Il rapporto tra la valutazione d’incidenza e il nulla-osta del parco.

di Fulvio Albanese

 

 

Premessa: Natura 2000 rete europea della biodiversità. – 1. Le aree di Natura 2000 sono aree protette. - 2. La valutazione d’incidenza strumento attuativo del principio di precauzione. 3. Il nulla-osta dell’ente parco. – 4. Il rapporto tra la valutazione d’incidenza e il nulla-osta del parco.


Premessa: Natura 2000 rete europea della biodiversità.

La lotta al degrado e alle minacce che incombono sugli habitat naturali e su talune specie faunistiche e floristiche ed in generale sulla biodiversità del continente europeo, figurano fra i principali impegni della politica ambientale dell’Unione europea. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo è stata emanata la direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 concernente: “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche”[1], conosciuta come direttiva Habitat, la quale contiene precise disposizioni per gli stati membri, finalizzate appunto alla tutela e alla salvaguardia della biodiversità presente sul continente europeo. Uno dei punti più qualificanti contenuti nella direttiva consiste nell’obbligo per i paesi dell’Unione della creazione di una rete ecologica europea denominata “Natura 2000” costituita da “Zone Speciali di Conservazione” designate dagli Stati membri in conformità delle disposizioni della direttiva stessa e da “Zone di Protezione Speciale”[2] istituite ai sensi della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici[3].

La conservazione e la tutela di Natura 2000 affidata agli Stati membri, ciascuno per le aree da essi individuate come parte costitutiva della rete, si fonda principalmente nella individuazione di opportune misure di conservazione, mediante l’adozione di specifici piani di gestione integrati da misure regolamentari, conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali, degli habitat di specie e per evitare la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate. In Italia il D.P.R. 357/1997 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche[4], modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n.120[5], disciplina la formazione della rete Natura 2000 e detta regole per la sua conservazione e tutela.

 

1. La valutazione d’incidenza strumento attuativo del principio di precauzione.

La direttiva 92/43/CEE allo scopo di preservare gli habitat, la fauna e la flora dei siti d’interesse comunitario e garantire la conservazione della rete Natura 2000 prevede uno specifico strumento di azione preventiva: la valutazione d’incidenza. La disposizione in parola inserita all’articolo 5 del D.P.R. 357/1997 e succ. modifiche e integrazioni che ha recepito la direttiva habitat dispone:

<<1. Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione.

2. I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, secondo i contenuti di cui all'allegato G, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competenti.

3. I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi.

4. Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza e' ricompressa nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all'allegato G.

5. Ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi di cui ai commi da 1 a 4, le regioni e le province autonome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità competenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui all'allegato G, i tempi per l'effettuazione della medesima verifica, nonchè le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali.

6. Fino alla individuazione dei tempi per l'effettuazione della verifica di cui al comma 5, le autorità di cui ai commi 2 e 5 effettuano la verifica stessa entro sessanta giorni dal ricevimento dello studio di cui ai commi 2, 3 e 4 e possono chiedere una sola volta integrazioni dello stesso ovvero possono indicare prescrizioni alle quali il proponente deve attenersi. Nel caso in cui le predette autorità chiedano integrazioni dello studio, il termine per la valutazione di incidenza decorre nuovamente dalla data in cui le integrazioni pervengono alle autorità medesime.

7. La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e' effettuata sentito l'ente di gestione dell'area stessa.

8. L'autorità competente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano o dell'intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi.

9. Qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l'intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete "Natura 2000" e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui all'articolo 13.

10. Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il piano o l'intervento di cui sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l'ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico>>.

 

La valutazione d’incidenza nel nostro paese è disciplinata dall’art. 5 Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.357 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” (G.U. n. 284 del 23/10/1997, S.O. n. 219/L), come modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120, (G.U. n. 124 del 30/5/2003).

 

Sulla necessità inderogabile di acquisire la valutazione d’incidenza preventivamente alla realizzazione di piani o progetti in aree Natura 2000, la Corte di Giustizia[6], e la magistratura amministrativa[7], si sono più volte espresse ribadendone costantemente l’assoluta obbligatorietà.

La Corte ha inoltre statuito che tale valutazione deve essere concepita in modo che le autorità competenti al rilascio del provvedimento possano acquisire la certezza che un piano o un progetto non pregiudicherà l’integrità dell’area Natura 2000. Nel caso in cui non ci sia certezza assoluta dell’assenza di effetti negativi sul sito, le autorità sono tenute a negare l’autorizzazione richiesta. Quanto agli elementi in base ai quali le autorità possono acquisire dati per la valutazione, la Corte ha precisato che per escludere qualsiasi ragionevole dubbio sulla pericolosità dell’intervento, si devono utilizzare le migliori conoscenze scientifiche disponibili in materia.[8]

La Suprema Corte ha inoltre chiarito che devono essere sottoposti a valutazione d’incidenza i piani e i progetti da realizzare all’esterno delle aree Natura 2000 per i quali non sia possibile escludere a priori e senza margini di incertezza l’effetto negativo sul sito d’interesse comunitario[9], e che la mancata presa in considerazione dell’effetto cumulativo comporta in pratica che taluni singoli progetti possano essere sottratti all’obbligo di valutazione mentre, presi insieme, possano avere un notevole impatto ambientale e pregiudicare l’integrità del sito d’interesse comunitario[10].

Detto questo è opportuno sottolineare che la procedura prevista dall’articolo 6 comma 3, della direttiva habitat come statuito dalla Corte di Giustizia[11], è una diretta applicazione del principio di precauzione e consente di prevenire efficacemente possibili danni ai siti protetti; è ovvio che una tale procedura se non attuata in modo rigoroso non può garantire efficacemente la realizzazione dell’obiettivo di elevata protezione dei siti cui tende la direttiva stessa [12].

Il principio di precauzione è sicuramente uno dei principi cardine del diritto ambientale europeo. Inserito all’articolo 130-R del Trattato di Maastricht del 1992 (successivamente articolo 174 Trattato CEE, oggi articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), è giustamente considerato uno degli strumenti fondamentali per raggiungere un elevato livello di protezione dell’ambiente come prescrive l’ordinamento comunitario[13]. Il principio in parola assolutamente vincolante per le istituzioni comunitarie e nazionali in sede di attuazione del diritto[14], risulta determinante affinchè le politiche e le azioni dell'Unione siano integrate con le esigenze di tutela ambientale nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile [15].

Anche la Corte Costituzionale ha definito il principio di precauzione: “(...) un criterio direttivo che deve ispirare l’elaborazione, la definizione e l’attuazione delle politiche ambientali della Comunità, sulla base di dati scientifici sufficienti e attendibili valutazioni scientifiche circa gli effetti che possono essere prodotti da una determinata attività.[16], ed è proprio in base a tale principio che la Consulta, nella sentenza del 17 marzo 2006 n. 116, ha giudicato legittima la possibilità di limitazione alla libera iniziativa economica, per evitare danni sproporzionati all’ambiente e alla salute[17]. Il principio di precauzione pertanto, si può ritenere uno strumento essenziale dell’acquis communitaire[18] inteso come insieme dei diritti e degli obblighi giuridici che accomunano e vincolano gli stati membri dell'Unione Europea in materia di tutela della salute, dell’ambiente e nello specifico della biodiversità[19].

Ricordo che la Corte costituzionale ha da tempo statuito[20] che le sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee devono essere immediatamente applicate al pari delle norme di diritto e valutate come jus superveniens[21].

 

2.            Le aree della rete Natura 2000 sono Aree Protette.

Le Zone di Protezione Speciale e le Zone Speciali di Conservazione cioè le aree di Natura 2000 sono Aree Protette in funzione della Delibera 2 dicembre 1996[22] del Comitato per le aree naturali protette (art. 2 comma 5 e art. 3 comma 4 lettera a, della Legge 6 dicembre 1991 n. 394, Legge quadro sulle aree protette[23]) con la quale sono state inserite nell’elenco delle aree classificate appunto come Aree Protette. Tale delibera è stata modificata dalla Delibera 26 marzo 2008[24] della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (che ha sostituito nelle funzioni il Comitato per le aree naturali protette) che ha introdotto per le ZPS e le ZSC le misure di tutela e conservazione contenute nel D.P.R. n. 357 del 1997[25], nel decreto del Ministero dell'Ambiente 17 marzo 2007[26] e nei relativi provvedimenti regionali di recepimento ed attuazione, nelle linee guida del 3 dicembre 2002 per la gestione dei siti Natura 2000 del Ministero dell’Ambiente. In sostanza le aree di Natura 2000 sono Aree Protette ai sensi della legge n. 394 del 1991, tuttavia godono di un regime di tutela specifico, diverso dal sistema di salvaguardia dei parchi e delle riserve nazionali e regionali[27].

 

3. Il nulla-osta dell’ente parco.

L’Ente parco in sede di rilascio del nulla osta ex art. 13 della L. 394/1991 “Legge quadro sulle aree protette”[28], verifica la compatibilità di un intervento o di una attività al piano e al regolamento se approvati, ovvero alle misure di salvaguardia stabilite nella legge d’istituzione del parco o della riserva naturale. Dunque, il nulla osta deve garantire che l’intervento da realizzare o l’attività da svolgere nell’area protetta, non pregiudichi quei valori culturali, paesaggistici ed ambientali, meritevoli di salvaguardia e di protezione per il quale il parco o la riserva naturale sono stati istituiti, come prescrive l’articolo 1 della L. 394/1991: “La presente legge in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese”. Sul punto la Corte Costituzionale ha recentemente ribadito la rilevanza della legge 394/191 in quanto l’istituzione delle aree protette è finalizzata alla conservazione per le generazioni presenti e future, di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici, di ecosistemi.[29]

Strumento basilare dell’Ente parco per il raggiungimento degli obiettivi della legge è il nulla osta, giustamente definito da autorevole dottrina: “l’anello fondamentale di congiunzione tra la salvaguardia dell’ambiente delle aree protette e gli interventi sul territorio[30], inoltre: “...possiede caratteristiche di assenso procedimentale necessario (Giannini) obbligatorio e vincolante (Di Plinio, Fonderico)”,[31] e “costituisce il necessario e imprenscindibile antecedente di qualsiasi autorizzazione o concessione di competenza delle diverse Amministrazioni in relazione alle rispettive competenze[32].

Pertanto, possiamo tranquillamente affermare che l’Ente parco rilascia il nulla-osta come provvedimento finale e omnicomprensivo. Il nulla-osta, dunque, deve recepire tutte le prescrizioni, i pareri e le indicazioni fornite da altre amministrazioni che gestiscono altri vincoli di natura ambientale, come ad esempio il paesaggistico, l’idrogeologico, il forestale, caratterizzati da netta specificità ed espressione di norme settoriali. Sarà cura dei tecnici dell’Ente parco, profondi conoscitori delle specie animali e vegetali, delle comunità biologiche, dei biotopi, degli equilibri ecologici e degli ecosistemi presenti nel parco, metabolizzare tutti i pareri e le prescrizioni ricevute dalle varie amministrazioni, per rilasciare un provvedimento (nulla-osta) che sia in grado di tutelare l’area protetta come bene comune. Sul punto la Corte costituzionale ha recentemente ribadito che l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette in funzione della disciplina dettata dalla legge n. 394 del 1991, è ricompresa nella tutela e conservazione dell’ambiente e degli ecosistemi, di cui agli articoli 9 e 117 della Costituzione[33], per cui assurge a valore primario ed assoluto, inderogabile da altre discipline di settore[34].

 

4.            Il rapporto tra la valutazione d’incidenza e il nulla-osta del parco.

Detto ciò, se i confini delle aree di Natura 2000 si sovrappongono in tutto o in parte con i confini di parchi o di riserve nazionali e regionali, qualsiasi opera o attività da realizzare o svolgere all’interno  dell’area su cui grava il doppio vincolo (salvo eccezioni stabilite nei provvedimenti istitutivi, o nelle misure di conservazione), dovrà essere sottoposta rispettivamente a preventiva valutazione d’incidenza ex d.p.r. 357/1997, nonchè a nulla-osta ex legge 394/1991.

E’ auspicabile che l’istruttoria e il rilascio dei due provvedimenti, siano in capo a due amministrazioni diverse: per il nulla-osta naturalmente sarà competente l’Ente parco e per la valutazione d’incidenza l’amministrazione regionale o provinciale, questo per garantire che la procedura sia eseguita da più professionalità (presenti in amministrazioni diverse) ed ottenere un’analisi completa e differenziata dei potenziali pericoli legati alla realizzazione dell’opera nell’area protetta.

Dobbiamo anche tenere ben presente che siamo davanti a due diverse tipologie di Aree protette con misure di conservazione e strumenti di salvaguardia differenti ma pensati per salvaguardare entrambe le specie animali o vegetali, habitat ed ecosistemi, ovvero in generale tutelare la biodiversità, dunque sarà fondamentale coordinare ed integrare i due provvedimenti in parola.

Quindi, è necessario stabilire qual’è il rapporto tra questi due istituti dalle caratteristiche e dalle funzioni molto simili, infatti ambedue sono preventivi obbligatori e vincolanti.

Tuttavia non può sfuggire che la valutazione d’incidenza, rispetto al nulla-osta del parco, gode di una posizione di forza in virtù della primauté [35] del diritto comunitario sugli Ordinamenti nazionali.

Infatti, la Corte di Giustizia, fin dalla sentenza C-6/64 del 15 luglio 1964, (Flaminio Costa – E.N.E.L)[36] ha precisato: “ (...) a differenza dei comuni trattati internazionali, il Trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri all'atto dell'entrata in vigore del Trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare. Infatti, istituendo una Comunità senza limiti di durata, dotata di propri organi, di personalità, di capacita giuridica, di capacita di rappresentanza sul piano internazionale, ed in ispecie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli Stati alla Comunità, questi hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi. (...) La preminenza del diritto comunitario trova conferma nell' art. 189, a norma del quale i regolamenti sono obbligatori e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri. Questa disposizione, che non è accompagnata da alcuna riserva, sarebbe priva di significato se uno Stato potesse unilateralmente annullarne gli effetti con un provvedimento legislativo che prevalesse sui testi comunitari.

Dal complesso dei menzionati elementi discende che, scaturito da una fonte autonoma, il diritto nato dal Trattato non potrebbe, in ragione appunto della sua specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso il fondamento giuridico della stessa Comunità” (...).[37]

Dunque il primato del Diritto comunitario, da tempo riconosciuto anche dalla giurisprudenza amministrativa[38], esige che sia disapplicata qualsiasi disposizione della legislazione nazionale in contrasto con una norma comunitaria, a prescindere dal fatto che sia anteriore o posteriore a quest’ultima. Tale obbligo compete non solo al giudice nazionale, ma anche a tutti gli organi dello Stato, comprese le autorità amministrative e gli enti territoriali.

E’ inevitabile quindi adottare senza indugio ogni provvedimento necessario per assicurare la piena efficacia del diritto comunitario; nel caso specifico, l’esito della valutazione d’incidenza sarà assolutamente vincolante per l’Ente parco, il quale sia per le sue peculiari funzioni illustrate nel paragrafo 3, che per la primauté del diritto comunitario, dovrà recepirne integralmente il contenuto in sede di rilascio del nulla-osta[39]. Naturalmente una valutazione d’incidenza favorevole non potrà mai condizionare il contenuto del nulla-osta, nel senso che l’Ente parco potrà emettere nulla-osta negativo a fronte di una valutazione d’incidenza già rilasciata positivamente[40].

 

In conclusione possiamo ipotizzare i seguenti scenari:

1.      Valutazione d’incidenza favorevole con prescrizioni, in questo caso se l’Ente parco è orientato a rilasciare il nulla-osta positivo deve recepire integralmente nel provvedimento, le prescrizioni della valutazione d’incidenza.

2.      Valutazione d’incidenza non favorevole, in questo caso anche se l’Ente parco è orientato a rilasciare il nulla-osta positivo, dovendo recepire il diniego della valutazione d’incidenza, l’Ente è obbligato a rilasciare nulla-osta negativo.

3.      Valutazione d’incidenza favorevole, ma l’intervento, l’attività o l’opera da realizzare sono incompatibili con le misure di salvaguardia ovvero con il regolamento e il piano dell’area protetta, quindi l’Ente parco dovrà rilasciare nulla-osta negativo.

 

 

 

 


[1] G.U.C.E. 22 luglio 1992, n. L 206.

[2] V. Europa, Sintesi della legislazione dell’UE, in www.europa.eu/legislation

[3] Ora Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione consolidata) in G.U.U.E. L 20 del 26.1.2010.

[4] G.U. n. 284 del 23 ottobre 1997, S.O. n. 219/L.

[5] G.U. n. 124 del 30 maggio 2003.

[6] Cfr. ex multis Corte di Giustizia sentenze cause: C-226/08 del 14 gennaio 2010; - C-127/02 del 7 settembre 2004; - C‑6/04, del 20 ottobre 2005; - C‑98/03 del 10 gennaio 2006: - C-209/04 del 26 marzo 2006; - C-239/04 del 26 settembre 2006; - C-179/06 del 4 settembre 2007; - C-304/05 del 20 settembre 2007; - C‑418/04 del 13 dicembre 2007; in EUR-Lex, L’accesso al diritto dell’Unione europea, eur-lex.europa.eu/it/.

[7] Cfr. ex multis: Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 luglio 2005 n. 3917;- Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 maggio 2006 n. 5328; - T.A.R. Calabria sez. I, 1 ottobre 2007 n. 1420,; - T.A.R. Sardegna, sez . II, 9 giugno 2009, n. 921; - T.A.R. Toscana sez. II, 25 maggio 2009 n. 888; - T.A.R. Veneto sez. III, 18 dicembre 2007 n. 4027, - T.A.R. Umbria, Sez. I, del 24 agosto 2010, n. 429; reperibili in www.giustizia-amministrativa.it

[8] Cfr. ex multis: Corte di Giustizia cause: C-304/05, del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, punti 58 e 59; - C-127/02 del 7 settembre 2004, domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Paesi Bassi), punti: 52, 53 e 54, - C-127/02 del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, Racc. pag. I-7405, punto 34, - C-239/04 del 26 ottobre 2006, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑10183, punto 19; in EUR-Lex, L’accesso al diritto dell’Unione europea, eur-lex.europa.eu/it/.

[9] Cfr. Corte di Giustizia, causa C-98/03 del 10 gennaio 2006, Commissione/Germania, punto 51; in EUR-Lex, L’accesso al diritto dell’Unione europea, eur-lex.europa.eu/it/.

[10] Cfr. ex multis: Corte di Giustizia, cause: C-392/96, del 21 settembre 1999, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑5901, punto 76; - C-418/04 del 13 dicembre 2007, Commissione /Irlanda, punto 245; in EUR-Lex, L’accesso al diritto dell’Unione europea, eur-lex.europa.eu/it/.

[11] Cfr. ex multis: Corte di Giustizia, causa C-157/96, del 5 maggio 1998, National Farmers’ Union e a., Racc. pag. I‑2211, punto 63; - C-418/04 del 13 dicembre 2007, Commissione /Irlanda, punto 226; - C-6/04 del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, punto 54; - Causa C-127/02 del 7 settembre 2004, domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Paesi Bassi), punto 44; in EUR-Lex, L’accesso al diritto dell’Unione europea, eur-lex.europa.eu/it/

[12] Corte di Giustizia, Causa C-127/02 del 7 settembre 2004, domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Paesi Bassi), punto 58; in EUR-Lex, L’accesso al diritto dell’Unione europea, eur-lex.europa.eu/it/

[13] In tal senso: E. Sessa, Profili evolutivi del principio di precauzione alla luce della prassi giudiziaria della Corte di Giustizia  delle Comunità Europee, in Riv. giur. Ambiente, 2005.

[14] V. E. Sessa, op. cit.

[15] Cfr. Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, articolo 11 (ex articolo 6 del TCE), in www.europa.eu.

[16] Cfr. Corte Costituzionale, n. 406, del 3 novembre 2005,  reperibile in www.cortecostituzionale.it.

[17] Così: G. Di Cosimo, Il principio di precauzione nella recente giurisprudenza costituzionale, in www.federalismi.it, n. 25/2006; Corte Costituzionale, sentenza del 19 giugno 2002, n. 282, reperibile in www.cortecostituzionale.it.

[18] V. E. Sessa, op. cit.

[19] Cfr. ex multis Corte di Giustizia sentenze: 20 settembre 1988, Causa 302/86, Commissione/Danimarca, punti 6 e 9; - 5 maggio 1998, Causa C‑157/96, National Farmers’ Union e a., Racc. pag. I-2211, punti 63 e 64; - 14 luglio 1998 Causa C-389/96, Aher-Waggon, Racc. pag. I 4473, punto 20; - 9 settembre 2003, Causa C-236/01, C/Monsanto Agricoltura Italia e a., Racc. pag. I-8105, punti 128 e 133; - 14 dicembre 2004 Causa C-463/01 Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania, punti 74 e 75; - 2 dicembre 2004 Causa C-41/02 Commissione delle Comunità europee contro Regno dei Paesi Bassi, punti 52 e 54; in EUR-Lex, L’accesso al diritto dell’Unione europea, eur-lex.europa.eu/it/.

[20] Cfr. ex multis: Corte Costituzionale sentenza del 23 aprile 1985, n. 113; sentenza del 11 luglio 1989, n. 389; sentenza 8 aprile 1991, n. 168; sentenza 13 luglio 2007, n. 284, reperibili in www.cortecostituzionale.it.

[21] V. A. Barbera, Corte Costituzionale e giudici di fronte ai vincoli comunitari: una ridefinizione dei controlli?, in www.forumcostituzionale.it, 2007; A. Arlotta, Ius superveniens di fonte comunitaria e patologia del provvedimento amministrativo, in www.altalex.it, 2007.

[22] Gazzetta Ufficiale, n. 139 del 17 giugno 1997.

[23] Gazzetta Ufficiale n. 292 S.O. del 13 dicembre 1991, testo aggiornato dalla legge 9 dicembre 1998, n. 426 G.U. n. 291 del 14 dicembre 1998, e dalla legge 23 marzo 2001, n. 93 G. U. n. 79 del 4 aprile 2001.

[24] Gazzetta Ufficiale, n. 137 del 13 giugno 2008.

[25] Gazzetta Ufficiale n. 284 del 23 ottobre 1997, S.O. n.219/L, testo aggiornato al D.P.R. n. 120 del 2003 G.U. n. 124 del 30 maggio 2003.

[26] Cfr. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS). Gazzetta Ufficiale n. 258 del 6 novembre 2007.

[27] In proposito mi sia consentito il rinvio a F. Albanese, Nulla-osta nelle aree protette e formazione del silenzio assenso, in www.ambientediritto.it, 2010.

[28] Legge 394/1991, Art. 13 (Nulla osta):

1. Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato. Il diniego, che è immediatamente impugnabile, è affisso contemporaneamente all'albo del comune interessato e all'albo dell'Ente parco e l'affissione ha la durata di sette giorni. L'Ente parco dà notizia per estratto, con le medesime modalità, dei nulla osta rilasciati e di quelli determinatisi per decorrenza del termine.

2. Avverso il rilascio del nulla osta è ammesso ricorso giurisdizionale anche da parte delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349.

3. L'esame delle richieste di nulla osta può essere affidato con deliberazione del Consiglio direttivo ad un apposito comitato la cui composizione e la cui attività sono disciplinate dal regolamento del parco.

4. Il Presidente del parco, entro sessanta giorni dalla richiesta, con comunicazione scritta al richiedente, può rinviare, per una sola volta, di ulteriori trenta giorni i termini di espressione del nulla osta.

[29] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza del 23 gennaio 2009, n. 12, reperibile in www.cortecostituzionale.it

[30] In tal senso: V. Parisio, 1992, 61, in G. Schiesaro, Aree naturali protette, Commento alla legge 349/1991, a cura di G. Ceruti, Milano, 1993, p. 113.

[31] Così: Di Plinio, Il nulla-osta dell’Ente parco, in Rivistambiente, 2002, n. 1.

[32] In tal senso: A. Abrami, Il regime giuridico delle Aree Protette, Torino, 2000, p. 137 e s.

[33] Cfr. ex multis, Corte Costituzionale, sentenze: n. 422 del 2002, n. 378 del 2007, n. 387 del 2008, n. 12 del 2009, 272 del 2009, reperibili in www.cortecostituzionale.it.

[34] Cfr. ex multis: Corte costituzionale sentenze: n. 218 del 1994; n. 202 del 1991; nn. 307 e 455 del 1990: n. 559 del 1987; n. 184 del 1986; e n. 399 del 1996; n. 182 del 2006; nn. 367, 378 e n. 387 del 2007; nn. 104, 105, 232 e 437 del 2008; nn. 12, 226 e 272 del 2009; reperibili in www.cortecostituzionale.it; - Consiglio Stato, Sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5552; Consiglio Stato, Sez. VI, 12 febbraio 2008, n. 1109; reperibili in www.giustizia-amministrativa.it

[35] In tal senso Corte di Giustizia sentenze: 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24; 4 giugno 1992, cause riunite C‑13/91 e C‑113/91, Debus, Racc. pag. I‑3617, punto 32; 18 luglio 2007, causa C‑119/05, Lucchini, Racc. pag. I‑6199, punto 61, nonché 27 ottobre 2009, causa C‑115/08, ČEZ, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 138); sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite da C‑10/97 a C‑22/97, IN.CO.GE.’90 e a., Racc. pag. I‑6307, punto 21); sentenza del 19 novembre 2009, Causa C-314/08, domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Wojewódzki Sąd Administracyjny w Poznaniu (Polonia).  Reperibile su http://curia.europa.eu/jurisp

[36] Reperibile su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ.

[37] In tal senso A. Celottto, La prevalenza del Diritto comunitario sul Diritto degli Stati: ambito e portata della disapplicazione, in Istituto Iberoamericano de Derocho Procesal Constitucional, www.iidpc.org

[38] Cfr. ex multis: Consiglio di Stato, 28 settembre 2001, n. 5169; Consiglio di Stato, n. 5271 del 31 ottobre 2005; Consiglio di Stato, n. 7884 del 27 dicembre 2006; Consiglio di Stato, sez. VI, del 20 gennaio 2009, n. 249; Consiglio di Stato, n. 1054 del 23 febbraio 2009; Consiglio di Stato, n. 1125 del 25 febbraio 2009; Consiglio di Stato, sez. VI del 3 settembre 2009, n. 1563; Consiglio di Stato, sez. IV, del 5 luglio 2010, n. 4246, reperibili in www.giustizia-amministrativa.it

[39] In tal senso Cfr. T.A.R. Lazio, Roma sez. II del 10 maggio 2006, n. 9192 che censura un nulla-osta dell’Ente parco rilasciato favorevolmente senza aver prima effettuato una istruttoria comprensiva della valutazione d’incidenza. Reperibile in www.giustizia-amministrativa.it

[40] Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I del 24 settembre 2010, n. 3493, in www.giustizia-amministrativa.it