Cass. Sez. III n. 33088 del 7 settembre 2021 (CC 15 lug 2021)
Pres. Di Nicola Est. Corbetta Ric. Leo
Ecodelitti.Traffico illecito di rifiuti e scarti di origine animale

Gli scarti di origine animale sono sottratti all'applicazione della normativa in materia di rifiuti, e soggetti esclusivamente al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. n), d.lgs. n. 152 del 206; diversamente, in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento, restano soggetti alla disciplina generale sui rifiuti. Una conclusione del genere va ribadita anche alla luce del Regolamento 1069/2009/CE recante “Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale).
Un’’attività è “abusiva” anche nel caso in cui essa sia attuata violando le prescrizioni e/o i limiti delle autorizzazione stesse, come accertato nel caso in esame, in quanto lo smaltimento (di liquido ematico) non avveniva presso l’impianto indicato nella documentazione di trasporto, bensì presso altra proprietà .Né rileva, per escludere il reato, che una parte del liquido ematico fosse conferito nel rispetto delle norme e delle autorizzazioni, in quanto il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non richiede l'esistenza di una struttura operante in modo esclusivamente illecito, ben potendo l'attività criminosa essere inserita in un contesto comprendente anche operazioni commerciali riguardanti i rifiuti svolte con modalità lecite

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Lecce, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta nell’interesse di Fabio Leo, annullava l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Brindisi limitatamente al reato ex art. 110 cod. pen., 256, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 152 del 2006 di cui al capo 5) dell’incolpazione provvisoria, nel resto confermando il provvedimento impugnato, il quale ha applicato al predetto la misura degli arresti domiciliari in relazione ai delitti cui agli artt. 416 cod. pen. (capo 1), 81 cpv., 110 e 452-quaterdecies cod. pen. (capi 2, 3, 4, 6, e 7). In particolare, si contesta al Leo, nella veste di gestore di fatto della O.R.M. Ambientale s.r.l., di aver fatto parte di un’associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti relativi al traffico illecito di ingenti quantitativi di sostanza ematica di origine animale, classificata come sottoprodotto di origine animale (S.O.A.), prelevata da impianti di macellazione, e relativi delitti  scopo, commessi tra il 28 febbraio 2019 e il 16 gennaio 2020.

2. Avverso l’indicata ordinanza, l’indagato, per il ministero del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. in relazione alla sussistenza della gravità indiziaria. Il ricorrente contesta la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 452-quaterdecies cod. pen., evidenziando che non si sarebbe in presenza né di rifiuti, perché il sangue animale, potendo essere utilizzato per diversi scopi (fertilizzante, produzione di alimenti, ecc.), è un “sottoprodotto”, che quindi non soggiace alla disciplina prevista, appunto, per i rifiuti,  né di un’attività “abusivamente svolta”; i fatti, al più, potrebbero integrare, ad avviso della ricorrente, il reato ex art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, ciò che, peraltro, non avrebbe consentito il ricorso all’attività di intercettazione. Sotto altro profilo, si contesta la gravità indiziaria, non essendo stato individuato il luogo del presunto sversamento del liquido ematico, e non potendosi far gravare sull’indagato, come invece ritenuto dal Tribunale, l’onere di una diversa spiegazione in ordine ai movimenti della cisterna con cui veniva attuato il trasporto di detta sostanza, ciò che integra un’inammissibile inversione dell’onere probatorio. Parimenti, il presunto riscontro operato in data 8 dicembre 2019 sarebbe del tutto neutro, in quanto la verifica del carico fu effettuata dagli operanti attraverso la semplice richiesta all’autista. Ancora, il ricorrente contesta la sussistenza del delitto associativo, posto che la condotta ascritta al Leo non sconfinerebbe dal perimetro delineato dall’art. 452-quaterdecies cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc.  in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari. Assume il ricorrente che il Tribunale avrebbe ravvisato in maniera apodittica le esigenze cautelari, essendo il Leo “pressoché incensurato” e privo di ulteriori carichi pendenti,  e il cui coinvolgimento nei fatti in esame sarebbe, comunque, del tutto occasionale; oltre a ciò, il contestuale provvedimento d sequestro del compendio aziendale della O.R.M. Ambiente s.r.l.  con nomina di un amministratore giudiziale ha comportato uno stringente controllo delle attività societarie. Aggiunge il ricorrente che la condotta delittuosa sarebbe comunque risalente e non più attuale, sicché la misura cautelare non parrebbe rispondere ad effettive esigenze di tutela della collettività e sarebbe sproporzionata alla gravità dei fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, al limite dell’inammissibilità, è infondato.
    
2. Il primo motivo è inammissibile con riferimento a tutte le censure dedotte.

 3. Per dare un ordine logico alla trattazione delle questioni poste dal motivo, occorre prendere le mosse dalla ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale, ricostruzione che la ricorrente solo in parte, con riferimento alla sola mancata individuazione del luogo dell’asserito sversamento del liquame ematico.

4. Orbene, secondo quanto accertato dal Tribunale cautelare – che ha recepito integralmente la minuziosa ed analitica ricostruzione operata dal G.i.p. – a seguito di indagini tecniche - condotte mediante monitoraggio GPS della cisterna utilizzata per il trasporto del liquido ematico, riprese video dell’ingresso della O.R.M. Ambiente s.r.l.  e della villa di proprietà di Annunziata Gioffredi, moglie del Leo, e intercettazioni telefoniche -, è emerso che, dal 28 febbraio 2019 al 21 gennaio 2020 – periodo cui si riferisce l’indicato monitoraggio mediante GPS – la cisterna, dopo aver prelevato il liquido ematico da aziende della zona che si occupano della macellazione di animali, aveva fatto accesso per ben settantasei volte all’interno della villa della Gioffredi (cfr. tabella riepilogativa riportata a p. 12 dell’ordinanza impugnata), in alcune circostanze anche due volte al giorno. Il Tribunale distrettuale ha accertato, inoltre, che, in relazione al solo anno 2019, l’azienda del ricorrente ha trasportato nella proprietà della moglie un totale di 424.680 kg. di liquido ematico.
5. Secondo quanto ritenuto dal Tribunale cautelare, il motivo di quegli accessi della cisterna presso la proprietà della moglie del ricorrente è da ricercarsi nel fatto che il liquido ematico – che avrebbe dovuto essere conferito a strutture autorizzate – fu, invece, sversato nel giardino della villa.
Ciò è stato desunto, in maniera non certo implausibile, sia dal contenuto di alcune intercettazioni telefoniche (analiticamente analizzate alle p. 21-24 dell’ordinanza impugnata) intercorse tra Vitantonio Turrisi, il conducente della cisterna, e la Gioffredi, in cui si fa riferimento a un “tubo” da controllare (tel. n. 303 dell’11 novembre 2019), ovvero al “coso” da levare (tel. n. 2673 del 22 dicembre 2019); sia dalla verifica effettuata dagli operanti il 18 dicembre 2019, allorquando, dopo aver prelevato il liquido ematico ed essere entrata all’interno della villa della Gioffredi, la cisterna fu sottoposta a controllo all’uscita dalla villa medesima e, sebbene, secondo la documentazione, avrebbe dovuto contenere circa 6.600 kg. di liquido ematico, essa era vuota; sia dall’esame dei documenti di trasporto acquisiti presso la società I.L.S.A.P. e i mattatoi serviti dalla O.R.M. Ambiente s.r.l.
In particolare, così venendo all’obiezione difensiva, è irrilevante che non sia stato, per il momento, individuato con precisione il luogo, all’interno della proprietà della Gioffredi, dove il liquido veniva smaltito, in quanto la prova logica si desume proprio dal controllo dal 18 dicembre 2019, allorquando si appurò che la cisterna, controllata all’uscita della proprietà della Gioffredi, non conteneva, come avrebbe dovuto, i circa 6.600 kg. di liquido ematico prelevati i precedenza da tre mattatori; il che si giustifica solo assumendo che detto liquido sia stato smaltito all’interno della proprietà della Gioffredi, indipendentemente dall’esatta individuazione del punto di sversamento.

6. A fronte di questa ricostruzione, come ritenuto dall’ordinanza impugnata, sussistono entrambe le fattispecie di reato contestate al Leo.
 
7. Con riguardo al delitto ex art. 452-quaterdecies, contestato ai capi 2, 3, 4, 6, e 7, si osserva che, come correttamente affermato dal Tribunale cautelare, è destituita di fondamento l’obiezione difensiva secondo cui, trattandosi di sottoprodotto, il liquido ematico non sarebbe soggetto alla disciplina prevista per i rifiuti.
Come affermato da questa Corte, gli scarti di origine animale sono sottratti all'applicazione della normativa in materia di rifiuti, e soggetti esclusivamente al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. n), d.lgs. n. 152 del 206; diversamente, in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento, restano soggetti alla disciplina generale sui rifiuti (tra le altre, Sez. 3, n. 2710 del 15/12/2011, Lombardo, Rv. 251900; Sez. 3, n. 12844 del 5/2/2009, De Angelis, Rv. 243114).

8. Una conclusione del genere va ribadita anche alla luce del Regolamento 1069/2009/CE recante “Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale)”
Invero, tra i sottoprodotti di origine animale, l’art. 10 dell’indicato Regolamento, alla lett. d),  annovera, nella categoria 3, il “sangue di animali che non presentavano sintomi clinici di malattie trasmissibili all'uomo o agli animali attraverso il sangue, ottenuto dai seguenti animali macellati in un macello, dopo essere stati ritenuti atti alla macellazione per il consumo umano dopo un esame ante mortem nel rispetto della legislazione comunitaria”.
Il successivo art. 14 prevede che “i materiali di categoria 3 sono: a) smaltiti come rifiuti mediante incenerimento, dopo la trasformazione o senza trasformazione preliminare; b)   recuperati o smaltiti mediante coincenerimento con o senza trasformazione preliminare, qualora i materiali di categoria 3 siano rifiuti; c)   smaltiti in una discarica autorizzata, dopo la trasformazione; d) trasformati, eccetto se si tratta di materiali di categoria 3 che hanno subito un processo di decomposizione o deterioramento tale da presentare rischi inaccettabili per la salute pubblica o degli animali, attraverso tali prodotti, e usati i)   per la fabbricazione di mangimi per animali d'allevamento diversi dagli animali da pelliccia, da immettere sul mercato conformemente all'articolo 31, eccetto se si tratta di materiali di cui all'articolo 10, lettere n), o) e p); ii)   per la fabbricazione di mangimi per animali da pelliccia, da immettere sul mercato conformemente all'articolo 36; iii)   per la fabbricazione di alimenti per animali da compagnia, da immettere sul mercato conformemente all'articolo 35; o iv)   per la fabbricazione di fertilizzanti organici o ammendanti, da immettere sul mercato conformemente all'articolo 32; e)   utilizzati per la produzione di alimenti crudi per animali da compagnia da immettere sul mercato conformemente all'articolo 35; f)   compostati o trasformati in biogas; g) insilati, compostati o trasformati in biogas, se si tratta di materiali derivanti da animali acquatici; h)   utilizzati in condizioni, determinate dall'autorità competente, atte a prevenire i rischi per la salute pubblica e degli animali, se si tratta di gusci, conchiglie o carapaci di crostacei e molluschi diversi da quelli di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera f) e di gusci d'uovo; i)   utilizzati come combustibile dopo la trasformazione o senza trasformazione preliminare; o j)   utilizzati per la fabbricazione di prodotti derivati di cui agli articoli 33, 34 e 36 e immessi sul mercato conformemente a tali articoli; k)   trasformati per sterilizzazione sotto pressione o mediante i metodi di cui all'articolo 15, paragrafo 1, primo comma, lettera b), o compostati o trasformati in biogas, se si tratta di rifiuti di cucina e ristorazione di cui all'articolo 10, lettera p); o l)   applicati sul terreno senza trasformazione preliminare, se si tratta di latte crudo, colostro e prodotti da essi derivati, qualora l'autorità competente ritenga che non presentino rischi di diffusione di malattie trasmissibili gravi all'uomo o ad animali attraverso tali prodotti”.
Orbene, anche alla luce della nuova disciplina contemplata nell’indicato Regolamento, ai fini qui di interesse, è evidente che il sangue degli animali, ove non reimpiegato in altri processi produttivi – e non è questo certamente il caso, perché  il sangue veniva ritirato dai mattatoi proprio per essere smaltito - deve essere conferito alle strutture  all’uopo autorizzate, il che, nella specie, pacificamente non è avvenuto.

9. Né, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, può affermarsi che, nella specie, non si sia al cospetto di un’attività “abusivamente svolta”.
 E’ sufficiente osservare, come già affermato da questa Corte, che l’attività è “abusiva” anche nel caso in cui essa sia attuata violando le prescrizioni e/o i limiti delle autorizzazione stesse (cfr. Sez. 3, n. 40828 del 6/10/2005, Fradella, Rv. 232350; Sez. 4, Sentenza n. 28158 del 02/07/2007, Costa, Rv. 236906), come accertato nel caso in esame, in quanto lo smaltimento del liquido ematico non avveniva presso l’impianto I.L.S.A.P., come indicato nella documentazione di trasporto, bensì presso la proprietà della Gioffredi.
Né rileva, per escludere il reato, che una parte dei liquido ematico fosse conferito nel rispetto delle norme e delle autorizzazioni, in quanto il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non richiede l'esistenza di una struttura operante in modo esclusivamente illecito, ben potendo l'attività criminosa essere inserita in un contesto comprendente anche operazioni commerciali riguardanti i rifiuti svolte con modalità lecite (Sez. 3, n. 47870 del 19/10/2011, dep. 22/12/2011, Giommi, Rv. 251965).

10. Quanto, poi al delitto di cui all’art. 416 cod. pen., contestato al capo 1), si rammenta che, ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere, è necessaria la predisposizione di un'organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l'attuazione del programma criminoso comune (Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013 - dep. 13/05/2013, Ciaramitaro e altri, Rv. 256054; Sez. 6, n. 3886 del 07/11/2011 - dep. 31/01/2012, Papa e altri, Rv. 251562).
L'associazione per delinquere si caratterizza per tre fondamentali elementi, costituiti: a) da un vincolo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati; b) dalla tendenziale indeterminatezza del programma criminoso; c) dall'esistenza di una struttura organizzativa, sia pur minima, ma idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira (Sez. 1, n. 10107 del 14/07/1998 - dep. 25/09/1998, Rossi e altri, Rv. 211403). Va, altresì, precisato che la realizzazione di una sola tipologia di delitti, quale scopo dell’associazione, non si pone in contrasto con il carattere indeterminato del programma criminoso, giacché esso attiene al numero, alle modalità, ai tempi e agli obiettivi dei delitti progettati, che possono perciò anche integrare violazioni di un'unica disposizione di legge, senza che ciò incida sulla configurabilità del delitto associativo.

11. Ciò posto, è pur vero che, sul piano fattuale e descrittivo, vi può essere un’interferenza tra il delitto associativo e il delitto di gestione illecita di rifiuti, il quale è reato abituale, che si perfeziona soltanto attraverso la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo (Sez. 3, n. 52838 del 14/07/2016, dep. 14/12/2016, Serrao, Rv. 268920).
E tuttavia la differenza tra le due fattispecie criminose è evidente, laddove si ponga mente al fatto che il delitto associativo trascende la realizzazione del singolo delitto scopo, ancorché di natura abituale, in quanto l’accordo tra i sodali ha carattere tendenzialmente permanente, come è stato accertato nel caso in esame con riferimento al rilevantissimo numero di sversamenti illeciti di liquido ematico, avvenuto in un significativo lasso temporale, pari a poco meno di un anno.

12. Il secondo motivo è infondato.
12.1. Va rammentato che, con riferimento al delitto di cui l’art. 452-quaterdecies cod. pen., il legislatore ha previsto una doppia presunzione cautelare, sia pure relativa, ad oggetto la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura custodiale carceraria; ciò in forza dell’art. 273, comma 3, secondo periodo, cod. proc. pen., a tenore del quale “quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis (…), del presente codice (…) è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure”,  e l’art. 51, comma 3-bis, contempla, tra gli altri, anche il delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen.
12.2. Nel caso di specie, non solo il Tribunale cautelare, in ogni caso, obliterando l’operatività dell’indicata presunzione, ha ravvisato il pericolo di reiterazione, concreto attuale, sulla base della ripetizione delle condotte per un lungo arco temporale e della personalità del ricorrente, soggetto pregiudicato che era al vertice del sodalizio, ma il ricorso appare generico, non indicando alcun elemento in grado di vincere l’indicata presunzione posta dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
12.3. Né le esigenze cautelari devono ritenersi venute meno per effetto dell’intervenuto sequestro dei beni aziendali, dovendosi osservare che oggetto del pericolo ex art. 274 lett. c) cod. proc. pen. è la reiterazione non dello stesso identico fatto di reato oggetto di contestazione, bensì di delitti della stessa specie, anche se realizzati con modalità differenti; e in questo senso deve essere interpretata l’indicata presunzione cautelare, con la quale il ricorrente omette di confrontarsi.

13. Per i motivi indicati, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15/07/2021.