Cass. Sez. III n. 20243 del 14 maggio 2009 (Ud.. 25 mar. 2009)
Pres. Onorato Est. Marmo Ric. Ramacca ed altri
Urbanistica. Lottizzazione abusiva (prescrizione e confisca)

Alla luce della giurisprudenza di legittimità in ordine all’applicazione dell’art. 19 della legge n. 47 del 1985, come riprodotto nell’art. 44 comma 2 del DPR n. 380 del 2001, non si ravvisa alcun contrasto tra tale disposizione e il principio generale formulato nell’art. 7 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo. Per conseguenza non sussiste alcuna violazione dell’art. 117 della Costituzione con riferimento all’obbligo dello Stato italiano di esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. La confisca conserva la sua natura sanzionatoria, anche se ordinata dopo l’estinzione del reato, in quanto sempre legata al presupposto di un reato estinto ma storicamente esistente ed in quanto è applicata da un organo giurisdizionale penale.

UDIENZA 25.03.2009

SENTENZA N. 00724/09

REG. GENERALE n.37257/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dott. Margherita MARMO Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


1) RAMMACCA SALA GIACOMO N. il 12/12/1937
2) RAMMACCA SALA MARIA ASSUNTA N. IL 07/02/1940
3) RAMMACCA SALA MYRIAM N. IL 10/12/1947
4) FERRAZZI GIULIANA N. IL 23/04/1958
5) DI LIETO LAURA N. IL 26/01/1952
6) DE FILIPPIS BERNARDO N. IL 06/01/1946
7) DE FILIPPIS LUCA N. IL 18/01/1978
8) DE FILIPPIS EMANUELE N. IL 07/09/1976
9) AGOSTINELLI ANDREA N. IL 01/09/1973
10)LIGATO ANNAMARIA N. IL 22/06/1940
11)D\'AMICO UMBERTO N. IL 06/10/1937
12)STAGNI MARIA GIUSTINA N. IL 06/11/1945
13)LONGHI LUCIANO N. IL 07/02/1963
14)PEDONE LAURA N. IL 20/07/1967
15)MAIORANA ANTONINO N. IL 19/05/1960
16)CRETARO LEANDRO N. IL 24/03/1951
17)SEGATORI RENZO N. IL 28/09/1968
18)SEGATORI STEFANIA N. IL 23/09/1967
19)MAIORIDNO NICOLA N. IL 06/09/1950
20)GRASSO ROSA ANNA N. IL 27/10/1954
21)MARABITTI PATRIZIA N. IL 08/04/1956
22)DI PIETRO STEFANO N. IL 14/05/1955
23)VANGHETTI GIOIA N. IL 14/01/1960
24)DEL PRETE MICHELE N. IL 12/12/1940
25)MARSECANE PIETRO N. IL 10/05/1969
26)MARSECANE SARA N. IL 04/05/1966
27)BENETTI RITA AURORA N. IL 17/11/1952
28)NATILI DOMENICO N. IL 16/01/1951
29)FAINA SERGIO N. IL 11/10/1941
30)COPPTA ROSANNA N. IL 31/10/1952
31)FAINA ACHILLE N. IL 22/05/1964
32)ZUCCHEROFINO SABRINA N. IL 01/06/1967

avverso la SENTENZA del 18/10/2007

CORTE APPELLO di ROMA

Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso,

Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. MARMO MARGHERITA

Udito il Pubblico Ministero in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE dott. IZZO GIOACCHINO che ha concluso chiedendo di sollevare la questione di legittimità costituzionale della confisca in caso di prescrizione del reato in relazione all\'art. 117 Cost, e in subordine dichiararsi inammissibile il ricorso

Udito il difensore avvocato FERRAZZA CLAUDIO che ha chiesto l\'accoglimento dei motivi


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto del 29 gennaio 2009 (1) Giacomo RAMMACCA SALA, (2) Maria Assunta RAMMACCA SALA e (3) Myriam RAMMACCA SALA hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 6492 del 2007 pronunciata il 17 ottobre 2007 dalla Corte di Appello di Roma.
Con atto del 31 gennaio 2009 (4) Giuliana FERRAZZI, (5) Laura DI LIETO, (6) Bernardo DE FILIPPIS, (7) Luca DE FILIPPIS, (8) Emanuele DE FILIPPIS, (9) Andrea AGOSTINELLI, (10) Anna Maria LIGATO, (11) Umberto D\'AMICO, (12) Maria Giustina STAGNI, (13) Luciano LONGHI, (14) Laura PEDONE, (15)Antonino MAIORANA, (16) Leandro CRETARO, (17) Renzo SEGATORI, (18)Stefania SEGATORI, (19) Nicola MAIORINO, (20) Rosa Anna GRASSO, (21) Patrizia MARABITTI, (22)Stefano DI PIETRO, (23)Gioia VANGHETTI, ( 24)Michele DEL PRETE, (25)Pietro MARSECANE, (26) Sara MARSECANE, (27) Rita Aurora BENETTI, (28) Domenico NATILI, (29)Sergio FAINA, (30) Rosanna COPPIA, (31) Achille FAINA e (32) Sabrina ZUCCHEROFINO, difesi dallo stesso difensore dei primi tre ricorrenti, hanno impugnato la medesima sentenza.

Con tale decisione la Corte di Appello di Roma aveva dichiarato estinti per prescrizione il reato contestato agli imputati, riformando la sentenza n. 121 pronunciata dal Tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia il 27 aprile 2004, che li aveva dichiarati responsabili del reato previsto e punito dall\'art. 110 c.p. e 20 lettera C della legge n. 47 del 1985 con riferimento all\'art. 18 della stessa legge, - perché in concorso tra loro e con altri coimputati, quarantotto quali acquirenti, i Rammacca Sala quali venditori, un coimputato quale notaio rogante, (assolto in prima grado), ed un coimputato quale titolare della ditta esecutrice, in violazione dello strumento urbanistico vigente, nonché comunque in assenza della prescritta autorizzazione comunale, avevano proceduto, dapprima alla vendita ed al contestuale frazionamento di un fondo di mq 50.392 circa, censito al NCEU foglio 1078, particella 2897 e quindi all\'esecuzione di opere, (quali strade, riporti di terreno e recinzioni) sul medesimo, determinandone in tal modo la trasformazione urbanistico - edilizia in considerazione della destinazione dell\'area (agricola, con appezzamento minimo per l\'edificazione di mq 100.000), del numero dei lotti ( 47), della superficie dei medesimi (mq 1000 circa), dell\'ubicazione (un chilometro circa di distanza dall\'insediamento denominato " Nuova Palocco"), dell\'attività svolta dagli acquirenti, (diversa da quella agricola), e dell\'effettuazione delle opere di urbanizzazione (per fatto accertato in Roma-Ostia il 31 maggio 2001).
La Corte di Appello, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato contestato ai ricorrenti, manteneva ferma la confisca disposta dal Tribunale in favore del Comune di Roma del terreno e dei singoli lotti, così come identificati nell\'atto di compravendita notar Pelosi del 1 ottobre 2000, nonché nella scrittura privata obbligatoria in pari data.

I ricorrenti hanno chiesto, per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati, l\'annullamento dell\'impugnata sentenza.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Va preliminarmente esaminata l\' eccezione sollevata in udienza dal Sostituto Procuratore Generale di legittimità costituzionale della confisca in caso di prescrizione del reato in relazione all\'art. 117 della Costituzione.

La questione va dichiarata manifestamente infondata.

La confisca dei terreni abusivamente lottizzati é stata disposta a norma dell\'art. 19 della legge n. 47 del 1985 riprodotto dall\'art. 44, comma 2 del DPR n. 380 del 2001, secondo cui " la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari".

Il profilo di incostituzionalità viene prospettato con riferimento all\' art. 117 della Costituzione e all\'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\'uomo e delle libertà fondamentali, comma 1, secondo cui "nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Non può del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella che era applicabile al momento in cui il reato fu commesso".

Siccome l\'esercizio della potestà legislativa dello Stato a norma dell\'art. 117 è condizionato al rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali rientrano quelli derivanti dalla Convenzione Europea dei diritti dell\'uomo nell\'interpretazione data dalla Corte Europea, la disposizione normativa censurata sarebbe illegittima per violazione della disposizione costituzionale in oggetto.

L\' eccezione è stata prospettata con riferimento alle decisioni del 30 agosto 2007 e del 20 gennaio 2009 nel ricorso Sud Fondi s.r.l. e altri c. Italia n. 75909/01.
Con la prima decisione la Corte Europea dei Diritti dell\'Uomo ha ritenuto l\'ammissibilità del ricorso proposto contro l\'Italia dalla s.r.l. "Sud Fondi" ed altri, rilevando che la confisca già prevista dalla legge n. 47 del 1985 art. 19, classificata tra le " sanzioni penali" dal Testo Unico sull\'edilizia del 2001, non tende alla riparazione pecuniaria di un danno ma mira, nella sua essenza, a punire il responsabile per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge. E\' quindi da ritenersi una pena, sicché la previsione della sua irrogabilità al di fuori di ipotesi di responsabilità penale incorrerebbe nell\'infrazione dell\'art. 7 della CEDU.

Con la seconda decisione la Corte Europea, decidendo definitivamente il ricorso, ha rilevato che l\'art. 7 della Convenzione non menziona espressamente il legame morale esistente tra l\'elemento materiale del reato e la persona che ne viene considerata l\'autore. Tuttavia la logica della pena e della punizione, così come la nozione di "guilty" ( nella versione inglese) e la corrispondente nozione di " personne coupable" (nella versione francese), vanno nel senso di una interpretazione dell\'articolo 7 della Convenzione dei Diritti dell\'Uomo secondo cui "nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale.

Parimenti non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso, (nulla poena sine lege)" e quindi esigono, per punire, un legame di natura intellettuale (coscienza e volontà), che permetta di rilevare un elemento di responsabilità nella condotta dell\'autore materiale del reato.

Rileva in primo luogo il Collegio che le due sentenze della Corte Europea dei Diritti dell\'Uomo non obbligano il giudice nazionale a dare alla confisca prevista dall\'art. 44 comma 2 del TU sull\'edilizia una qualificazione diversa da quella di sanzione amministrativa ad essa finora attribuita dalla giurisprudenza di legittimità, a seguito dell\'ordinanza n. 187 del 1998 con la quale la Corte Costituzionale ha riconosciuto la natura amministrativa della confisca. Infatti la natura di sanzione penale che la confisca ha per la Corte di Strasburgo è essenzialmente collegata alle disposizioni della Convenzione Europea ed è rilevante ai soli fini del rispetto delle relative disposizioni, (tra cui l\'art. 7), ma non esclude che per il diritto interno la qualificazione sia diversa, analogamente alle sanzioni amministrative depenalizzate (ed in generale alle sanzioni amministrative disciplinate dalla legge 24 novembre 1981 n. 689), che la Corte Europea considera aventi natura penale, ai fini del rispetto delle garanzie previste dagli artt.6 e 7 della Convenzione.
Del resto consolidata giurisprudenza di legittimità all\'esito di un travagliato dibattito giurisprudenziale e dottrinale avente ad oggetto la natura giuridica della confisca, ha affermato che, a prescindere dalla natura giuridica della confisca, la stessa non può che essere applicata da un giudice penale poiché la competenza in materia appartiene unicamente al giudice penale.

In proposito questa Corte ( v. Cass. Pen. Sez. III sent. 7 luglio 2004, n. 38728) ha affermato il principio che " la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente prevista dall\'art. 44, comma secondo del DPR 6 giugno 2001, n. 380 non ha natura di misura di sicurezza patrimoniale, ma configura una sanzione amministrativa applicata dal giudice penale in via di supplenza rispetto al meccanismo amministrativo di acquisizione dei terreni lottizzati al patrimonio disponibile del comune".

Deve peraltro rilevarsi che, in applicazione dei principi affermati dalla Corte Europea nelle suddette sentenze Fondi Sud c. Italia e che vanno rispettati dal giudice nazionale, qualunque sia la natura della confisca, essa non può essere applicata se non sia stata accertata, nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, l\'esistenza della violazione in ordine al quale essa è disposta. Ne consegue che la confisca non può colpire i terzi in buona fede.
In tal senso si è del resto recentemente pronunciata la più recente giurisprudenza della Cassazione (Cass. pen. sez. III sent. 17 novembre 2008, n. 42741, Silvioli ed altri), secondo cui, "anche con riferimento alle sanzioni amministrative esulano dalla materia criteri di responsabilità oggettiva, essendo richiesta, quale requisito essenziale di legalità per la loro applicazione, l\'esistenza di una condotta che risponda ai necessari requisiti soggettivi della coscienza e volontà dell\'agente e sia caratterizzata, quanto meno, dall \'elemento psicologico della colpa".

Alla luce di tale interpretazione della giurisprudenza di legittimità in ordine all\'applicazione dell\'art. 19 della legge n. 47 del 1985, come riprodotto nell\'art. 44 comma 2 del DPR n. 380 del 2001, non si ravvisa alcun contrasto tra tale disposizione e il principio generale formulato nell\'art. 7 della Convenzione dei Diritti dell\'Uomo. Per conseguenza non sussiste alcuna violazione dell\'art. 117 della Costituzione con riferimento all\'obbligo dello Stato Italiano di esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei vincoli derivanti dall\'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Del resto il legislatore nazionale con legge statale 25 febbraio 2008 n. 34, "Disposizioni per l\'adempimento di obblighi derivanti dall\'appartenenza dell\'Italia alle Comunità Europee", prescrive espressamente che il governo debba, con decreto legislativo, "disciplinare i limiti della confisca nei confronti della persona estranea al reato che ne abbia beneficiato o che abbia ricevuto i beni per diritto successorio" ( art. 31 lettera c) e che tale disciplina debba "prevedere che in ogni caso la confisca non pregiudichi i diritti di terzi in buona fede sulle cose che ne sono oggetto".

Deve peraltro rilevarsi, con specifico riferimento alla fattispecie in esame, che l\'accertamento del reato non implica necessariamente che sia condannato il soggetto nei cui confronti è disposta la confisca. Il reato può essere accertato anche se, per cause diverse, non si pervenga alla condanna del suo autore (ad esempio per prescrizione del reato che sia stato accertato in tutti i suoi elementi, oggettivi e soggettivi, ovvero per l\'applicazione dell\' amnistia).

La confisca conserva infatti la sua natura sanzionatoria, anche se ordinata dopo l\'estinzione del reato, in quanto è sempre legata al presupposto di un reato estinto ma storicamente esistente ed in quanto è applicata da un organo giurisdizionale penale.

Deve in proposito ritenersi che eccezionalmente il legislatore, per motivi di politica criminale relativi alla salvaguardia di valori che ritiene preminenti, quali la tutela della salute pubblica, dell\'ambiente, del territorio, della lotta alla criminalità organizzata, tiene in vita, nonostante l\'estinzione del reato, una delle conseguenze sanzionatorie conseguenti al reato.

Del resto l\'estinzione del reato per prescrizione è un concetto relativo e non assoluto perché esso implica una rinuncia dello Stato al diritto di punire per il solo effetto del decorso del tempo, ma nulla impedisce che tale rinuncia possa essere più o meno limitata in base alla valutazione comparativa dei contrapposti interessi in gioco.
Conformemente a tale principio questa Corte, sez. III, nella sentenza del 26 giugno 2008, n.37472, Belloi ed altri, pur a fronte di reato di lottizzazione abusiva dichiarato prescritto dalla Corte di Appello di Cagliari, ha ritenuto accertati tutti gli elementi del reato, confermando la confisca disposta dai giudici di merito a norma dell\'art. 44 secondo comma del DPR n 380 del 2001.

Deve in proposito rilevarsi che invece nel caso Sud Fondi s.r.l. c Italia affrontato dalla Corte Europea dei Diritti dell\'Uomo, nel quale è stata accertata la violazione dell\'art. 7 della Convenzione, la sentenza nazionale che aveva disposto la confisca aveva ritenuto che non sussisteva l\'elemento soggettivo del reato, sicché la sanzione della confisca risultava illegittima in base ai suindicati principi di diritto.

Va quindi dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Sostituto Procuratore Generale.


Alla luce degli stessi principi di diritto sopra esposti vanno esaminati anche i motivi di ricorso proposti dai ricorrenti.


Prima di esaminare dettagliatamente tali i motivi è peraltro opportuno precisare che l\'art. 18 primo comma della legge n. 47 del 1985, totalmente riprodotto dall\'art. 30, primo comma del TU n. 380 del 2001, ha fornito una duplice definizione della lottizzazione abusiva dei terreni ricollegando la stessa: a) ad un\'attività materiale, "quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione"; b) ad un\'attività giuridica (la cd. lottizzazione giuridica o negoziale) "quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".

Trattasi di attività illecite che possono essere espletate anche congiuntamente, (cd lottizzazione abusiva mista), in un coacervo di atti materiali e giuridici comunque finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica e/o edilizia dei terreni non autorizzata, oppure in violazione di prescrizioni fissate con legge, ovvero imposte dagli strumenti di pianificazione vigenti sul territorio.

Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, (v. per tutte Cass. pen. sez. IV sent. 8 luglio 2008, n. 33150, rv. 240970, Nicoletti) " il reato di lottizzazione abusiva presuppone un\'illegittima trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, da intendersi come trasformazione di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull\'assetto urbanistico della zona, sia nel senso d\'intervento innovativo sul tessuto urbanistico che sotto il profilo della necessità di nuove opere d\'urbanizzazione o di potenziamento di quelle già esistenti".

Nel caso in esame è stato contestato agli imputati, ai primi tre quali venditori e agli altri quali acquirenti, in concorso con il titolare della ditta esecutrice, di aver proceduto dapprima alla vendita ed al contestuale frazionamento di un fondo di mq. 50.392 e quindi all\'esecuzione di opere, (quali strade, riporti di terreno e recinzioni) sul medesimo terreno, determinando la trasformazione dell\' area da agricola, con appezzamento minimo per l\'edificazione di mq 100.000, in edilizia, in considerazione del numero dei lotti (47), della superficie dei medesimi (mq. 1.000 circa), dell\'ubicazione, (un chilometro circa di distanza dall\'insediamento denominato Nuova Palocco), dell\'attività svolta dagli acquirenti, (diversa da quella agricola), e dell\'esecuzione delle opere di urbanizzazione.

Pertanto, alla luce di tali elementi, gli imputati sono stati dichiarati responsabili in primo grado, ed è stata emessa in appello nei loro confronti sentenza di non doversi precedere esclusivamente per essere i reati estinti per prescrizione.

Per quel che attiene specificamente ai venditori Giacomo Rammacca Sala, Maria Assunta Rammacca Sala, Myriam Rammacca Sala i motivi di ricorso, per la loro logica e giuridica connessione, vanno esaminati congiuntamente.

Deve peraltro preliminarmente rilevarsi che in ordine alla sanzione della confisca, correlata alla dichiarazione di prescrizione del reato, va ritenuto insussistente l\'interesse dei suddetti ricorrenti che, quali venditori, non risultano avere, allo stato, alcun diritto sugli immobili suscettibile di essere sacrificato con il suddetto provvedimento ablatorio che incide solo sul patrimonio degli acquirenti.

I motivi di ricorso dei venditori vanno quindi valutati esclusivamente in relazione alla loro richiesta di proscioglimento nel merito ex art. 129 comma 2 c.p.p., secondo cui "quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l\'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta".

Con il primo motivo i ricorrenti venditori lamentano, ai sensi dell\'art. 606 lettera b) comma 1, del codice di procedura penale, erronea applicazione dell\'art. 18 della legge n. 47 del 1985 e dell\'art. 192 del codice di procedura penale.
Deducono detti ricorrenti che il giudice di primo grado aveva ritenuto sussistenti sia la lottizzazione abusiva materiale sia quella negoziale ma aveva ritenuto quest\'ultima fondata sia sul contratto di vendita pro indiviso effettuato da essi ricorrenti con gli acquirenti, con specifica indicazione nello stesso della destinazione urbanistica del suolo e precisa indicazione del divieto di eseguire opere di alcun tipo in contrasto con lo strumento urbanistico, sia sulla scrittura privata con effetti obbligatori redatta, su bozza del notaio Pelosi, alla quale essi venditori erano rimasti assolutamente estranei.

La Corte di Appello, invece, esaminati gli atti, aveva circoscritto il fatto reato alla sola lottizzazione negoziale, concretizzatasi esclusivamente nella stesura e sottoscrizione dell\'atto obbligatorio, mentre nessun rilievo era dato al rogito notarile riguardante la vendita del suolo pro indiviso, né ad una eventuale lottizzazione materiale individuabile nell\'esecuzione di opere, quali le due strade sterrate o le recinzioni con siepi, con ciò innovando rispetto alla sentenza di primo grado.

Secondo i ricorrenti i giudici di merito avevano ritenuto la configurabilità del reato di lottizzazione abusiva soltanto sulla base di meri indizi a carico di essi ricorrenti, a prescindere dalla loro precisione, gravità e concordanza, ritenendo erroneamente che la loro presenza, unitamente ad un atto equivalente alla compravendita, sarebbe sufficiente a configurare la ricorrenza del reato trattandosi di reato di pericolo astratto, mentre avrebbero dovuto verificare di volta in volta, in concreto, la sussistenza di una volontà indirizzata a finalità edificatorie illecite.

Nel caso in esame, a contrastare gli indizi a carico di essi imputati, costituiti dal solo numero degli acquirenti nella vendita pro indiviso e dalla edificazione delle strade interpoderali con parziale livellamento del suolo, intervenivano infatti elementi di segno contrario, quali il tempo di quattro anni trascorso dal rogito notarile senza che alcuna opera di urbanizzazione venisse realizzata, la circostanza che la vendita pro indiviso impediva che alcuno potesse eseguire autonomamente opere di urbanizzazione senza il consenso degli altri ed il fatto che il corrispettivo pagato dagli acquirenti per la vendita era irrisorio se riferito ad un terreno destinato ad edificazione.

Con il secondo motivo i suddetti ricorrenti lamentano, ai sensi dell\'art. 606 lettera e) comma 1 c.p.p., mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla responsabilità di essi venditori. Deducono i ricorrenti che, pur avendo essi nell\'atto di appello affrontato la problematica relativa alla mancata partecipazione di essi venditori alla predisposizione e alla firma della scrittura obbligatoria che prevedeva la suddivisione del terreno in lotti e alla imprevedibilità che un simile atto obbligatorio venisse redatto dagli acquirenti, la Corte di merito aveva omesso di motivare in proposito ritenendo, ingiustificatamente, che essi venditori potessero prevedere il successivo comportamento degli acquirenti, pur essendo indicato esplicitamente nel rogito il divieto di lottizzare.

Rilevano in proposito i ricorrenti che, secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite nella sentenza Cancilleri del 3 febbraio 1990, il reato di lottizzazione abusiva si configura come una contravvenzione di natura dolosa, sicché doveva escludersi il concorso colposo in tale reato e avrebbe quindi dovuto essere accertata, in concreto, una dolosa connivenza di essi venditori nel comportamento degli acquirenti o, quanto meno, una colpa grave.

Rileva il Collegio che i motivi sono infondati.

Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte ( v. per tutte SU sent. 28 novembre 2001, Salvini ed altri; Cass. pen. sez. III sent. 13 giugno 2008, n. 24096, Desimine ed altri; Cass. sez. III 29 aprile 2009, PM c Quarta ad altri) il reato di lottizzazione abusiva che, come sopra precisato, può realizzarsi sia nel compimento di atti giuridici, sia nella esplicazione di attività materiali che risultino funzionali alla realizzazione di un nuovo insediamento urbano, può configurarsi non solo in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell\'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, ma anche quando l\'intervento si pone in contrasto con la destinazione programmata del territorio (comportando ad esempio, come nel caso in esame, la sua trasformazione da agricola a residenziale.)

Come ha chiarito questa Corte a Sezioni Unite (SU sent. 28 novembre 2001, n. 5115) " la contravvenzione di lottizzazione abusiva si configura come reato a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione, sia quando quest\'ultimo sussista, ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, in quanto grava sui soggetti che predispongono un piano di lottizzazione, sui titolari della concessione, sui committenti e costruttori, l\'obbligo di controllare la conformità dell\'intera lottizzazione e delle singole opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di pianificazione".

Alla luce di tale principio di diritto consolidata giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il reato di lottizzazione abusiva, sia materiale che negoziale, può essere commesso per colpa, come del resto pacificamente ritenuto in ordine alla contravvenzione di esecuzione di lavori in assenza o in difformità della concessione edilizia. (v. in tal senso Cass, pen. sez. III 13 ottobre 2004, n. 39916, Lamedica ed altri; Cass. pen. sez. III , sent. 11 maggio 2005, Stiffi ed altri; Cass. pen. sez. III 5 marzo 2008, n. 9982, Quattrone; Cass. pen. sez. III sent. 10 gennaio 2008, Zortea e più recentemente Cass. pen. sez. III 26 giugno 2008, Belloi ).

Deve quindi ritenersi superata dalla più recente e consolidata giurisprudenza di legittimità la risalente decisione delle SU richiamata dai ricorrenti e trova quindi applicazione nel caso in esame il principio generale stabilito per le contravvenzioni dall\'art. 42 quarto comma c.p. secondo cui "nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa", restando esclusi i casi di errore scusabile sulle norme integratrici del precetto penale e quelli in cui possa trovare applicazione l\'art. 5 cod. pen. secondo l\'interpretazione fornita dalla pronuncia n. 364 del 1988 della Corte Costituzionale.

Va aggiunto che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, (v. per tutte Cass. pen. sez. III sent. 26 giugno 2008, n. 1656, Belloi), nel reato di lottizzazione abusiva la lesività non può essere ristretta alla trasformazione urbanistica effettiva del territorio, giacchè essa va riferita alla potenzialità di tale trasformazione, ossia al pericolo che il territorio subisca una urbanizzazione non prevista o di tipo diverso da quella prevista.

Trattasi quindi di reato di pericolo che si integra quando il titolare di una unità fondiaria compia su di essa operazioni di suddivisione materiale o giuridica dirette alla utilizzazione delle parti suddivise come terreni edificabili, prescindendo dall\'opera edilizia che costituisce un quid pluris.

Giova in proposito precisare che la norma incriminatrice in esame, nel sanzionare il frazionamento e la vendita o atti equivalenti del terreno in lotti, che siano idonei, per la loro direzione inequivoca ed oggettiva, a mettere in pericolo la pianificazione del territorio, ha infatti inteso anticipare la tutela penale dell\'interesse protetto da una fattispecie criminosa che, per la sua natura contravvenzionale, non prevede la rilevanza penale del tentativo.

In proposito questa Corte ha precisato (v. per tutte Cass. pen. sez. III sent. 18 maggio 2001, n. 33886, Papara, rv. 22098) che " il reato di costruzione abusiva, punito dall \'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ha natura di reato formale e di pericolo presunto, connesso con il suo inserimento in un sistema di tutela basato sulla pianificazione amministrativa dell\'attività urbanistica del territorio, rispetto al quale ogni abuso edilizio costituisce comunque ed obiettivamente una lesione, con conseguente sottrazione al giudice di un qualsiasi sindacato in ordine alla concreta pericolosità della condotta".

Per quel che attiene agli elementi di responsabilità a carico dei ricorrenti trova applicazione il principio affermato da questa Corte ( v. per tutte Cass. pen. sez III sent. 6 giugno 2008, n. 27729) secondo cui " in tema di reati edilizi, ai fini della configurabilità del reato di lottizzazione abusiva negoziale o cartolare, l\'elencazione degli elementi indiziari di cui all \'art. 30, comma primo DPR 6 giugno 2001, n. 380 non è tassativa nè tali elementi devono sussistere contemporaneamente, in quanto è sufficiente per l’integrazione del reato anche la presenza di uno solo di essi, qualora risulti inequivocabilmente la destinazione a scopo edificatorio del terreno".

Va aggiunto che, come ha precisato questa Corte, (v. per tutte Cass. pen. sez. III sent. 11 maggio 2005, n. 36940 Stiffi ed altri) l\' art. 30 comma 2 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, prescrivendo che gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni, sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica riguardante l\'area interessata, rende estremamente difficile per il venditore una negoziazione destinata alla lottizzazione abusiva che non sia consapevole della natura non urbanistica della zona abusivamente lottizzata.

Nel caso in esame, come hanno correttamente e logicamente argomentato i giudici di merito, le deduzioni dei ricorrenti circa la loro mancata partecipazione alle scritture obbligatorie successive alla originaria stipula della vendita a favore degli acquirenti pro indiviso, tenuto conto della concatenazione degli atti, dell\'inverosimiglianza della utilità di una vendita di un fondo agricolo a numerosi soggetti che, salvo rare eccezioni, non svolgevano attività, di agricoltori, della contestuale realizzazione di opere di urbanizzazione eseguite in loco, erano inidonee ad escludere ictu oculi la responsabilitá degli imputati che, del resto, hanno beneficiato dell\'estinzione del reato per prescrizione alla quale non hanno rinunciato.

Considerato che il reato di lottizzazione abusiva ha normalmente un carattere plurisoggettivo in cui confluiscono condotte convergenti verso un\'operazione unitaria, è da escludere che normalmente la condotta dell\'acquirente costituisca per il venditore un evento imprevisto ed imprevedibile (v. in tal senso SU sent. 27 marzo 1992, n. 4708, Fogliani).
E\' comunque assorbente il rilievo che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, (v. per tutte Cass. Pen. Sez. III sent. 26 ottobre 2007, n. 6080) " integra il reato di lottizzazione abusiva cosiddetta negoziale non soltanto la vendita di un terreno frazionato in lotti, ma anche la vendita di quote di un terreno indiviso mediante un unico atto di trasferimento a più acquirenti, così da imporre al suolo un equivalente assetto proprietario, purché ne risulti inequivocabilmente, da elementi indiziari, la destinazione a scopo edificatorio.

Alla luce di tale principio i profili di responsabilità, evidenziati nelle sentenze di merito e non inficiati da alcuna delle argomentazioni dei ricorrenti, comportano sicuramente l\'esclusione di un\'ipotesi di assoluzione dei venditori, (da ritenersi, come sopra specificato, non giuridicamente interessati alla confisca dei fondi), ai sensi dell\'art. 129 comma 2 c.p.p.

Va quindi respinto il ricorso di Giacomo Rammacca Sala, Maria Assunta Rammacca Sala e Myriam Rammacca Sala.


Per quel che attiene agli altri ricorrenti, (acquirenti ed autori della scrittura obbligatoria che prevedeva il frazionamento), il Collegio rileva preliminarmente che i ricorrenti Stefano Di Pietro e Gioia Vanghetti non sono stati neppure appellanti alla sentenza di primo grado.

Deve peraltro rilevarsi che nei confronti di costoro deve ritenersi operativo l\'effetto estensivo dell\'impugnazione proposta dagli altri imputati per motivi non strettamente personali .
Ai sensi dell\'art. 587 c.p.p. "nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato l\'impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati". Come ha precisato questa Corte ( v. per tutte Cass. pen. sez. III sent. 4 novembre 1997, n. 3621 Giampaoli) "l\'effetto estensivo dell\'impugnazione quando maturi una causa di estinzione del reato nel corso del giudizio di gravame, opera a vantaggio dei soggetti non ricorrenti. L \'unica condizione preclusiva all \'effetto estensivo dell\'impugnazione è infatti costituita della natura strettamente personale del motivo di ricorso". (V . anche Cass. pen. sez. I sent. 24 marzo 2005, n. 15288).

I suindicati ricorrenti devono quindi ritenersi legittimati a proporre ricorso per cassazione.

Tanto premesso il Collegio rileva che, con un unico articolato motivo, i ricorrenti acquirenti lamentano, ai sensi dell\'art. 606, comma 1, lettere b) ed e) c.p.p., erronea applicazione dell\'art. 18 della legge n. 47 del 1985 e dell\'art. 192 c.p.p. e comunque mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla applicazione delle indicate norme.

Deducono i ricorrenti che la Corte di Appello, nell\'impugnata sentenza, aveva sostenuto che l\'esistenza della lottizzazione emergerebbe ex se, una volta verificata la situazione di pericolo secondo parametri legislativi prefissati, (ricorrenza del frazionamento e dell\'atto da considerarsi equivalente alla vendita) e, accertata la sussistenza degli altri fattori sintomatici indiziari, (numero degli acquirenti, realizzazione di due strade interrate interpoderali e parziale livellamento del suolo) specificati nel comma 1 dell\'art. 30 DPR n. 380 del 2001.

La Corte di merito avrebbe quindi erroneamente sostenuto che trattandosi di un reato di pericolo astratto il giudice non ha l\'obbligo di valutare se gli indizi siano sufficienti a dimostrare la consapevolezza degli imputati, ma solo di riscontrare la loro oggettiva esistenza al fine di considerare esistente il reato contestato. Tale posizione contrastava sia con l\'art. 18 della legge n. 47 del 1985, recepito senza modifiche dall\'art. 30 del DPR n. 380 del 2001, il quale impone che gli indizi a carico, valutati in un giudizio comparativo con quelli a discarico, debbano denunciare in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio, sia con il secondo comma dell\'art. 192 c.p.p., secondo cui l\'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi, a meno che questi siano gravi precisi e concordanti.

Rilevano i ricorrenti che l\'art. 18 della legge n. 47 del 1985, così come recepito dall\'art. 30 del citato DPR n. 380 del 2001, non vieta in assoluto la vendita frazionata del suolo agricolo in lotti di contenuta dimensione ad un plurimo numero di acquirenti che non fanno gli agricoltori di professione, ma vieta esclusivamente un simile tipo di vendita frazionata soltanto quando abbia una illecita finalità, edificatoria che venga accertata tramite il riscontro e la valutazione, ex art. 192 c.p.p., di adeguati elementi indizianti.

Ritengono i ricorrenti che la Corte di merito aveva ritenuto che sussistesse la sola lottizzazione negoziale con esclusivo riferimento alla scrittura obbligatoria, senza alcun riferimento ad una lottizzazione materiale, considerando la realizzazione di due strade interpoderali solo un indizio a sostegno del reato di lottizzazione negoziale, mentre nessun rilievo era stato dato al rogito notarile né ad un\'eventuale lottizzazione materiale, individuabile nell\'esecuzione di opere, con ciò innovando la sentenza di primo grado.

Secondo la prospettazione dei ricorrenti essi erano stati condannati esclusivamente per la scrittura obbligatoria prevedente l\'attribuzione agli acquirenti di porzioni individuate di suolo, sicché era essenziale stabilire se tale scrittura rientrasse effettivamente tra gli atti equivalenti alla compravendita cui si riferisce l\'art 18 della legge n. 47 del 1985 (oggi art. 30 della legge n. 380 del 2001), e se denunziasse, in modo non equivoco, la destinazione a scopo edificatorio.

Peraltro nella scrittura obbligatoria in oggetto all\'art. 30 le parti avevano dichiarato espressamente "di essere a perfetta conoscenza che il terreno indicato nelle superiori premesse ricade in zona urbanistica agricola, che non fa parte di alcuna lottizzazione autorizzata che, quindi, non potrà essere utilizzato per scopi edificatori e che l\'atto pubblico di divisione potrà essere perfezionato soltanto quando ricorreranno tutti gli strumenti urbanistici di legge" e tale dichiarazione era stata ingiustificatamente ritenuta non veritiera dalla Corte Territoriale che non aveva valutato comparativamente gli elementi a favore di essi ricorrenti con quelli di segno contrario.

Nel caso in esame, a contrastare gli indizi di segno negativo, (numero acquirenti e loro caratteristiche, due strade interpoderali, parziale livellamento del suolo), intervenivano numerosi indizi di seguito contrario, quali, in primo luogo, il lungo tempo, circa quattro anni, trascorso dal rogito notarile senza che alcuna opera di edificazione e/o urbanizzazione venisse realizzata, in secondo luogo, la forma di vendita, mediante cessione dell\'intero terreno a più acquirenti pro indiviso, con specifica indicazione nel rogito della destinazione agricola del terreno e del divieto di lottizzare, in terzo luogo, l\'esplicito divieto di utilizzare il suolo per scopi edificatori e di dividerlo prima dell\'approvazione degli strumenti urbanistici di legge, contenuto nell\'art 30 della scrittura obbligatoria.

Rileva il Collegio che il motivo è infondato.

In primo luogo, in ordine all\'intera operazione, vanno richiamate integralmente le considerazioni svolte in ordine all\'esame del ricorso dei venditori, che, peraltro, non hanno partecipato alla plateale scrittura obbligatoria con individuazione dei singoli lotti, sicché va esclusa l\'applicabilità anche nei confronti degli acquirenti dell\'art. 129 secondo comma c.p. p..

Per quel che attiene agli effetti della sentenza, con riferimento alla confisca disposta dal primo giudice e confermata in appello, tenuto conto del principio sopra esposto della non applicabilità della confisca nei confronti di soggetti terzi in buona fede, va, in primo luogo, rilevato che in caso di lottizzazione negoziale non possono qualificarsi sic et simpliciter terzi, quanto meno sotto il profilo materiale, i soggetti che hanno partecipato all\'accordo negoziale che ha dato luogo alla lottizzazione abusiva.

Per quel che attiene alla sussistenza del reato, con specifico riferimento all\'elemento soggettivo, il Collegio rileva che, diversamente da quanto deducono i ricorrenti, la Corte di merito ha ritenuto condivisibili, richiamandole espressamente, le motivazioni della sentenza impugnata che aveva accertato l\'esistenza della lottizzazione, rilevando che il contratto obbligatorio, avente ad oggetto l\'acquisto di circa mille metri quadrati di un terreno in favore di ciascuno degli acquirenti, non aveva alcun significato in termini di sfruttamento per fini agricoli di un terreno, mentre i lotti individuati avevano il taglio ideale per una costruzione, a fine abitativo, con giardino annesso, che gli acquirenti, salvo un paio di casi, non erano coltivatori diretti ed avevano espressamente riconosciuto la natura di investimento dell\'acquisto, che erano state eseguite opere di urbanizzazione, (strade poderali e recinzioni) e che, in alcuni terreni, erano stati perfino realizzati alcuni manufatti.

In ordine al dedotto elemento della buona fede degli acquirenti trova applicazione il principio affermato da questa Corte (v. per tutte Cass. pen. sez. III sent. 26 giugno 2008, n. 37472, Belli ed altri, rv. 241098) secondo cui ” in materia edilizia è configurabile la responsabilità dell\'acquirente di un terreno abusivamente lottizzato a fini edificatori ove questi non acquisisca elementi circa le previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona, in quanto con tale imprudente e negligente condotta egli si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che apporta un determinante contributo causale all\'attività illecita del venditore".

La Corte Territoriale ha peraltro precisato, in ordine alla sussistenza in concreto del requisito soggettivo della consapevolezza dell\'antigiuridicità del comportamento degli acquirenti nel caso in esame, che costoro avevano cercato, in un primo tempo, di ottenere la divisione del fondo dal notaio e che successivamente, ottenutone un significativo rifiuto, stante l\'illiceità del fine da realizzare, avevano richiesto ed ottenuto, a causa di un imprudente comportamento del notaio, una bozza utile per organizzare autonomamente la divisione con effetti obbligatori e l\'avevano immediatamente sottoscritta.

Tale scrittura privata integra, quindi, come ha correttamente rilevato la Corte Territoriale, la fattispecie di " atti equivalenti" di cui all\'art. 18 della legge n. 47 del 1985, (come riprodotto nell\'art. 30 del DPR n. 380 del 2001), in quanto tale norma ha l\'obiettivo di vietare tutti gli atti, anche mediati e dissimulati, attraverso i quali si raggiunge l\'effetto di frazionare e vendere un terreno alterandone la natura e la destinazione urbanistica o edilizia..

In proposito questa Corte (v. per tutte Cass. pen. sez. III sent. 29 febbraio 2000, n. 3668, Pennelli, RV 215625) ha affermato che " in tema di lottizzazione abusiva, fra gli atti equivalenti al frazionamento e alla vendita, cui fa riferimento, ai fini della configurabilità del reato, l\'art. 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, si possono ricomprendere anche i contratti preliminari di alienazione dei singoli lotti, allorché gli stessi si collochino in un contesto indiziario atto a rivelare in modo non equivoco le finalità edificatorie, che costituisce l\'elemento comune alle varie forme (materiale, negoziale, mista) in cui l\'illecito può essere realizzato".

Peraltro nel caso in esame si è in presenza di una statuizione fondata non tanto sulla scrittura privata obbligatoria e su mere presunzioni, come deducono i ricorrenti, ma piuttosto su una valutazione complessiva dell\'attività negoziale e materiale (cd. lottizzazione mista), atteso che i giudici di merito hanno evidenziato una serie di elementi a carico degli imputati, con riferimento all\'originaria compravendita pro indiviso a numerosi soggetti, alla misura delle porzioni immobiliari oggetto della compravendita obbligatoria, inidonee ad uso agricolo ma adeguate ad uso abitazione ed al complesso delle attività negoziali e materiali svolte in loco.

Deve quindi ritenersi sussistente, in concreto, la responsabilità degli imputati ai fini della confisca e comunque certa la non ipotizzabilità, del loro inquadramento nella figura di terzi in buona fede che, secondo la disposizione dell\' art. 7 della Convenzione dei Diritti dell\'Uomo, richiamata nella sentenza Sud Fondi c. Italia della Corte Europea dei Diritti dell\'Uomo e alla quale lo Stato Italiano è tenuto a non discostarsi ai sensi dell\'art. 117 Cost., renderebbe illegittima la confisca dei terreni disposta dal prima giudice e confermata dalla Corte Territoriale.

Non vi è stata quindi violazione del principio affermato da questa Corte (Cass. Pen. Sez. III sent. 24 ottobre 2008, n. 42741, ) secondo cui ” in tema di reati edilizi ed urbanistici, la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite non deve essere disposta nei confronti dei soggetti estranei alla commissione del reato e venuti in buona ‘fede in possesso del terreno o dell\'opera edilizia oggetto di abusiva lottizzazione” e lottizzazione" e va quindi respinto anche il ricorso degli acquirenti .

Consegue al rigetto dei ricorsi la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


Dichiara manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.