TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, n. 40, del 10 febbraio 2014
Caccia e animali.Incauta condotta venatoria, legittimità revoca porto di fucile per uso caccia

La revoca della licenza di porto d'armi, così come, peraltro, il divieto di detenzione di armi, munizioni, esplosivi non richiedono un oggettivo ed accertato abuso nell'uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne. Non è in sostanza richiesta nessuna particolare correlazione tra il tipo di comportamento assunto a riferimento per la formulazione del giudizio prognostico di inaffidabilità e la conseguente decretazione di divieto di porto e detenzione delle armi. La valutazione effettuata dal Questore risulta esente da vizi estrinsecamente rilevabili, fondandosi su di un episodio di indubbia gravità, cioè da un’incauta condotta venatoria posta in essere dal ricorrente, dalla quale non è illogico far discendere la sua scarsa affidabilità e giustificare, conseguentemente, la revoca del porto di fucile decretato nei suoi confronti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00040/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00209/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 209 del 2008, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Viezzi, con domicilio eletto presso Davor Blaskovic in Trieste, via Coroneo 31/2;

contro

Il Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3; 
Questura di Udine;

per l'annullamento

-del decreto del Questore di Udine dd. 18.1.2008, con il quale è stato revocato al ricorrente il porto di fucile per uso venatorio n. 058359-K;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2014 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Il ricorrente, titolare di porto d’armi, fa presente che a seguito di un accertamento, gli veniva tolto il porto d’armi per avere asseritamente sparato nei pressi di alcune abitazioni.

L’interessato insorge innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale avverso la revoca su indicata, invocandone l’annullamento per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 11 e 43 TULPS anche in relazione agli articoli 21, 31 e 32 della legge 157/92, difetto di motivazione, violazione dell’art 3 della legge 241 del 1990, illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione.

Il Ministero intimato si costituiva in giudizio per resistere al ricorso e contestarne la fondatezza.

Infine nella pubblica udienza del 29 gennaio 2014 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

Questo Collegio ritiene infondate le censure di legittimità svolte, in base alle seguenti considerazioni.

Il potere riconosciuto in capo all’Autorità in siffatta materia è connotato da elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica per cui lo stesso è attribuito, anche con fini di prevenzione della commissione di illeciti, mirando a comprovare, non solo che non siano stati commessi reati ascrivibili al soggetto, ma anche che questi garantisca, per la sua ordinaria condotta di vita, la sicura affidabilità circa il buon uso delle armi;

La normativa in materia richiede, infatti, che “la persona sia esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo” e che in capo ad essa “esista la completa sicurezza circa il buon uso delle armi” (ex multis C.d.S., VI, 5 aprile 2007, n. 1528), atteso che “il diritto del cittadino alla propria incolumità è certamente prevalente e prioritario rispetto a quello, del tutto eccezionale, di portare e detenere armi, sì che questo potrà essere soddisfatto soltanto nell’ipotesi in cui, riscontrando il possesso degli altri requisiti prescritti dalla legge, non sussista alcun pericolo che il soggetto possa abusare delle armi stesse” (Tar Piemonte, II, 4 novembre 2009, n. 2507) e che l’Autorità dispone del potere di “vietare la detenzione delle armi… ogni qualvolta si possa ragionevolmente ritenere che l’interessato sia parzialmente capace di abusarne” (Tar Piemonte, II, 17 dicembre 2009, n. 3588).

Nel nostro ordinamento non sono previste e tutelate posizione di diritto soggettivo in ordine alla detenzione e al porto di armi, costituendo, anzi, tali situazioni delle eccezioni al divieto di portare armi di cui all’art. 669 c.p. e all’art. 4, comma 1, L. 19.4.1975 n. 110.

Nella sentenza n. 440 del 16.12.1993 la Corte Costituzionale ha avuto occasione di ribadire tale principio: “Il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando invece eccezione al normale divieto di portare armi, e può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esiste perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse in modo da scagionare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche l’intera e restante massa dei consociati sull’assenza di pregiudizi sulla loro incolumità”.

Ne consegue che la revoca della licenza di porto d'armi, così come, peraltro, il divieto di detenzione di armi, munizioni, esplosivi non richiedono un oggettivo ed accertato abuso nell'uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2006, n. 2576). Non è in sostanza richiesta nessuna particolare correlazione tra il tipo di comportamento assunto a riferimento per la formulazione del giudizio prognostico di inaffidabilità e la conseguente decretazione di divieto di porto e detenzione delle armi.

Orbene, ciò precisato, non vi è dubbio che l'esistenza del pericolo di abuso possa essere desunta e prudentemente valutata in relazione ad ogni manifestazione comportamentale del soggetto, atteso che, in siffatto procedimento, il Questore ha facoltà di apprezzare, con ampia discrezionalità, i vari elementi fattuali nella loro esistenza storica.

Ritenuto che, nel caso di specie, la valutazione effettuata dal Questore della Provincia di Udine risulta, peraltro, esente da vizi estrinsecamente rilevabili, fondandosi su di un episodio di indubbia gravità, cioè da un’incauta condotta venatoria posta in essere dal ricorrente, dalla quale non è illogico far discendere la sua scarsa affidabilità e giustificare, conseguentemente, la revoca del porto di fucile decretato nei suoi confronti.

Il provvedimento gravato appare sorretto da elementi fattuali idonei a farlo ritenere sufficientemente e ragionevolmente motivato e soprattutto adottato nei limiti dei poteri attribuiti all’Autorità dagli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. (“la licenza può essere ricusata … a chi… non dà affidamento di non abusare delle armi”), senza che alcuno dei vizi denunciati con il gravame possa, dunque, ravvisarsi nell’operato dell’Amministrazione.

Per le considerazioni innanzi esposte il ricorso è destituito di fondamento e va, quindi, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come indicato nella parte dispositiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione le spese di giudizio, che vengono liquidate nell’importo di Euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ritenuto che a tutela dei diritti e della dignità del soggetto nominato nel presente provvedimento giurisdizionale, occorre, infine, ordinare, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che, in caso di sua riproduzione in qualsiasi forma, per finalità d’informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, vadano omesse le generalità del medesimo e gli altri dati identificativi che lo riguardano.

Ordina, inoltre, che a cura della segreteria di questa Sezione sia apposta sull’originale del presente provvedimento l’annotazione contenente l’ordine di omettere le generalità e gli altri dati identificativi del soggetto nominato nello stesso, in caso di sua riproduzione in qualsiasi forma, per finalità d’informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente, Estensore

Enzo Di Sciascio, Consigliere

Manuela Sinigoi, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)