Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 59, del 9 gennaio 2013
Beni culturali. Vincolo archeologico del suolo tratturale

La legislazione regionale di settore, risalente alla legge n. 9 del 1997 (ed il relativo regolamento attuativo che prescrive una fascia di rispetto non inferiore a 15 metri), e gli orientamenti della giurisprudenza in materia (che ha stabilito che l’area vincolata di interesse archeologico è solo quella dove insiste il tratturo e che l’assenso della Soprintendenza, necessario per l’attraversamento dello stesso, non riguarda la localizzazione dell’opera bensì la fase esecutiva, sicché tale profilo non è condizionante per il rilascio dell’autorizzazione unica) hanno limitato l’area d’interesse archeologico relativamente ai tratturi esclusivamente al suolo tratturale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00059/2013REG.PROV.COLL.

N. 02002/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2002 del 2012, proposto dalla società Fv Portocannone s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, 7;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise, in persona del Direttore Regionale pro tempore, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise, in persona del Soprintendente pro tempore, Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 804/2011, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise e della Regione Molise;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Claudio Boccia e uditi per le parti l’avvocato Balducci per delega dell’avvocato Colalillo e l’avvocato dello Stato, Dettori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso n. 376 del 2010, proposto al Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, la società FV Portocannone s.r.l. impugnava il provvedimento del 24 giugno 2010 (nonché gli atti preordinati, consequenziali e comunque connessi) con il quale il Direttore Regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Molise aveva espresso parere non favorevole al progetto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico nel Comune di Portocannone, contrada “Ingrotte”, con la motivazione che l’estensione dell’impianto per complessivi nove ettari di territorio era tale da snaturare il paesaggio circostante e che, a causa di tale estensione e della vicinanza al tratturo L’Aquila-Foggia, l’impianto avrebbe potuto intercettare presenze archeologiche e ricadere nella fascia di rispetto di detto tratturo.

2. Con sentenza n. 804 del 2011, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise respingeva il ricorso presentato dalla PV Portocannone s.r.l. rilevando che:

- l’impianto sarebbe andato ad incidere su aree vincolate sia dal punto di vista paesaggistico (il territorio di Portocannone) sia dal punto di vista archeologico (il tratturo L’Aquila – Foggia);

- da ciò derivava, ai sensi dell’art. 17, comma 3 del D.P.R. n. 233 del 2007, la competenza del Direttore Regionale ad emettere l’impugnato provvedimento del 26 giugno 2010;

- l’impatto degli impianti fotovoltaici, sotto il profilo ambientale, aumenta con l’aumentare della loro dimensione, sino al punto di stravolgere il paesaggio e le sue peculiari caratteristiche;

- il parere della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, secondo cui sarebbe stato opportuno un ulteriore controllo preliminare, per escludere con certezza l’interferenza con probabili presenze archeologiche e per scongiurare l’alterazione definitiva del tracciato del tratturo, appariva adeguato e proporzionale, sotto il profilo archeologico, venendo l’impianto a trovarsi, per alcuni tratti nelle vicinanze del tratturo stesso.

3. Avverso la citata sentenza, la società FV di Portocannone s.r.l. ha presentato appello (ricorso n. 2002 del 2012) deducendo i seguenti motivi:

- Incompetenza della Direzione Generale per i Beni Archeologici e Paesaggistici. Violazione e falsa applicazione dell’art. 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, Codice dei Beni culturali. Violazione e falsa applicazione degli articoli 17 e 18 del D.P.R. n. 233 del 2007. Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, travisamento ed erronea presupposizione dei fatti. Difetto di motivazione, carenza istruttoria.

- Violazione degli artt. 9 della Costituzione sulla tutela dell’ambiente e 41 sull’iniziativa economica. Violazione e falsa applicazione art. 12 del d. Lgs. n. 387 del 2003. Violazione in materia di adeguato ed equo contemperamento degli interessi sottesi alla fattispecie de qua. Eccesso di potere per carenza istruttoria e difetto di motivazione. Contraddittorietà ed illogicità manifesta.

- Violazione dell’art. 146 del d. Lgs. n. 42 del 2004. Violazione art. 17 del D.P.R. n. 233 del 2007. Violazione della Legge Regionale Molise n. 24 del 1989 e n. 22 del 2009. Violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 14-quater della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza istruttoria, contraddittorietà ed illogicità manifesta.

4.La società PV Portocannone s.r.l. ha, altresì, depositato, in data 9 novembre 2012, una memoria integrativa nella quale ha ulteriormente precisato e specificato le censure contenute nell’atto di appello.

5. All’udienza dell’11 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Con il primo motivo l’appellante ha lamentato l’illegittimità della sentenza del giudice di prime cure in merito allo sviamento di potere compiuto dalla direzione regionale che non aveva la competenza di adottare il provvedimento impugnato. Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. n), l’esercizio di tale potere è consentito a tale organo solo nell’ipotesi di interventi in ambito regionale che riguardano più soprintendenze di settore. Nella fattispecie in esame, invece, si è in presenza di una competenza esclusiva della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, non insistendo nell’area de qua altro vincolo se non quello paesaggistico. Ne consegue che ai sensi degli artt. 146 del d. Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei Beni Culturali) e dell’art. 17 del D.P.R. n. 233 del 2007 la competenza ad emanare il provvedimento doveva spettare al solo Soprintendente per i Beni architettonici e Paesaggistici del Molise.

A conferma di quanto dedotto l’appellante ha rilevato che anche nella perizia giurata del CTU di parte veniva data contezza di questa circostanza e che analogamente nella relazione tecnica dell’ARPA, ente incaricato della procedura di “screening” ambientale, era stata evidenziata nell’area d’interesse la sussistenza del solo vincolo paesaggistico.

D’altronde sia la legislazione regionale di settore, risalente alla legge n. 9 del 1997 (ed il relativo regolamento attuativo che prescrive una fascia di rispetto non inferiore a 15 metri), sia gli orientamenti della giurisprudenza in materia (che ha stabilito che l’area vincolata di interesse archeologico è solo quella dove insiste il tratturo e che l’assenso della Soprintendenza, necessario per l’attraversamento dello stesso, non riguarda la localizzazione dell’opera bensì la fase esecutiva, sicché tale profilo non è condizionante per il rilascio dell’autorizzazione unica) (Cons. Stato, sez. VI, 22 febbraio 2010, n. 1020) hanno limitato l’area d’interesse archeologico relativamente ai tratturi esclusivamente al suolo tratturale.

Quanto precede, peraltro, risulta provato anche dal fatto che in passato la stessa Soprintendenza per i beni Archeologici del Molise aveva consentito l’abbattimento di un tratturo e la sua successiva ricostruzione al termine dei lavori realizzati.

A giudizio dell’appellante, dunque, l’impianto, non incidendo direttamente sul bene tutelato né attraversandolo ma essendo collocato nelle sue vicinanze (peraltro a distanza maggiore di quella prescritta dalla vigente normativa), non poteva essere assoggettato al vincolo archeologico.

La società appellante ha inoltre rilevato che il provvedimento impugnato è viziato oltre che per sviamento di potere anche per carenza istruttoria e travisamento dei fatti, non essendo stata compiuta dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici un’adeguata e completa analisi dello stato dei luoghi.

In una circostanza come quella in esame, viceversa, l’Amministrazione avrebbe dovuto, in base a quanto stabilito dall’art. 146 del Codice dei Beni Culturali, porre in essere le previste azioni per rendere assentibile l’intervento, richiedendo le necessarie integrazioni documentali.

Al contrario, la suddetta Direzione Regionale ha statuito a priori l’illegittimità dell’intervento e conseguentemente ha omesso di compiere quanto di sua competenza in base alla legislazione vigente.

Ciò rende il provvedimento viziato anche per difetto di motivazione, poiché in relazione alla natura discrezionale della decisione da adottare avrebbe costituito un preciso dovere dell’Amministrazione prima di pervenire ad una soluzione negativa valutare, dandone puntuale riscontro agli interessati, se l’intervento proposto poteva cagionare un sacrificio ambientale maggiore rispetto a quello che poteva derivare dal soddisfacimento dell’obiettivo prefissato.

6.1.Osserva il Collegio che da quanto emerge in atti nella Relazione dell’ARPA Molise del 12 maggio 2010, ente di diritto pubblico con compiti di supporto nelle valutazioni di impatto ambientale di piani e progetti presentati alla Regione, nella determina del 17 maggio 2010, n. 74 del Direttore del Servizio Conservazione della Natura e V.I.A della Regione Molise e nel parere espresso dal Sovrintendente per i Beni Archeologici del Molise non risulta presente, sull’area oggetto del contestato impianto, un vincolo di carattere archeologico.

Da quanto precede deriva che nella fattispecie de qua il parere espresso dal Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise - emesso ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. n) - che prevede che il Direttore Regionale esprima il parere di competenza del ministero, anche in ambito di conferenza di servizi, per gli interventi in ambito regionale che riguardano le competenze di più soprintendenze di settore - non può ritenersi correttamente rilasciato in quanto nella fattispecie de qua non sussiste la competenza di più Soprintendenze ma solo di quella per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise, rientrando il comune di Portocannone nel P.T.P.A.A.V. n. 1 della Regione Molise il cui contenuto, ai sensi dell’art. 8 della legge regionale n. 24 del 1989, equivale a dichiarazione di notevole interesse pubblico sotto il profilo paesaggistico.

Il provvedimento impugnato, pertanto, risulta viziato per incompetenza, essendo stato adottato dal Direttore Regionale per i beni Culturali e Paesaggistici del Molise e non dal Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici che, ai sensi dell’art. 146 del d. Lgs. del 2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), aveva, per quanto precedentemente detto, la competenza ad emanare detto provvedimento.

Per quanto sin qui esposto il motivo è da ritenersi fondato e va, pertanto, accolto.

Conseguentemente va accolto l’appello, previo assorbimento di tutti i restanti motivi proposti dalla società FV Portocannone s.r.l..

7. In relazione ai particolari profili della causa le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui alla parte motiva e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso in primo grado.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Claudio Boccia, Consigliere, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)