di cui ha bisogno l’Italia sia il ritorno all’assetto istituzionale precedente alla riforma del Titolo V. Occorre che i Sindaci tornino a firmare i provvedimenti e che i Segretari comunali siano di nomina ministeriale. Solo così avremo anche il salto di livello delle competenze professionali dei funzionari pubblici, giacché i Sindaci, al fine di non rischiare loro, vorranno esser garantiti per il contenuto degli atti da soggetti altamente professionali. Occorre semplificare il linguaggio e la tecnica legislativa, cosicché non si accampino scuse per voler eliminare il delitto di abuso d’ufficio.
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Scritto il 1° novembre 2022