Il Diritto penale dell'ambiente e l'ordinamento greco.

Prof. C. Mylonopulos

Salerno, 22 – 23 ottobre 2010

VIII Corso Internazionale di Formazione in diritto penale

Università di Salerno

TESTO ORIGINALE IN INGLESE E TRADUZIONE ITALIANA

Nonostante l’ambiziosa dichiarazione della Costituzione Greca, rispetto alla quale la protezione dell’ambiente naturale e culturale costituisce un obbligo per lo Stato ed un diritto di ogni singolo cittadino (art.24 para.1), in Grecia la difesa penale dell’ambiente rimane inefficiente.

I principali testi legislativi sulla tutela dell’ambiente (Legge n. 743/1977, emanata con decreto del presidente n. 55/1998, sulla tutela delle acque e la Legge n. 1650/1986, modificata nel 2002) contengono speciali disposizioni penali, con l’intento di assicurare una protezione dell’ambiente a livello globale, ma creano un sistema così complesso da rendere difficile la riuscita della loro applicazione. La descrizione dei reati è spesso vaga, così da rendere sovente fallimentare l’applicazione delle norme, le sanzioni non sono sufficientemente severe e quindi non costituiscono un deterrente per i trasgressori, e la specificazione di ogni singolo illecito viene spesso rimessa all’emissione di atti amministrativi (decisioni ministeriali, decreti presidenziali) tanto da rendere impossibile il corretto funzionamento delle norme.

 

Secondo quanto previsto dalla Legge n. 1650/1986, chiunque causi intenzionalmente l'inquinamento o il degrado dell’ambiente attraverso una specifica azione od omissione, o chiunque, nell’esercizio di qualsiasi attività o impresa, danneggi senza autorizzazione l’ambiente, sarà punito con la reclusione da tre mesi a due anni ed una sanzione pecuniaria. Nel caso in cui il soggetto abbia agito con negligenza, sarà punito con la reclusione fino ad un anno. Ma se la tipologia o quantità dell’inquinamento, o l’espansione e l’importanza del degrado, hanno messo in pericolo la vita o causato il rischio di lesioni personali gravi, la reclusione è da uno a cinque anni. Inoltre, se si verificassero la morte o le lesioni personali indicate, la reclusione va da cinque a dieci anni. Infine, se il caso di morte o lesioni concernesse un feto, la pena è la reclusione da due a cinque anni.

 

L’ordinamento giuridico greco ancora non riconosce la responsabilità penale della “persona giuridica”, e le uniche reazioni contro un comportamento antigiuridico sono sanzioni amministrative, o il procedimento penale a carico dei suoi rappresentanti. Quindi ove l’inquinamento o il degrado ambientale siano stati causati da persone giuridiche, la legge dispone che ne rispondano gli amministratori delegati laddove, con dolo o colpa, siano venuti meno all’osservanza degli obblighi giuridici di prevenzione dell’inquinamento e di rispetto delle normative vigenti.

 

Una disposizione interessante è prevista nell'articolo 28, paragrafo 7, che introduce una “causa di non punibilità” (Absehen vom Strafen), e le “ circostanze attenuanti”. Secondo la stessa, se l’autore dei suddetti reati contro l’ambiente, avesse sostanzialmente ridotto l’inquinamento ed il degrado ambientale, ed attivamente contribuito all’effettivo contenimento delle conseguenze della propria azione, il giudice potrebbe non comminare sanzioni penali o infliggere una sanzione più lieve, sempre a condizione che il ravvedimento sia stato spontaneo e precedente rispetto al procedimento penale a suo carico.

 

Un’altra previsione degna di nota è quella del paragrafo sette, che introduce la possibilità della “azione civile”. In base ad essa, nei casi di reati ai danni dell’ambiente, i rappresentanti della Pubblica Amministrazione (il Settore Pubblico), le Autorità Locali e La Camera Tecnica Greca, hanno il diritto di costituirsi parte civile nel procedimento penale, pur non avendo subito alcun danno, chiedendo così il risanamento del deterioramento causato all’ambiente.

 

La disciplina appena illustrata pone numerose questioni.

 

La prima questione: è ovvio che il significato di inquinamento e degrado ambientale è troppo vago per soddisfare il principio di sufficiente determinatezza della fattispecie, secondo il principio di legalità.

La seconda: emergono problemi nella sovrapposizione con la precedente legge contro l’inquinamento delle acque ( legge 743/1977), dal momento in cui la legge anteriore è più specifica mentre  quella posteriore è di più ampio respiro ed estende la tutela a tutti i casi di inquinamento delle acque.

La terza: il gran numero di atti amministrativi necessari per far rispettare la legge, la loro complessità e la mancanza di certezza giuridica, sono sostanzialmente di ostacolo ad una difesa efficace dell’ambiente.

La quarta: le lievi sanzioni stabilite nella sopracitata legge, associate ad una considerevole possibilità di conversione delle pene detentive e di una inaccettabile lunghezza nei processi penali, contribuiscono ad impedirne l’effettiva tutela.

L'ultima, ma non per questo meno importante questione, è il fatto che l’ambiente viene considerato e trattato come un bene giuridico di interesse nazionale e non transnazionale, impedendo così una globale e vigorosa repressione dei reati.

Ecco perché molti commentatori guardano con interesse alla Direttiva 2008/99/EC per la protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale, che sarà attuata nell'ordinamento greco prima della fine dell’anno.

 

Entrambe le definizioni di “inquinamento” e degrado” ambientale sono poco esaustive e vaghe.

Con la parola “inquinamento”ci si riferisce alla presenza di qualunque sostanza, rumore o energia, così estesa da rendere l'ambiente inadeguato agli usi desiderati. La legge, tuttavia, non definisce questi “usi desiderati”, e la specificazione di ciò che costituisce, dunque, il comportamento criminoso è rimessa agli atti amministrativi cui è demandato di integrare la norma penale.

 

Neanche le possibili conseguenze dell’inquinamento vengono descritte. Ne viene data una mera ed indicativa enumerazione, con l’ambizioso scopo di aiutare il giudice: l’impatto negativo sulla salute, sulle creature viventi, sull’ecosistema ed anche la causazione di danni materiali.

 

Inoltre, con la parola “degrado” ambientale, si fa riferimento al cagionare un qualunque cambiamento dell’ambiente, capace di avere conseguenze negative sull’equilibrio ecologico, la qualità della vita, la salute della popolazione, l’eredità culturale e storica ed i valori estetici. E’ quindi più che evidente che questa definizione non solo è vaga, ma incredibilmente ampia, dal momento in cui include elementi che non hanno nulla a che vedere con la tutela del concetto di ambiente.

 

Queste inadeguatezze della legge hanno impedito alle Corti di provvedere l'ambiente di una efficace ed effettiva tutela.

 

A causa, pertanto, della mancanza di una definizione concreta del concetto di inquinamento e di degrado ambientale, chi trasgredisce la legge spesso non subisce le conseguenze che la legge stessa riconduce alla violazione delle proprie norme, sebbene sia provata la causa dell'inquinamento.

 

A tale proposito, vi riporto un caso interessante che ha aperto un acceso dibattito.

Un imprenditore è stato condannato per inquinamento ambientale perché aveva gettato, intenzionalmente, rifiuti industriali in un fiume, causando un grave inquinamento delle acque e dei campi coltivati ad esso adiacenti, con conseguenze negative sulla salute degli organismi viventi e con un serio deterioramento dell’ecosistema.

Queste sentenza è stata annullata dalla Corte Suprema (Areios Pagos) poiché, ritenne la Corte, non chiariva quali fossero i limiti massimi di “sporcizia”, come venivano stabiliti e quale fosse la quantità, concentrazione e durata esatta dell’inquinamento. La Corte ritenne di non poter provare che tali limiti fossero stati violati dall’imputato, perchè solo in quel caso, ossia con il superamento di quei limiti, potevano essere causate delle conseguenze negative sulla salute umana.

 

Riguardo la sovrapposizione delle due leggi Greche più rappresentative sulla difesa dell’ambiente, esattamente la legge 743/1977 sulla tutela delle acque e la legge base 1650/1986, la loro coesistenza porta a soluzioni non uniformi facendo sì che una appaia, di quando in quando, più rigorosa o più moderata dell’altra.

 

Considerando la legislazione che riguarda l’inquinamento ambientale ( legge 1650/1986), il “pentimento operoso” impedisce l'applicazione della pena in entrambi i casi d’inquinamento doloso o colposo. Al contrario nel caso dell’inquinamento delle acque, “il pentimento operoso” produce un effetto solo nel caso in cui il reo abbia agito con colpa.

Inoltre, se l’inquinamento ambientale causasse la morte o una grave lesione personale, il reo dovrebbe essere punito per un delitto qualificato dal suo stesso esito (il cosiddetto delitto preterintenzionale). Invece, in caso di grave inquinamento delle acque che abbia causato morte o danni fisici, non è chiaro se questa norma verrebbe messa in pratica, o se sarebbero applicabili le norme generali del Codice Penale in associazione con il reato base di inquinamento delle acque.

Ci si chiede anche se in caso di inquinamento delle acque, il Settore Pubblico abbia il diritto di partecipare al processo come parte civile, in base alle disposizioni generali (Legge 1650/1986).

 

Altra grande questione, direttamente connessa ad una tutela effettiva dell’ambiente, riguarda il bene giuridico protetto dalle relative disposizioni.

Fino a che la punibilità di un reato ambientale dipende dall’esistenza di atti amministrativi, come ad esempio i decreti presidenziali o le decisioni ministeriali, si dovrebbe affermare che “l’ambiente” costituisce un bene giuridico interno ad uno Stato (inlaendisches Rechtsgut) inseparabilmente associato al rispettivo ordinamento giuridico, nel nostro caso, con l’ordinamento giuridico Greco.

 

Un così ristretto punto di vista avrebbe conseguenze inaccettabili.

 

Prima di tutto escluderebbe, come regola, l’applicazione del cosiddetto “principio del soggetto  attivo e passivo”.

Quindi se un cittadino greco commette all’estero un reato contro l’ambiente, non potrà essere punito da un tribunale greco, dal momento che un bene giuridico nazionale può essere offeso solo in relazione con l’ordinamento giuridico del foro competente.

In più, se l’inquinamento ambientale è realizzato all'estero e le conseguenze del reato si riverberano anche all’interno del territorio greco, le norme di procedura penale non possono essere applicate fino a che le norme amministrative interne non vadano a coprire ed attrarre così sotto l'ombrello delle norme interne anche ogni attività posta in essere all'estero.

 

Perciò l’ambiente deve essere trattato come un bene giuridico di ambito universale. Questo punto di vista ci permette di separarlo da uno specifico ordinamento giuridico e di punire le violazioni in accordo con le norme del Diritto Penale Internazionale che prevedono il principio di giurisdizione universale.

 

Ciò avrebbe conseguenze anche sulla questione dell’azione civile.

 

Da quando, in base alla legislazione greca, anche un privato può partecipare come parte civile in un processo penale, in caso di reato ai danni dell’ambiente commesso all’estero, il principio di carattere passivo ( reati commessi ai danni di cittadini Greci) può essere ivi applicato.

 

Nondimeno, malgrado questa possibilità, una clausola speciale contenuta nella legislazione contro l’inquinamento delle acque , riduce l’efficacia del sistema giuridico. In base a ciò ( art. 2 para 1 legge 743/1977) l’applicazione della legge contro l’inquinamento delle acque è limitata ai porti, ai lidi ed alle acque territoriali del Paese.

La legge introduce il sistema di tutela di modo che, in caso di reato commesso da cittadino Greco contro l’ambiente marino ( porti, acque e lidi territoriali) di un altro Paese, l’estradizione non è possibile per l'assenza della doppia incriminazione.

Quest’effetto negativo viene mitigato dal fatto che, in caso di mare aperto, il principio di giurisdizione universale può essere applicato, così che il trasgressore può essere punito basandosi sulla legge Greca anche se si fosse sottratto al processo penale al momento dell’esecuzione.

 

Una delle questioni più importanti del diritto penale internazionale posta dalla legge sull’ambiente, è connessa al fatto che il diritto penale ambientale dipende dal correlato diritto amministrativo ( così detto Verwaltungaskzessorietaet).

Come abbiamo visto, le sanzioni penali ambientali dipendono in gran parte dalle leggi amministrative, le quali prescrivono dettagliatamente le specifiche condizioni necessarie all’applicazione della sanzione penale. Perciò le sanzioni penali concernenti la tutela dell’ambiente sono dette “Sanzioni in bianco” (Blanketstrfgesetze), in quanto devono essere completate dalle leggi amministrative, le quali ne garantiscono il pieno significato e ne permettono l'applicazione.

 

Questa circostanza è cruciale dal punto di vista del diritto penale internazionale.

 

Nel caso in cui il Tribunale greco sia il foro competente perchè il territorio greco può considerarsi il “ locus delicti” , in quanto la conseguenza del reato ai danni dell’ambiente si è ivi verificato, ma il “ azione” abbia avuto luogo all’estero, nasce spontanea la domanda: quali regole amministrative vanno applicate per completare la sanzione penale? Sono le regole nazionali o quelle estere? E come ci poniamo di fronte alla possibilità che non  ci siano regole amministrative nel Paese dove è stato perpetrato l’illecito?

 

Il diritto penale internazionale è incline a ritenere possibile e ragionevole la presa in considerazione ( berucksichtigung) del diritto amministrativo estero. I precedenti della Corte Suprema in Germania ed in Grecia, sonno allineati nella stessa direzione.

 

Fino ad ora abbiamo discusso di reati con evento di danno.

 

I problemi aumentano laddove si tratti di “reati di pericolo”, dove l'azione sia commessa all’estero, ma le conseguenze in termini di pericolo o possibilità di pericolo concreto si palesi sul territorio nazionale.

 

Nel caso dei così detti “Eignungs delikte” in base all'esperienza, si può affermare che il luogo dove il pericolo può essere messo in atto, è il luogo del reato.

 

Ma anche in questo caso sarebbe assolutamente necessario un più attento intervento del legislatore.

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Despite the ambitious declaration of the Greek Constitution, according to which the protection of the natural and cultural environment constitutes an obligation of the State and a right of every citizen (Art. 24 para. 1), the penal protection   of the environment in Greece remains inefficient. The main legal texts pertaining to the protection of the environment (the law 743/1977, codified by presidential decree 55/1998, concerning the protection of the sea and the law  1650/1986, modified in 2002), contain special criminal provisions, trying to ensure a global protection of the environment, but they nevertheless create a such complicated system, that their enforcement is not always successful. The description of the offences is often vague, so that the application of the provisions not rarely fails, the penalties are not severe enough to deter the offenders and the specification of each one offence depends often on the issue of administrative acts (e.g. ministerial decisions, presidential decrees), which turns the appropriate function of the provisions impossible.

According to the law 1650/1986, whoever intentionally causes pollution or undergrading of the environment with an act or omission or whoever, during the exercise of any activity or enterprise, undergrades the  environment without a permit, shall be punished by imprisonment of three months to two years and a pecuniary penalty. If he acted negligently, he shall be punished by imprisonment up to one year. But if the species or the quantity of the pollution or the expansion and the importance of the undergrading caused danger of death or grievous bodily harm of a human, imprisonment of at least one year (i.e. up to five years) shall be imposed. Furthermore, if in these cases the death or the grievous bodily harm have been realized, an imprisonment of five to ten years shall be imposed. Finally, if the serious bodily harm or the death pertain to a fetus, imprisonment of at least two years (i.e. up to five years) shall be imposed.

The greek legal system does not yet recognize the criminal responsibility of legal entities, and the sole reaction against an anti-social behavior are the administrative sanctions, or the criminal prosecution of their representatives. So, if the pollution or the undergrading of the environment have been caused by legal entities, the law provides for, that their managing directors are submitted to the same penalties, if they intentionally or negligently failed to observe their legal duties to forestall the pollution and to enforce the law.

An interesting provision is that one of the para.7 of the same art. 28, introducing the possibility of abstain of punishment (Absehen vom Strafen), and of attenuating circumstances as well. According to this, if the author of the aforementioned offences against the environment substantially restricted the pollution or the degrading of the environment or effectively contributed to the essential restriction of the consequences of his act, the court has the right to inflict no criminal sanction or even to sentence the offender to a much more lenient penalty, under condition that he acted willingly and before he has been examined by the authorities about his act.

 

Another interesting provision is finally that one of para. 7, establishing the possibility of civil action. According to it, in the cases of offences against the environment, the representatives of the Public Sector, the local authorities  and the Technical Chamber of Greece have the right to participate in the trial as civil complainants (civil parties), even if they have suffered no damage, demanding the restoration of the detriment caused to the environment.

The above regulation raises a number of serious questions. First, it is obvious that the meaning of the pollution and the undergrading of the environment are too vague to satisfy the postulate of certainty in the definition of criminal behavior, according to the nullum crimen principle. Second, problems of overlapping with the previous law against sea pollution (law 743/1977) arise, since the previous law, concerning sea pollution is more specific, whilst the posterior is more ample and its warding covers all cases of the sea pollution. Third, the great number of administrative acts needed to enforce the law, their complexity and the lack of legal certainty, obstruct essentially the effective protection of the environment. Fourth, the lenient sanctions provided for in the aforementioned law,  in combination with an ample possibility of conversion of the imprisonment penalties and the unacceptable duration of criminal trials highly contribute to impede an effective protection.   Last, but not least, the fact that the environment is faced as a national and not transnational legal interest, impedes a global and vigorous  suppression of the environmental offences.  That’s why many authors aim at the Directive 2008/99/EC for the protection of the environment through the criminal law, which is going to be embodied into the Greek law until the end of the year.

Both the definitions of the “pollution” and the “undergrading” of the environment are insufficient and vague. As “pollution” is deemed to be the presence of any substance, noise or energy, in such an extend, that they may render the environment unsuitable for its desired uses. Nevertheless the law does not define these “desired uses”, so that the concretization of the criminal provision depends on the administrative acts which complete it.

The possible consequences of the pollution are not described either. A mere indicative enumeration is provided for, with the ambition to help the judge: the negative impact to human health, to living creatures, to the ecosystems and the causing of material damages, as well.

Furthermore ,as “undergrading” of the environment is defined the causing of every change to the environment, probable to have negative consequences to the ecological balance, the quality of life ,the health of the population, the historic and cultural heredity and the aesthetic values(!) . It is more than obvious, that this definition is not only very vague, but also very ample, comprising items standing totally outside of the warding of the concept of the environment. (Cf  Symeonidou-Kastanidou, Nomos &Fyssi)

These insufficiencies of the law impeded the courts to provide efficient protection to the environment.

So, offenders often do not suffer the consequences of the law, although it is proved that they have polluted the environment, due to the lack of concrete description of the concept of pollution and environment degradation. To mention only a characteristic case, which caused a vivid discussion, a businessman was convicted for environment pollution, because he intentionally channeled industrial wastes into a river, causing in this way a severe “pollution of the river waters and the adjacent cultivated fields, with negative consequences for the health of the living organisms and  [also causing] serious detriment to the ecosystem. This decision was nevertheless annulled by the Supreme Court (Areios Pagos), because it did not clarify which were the highest limits of the dirt, how  they were fixed and which were the exact quantity, concentration and duration of the pollution, so that it was not possible for the Court to judge that the accused had violated these limits, since only in that case negative consequences for human heath can be caused.

Areios Pagos, Dec. 1777/03, Poin. Chron.  2004, p. 643, Symeonidou-Kastanidou, op. cit.

With regard to the overlapping between the two major Greek laws concerning the protection of the environment, namely the law 743/1977 on the protection of the sea environment and the basic law 1650/1986, their co-existence leads to unequal solutions, so that each one appears sometimes more severe, sometimes more lenient than the other.

In the frame of the legislation concerning environment pollution, e.g. (Law 1650/1986), the real regret impedes the punishment both in case of intentional or negligent pollution. In case of sea pollution, on the contrary, real regret has an effect only if the offender acted negligently. Furthermore, if the environment pollution causes the death or the serious bodily harm of an individual, the perpetrator shall be punished for an offence qualified by its result (a so called delitto perterintenzionale). In case of severe sea pollution, on the contrary, which also caused death or serious bodily harm, it is not clear, if this provision is going to be applied, or whether the general provisions of the penal code are applicable, in combination with the basic offence of sea pollution. It also asked, whether in case of sea pollution, the Public Sector has the right to participate in the trial as civil party, according to the provisions of the general law 1650/1986.

See Tsiridis, Nomos & Fyssi, 2009, p. 7 ff.

Α major problem, linked with the effective protection of the environment, consists in the nature of the legal interest protected by the relative provisions. Since the punishment of the environmental offences depends on the existence of administrative acts, such as presidential decrees or ministerial decisions, one would incline to say that environment is an internal legal interest (inländisches Rechtsgut), associated inseparably with the respective legal order, in our case with the Greek legal order. Such a narrow point of view would have unacceptable consequences. First of all, it would exclude as a rule the application of the active and passive personality principle. So, if a citizen of the forum commits abroad an offence against the environment, the offender cannot be punished in the forum, since an internal legal interest can be damaged only in connection with the legal order of the forum. Furthermore, if the pollution of the environment took place in another country and the consequences of the offence appear within the territory of the forum, the latter’s criminal rules cannot be applied, since the internal administrative rules do not cover any activity carried out abroad.

The environment must therefore be faced as a legal interest with universal range. This point of view would allow us to disconnect it from a certain legal order and to punish its violations irrespectively of a state as its bearer, according to the rules of international criminal law of the forum. This would have further consequences also for the question of the civil action. Since, according to the Greek legislation, also a private person can participate as civil complainant in  a criminal trial, in case of an offence against the environment committed abroad, the passive personality principle (offences committed abroad against Greek citizens – art. 7 grPC) could be applied here, too.

Nevertheless, despite this possibility, a special provision contained in the legislation against the sea pollution, restricts the effectiveness of the legal framework. According to this (art. 2 para 1 of law 743/1977), the application of the law against sea pollution is limited with regard to the ports, shores and territorial waters of the country. The law introduces, so far, the protective system, so that, in case of an offence committed by a Greek citizen against the sea environment (ports, territorial waters and shores) of another country the extradition be not possible, due to lack of double criminality. This negative effect is moderated by the fact that at least in case of open sea pollution the universality principle is applied, so that the offender can be punished according to the Greek law even if he has evaded prosecution at the place of perpetration.

Οne of the most important questions of international criminal law posed by the law of the environment is linked to the fact, that the criminal law of the environment depends on the correlative administrative law (so called Verwaltungsakzessorietät). As we have seen, environment criminal provisions depend to a great extend on administrative laws, which prescribe in detail the necessary specifications and conditions of the application of the genuine criminal provision. Thus, the criminal provisions pertaining to the protection of the environment are “white” criminal provisions (Blanketstrafgesetze), since they have to be completed by administrative laws, which grant them their full meaning and permit their application. This circumstance is crucial from the point of view of international criminal law. In case, e.g., that the forum is the locus delicti, since the result of the offence against the environment was effectuated here, but the criminal behavior itself took place abroad, the question arises: Which administrative  rules must be applied to complete the relevant criminal provision? Are they the national or the foreign administrative rules? And what about if there are no respective administrative rules in the country where the criminal behavior took place? The theory of international criminal law inclines to the opinion, that taking into consideration (Berücksichtigung) of foreign administrative law is possible and plausible (reasonable). To the same direction are also aligned the precedents of the Supreme Court in Germany and  Greece.

See Mylonopoulos, International Criminal Law, 2nd ed.  p.145.

Until now we have discussed cases of offences which cause a result in the form of a damage. But the problems become bigger in case of endangerment offences (Gefährdungsdelikte), i.e. when the criminal behavior has taken place abroad, but the result in form of a concrete danger or of the possibility of a danger appeared within the territory of the forum. In case of the so called adequate offences (Eignungsdelikte) it could be said that the place, where the danger, according to the valid experience rules, could be effectuated, is the place of the whole offence. But also in this case a more attentive intervention of the legislator is definitely necessary.