Cass. Sez. III n. 11494 del 22 marzo 2011 (Ud. 15 dic. 2010)
Pres. Ferrua Est. Grillo Ric. Ciocchetti
Acque. Acque di falda

L’acqua di falda proveniente dall’attività di escavazione non può essere assimilata tout court all’acqua reflua industriale, pur dovendosi richiedere anche per tale genere di acqua laddove la stessa debba essere scaricata in superficie — una autorizzazione la cui mancanza, però, non genera conseguenze di tipo penale previste invece in tutti i casi nei quali lo scarico dell’acqua in superficie provenga da attività produttive genericamente intese.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Sigg.:


1. Dott. FERRUA Giuliana                                           Presidente
2. Dott. GRILLO Renato (est.)                                     Consigliere
3. Dott. MULLIRI Guida                                               Consigliere
4. Dott. MARINI Luigi                                                  Consigliere
5. Dott. GAllARA Santi                                               Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) CIOCCHETTI Fernando, nato a Subiaco il 7.01.1947

2) RUGGERI Gianluca, nato a Fano il 3.02.1970
- avverso la sentenza emessa l'11.12.2009 dal Tribunale di Pesaro - Sezione distaccata di Fano;
- udita nella pubblica udienza del 15 dicembre 2010 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Renato GRILLO;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Vito D'AMBROSIO che ha concluso per l'annullamento senza rinvio;
- udito il difensore avv. Canestrani Francesco


Svolgimento del processo e motivi della decisione


Con sentenza del Tribunale di Pesaro - Sezione Distaccata di Fano - dell' 11 dicembre 2009, CIOCCHETTI Fernando e RUGGERI Gianluca, imputati del reato di cui all'art. 137 comma 1° D. L.vo 152/06 (attività di scarico di acque reflue industriali in acque superficiali senza l'apposita autorizzazione) [fatto commesso in Marotta di Mondolfo il 19 febbraio 2007] venivano ritenuti colpevoli del detto reato e condannati, ciascuno, alla pena, di € 1.500,0 di ammenda oltre spese.


Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore degli imputati deducendo tre distinti motivi.


Con un primo motivo (inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale) il difensore ha lamentato l'errata applicazione dell'art. 137 D. L.vo 152/06 sotto il duplice profilo che non di acque reflue industriali si trattasse, come emerso pacificamente in dibattimento e come ritenuto dallo stesso giudice, ma di acque di falda sottratte allo speciale regime di cui al richiamato art. 137 e, ancora, che in ogni caso, l'autorizzazione era stata tempestivamente richiesta ancorché non ancora ottenuta dalla competente autorità amministrativa che vi provvedeva due giorni dopo il sopralluogo.

Ha poi dedotto inosservanza di legge per non avere il Tribunale tenuto conto della speciale normativa regionale adottata dalla Regione Marche in tema di Piano di tutela delle acque, emessa, comunque, dopo la pronuncia della sentenza impugnata (27.2.2010) ed in base alla quale vanno escluse dalla disciplina penalistica le immissioni temporanee di acque meteoriche provenienti da falde. Ha, ancora, lamentato la contraddittorietà e/o illogicità della sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha riconosciuto un rapporto causale tra la condotta ascritta (scarico di acque non reflue) e la mancata autorizzazione allo scarico (in realtà non esigibile attesa la natura delle acque medesime).

Il ricorso è fondato

Ai due imputati viene fatto carico - nella qualità, rispettivamente, di capo cantiere e di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Polo Holding s.p.a. - società titolare di un permesso ad edificare un complesso residenziale in località Marotta di Mondolfo, di avere effettuato scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali senza essere muniti della prescritta autorizzazione prevista dall'art. 124 comma 1 del D. L.vo 152/06, in particolare estraendo a mezzo di apposito macchinario aspirante le acque di falda derivanti dallo svolgimento dell'attività di scavo del cantiere edile e convogliandole mediante condotta verso il mare ove venivano scaricate.

Risulta per certo - avendone anche il Tribunale riconosciuto la natura - che le acque provenienti dal cantiere edile e convogliate per mezzo di apposita condotta, in mare erano acque di falda derivanti da attività di escavazione.

Il dato normativa da cui prendere le mosse al fine di verificare la configurabilità del reato previsto dall'art. 137 del D. L.vo 152/06 è rappresentato dall'art. 74 lett. h) del medesimo decreto che qualifica come acque reflue industriali "qualsiasi tipo di acque reflue scaricare da edifici o impianti idrici in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento".


E' quindi evidente che l'acqua di falda proveniente dall'attività di escavazione non può essere assimilata tout court all'acqua reflua industriale, pur dovendosi richiedere - anche per tale genere di acqua laddove la stessa debba essere scaricata in superficie - una autorizzazione la cui mancanza, però, non genera conseguenze di tipo penale previste invece in tutti i casi nei quali lo scarico dell'acqua in superficie provenga da attività produttive genericamente intese.


Tanto precisato la ragione dell'assoggettamento a sanzione penale dello scarico di acque reflue industriali è legata al fatto che i reflui derivanti da dette attività non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche come definite dal menzionato art. 74 comma 1 lett. g) (v. Cass. Sez. 3^ 5.2.2009 n. 12865 rv. 243122).


Peraltro la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare quando le acque di falda provenenti da lavori di escavazione possono integrare il concetto di acque reflue industriali affermando che laddove le acque di falda siano intorbidate da residui dei lavori di scavo e di cantiere esse vanno annoverate nella nozione di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive non assimilabili, quindi, alle acque reflue domestiche, sottratte al regime sanzionatorio previsto dall'art. 137 del D. L.vo 152/06 (v. Cass. Sez. 3^ 21.6.2006 n. 29126 rv 234944).

In modo del tutto contraddittorio il Tribunale, pur dando atto della natura di falda acquifera dell'acqua convogliata in mare e proveniente da cantiere e pur riconoscendo - sulla base delle testimonianze acquisite - che si trattasse di acqua di falda priva di qualsivoglia contaminazione, ha tuttavia ritenuto di inquadrare la condotta nell'alveo penale di cui all'art. 137 D.L.vo 152/06 che assoggetta a sanzione soltanto gli scarichi di acque reflue provenienti dalle lavorazioni industriali.

In conclusione le acque provenienti dalla falda derivanti da attività di cantiere non possono essere assimilate ai rifiuti, ma escluse - sempre che non contengano contaminazioni - da qualsivoglia regime sanzionatorio e la mancanza dell'autorizzazione comunque prescritta a
norma dell'art. 124 del D. L.vo 152/06 non implica affatto l'assoggettamento a sanzione penale.

L'accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe l'esame dei restanti motivi e determina l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.


P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.


Così deciso in Roma, 15/12/2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 22 Mar. 2011