TAR Campania (NA) Sez. II n. 3132 del 21 giugno 2016
Urbanistica.Sanatoria data di ultimazione dei lavori ed onere della prova

L'onere della prova in ordine all'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere la sanatoria grava sul richiedente in quanto, mentre l'amministrazione non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, l'interessato può fornire atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza in ordine all'epoca di realizzazione dell'abuso; al riguardo non può ritenersi sufficiente, ad esempio, la sola allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorietà, la quale deve essere supportata da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purché altamente probanti quali, ad esempio le fatture, le ricevute relative all'esecuzione dei lavori e/o all'acquisto dei materiali, i rilievi aereo fotogrammetrici, ecc.

 

N. 03132/2016 REG.PROV.COLL.

N. 03620/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3620 del 2015 proposto dal Sig. Di Domenico Giustino in proprio e quale amministratore unico della M.M.A.S. Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Pasquale Panico e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Massimo Gentile in Napoli, Riviera di Chiaia n.276;

contro

Comune di Melito in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Bruno De Maria e con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Piazza della Repubblica n.2;

per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento dirigenziale n.9673 dell’11/5/2015 di annullamento in autotutela del provvedimento n.166 dell’8/9/2014 di rilascio del condono edilizio.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista la costituzione con successivo deposito di documentazione da parte del Comune;

Visti i motivi aggiunti avverso l’ordinanza di demolizione n.91 del 21/7/2015;

Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.1943 del 2015 di accoglimento della domanda di sospensione limitatamente all’ordinanza di demolizione e di fissazione di incombenti istruttori a carico del Comune;

Vista la relazione depositata dal Comune;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato Relatore all’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2016 il Cons. Gabriele Nunziata e uditi gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

Espone in fatto parte ricorrente di essere proprietaria di immobile in Melito di cui al fl.2 p.lla 946 acquisito in proprietà con l’acquisto del fondo su cui insiste, già oggetto di condono ex Legge n.724/1994 a seguito di domanda del 30/3/1995 da parte del dante causa. In data 28/7/2014 veniva presentata istanza di autocertificazione ex art. 9, II comma della L.R. n.10/2004 e si otteneva provvedimento di condono edilizio (166/2014), di qui l’istanza di Permesso di costruire ex artt.10 e 20 del DPR n.380/2001 e L.R. n.16/2014 per un intervento di demolizione/ricostruzione. Successivamente però l’Amministrazione comunicava l’avvio del procedimento di annullamento del condono edilizio n.166/2014 per mancato accatastamento, per essere stata la concessione edilizia rilasciata al singolo ma non alla società, per insistenza dell’immobile in zona omogenea H e non C e, nonostante le controdeduzioni di parte ricorrente, è stato adottato l’impugnato provvedimento di annullamento in autotutela. Con successivi motivi aggiunti è stata impugnata l’ordinanza di demolizione poi adottata dal Comune.

Il Comune di Melito si è costituito per resistere al ricorso, dichiarando - a seguito dell’ordinanza resa dal Tribunale in fase cautelare – che dal 1981 non risulta alcun immobile riconducibile a quello oggetto del giudizio.

Alla udienza pubblica del 7 giugno 2016 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame parte ricorrente deduce la violazione degli artt.7 e ss. e 21-nonies della Legge n.241/1990, nonché l’eccesso di potere ed il difetto di istruttoria circa il provvedimento di annullamento in autotutela, l’illegittimità derivata e la violazione della Legge n.47/1985 e della Legge n.724/1994 quanto all’ordinanza di demolizione.

2. La Sezione in via preliminare osserva come il principio di buon andamento impegna la P.A. ad adottare gli atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire ed autorizza quindi anche il riesame degli atti adottati, ove reso opportuno da circostanze sopravvenute ovvero da un diverso apprezzamento della situazione preesistente (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 24.10.2007, n.1077; Cons. Stato, V, n. 508/1999; n. 1263/96; VI, 29.3.1996, n. 518; 30.4.1994, n. 652). In particolare, mentre l’annullamento “guarda al passato”, nel senso che costituisce un rimedio volto alla rimozione di un errore commesso nell’esercizio della funzione di primo grado e quindi opera in una logica essenzialmente correttiva dell’azione pubblica, la revoca assume una funzione più propriamente adeguatrice, intesa in termini di attualizzazione delle modalità di perseguimento dell’interesse pubblico specifico di cui occorre seguire la costante dinamica evolutiva. Pertanto entrambi gli istituti hanno come oggetto immediato del provvedere l’eliminazione di un precedente atto o provvedimento di primo grado cui coniugare l’esigenza di un’azione amministrativa che si ponga pur sempre come cura attuale dell’interesse pubblico: esigenza che, in termini funzionali, nelle ipotesi di annullamento si caratterizza come momento valutativo ulteriore rispetto al mero accertamento dell’illegittimità del provvedimento di primo grado, mentre nei casi di revoca discende proprio dalla necessità di adeguare per il futuro scelte ormai non più idonee ed efficaci, con inevitabile eliminazione dei provvedimenti formali che le contenevano.

Con riguardo a quanto reclamato da parte ricorrente, il potere di autotutela decisoria in capo all'Amministrazione non ha in verità come unica finalità il mero ripristino della legalità, costituendo una potestà discrezionale che deve contemplare la verifica di determinate condizioni, previste dall'ordinamento e concernenti l'opportunità di correggere l'azione amministrativa svoltasi illegittimamente. L'annullamento è stato, pertanto, connotato dall’art.21-nonies, come modificato da ultimo dalla Legge 7/8/2015, n.124, in termini di rinnovata manifestazione, entro un termine ragionevole, della funzione amministrativa. In tale ambito rilevano, oltre all'attualità di un interesse pubblico distinto ed ulteriore rispetto al mero ripristino della legalità violata, anche gli interessi di tutte le parti coinvolte e il tempo trascorso dalla determinazione viziata. Per effetto dell'art.21-nonies, l'esercizio della potestà di autotutela decisoria richiede non solo l'esistenza di un vizio dell'atto da rimuovere, ma anche la sussistenza di un interesse pubblico e la sua comparazione con gli interessi dei destinatari e dei controinteressati, quando, per effetto del provvedimento reputato illegittimo, siano sorte posizioni giuridiche qualificate e consolidate nel tempo.

E’ bene aggiungere (Cons. Stato, VI, 10.12.2015, n.5625) che il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresentato da «diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici»; a prescindere dall’applicabilità ratione temporis, detta disposizione in ogni caso rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti.

3. Nel merito la Sezione ritiene, ai fini della reiezione del ricorso e previa trattazione unitaria dei motivi di ricorso, di evidenziare che per giurisprudenza assolutamente pacifica (da ultimo, T.A.R. Sardegna, II, 24.3.2016, n.277) l'onere della prova in ordine all'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere la sanatoria grava sul richiedente in quanto, mentre l'amministrazione non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, l'interessato può fornire atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza in ordine all'epoca di realizzazione dell'abuso; al riguardo non può ritenersi sufficiente, ad esempio, la sola allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorietà, la quale deve essere supportata da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purché altamente probanti quali, ad esempio le fatture, le ricevute relative all'esecuzione dei lavori e/o all'acquisto dei materiali, i rilievi aereo fotogrammetrici, ecc.(Cons. Stato, IV, 7.7.2014, n. 3414; T.A.R. Abruzzo, Pescara, I, 20.3.2015, n.124; T.A.R. Liguria, I, 12.11.2015, n.903; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, II, 26.3.2015, n.308). La stessa prova testimoniale potrebbe essere ammessa solo ove vi fossero contrasti tra le risultanze poste a fondamento del diniego da parte dell'amministrazione e i documenti prodotti in giudizio da parte ricorrente.

3.1 Questo Tribunale (ex multis VI, 3.3.2016, n.1167; VIII, 11.2.2016, n.774) sul punto ha affermato che l'onere di fornire la prova dell'epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull'interessato e non sull'Amministrazione, che, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo edilizio che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge e di adottare, ove ricorrano i presupposti, il provvedimento di demolizione; ciò, come detto, si spiega perché l'onere della prova circa la data di realizzazione dell'immobile abusivo - o anche dell’attività edilizia abusiva da sanare - spetta a colui che ha commesso l'abuso e solo la deduzione, da parte di quest'ultimo, di concreti elementi, che non possono limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all'Amministrazione (Cons. Stato, VI, 14.11.2014, n.5597; IV, 13.1.2010, n. 45; T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 2.10.2013, n. 814).

Infatti la Pubblica Amministrazione non può di solito materialmente accertare quale fosse la situazione dell'intero suo territorio a quella data prevista dalla legge, mentre il privato, che propone l'istanza di sanatoria, è normalmente in grado di fornire idonea documentazione che comprovi l'ultimazione dell'abuso entro la data di riferimento, spettando a costui l'onere di fornire quantomeno un principio di prova su tale ultimazione e restando integro, in caso contrario, il potere di non concedere il condono e di irrogare la sanzione prescritta. Questa stessa Sezione (cfr. 8.1.2010, n.27) ha avuto modo di affermare che "anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata dall'interessato, l'Amministrazione può legittimamente respingere la domanda di condono edilizio ove non riscontri elementi dai quali risulti univocamente l'ultimazione dell'edificio entro la data prescritta dalla legge, atteso che la semplice produzione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull'epoca dell'abuso".

3.2 Il Collegio, dunque, prende atto ai fini della reiezione del ricorso che l'Amministrazione ha rilevato che dal 1981 non risulta alcun immobile riconducibile a quello oggetto del giudizio.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito da giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260, e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

4. In conclusione, per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.

La peculiarità in fatto della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del giorno 7 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Claudio Rovis, Presidente

Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore

Brunella Bruno, Primo Referendario

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/06/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)