TAR Calabria (RC) n. 306 del 3 maggio 2019
Ambiente in genere.VIA e sindacato del giudice amministrativo

Nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, l'amministrazione esercita un'amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa. Il corollario principale di siffatta impostazione è che l’apprezzamento e la ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti nell’esecuzione dell’opera è sindacabile dal giudice amministrativo, nella pienezza della cognizione del fatto, soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione


Pubblicato il 03/05/2019

N. 00306/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00819/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 819 del 2016, proposto da
Marina Costa Viola srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Caldarera e Alberto Ciccone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giorgio Vizzari in Reggio Calabria, via Rausei n. 38;

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Angela Marafioti, domiciliata ex lege in Reggio Calabria, via C. Portanova Palazzo Campanella;
Regione Calabria - Dipartimento n. 11 "Ambiente e Territorio", Regione Calabria Dip. Ambiente e Territorio - Struttura Tecnica Valutazione Vas-Via-Aia-Vi, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, non costituite in giudizio;

nei confronti

Comune di Scilla e Città Metropolitana di Reggio Calabria, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del decreto prot. n. 908/2016, con il quale il Dirigente generale del Dipartimento n. 11 "Ambiente e Territorio" della Regione Calabria ha espresso "Parere negativo di compatibilità ambientale", in merito al progetto per la riqualificazione costiera per la realizzazione di un porto turistico in località Oliveto nel Comune di Scilla sulla base dei pareri espressi dalla STV VIA-VAS-AIA-VI nelle sedute del 16.11.2015 e 13.7.2016, nonchè di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Calabria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2019 il dott. Andrea De Col e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con ricorso notificato il 31 ottobre 2016 e depositato il 23 novembre successivo, la società Marina Costa Viola srl ha chiesto l’annullamento del decreto del Dirigente Generale del Dipartimento n.11 “Ambiente e Territorio” della Regione Calabria (prot. n. 908/2016) e dei presupposti atti del 16.11.15 e del 13.7.16 rilasciati dalla Struttura tecnica regionale di valutazione VAS- VIA- AIA- VI aventi ad oggetto il parere negativo di compatibilità ambientale sul progetto di riqualificazione costiera per la realizzazione di un porto turistico in loc. Oliveto nel Comune di Scilla (RC).

2.Il progetto preliminare, presentato dalla società ricorrente, veniva esaminato in prima battuta in sede di Conferenza dei Servizi (art. 14 bis L. n.241/90), ottenendo parere positivo esclusivamente in ordine ai profili urbanistici- pianificatori ed edilizi da parte delle Amministrazioni competenti.

3.Superata positivamente la fase di assoggettabilità del progetto a VIA (cd. screening) e quella immediatamente successiva di definizione dei contenuti del SIA (cd. scoping), l’approvazione del progetto definitivo elaborato dalla società ricorrente subìva un arresto procedimentale perché, all’esito dell’istruttoria, il Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria comunicava ai sensi dell’art. 10 bis L. n.241/90 i motivi ostativi al giudizio positivo di compatibilità ambientale del progetto stesso e ciò sulla scorta del parere negativo della Struttura tecnica regionale di valutazione datato 16.11.15.

In tale parere, alla luce di “gravi incoerenze programmatiche e carenze dal punto di vista dell’analisi ambientale nonché presunti motivi di irrealizzabilità dell’opera”, veniva sollecitata una serie di puntuali adempimenti ed integrazioni documentali per adeguare il progetto ai parametri normativamente previsti per il superamento della valutazione d’impatto ambientale.

In particolare, il parere dell’articolazione di supporto istruttorio riscontrava negativamente la proposta progettuale esposta dalla società ricorrente sia in ordine alla valutazione dell’incidenza sulle aree di progetto che interferiscono con quelle della Rete Natura 2000 sia in ordine alla compatibilità ambientale del progetto di riqualificazione costiera per la realizzazione di un porto turistico a Scilla (RC),”segnalando comunque, considerato lo stato di degrado della fascia costiera e il rischio di eventuali danni alle opere infrastrutturali, l’opportunità di prevedere opere di difesa costiera a salvaguardia del litorale interessato direttamente ed indirettamente dai fenomeni di erosione, tenendo conto della peculiarità, della singolarità, nonché della sensibilità delle aree in questione che rientrano tra quelle di cui alla Rete Natura 2000 (SIC,ZPS)”.

4.Nonostante le integrazioni apportate, la medesima Struttura tecnica di valutazione VIA- VAS- AIA- VI con parere del 13.07.2016 riconfermava il precedente giudizio negativo di compatibilità ambientale, risultando gli elaborati prodotti da Marina Costa Viola srl in sede di contraddittorio procedimentale “nuovi e differenti rispetto a quelli posti in valutazione che hanno seguito l’iter di pubblicazione originario del progetto e non messi in visione al pubblico” e comunque non risolvendo le gravi carenze del progetto in ordine al compromettente impatto sull’ecosistema della zona interessata dall’intervento, tale da non consentire di esprimere una valutazione diversa da quella già precedentemente formulata dall’Amministrazione competente.

5.Acquisita pertanto tutta la documentazione tecnica e la doppia conformità negativa dell’organo istruttorio, con il decreto meglio descritto in epigrafe la Regione Calabria, in persona del Dirigente Generale del Dipartimento n.11 “Ambiente e Territorio”, formulava in via definitiva il parere negativo di compatibilità ambientale.

6.La società ricorrente ha impugnato il provvedimento suddetto attraverso una serie complessa ed articolata di censure di seguito così riassunte:

I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 6, 10 e 10 bis della Legge n. 241/90- Violazione e falsa applicazione degli artt. 22, 23 e 26 del D. lgs. 152/06- Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 18 e 18 bis del Regolamento Regionale (delle procedure VIA-VAS-AIA) n. 3/08- Difetto di motivazione e di istruttoria- Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e ingiustizia manifesta- Violazione e falsa applicazione del principio di collaborazione e lealtà procedimentale- Violazione e falsa applicazione del principio del dissenso costruttivo- Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. - Violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, trasparenza, buon andamento e non aggravamento dell’azione amministrativa.

Con la prima doglianza, Marina Costa srl lamenta che l’Amministrazione, dopo aver sollecitato la documentazione integrativa a sostegno dell’attendibilità tecnica del progetto per il tramite della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’iniziativa ex art. 10 bis L.241/90, non ne avrebbe poi debitamente tenuto conto, riconfermando il parere negativo senza adeguatamente motivare le ragioni per cui le integrazioni documentali non potevano essere ritenute idonee e sufficienti per il positivo superamento della procedura di VIA.

II. Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, 22 e ss. del D.Lgs.n.152/06- Difetto di istruttoria- Carenza ed erroneità di motivazione- Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta- Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. - Violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, trasparenza, buon andamento e non aggravamento dell’azione amministrativa.

Con la seconda doglianza, la società ricorrente contesta all’Amministrazione l’erroneo richiamo alla vigenza delle misure di salvaguardia contenute nel QTRP (Quadro Territoriale Regionale a valenza Paesaggistica) adottato con la deliberazione del Consiglio Regionale n. 300 del 22 aprile 2013, nonostante le stesse fossero state superate per effetto dell’approvazione del nuovo QTPR datata 1.8.16 e, dunque, prima della registrazione del provvedimento impugnato avvenuta il 3.8.16.

L’Illogicità e l’incongruenza del parere dell’organismo tecnico-valutativo emergerebbe da una rilevata quanto insussistente difformità del progetto rispetto al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) che, adottato dalla Provincia di Reggio Calabria il 4.4.11, contemplava la realizzazione di nuovi porti turistici e in particolare quello di Scilla per n. 352 posti barca.

La stessa Struttura non avrebbe mai contestato prima l’elevata incidenza negativa del progetto di porto turistico sui siti di rilevante interesse ambientale, meglio conosciuti come Natura 2000, a maggior ragione dopo essersi favorevolmente espressa, per quanto di competenza, sulla VAS e sulla valutazione di incidenza sul PTCP approvato dalla Provincia il 26.5.16.

Le specifiche tecniche del progetto elaborato dalla proponente risulterebbero infine coerenti con lo Studio di Impatto Ambientale (SIA), la cui adeguatezza e completezza rispetto ai requisiti previsti dal dato normativo era fuori discussione.

III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della Legge n. 241/90- Difetto di istruttoria- Carenza ed erroneità di motivazione- Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti- Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta- Violazione e falsa applicazione del principio di collaborazione- Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa- Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, trasparenza, buon andamento e non aggravamento dell’azione amministrativa.

Con la terza censura, la società ricorrente, confutando attraverso una non sempre perspicua analisi tecnico-settoriale i singoli rilievi ostativi opposti in sede di controdeduzioni dalla Struttura di Valutazione, si duole delle incongrue e contraddittorie risultanze cui è addivenuto l’organo competente circa la negativa valutazione di compatibilità ambientale ritenendo insufficienti o del tutto assenti le relazioni specialistiche presentate.

IV. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della L. 241/90- Difetto di istruttoria- Carenza ed erroneità di motivazione- Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti- Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta- Violazione e falsa applicazione del principio di collaborazione- Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa- Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, trasparenza, buon andamento e non aggravamento dell’azione amministrativa.

Col quarto e ultimo motivo di ricorso si censura l’illegittimità del provvedimento impugnato perché, se anche si volesse dar credito alle critiche dell’organo tecnico circa le presunte carenze dell’integrazione documentale allegata al progetto sotto il profilo del incongruenza dell’analisi ambientale, l’Amministrazione resistente ben avrebbe potuto ovviarvi ricorrendo, in ossequio ai rubricati principi di matrice comunitaria, all’introduzione di misure compensative o di puntuali prescrizioni, onde contemperare l’interesse alla tutela dell’ambiente con il minor sacrificio esigibile in capo all’interesse privato o, per lo meno, era questo l’affidamento che la società ricorrente aveva riposto sull’esito della istruttoria condotta dall’Autorità competente.

Marina Costa Viola srl ha concluso anche in via istruttoria, chiedendo nei limiti consentiti dagli artt.66 e 67 c.p.a., l’ammissione di mezzi istruttori tesi ad accertare l’erroneità dei presupposti fattuali sui quali si erano radicati il provvedimento impugnato e i relativi atti presupposti, oltre che l’erroneità nella scelta delle norme tecniche e giuridiche di cui sarebbe stata data cattiva applicazione.

7.Con memoria difensiva depositata il 20.03.17 si è costituita in giudizio la Regione Calabria, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame e sottolineando che la valutazione d’incompatibilità ambientale effettuata dall’Amministrazione competente in sede di procedura di VIA, in quanto tipica espressione di discrezionalità tecnica, non sarebbe sindacabile se non sotto i profili di illogicità ed irragionevolezza qui pacificamente non sussistenti.

Più nel dettaglio, la difesa regionale ha fatto leva, in primo luogo, sulla natura altamente discrezionale del potere di cui, per giurisprudenza pacifica, dispone l’Autorità competente nell’apprezzare la portata negativa di progetti impattanti sul contesto ambientale sia in sede di pianificazione (VAS) che in sede di localizzazione del singolo intervento da approfondire in sede di VIA.

Nel caso di specie, sarebbe incensurabile il modus operandi della P.A. laddove non esiste alcun obbligo di carattere normativo che vincoli la stessa a riscontrare positivamente la partecipazione procedimentale del privato, non bastando il mero apporto di costui a giustificare l’eventuale parere positivo di seconda istanza e potendo le integrazioni istruttorie non risultare ancora sufficienti a orientare in senso positivo il giudizio precedentemente formulato dal competente organo tecnico.

In secondo luogo, ad avviso della Regione, le criticità del progetto preliminare, già segnalate con la comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis L.n.241/90, non sono state assolutamente sanate dalla società ricorrente, discostandosi l’elaborato tecnico dai vincoli normativi contenuti in espresse previsioni di piani settoriali quali il QTPR (Quadro Territoriale Regionale a valenza Paesaggistica) e il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), la cui efficacia paralizzante è stata anticipata da puntuali misure di salvaguardia, tradottesi in vere e proprie norme vincolanti, tali da non far ritenere il progetto il migliore e il più sostenibile dal punto di vista dell’impatto ambientale.

In terzo luogo, la Regione ha valorizzato l’assoluta inaccettabilità del progetto a causa dell’incidenza altamente pregiudizievole sui siti Natura 2000 (in particolare delle specie protette a livello comunitario della “Prateria di Posidonia” e di corallo nero che interessano proprio le aree sulle quali il porto dovrebbe svilupparsi, la cui presenza comprometterebbe in maniera irreparabile la riproduzione di dette specie, attualmente elevate a ZSC).

Il progetto non sarebbe fondato su studi specialistici idonei ad offrire garanzia che tanto l’edificanda struttura quanto gli stessi lavori di sistemazione ad essa presupposti possano salvaguardare il mantenimento a breve e a lungo termine degli habitat e dell’ecosistema naturale di particolare rarità protetto.

La riprova sarebbe data dall’assenza di un cronoprogramma necessario ad adeguare lo svolgimento dei lavori ai cicli riproduttivi delle specie animali e rigenerativi di quelle vegetali che parte ricorrente si è riservata di stilare in un momento successivo rispetto alla fase autorizzativa e ciò è inaccettabile per ottenere un vaglio positivo in termini di VIA.

Il progetto difetterebbe, altresì, di studi specialistici necessari per le attività di dragaggio e rinascimento in grado di dimostrare la non incidenza di esse sull’ambiente, oltre che della mancanza di una dettagliata analisi costi-benefici, quest’ultima considerata elemento indispensabile per valutare la fattibilità economico-sociale di un progetto d’investimento così considerevole.

L’irrealizzabilità dell’opera sarebbe, infine, agevolmente deducibile dall’assenza di un titolo di concreta disponibilità delle aree in convenzione con RFI e ANAS su cui deve erigersi parte della struttura portuale destinata anche a ricevere insediamenti commerciali ed uffici direzionali e dall’incongruenza del progetto preliminare rispetto a quello definitivo in punto computo dei posti barca (con la previsione prima di 356 posti barca e poi di 336).

Sarebbe poi priva di fondamento scientifico l’asserzione di parte ricorrente di ritenere che la costruzione del porto possa contribuire al ripopolamento proprio delle specie oggetto di protezione e non, come logicamente prevedibile, ad una loro irreversibile compromissione.

Anche il tentativo da parte della società di “minimizzare” l’importanza delle necessarie operazioni di bonifica della discarica abusiva presente sull’area destinata alla costruzione del porto turistico, omettendo qualsiasi presa di posizione progettuale sui tempi e sulle modalità della loro esecuzione necessariamente antecedenti all’avvio della realizzazione dell’opera, demandandolo ad un non meglio precisato momento successivo a quello autorizzativo, non faceva che aggravare i limiti tecnici e funzionali delle variegate componenti progettuali al punto da rendere complessivamente insuperabile il giudizio negativo di compatibilità ambientale.

8.Il Comune di Scilla e la Città Metropolitana di Reggio Calabria, pur ritualmente evocati, non si sono costituiti in giudizio.

9.La ricorrente ha replicato alle argomentazioni difensive della Regione Calabria, illustrando ulteriormente le ragioni di fatto e di diritto utili ad una eventuale pronuncia di accoglimento del ricorso.

10.Così fissati i termini della controversia, all’udienza pubblica del 20 marzo 2019 il ricorso veniva discusso ed introitato per la decisione.

DIRITTO

11.E’controversa in giudizio la legittimità della valutazione negativa di compatibilità ambientale formulata, sulla scorta di conformi pareri istruttori della Struttura Tecnica di Valutazione interna (d’ora in avanti STV), dalla Direzione generale reggente del Dipartimento n.11 “Ambiente e Territorio” della Regione Calabria sul progetto di riqualificazione costiera per la realizzazione di un porto turistico in località Oliveto nel Comune di Scilla (RC).

Prima di procedere allo scrutinio del ricorso nel merito, il Collegio ritiene opportuno richiamare in breve, in quanto decisivi ai fini del presente giudizio, i principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa relativamente ai limiti del sindacato giurisdizionale in tema di valutazione di impatto ambientale.

Secondo il più recente indirizzo “nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, l'amministrazione esercita un'amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa” (Cons. St. sez. IV, 18.5.18 n.3011; TAR Lazio sez. II, 26.11.18 n.11460; Cons.St. sez. IV, 10.2.17 n.575).

Il corollario principale di siffatta impostazione è che l’apprezzamento e la ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti nell’esecuzione dell’opera “è sindacabile dal giudice amministrativo, nella pienezza della cognizione del fatto, soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione” (cfr. Cons. St. sez. IV, 27.3.17 n.1392; TAR Veneto sez. III, 2.11.16 n.1225).

12.Ciò posto sul piano della tecnica di sindacato adottabile in tema di VIA, il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato in relazione a tutte le censure dedotte.

Sul piano argomentativo e motivazionale, i motivi di gravame di cui al ricorso introduttivo, pur non essendo suscettibili di trattazione unitaria, sollecitano preliminarmente una comune riflessione di massima.

In linea generale, va rilevato che ogni trasformazione del territorio implica, a cura dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico e ambientale, un giudizio di compatibilità del nuovo assetto che si vorrebbe realizzare con i valori che esso intende proteggere, teso a verificare se ed in quale misura le ulteriori opere vadano ad incidere sul contesto di riferimento.

Se è indubbio, infatti, che l’incremento delle infrastrutture portuarie è valutato con favore dal legislatore comunitario, da quello nazionale e da quello regionale (v.“Masterplan per lo sviluppo della portualità regionale” approvato con DGR del 14.10.11) è, tuttavia, altrettanto evidente che le direttive di settore e la normativa interna (D.Lgs n.152/06) fanno salvo l’esercizio di poteri pubblicistici ad alto tasso di discrezionalità, da parte dello Stato e delle autonomie locali, specialmente in vista del contemperamento tra progettazione di nuove infrastrutture ed esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e dell’ordinato assetto del territorio.

Nell'esercizio della funzione di tutela, l'obiettivo primario perseguito dagli enti territoriali (qui Regione Calabria) consiste nel preservare l’ambito territoriale vincolato nel quale si collochi l'opera, in considerazione delle effettive e reali condizioni dell'area d'intervento.

Sotto ulteriore profilo, va dato atto che la valutazione ambientale di cui si discute è stata effettuata sulla base di una valutazione di natura complessa, che ha abbracciato la consistenza del vincolo paesaggistico, ambientale ed idrogeologico gravante sull’area, nonché gli aspetti dell’estensione e della collocazione del porto in relazione possibili conseguenze che sarebbero derivate dalla sua realizzazione e messa in esercizio: in breve, sia su considerazioni collegate ad un giudizio tecnico opinabile, sia su considerazioni di opportunità amministrativa.

L’insediamento del porto turistico in questione si colloca, infatti, su un sito caratterizzato da aree di rilevante attenzione naturalistica ed ambientale (rete europea Natura 2000) caratterizzato dalla presenza di specie marine protette e valorizzate da puntuali disposizioni normative, in particolare di livello comunitario, nonchè da una situazione oreografica ad alto rischio di erosione.

La Struttura di Valutazione Tecnica regionale, esaminati i presupposti di fatto e analizzato il progetto, rispetto al quale venivano sollevati copiosi e consistenti rilievi in ordine alla sostenibilità ambientale dell’intervento destinato a ricadere nelle predette aree di attenzione, con articolata ed esauriente motivazione ha espresso la propria valutazione in termini negativi, prendendo in considerazione gli stessi elementi emersi dallo studio di impatto ambientale presentato dalla società.

Tale valutazione non presenta elementi da cui desumere alcun travisamento dei fatti, o irragionevolezza o manifesta illogicità.

13.Passando al merito dei singoli mezzi di tutela, non è innanzitutto meritevole di accoglimento la prima censura relativa alla violazione dei principi del contraddittorio procedimentale.

Contrariamente a quanto prospettato dalla società ricorrente, dalla lettura del sopra ricordato ed impugnato documento istruttorio del 13.7.16 rilasciato dalla Struttura Tecnica di Valutazione VAS-VIA-AIA-VI emerge, al di là di ogni ragionevole dubbio, che tutte le osservazioni svolte dall’interessata all’esito della comunicazione di cui all’art 10 bis della legge n. 241 del 1990 sono state puntualmente esaminate, non potendo ovviamente costituire motivo di illegittimità del provvedimento il fatto che le stesse siano state poi respinte.

Del resto, va osservato, per un verso, che non è stato provato quali sarebbero state le eventuali ulteriori (e diverse da quelle già esaminate) osservazioni e controdeduzioni che avrebbero dovuto essere approfondite, visto che le contestazioni della P.A. hanno investito la carenza tecnica dell’analisi delle componenti ambientali in relazione ai fattori negativi di impatto ambientale; per un altro verso, che, secondo un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale, ai fini della legittimità di un provvedimento non è necessario che la motivazione contenga un’analitica confutazione delle osservazioni e controdeduzioni svolte dalla parte, essendo invece sufficiente che dalla motivazione si evinca che l’amministrazione abbia effettivamente tenuto conto nel loro complesso di quelle osservazioni e controdeduzioni per la corretta formazione della propria volontà o del proprio giudizio (Cons. St., sez. V, 8.4.14, n. 1662).

Ed invero, nella vicenda in decisione, il Collegio non ravvisa alcun difetto di motivazione nel parere del 13.7.16 emanato dall’Ufficio Tecnico preposto alla valutazione VIA.

L’organo istruttorio, nella sua determinazione conclusiva, ancora negativa, non si è limitato a confermare le ragioni di rigetto già enunciate nel preavviso ma, per ciascuno dei quindici punti contestati, ha preso posizione su tutte le ragioni formulate dall’interessata nell’ambito del contraddittorio predecisorio con argomentazioni finalizzate a confutarne la fondatezza ed uniformandosi ai principi della giurisprudenza amministrativa più recente, ivi inclusa quella esibita dalla difesa della ricorrente all’ udienza di discussione (ossia Cons. St. sez. V, 15.3.19 n.1705).

Nel caso di specie, il progetto non difettava unicamente di carenze documentali, ma di vere e proprie carenze dal punto di vista dell’analisi ambientali che dovevano essere supportate da studi specialistici e che l’organo istruttorio ha ritenuto non colmate e/o superate dalle controdeduzioni della ricorrente. Si vedano, ad esempio, quanto all’attendibilità dello Studio di Incidenza, la rilevata assenza di un cronoprogramma rispettoso dei cicli produttivi che logicamente si è negato possa presentarsi in un momento successivo a quello della progettazione definitiva (pag.6 parere del 13.7.16); oppure, quanto alla scarsa attenzione sugli interventi di mitigazione da concepire in relazione alle aree rientranti nella Rete Natura 2000, la contraddizione colta nella previsione progettuale secondo cui la realizzazione del porto e delle annesse infrastrutture favorirebbe il mantenimento e il ripopolamento dell’ habitat prioritario anziché esserne concreto fattore di rischio.

Quanto alla dedotta circostanza che il procedimento avrebbe dovuto ispirarsi alla ricerca di una soluzione progettuale concordata tra il soggetto proponente e l’Autorità competente, trovando il fisiologico momento di “snodo” chiarificatore nel cd. ” dissenso costruttivo”, non può non rilevarsi che ciò costituisce un obiettivo tendenziale da realizzare ove possibile, dovendo l’organo tecnico accertare ante omnia che l’elaborato ottemperi alle minimali e specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso.

Né al riguardo può dirsi vulnerato alcun legittimo affidamento, dal momento che la mera partecipazione al contraddittorio procedimentale nell’ottica di collaborazione e cooperazione tra privato e l’Autorità competente non comporta di per sé l’adeguamento della P.A. ai chiarimenti forniti dal privato, non sussistendo alcun vincolo di carattere normativo della stessa a conformarsi solo per il fatto che il privato sia stato collaborativo in quella sede.

Anche successivamente al contraddittorio procedimentale, a seguito di comunicazione ex art. 10 bis, l’Amministrazione era libera di non mutare la sua valutazione antecedente, qualora le criticità prima sollevate fossero restate tali da disattendere il giudizio positivo di VIA.

14.Col secondo motivo di gravame la ricorrente contesta l’erroneo richiamo alla vigenza delle misure di salvaguardia contenute nel QTRP (Quadro Territoriale Regionale a valenza Paesaggistica) adottato con la deliberazione del Consiglio Regionale n. 300 del 22.4.13, nonostante le stesse fossero state superate per effetto dell’approvazione del nuovo QTRP in data 1.8.16 e, dunque, prima del provvedimento impugnato risalente al 3.8.16.

Le censura non è condivisibile.

Tralasciando che l’impugnato parere negativo di compatibilità ambientale (assunto con prot. n.908 dal Dirigente generale del Dipartimento n.11 “Ambiente e Territorio” in data 21.7.16 e in data 3.8.16 annotato sul registro dei decreti dei dirigenti della Regione Calabria) risulta conforme alla normativa vigente all’epoca della sua emanazione, il Collegio ritiene di poter condividere sul punto le argomentazioni difensive della Regione Calabria, nel senso che quelle che prima erano (provvisorie) norme di salvaguardia sono diventante vere e proprie norme vincolanti con l’approvazione del nuovo Quadro Paesaggistico.

L’art.6 comma 4 del QTRP approvato il 1.8.16 prevede infatti che: “Dalla data di adozione del QTRP ai sensi dell’art. 25 comma 4 della LR 19/02 e fino all’approvazione del Piano Paesaggistico, ai beni paesaggistici di cui al comma 1 si applicano le misure di salvaguardia di cui all’articolo 12 comma 3 del TU edilizia n.380/01e successive modifiche ed integrazioni” con la conseguenza che trovano conferma tutti i motivi ostativi alla realizzabilità del porto di Scilla allo scopo di preservare alcune rilevanti componenti paesaggistico – ambientali, quali le Falesie ( art.6 comma 5) e gli ambiti costieri marini.

Rispetto a questi ultimi, l’art.11 comma 2 prescrive “1.Limitatamente ai tratti costieri non antropizzati e non urbanizzati, posti fuori dai centri abitati (per “centri abitati” si intende quanto definito dal Nuovo codice della Strada art. 4 del D.Lgs. n. 285 del 30.4.1992), fatte salve le previsione dell’articolo 146 del D.Lgs 42/04, il QTRP, nelle more dell’adozione dei Piani Paesaggistici d’Ambito, prescrive il divieto assoluto di edificabilità nella fascia costiera interna ai 300 ml dal confine del demanio marittimo, (linea SID cosi come definita dalla cartografia catastale), e fino ad un massimo di 500 mt dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sul mare”.

A norma dell’art.12 comma 5 lett. b) del QTRP “Sono esclusi nuovi interventi sulle aree fluviali e lacustri, al di fuori dei centri urbani così come definiti all’articolo 11, ad eccezione di quelli necessari per la messa in sicurezza, la riduzione dei livelli di rischio ambientale” e infine a norma della lett.c) dello stesso articolo “All’interno dei piani di spiaggia, i Comuni dovranno prevedere le zone di rinaturalizzazione in prossimità delle foci, al fine di restituire al medesimo corso d’acqua una caratterizzazione della riqualificazione naturalistico-ambientale delle stesse che riesca a mettere in relazione il sistema costiero con quello montano”.

In mancanza dei necessari strumenti di pianificazione territoriale (PSC e Piano di Spiaggia da sottoporre a VAS), il progetto presentato dalla ricorrente non può quindi essere realizzato attraverso interventi edilizi o di trasformazione del territorio diretti perché in contrasto con le sopra citate norme di salvaguardia, efficaci e vincolanti nella loro portata inibitoria fino all’approvazione dei Piani Paesaggistici d’Ambito regionali (v. art. 30 del Tomo IV del QTRP Adeguamento dei PSC/PSA/e PTCP al punto “D” “A far data dall’adozione del QTRP le competenti amministrazioni pubbliche, sospendono ogni determinazione relativa a domande dirette ad ottenere permessi ad interventi di trasformazione del territorio che siano in contrasto con le sue prescrizioni”).

La censura è infondata anche nella parte in cui è rivolta a far risaltare la contraddittorietà tra la VIA negativa e gli strumenti pianificatori approvati dagli organi rispettivamente competenti (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, Piano regionale degli interventi portuali) che pure contemplano la realizzazione di nuovi porti turistici con la specifica previsione di quello di Scilla, progettato ora dalla società ricorrente ,rispetto al quale rileverebbe il nulla osta rilasciato dal Settore Pianificazione Territoriale ed Urbanistica della Provincia di Reggio Calabria anche per quanto riguarda la compatibilità del progetti con la tutela dei siti Natura 2000.

A tal proposito, il Collegio osserva che in materia ambientale le funzioni assolte dai piani e dai programmi rispondono a logiche e finalità diverse da quelle delle “autorizzazioni” qual è la VIA.

La funzione di pianificazione si esplica per mezzo di atti generali volti a distribuire sul territorio, o in senso ampio tra i consociati, le risorse a disposizione e a predisporre un intervento complessivo in un settore per mezzo di un insieme coordinato di misure.

Dal momento che l’eventuale pregiudizio dell’interesse ambientale si connota nella maggioranza dei casi come irreversibile, un’efficace tutela può essere approntata predisponendo un controllo a monte dell’incidenza degli altri interessi su quello ambientale.

Lo strumento che consente il più efficace espletamento di tale funzione è quello autorizzatorio (VIA, VAS) che in materia ambientale è quantitativamente preponderante.

E’ noto che la VIA è una procedura che viene utilizzata per la valutazione dei progetti e delle singole opere.

Essa si adotta nella fase di progettazione, ossia quella in cui è più facile individuare scientificamente i potenziali impatti ambientali e le possibili alterazioni delle componenti naturali causate dalla messa in opera. Infatti, il principio che regola la sua attuazione è quello della prevenzione del rischio, che viene quindi previsto e studiato al fine di vagliare alternative e soluzioni più compatibili.

A differenza della VAS che si svolge in un momento antecedente all’adozione del singolo progetto per valutare l’impatto dell’intera attività di pianificazione, essa trova applicazione per progetti più 'circoscritti', in quanto mira a valutare l'incidenza sul territorio delle singole opere e di progetti univoci.

Va inoltre precisato che la VIA non ha ad oggetto i contenuti degli atti di pianificazione e di programmazione, né la conformità ai medesimi, ancorchè i citati elementi conoscitivi devono essere forniti all’Amministrazione attraverso lo strumento dello studio di impatto ambientale, appositamente predisposto dal soggetto proponente l’opera.

In questo senso, lo strumento pianificatorio è un mero strumento di descrizione imposto ai fini di una attività istruttoria completa ed esaustiva che si inserisce nell’ambito di una più vasta attività istruttoria asservita alla determinazione finale di VIA e, conseguentemente, “il potere riconosciuto all’attività amministrativa competente per la VIA non è un mero potere di riconoscimento di compatibilità con soluzioni pianificatorie già definite ma un potere di incisione diretta, con valutazione di possibili soluzioni alternative, anche svincolate dagli strumenti pianificatori preesistenti” (cfr.TAR Piemonte, sez. II, 15.4.05 n.1028).

Pertanto, l’ipotesi contenuta nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, piuttosto che nel Piano degli interventi portuali o altro equipollente, che a Scilla possa realizzarsi un porto turistico non equivale, sotto il profilo dell’impatto ambientale, ad automatica assentibilità, dell’opera poiché l’ulteriore attività forma oggetto di autonoma valutazione, positiva o negativa che sia.

Lo stesso dicasi in ordine al parere favorevole espresso dalla stessa STV del Dipartimento Regionale Territorio Ambiente relativamente alla VAS e alla valutazione di incidenza sul PTCP che prevede la realizzazione di un porto, in quanto evidentemente rilasciato non solo in una fase antecedente all’adozione del singolo progetto presentato dal soggetto proponente, ma anche in funzione di un interesse (strategico) diverso che è quello di accompagnare la redazione stessa dell’atto di pianificazione e programmazione e non quello di controllare la compatibilità ambientale dello stesso.

Non c’è dubbio, infine, che la competenza ad esprimersi in ordine allo Studio di incidenza sugli effetti che piani, programmi e progetti possano produrre sui Siti Natura 2000 (qui interessanti il SIC “Costa Viola e Monti s. Elia”, il SIC “Fondali di Scilla” e la ZPS “Costa Viola”) appartenga in via definitiva ed esclusiva al Dipartimento delle Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria, stante l’inequivoco tenore letterale del combinato disposto degli artt.3 e 6 del Regolamento della Procedura di Valutazione di Incidenza –Direttiva 92/43/CEE “Habitat” approvato con Delibera di Giunta Regionale n.749/09.

Quanto alla formale completezza dello Studio di Impatto Ambientale rispetto al dato normativo di cui all’art.7 del Regolamento regionale n.3/08, il Collegio, nel rilevare come il SIA non risulti comunque depositato in atti, osserva che il parere istruttorio rilasciato nel 2015 dalla STV ne ha bocciato i contenuti tramite una dettagliata analisi specialistica che ne ha motivatamente evidenziato l’insufficienza rispetto ad alcuni aspetti fondamentali, quali ad esempio, il sistema di dragaggio dello specchio d’acqua interno protetto il quale necessitava di uno studio specifico assente in progetto, le attività di bonifica di una discarica abusiva presente nel sito di cui non vengono prospettate le modalità tempistiche ed operative, le necessarie planimetrie che descrivano l’organizzazione del cantiere e delle cave di approvvigionamento dei quantitativi del materiale inerte di cui si sconosce il quantitativo finale e l’organizzazione del trasporto.

15.Con il terzo motivo di gravame Marina Costa Viola srl “ripercorre” i singoli punti del progetto che non hanno superato il vaglio istruttorio da parte dell’Autorità competente.

Viene sottoposta a critica, in quanto illogica ed inattendibile dal punto di vista tecnico, ciascuna delle valutazioni negative opposte dalla Struttura Tecnica di Valutazione che fanno di quello presentato dalla società ricorrente un progetto irrealizzabile da punto di vista dell’impatto ambientale.

Richiamando quanto sopra detto sub. §11 in ordine ai limiti del sindacato del G.A. in materie connotate da un grado molto elevato di discrezionalità tecnica, nota la Sezione che, nella fattispecie all'esame, la valutazione operata dalla Struttura Tecnica di Valutazione non si atteggia come irragionevole, incongrua e non esaustiva ed è, in quanto tale, insindacabile.

Ne deriva che il mezzo di tutela, nella misura in cui ripropone le osservazioni già svolte dalla ricorrente in sede procedimentale, ma superate dall’organo tecnico alla stregua di un percorso motivazionale coerente con le emergenze istruttorie, non può essere accolto, neppure per quanto riguarda le conclusioni formulate in via istruttoria.

Sotto questo profilo, la richiesta di CTU, invocata da parte ricorrente sull’accertamento dei fatti e l’inesistenza e/o l’erroneità delle regole tecniche applicate al procedimento di VIA, non può trovare ingresso proprio perchè le deduzioni al riguardo sono rivolte alla revisione del giudizio tecnico, tutt’al più meramente opinabile, rimesso all'Amministrazione.

15.1.Volendo comunque esemplificare alcune delle ragioni di rigetto, il Collegio osserva che risponde a criteri di logica e ragionevolezza, oltre che di necessaria prevenzione e di tutela ambientale, l’aver ritenuto che l’esponenziale antropizzazione del territorio in cui dovrebbe sorgere il porto turistico, determinata dalla futura costruzione di opere quali alberghi, esercizi commerciali e centri direzionali, sia direttamente proporzionale alla perdita irreversibile della biodiversità degli habitat e degli ecosistemi naturali, il cui mantenimento e conservazione si intendono invece salvaguardare.

15.2.Analogamente, senza apparenti vizi logici e/o di travisamento, la STV ha censurato il progetto nella parte in cui sottovaluta la mancanza di un titolo di disponibilità e/o utilizzo delle aree in convenzione con RFI e ANAS sulle quali dovrebbe sorgere il porto turistico.

Quest’ultimo, infatti, dovrebbe sorgere in località Oliveto nel Comune di Scilla, snodandosi nell’ambito costiero posto a Nord-Est dell’abitato di Scilla a circa un chilometro di distanza dalla località “Favazzina” ed interessando precisamente un’area compresa tra lo specchio d’acqua e il muro della linea ferroviaria Reggio Calabria - Battipaglia e costeggiando il tratto della SS.18.

Parte ricorrente insiste sulla correttezza e sulla fattibilità della proposta progettuale in parte qua, facendo leva sui pareri favorevoli ottenuti dagli Enti attualmente proprietari, ma -ad avviso del Collegio - ciò non è sufficiente, in quanto il titolo di disponibilità delle aree interessate dal progetto e con esso la loro concreta utilizzabilità integra una condizione indispensabile e presupposta di realizzabilità di qualunque opera pubblica o privata di interesse pubblico.

15.3.Per quanto concerne le carenze dal punto di vista dell’analisi ambientale, ne sono state rilevate molteplici nel progetto in esame che, oggettivamente, non sembrano poter essere validamente contestate.

E’ pacifico che sull’area di edificazione del porto è presente una discarica abusiva, le cui operazioni di bonifica la società ricorrente si è riservata di dettagliare in sede di progettazione esecutiva, non offrendo nelle more alcuna indicazione sulle modalità attraverso le quali la bonifica della discarica abusiva verrà effettuata.

La ricorrente, sul punto, ha avuto modo di sostenere che non potrebbe in alcun caso avviare la bonifica, non essendo la responsabile dell’inquinamento e non avendo ancora nemmeno la proprietà, la disponibilità e/o la custodia dell’area.

Purtuttavia, reputa il Collegio che, se non altro alla stregua del principio comunitario di precauzione, correttamente la STV ha stigmatizzato la mancanza di un elemento, così essenziale da generare gravi ripercussioni sul contesto ambientale e sull’habitat limitrofo, soprattutto se lasciato nell’alveo dell’indeterminatezza temporale.

15.4.Anche la mancata indicazione in sede di progettazione definitiva di un cronoprogramma dei lavori ha integrato avveduto e prudente elemento di valutazione negativa.

Esso ha la funzione di modulare i lavori dell’opera compatibilmente alle esigenze di tutela dell’ambiente, dovendone auspicabilmente scandire il ritmo in base ai periodi riproduttivi delle specie animali protette e al periodo di riposo vegetativo della flora.

Non è quindi logicamente prima che tecnicamente accettabile l’ipotesi che la redazione del cronoprogramma possa essere demandata ad una fase successiva alla valutazione d’incidenza, in quanto elemento fondamentale che deve essere adeguatamente considerato all’atto della progettazione.

15.5.L’impugnata determinazione sfugge da ogni censura di illogicità ed irragionevolezza anche nella parte in cui ha giudicato insufficiente l’analisi costi/benefici prospettata in progetto.

E’ del tutto evidente che tale componente progettuale, per l’importanza che riveste nell’economia complessiva dell’intervento, non può limitarsi ad una generica valutazione qualitativa dei vantaggi economico-sociali, ma deve procedere ad una quantificazione monetaria dei benefici per la collettività, proceduralmente strutturata e opportunamente integrata sia con l’analisi della domanda e dell’offerta sia con l’analisi economico- finanziaria del progetto, che sono fasi di valutazione progettuale necessariamente antecedenti.

Ciò in considerazione del fatto che la procedura VIA comporta un bilanciamento degli interessi ambientali con i principali interessi economici, per cui il parere positivo ricadrà sul progetto meno costoso, ovvero, a parità di costi, su quello avente minor impatto ambientale.

Avuto riguardo in particolare all’art. 4 “Quadro di riferimento progettuale” del Decreto Presidente Consiglio Ministri del 27 dicembre 1988 Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all’art. 6 L. 8 luglio 1986 n. 349, adottate ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M 10 agosto 1988, n. 377, risulta allora ineludibile fornire le necessarie dimostrazioni di convenienza economico- sociale ed ambientale del progetto, attraverso la misurazione del suo contributo al benessere collettivo, quantificando puntualmente i benefici socio- economici generati e le residue esternalità ambientali che la collettività dovrà sopportare o se, viceversa, perseguire l’”opzione zero”.

La mancanza di questo requisito essenziale è ragionevolmente da ritenersi a tutti gli effetti motivo ostativo al parere favorevole del progetto in sede di VIA.

15.6.Da ultimo, il parere istruttorio ha dato adeguata contezza di come il progetto in questione intacchi in maniera irreversibile i siti appartenenti alla rete Natura 2000, area attualmente elevata a Zona speciale di Conservazione, in considerazione dei danni irreparabili che a breve e a lungo termine comprometterebbero il mantenimento e la conservazione degli habitat naturali e degli ecosistemi esistenti.

Come puntualmente documentato dalla difesa regionale, il tratto di costa su cui dovrebbe insediarsi il complesso portuale è infatti un’area a forte rischio di erosione costiera e a forte rischio idraulico (cfr.docc.2-3 parte resistente depositati il 6.2.19), elementi di cui il parere istruttorio ha dato adeguata evidenza e rispetto ai quali il progetto non ha offerto prospettive rassicuranti di contrasto e/o superamento.

15.7.Quanto all’aspetto delle specie protette in via di estinzione della Prateria di Posidonia e del corallo nero, l’asserzione della ricorrente secondo cui il porto verrà realizzato nei pressi della loc. Favazzina dove la Prateria di Posidonia risulta più diradata e che, anzi la presenza del porto contribuirebbe al ripopolamento di detta specie in quell’area, è smentita, oltre che da considerazioni di evidenza logica (l’aumento del carico antropico è per definizione inversamente proporzionale al mantenimento di un ciclo riproduttivo regolare della fauna e della flora esistenti), anche dalla cartografia del monitoraggio 2018 (cfr.all.1 parte resistente) prodotta dall’Amministrazione resistente da cui risulta che l’habitat dell’area sottomarina in questione verrebbe sensibilmente compromessa.

In definitiva, i pur articolati e minuziosi richiami operati dalla ricorrente alla presunta correttezza dei dati posti a fondamento del suo progetto, lungi dal costituire prova di un eventuale difetto di istruttoria ovvero di un travisamento delle risultanze della stessa, si atteggiano in realtà ad un’inammissibile opinione dissenziente rispetto alle conclusioni raggiunte dall’Amministrazione (al contrario sorrette da puntuale, approfondita, ragionevole e coerente motivazione) e come tali non sono idonee a supportare la dedotta illegittimità del provvedimento.

16.Anche il quarto motivo di ricorso con cui si lamenta che le criticità progettuali rilevate avrebbero potuto essere superate da una VIA positiva, seppure con prescrizioni, si profila infondato.

Il competente organo istruttorio ha adeguatamente dimostrato che alcuna misura di mitigazione/precauzione sarebbe stata proponibile per ridurre o evitare impatti legati al tipo di progetto in esame in relazione al sito prescelto.

Le misure di salvaguardia -come sopra rilevato- sono oggi vincolanti a seguito del loro recepimento nel QTRP (Quadro Territoriale Regionale a valenza Paesaggistica) e non consentono la realizzabilità di nessun intervento di trasformazione dei suoli del litorale prospiciente le aree oggetto dell’intervento.

L’art. 30 del Tomo IV del QTRP, “Adeguamento dei PSC/PSA/e PTCP”, al Punto “D – Misure di salvaguardia all’adozione del QTRP” stabilisce che: “A far data dall’adozione del QTRP le competenti amministrazioni pubbliche, sospendono ogni determinazione relativa a domande dirette ad ottenere permessi ad interventi di trasformazione del territorio che siano in contrasto con le sue prescrizioni”.

D’altro canto, all’art. 11 “Riqualificazione e valorizzazione degli ambiti costieri marini” comma 2, il QTRP prescrive il “divieto assoluto di edificabilità nella fascia costiera interna ai 300 metri dal confine del demanio marittimo”.

In ogni caso, le osservazioni formulate dalla STV al progetto presentato dal ricorrente sono talmente diffuse, puntuali e approfondite che sarebbe illegittimo “un provvedimento conclusivo della procedura per la valutazione di impatto ambientale che, per il tramite di prescrizioni e clausole ad esso apposte, rinvii al futuro adempimenti e valutazioni che avrebbero dovuto essere compiuti prima del rilascio della V.I.A” (cfr.TAR Toscana, sez.II, 18.11.11 n.1765).

17.Alla luce delle considerazioni sopra illustrate, il ricorso va nel suo complesso respinto.

18.Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente delle spese di giudizio, che si liquidano in € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2019 con l'intervento dei magistrati:

Caterina Criscenti, Presidente

Agata Gabriella Caudullo, Referendario

Andrea De Col, Referendario, Estensore