TAR Lazio (LT) Sez. I n. 526 del 16 ottobre 2018
Ambiente in genere.Ordinanza contingibile e urgente per motivi sanitari

I presupposti per l’adozione da parte del Sindaco dell’ordinanza contingibile e urgente per motivi sanitari sono la sussistenza di un pericolo imminente e irreparabile per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, la provvisorietà e temporaneità dei suoi effetti e la proporzionalità del provvedimento; pertanto, è illegittima l’adozione di ordinanze sindacali contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni permanenti o quando non sia stata previamente accertata l’esistenza di oggettive ragioni di urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile a tutela della salute pubblica (fattispecie in tema di divieto di pascolo in area industriale dismessa)


Pubblicato il 16/10/2018

N. 00526/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00112/2018 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 112 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Giovanni Cortina, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessia Cerroni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Daniela D’India in Latina, via Isonzo 13;

contro

Comune di Ceccano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Cocco, con domicilio eletto presso lo studio Pietrantonio Rizzo in Latina, via Monte Santo 46;

nei confronti

Associazione Centro Studi Tolerus, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

- per quanto riguarda il ricorso introduttivo, dell’ordinanza sindacale del Comune di Ceccano n. 133 dell’8 novembre 2017, pubblicata nel relativo albo pretorio dall’8 al 23 novembre 2017 e non notificata al ricorrente, nella parte in cui ha disposto il divieto di pascolo nell’area dell’ex SNIA BPD, Bosco Faito, in attesa di analisi e parere da parte dell’ufficio veterinario della ASL territorialmente competente, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;

- per quanto riguarda il ricorso per motivi aggiunti, dell’ordinanza sindacale del Comune di Ceccano n. 10 del 23 febbraio 2018, notificata al ricorrente il 7 marzo 2018, con cui si confermano i contenuti della predetta ordinanza sindacale n. 133 del 2017, nella parte in cui dispone il divieto di pascolo nell’area ex SNIA BPD, Bosco Faito, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ceccano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2018 il dott. Valerio Torano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il ricorrente è comodatario di un terreno di proprietà di Xalien Italia s.r.l. ubicato nel Comune di Ceccano in località Bosco Faito e, in particolare, all’interno del plesso ex SNIA-BPD, sulla quale svolge un’attività di allevamento di suini allo stato semibrado.

Il sito ex SNIA-BPD è un’area industriale dismessa che ospitava una fabbrica di munizioni ed esplosivi, della quale non è stata ancora avviata la caratterizzazione dei rischi ambientali, che è stata inserita con d.m. 22 novembre 2016 n. 321, adottato ai sensi dell’art. 252, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, nel perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale della Valle del Sacco.

2. All’esito di specifici accertamenti sanitari condotti in loco, la ASL di Frosinone, con nota prot. 89531 del 26 ottobre 2017, ha chiesto al Comune di Ceccano di emettere, a tutela e garanzia della salute pubblica e dell’ambiente, un provvedimento che imponesse al “proprietario/detentore” dei manufatti: a) un intervento di bonifica per la rimozione ed il corretto smaltimento dei materiali di amianto in matrice friabile entro il termine massimo di 4 mesi dalla notifica del provvedimento; b) la presentazione di un piano di monitoraggio per la verifica di eventuali mutamenti dello stato di conservazione degli altri materiali di copertura in amianto “in discreto stato di conservazione e con indice di esposizione basso” oppure un intervento di bonifica per la rimozione ed il corretto smaltimento degli stessi.

3. Con ordinanza n. 133 dell’8 novembre 2017, emanata ex art. 50, comma 5, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e non notificata al ricorrente, il Sindaco del Comune di Ceccano, in seguito ai predetti rilievi sanitari, ha imposto alla società proprietaria dell’area concessa in comodato al sig. Cortina e sulla quale vi sono “rifiuti speciali pericolosi”, da un lato, la realizzazione di un intervento di bonifica e messa in sicurezza dal pericolo di inquinamento derivante dalle fibre di amianto e, dall’altro, la predisposizione di un piano di monitoraggio per gli altri materiali in amianto ancora in discreto stato di conservazione. Con il medesimo provvedimento, l’Amministrazione civica ha pure disposto il divieto provvisorio di pascolo sullo stesso terreno, “in attesa di analisi e parere da parte della ASL Ufficio Veterinario” per confermare l’esistenza di rischi sanitari connessi alla presenza di materiali in amianto.

Con ricorso tempestivamente notificato e depositato il sig. Cortina, venuto a conoscenza dell’ordinanza, l’ha impugnata nella parte in cui dispone il predetto divieto di pascolo, chiedendone anche la sospensione in via cautelare, sulla base dei seguenti vizi di legittimità:

I) violazione dell’art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e per omessa notifica del provvedimento;

II) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 50, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000, stante la mancanza dei presupposti di esistenza di un’emergenza sanitaria idonea a legittimare l’imposizione di un divieto di pascolo, con conseguente eccesso di potere per illogicità;

III) eccesso di potere per sopravvenuta carenza di motivazione e/o per contraddittoria motivazione, stante l’omessa revoca del divieto di pascolo a seguito dell’esclusione, da parte della ASL competente, di ogni ipotesi di pericolo per la salute pubblica e degli animali.

In via subordinata, il ricorrente ha chiesto la revoca parziale del divieto in parola e l’autorizzazione all’esercizio del pascolo in aree determinate del fondo nella sua disponibilità.

4. Con nota prot. 100075 del 30 novembre 2017, la ASL di Frosinone ha comunicato al Comune di Ceccano l’esito delle analisi richieste escludendo i rischi ipotizzati dall’Ente locale, “[…] non rappresentando l’amianto, alla luce delle attuali conoscenze, un contaminante delle derrate alimentari (siano esse destinate agli animali produttori di alimento o all’uomo) in grado di determinare, in caso di consumo, effetti patologici o di accumulo. Inoltre, ulteriori controlli eseguiti in proprio dal Servizio Veterinario di ispezione degli alimenti di o.a. riguardo animali macellati e provenienti dal sito de quo e tendenti alla verifica della quantità di metalli pesanti Pb e Cd, hanno dato esito conforme”.

5. Il Comune di Ceccano, previa richiesta, con nota prot. 25356 del 4 dicembre 2017, alla ASL di Frosinone di ulteriori analisi volte ad accertare, questa volta, la presenza di metalli pesanti nel sangue degli animali, ha adottato l’ordinanza sindacale n. 10 del 23 febbraio 2018, notificata anche al ricorrente. Con quest’ultimo atto, l’Ente locale ha confermato la propria precedente ordinanza n. 133 del 2017 “relativamente al divieto provvisorio di pascolo a fini precauzionali, nelle more della identificazione dei potenziali rischi, non solo derivanti dall’amianto, e di una valutazione scientifica, realizzata in modo rigoroso e completo sulla base di tutti i dati esistenti che permetta di escludere ragionevolmente la presenza dei rischi identificati agli esiti del progetto di caratterizzazione, tanto più che è stata accertata la presenza sul sito di animali da pascolo destinati al consumo alimentare”.

L’ordinanza sindacale n. 10 del 2018 è motivata anche con il fatto che l’area ex SNIA-BPD del Bosco Faito è inserita nel sito di bonifica di interesse nazionale della Valle del Sacco ed è stata censita ed evidenziata dal Ministero dell’ambiente e dall’ISPRA come uno dei siti più pericolosi “che necessita di caratterizzazione per il forte sospetto di sostanze inquinanti presenti nel suolo e nel sottosuolo che avrebbero alterato le matrici ambientali” e che “la situazione ambientale e territoriale risulta invariata rispetto a quanto rilevato dallo stesso Ministero […], anche in considerazione della non ancora avvenuta caratterizzazione e bonifica delle aree interessate”. A tal fine, il Comune invoca il principio di precauzione di cui all’art. 301, d.lgs. n. 152 del 2006, che impone “di dare priorità assoluta alla tutela della salute pubblica laddove siano identificati rischi per i quali non si dispone di una valutazione scientifica definitiva”.

Da ultimo, l’ordinanza n. 10 cit. rileva che: a) l’ordinanza commissariale n. 226 del 19 novembre 2010, emanata dal Presidente della Regione Lazio nella sua qualità di delegato per il superamento dell’emergenza nei territori del bacino del fiume Sacco, individua il divieto di stazionamento e pascolo di animali quale misura restrittiva da adottare nelle aree oggetto di perimetrazione provvisoria e cautelativa in essa indicate; b) tra i primi interventi minimali di messa in sicurezza per il sito de quo, l’Amministrazione civica, in conformità alle indicazioni fornite dal Ministero dell’ambiente con nota prot. 27211 del 6 settembre 2011 e in adesione al disposto del d.m. 31 gennaio 2008 n. 4352, aveva già prescritto (con nota prot. 14618/12 dell’11 luglio 2012 indirizzata alla ex SNIA-BPD), “la realizzazione di idonea recinzione e cancello di ingresso al fine di impedire l’accesso nell’area di discarica a personale non autorizzato e ad animali”.

Il sig. Cortina, con atto di motivi aggiunti ritualmente notificato e depositato, chiedendo l’emissione di misure interinali, ha impugnato anche l’ordinanza sindacale n. 10 cit., denunciando i seguenti motivi di illegittimità:

I) violazione dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;

II) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 50, comma 5, d.lgs. n. 267 cit., in virtù della mancanza dei presupposti di emergenza sanitaria idonei a legittimare l’emissione del divieto di pascolo, oltre a eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e violazione del principio di proporzionalità;

III) eccesso di potere per contraddittorietà nella motivazione dell’atto, in relazione alla temute presenza di metalli pesanti nell’area del Bosco Faito, e per l’irragionevolezza della misura disposta in carenza assoluta di istruttoria;

IV) eccesso di potere e contraddittorietà della parte motiva e dispositiva in relazione alla dichiarata conformità alle disposizioni impartite dal Ministero dell’ambiente per la messa in sicurezza dell’area.

In via subordinata, il ricorrente ha nuovamente chiesto la revoca parziale del divieto de quo e l’autorizzazione all’esercizio del pascolo in aree determinate del fondo nella sua disponibilità.

6. Il Comune di Ceccano, costituitosi in giudizio, previa contestazione della legittimazione ad impugnare del sig. Cortina, in quanto semplice comodatario e non proprietario dell’area, ha chiesto la reiezione nel merito del ricorso principale e dei motivi aggiunti.

7. All’udienza camerale del 10 maggio 2018, questa Sezione ha pronunciato ordinanza cautelare di sospensione dell’efficacia delle ordinanze sindacali gravate.

8. All’udienza pubblica dell’11 ottobre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare si rileva l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità formulata dal Comune di Ceccano, ritenendosi sussistente la legittimazione attiva del sig. Cortina ad impugnare le ordinanze sindacali in esame, dal momento che egli, in qualità di comodatario, è detentore qualificato dell’area sulla quale insiste il divieto di pascolo e ciò è sufficiente a stabilire un collegamento giuridicamente apprezzabile tra il ricorrente e i provvedimenti oggi impugnati.

Inoltre, sempre in via preliminare, ai sensi dell’art. 73, comma 1, cod. proc. amm., si rilevano l’inammissibilità e la conseguente inutilizzabilità della memoria depositata dal Comune di Ceccano l’11 settembre 2018, cioè un giorno dopo la scadenza del relativo termine, e dei documenti depositati dalla stessa Amministrazione il 21 settembre 2018, cioè venti giorni dopo lo spirare del termine prescritto, stante la natura perentoria di detti termini, espressione di un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio (cfr. ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2013 n. 916; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 12 giugno 2018 n. 3917; sez. V, 13 aprile 2018 n. 2447; T.A.R. Lombardia, sez. III, 24 agosto 2017 n. 1768; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 6 aprile 2017 n. 4295; T.A.R. Umbria, sez. I, 15 maggio 2015 n. 213).

2. Il ricorso introduttivo è fondato sotto gli assorbenti profili individuati dal ricorrente nel terzo motivo di impugnazione, relativo alla sussistenza di un vizio di eccesso di potere per insufficiente motivazione identificabile nell’omessa revoca del divieto provvisorio di pascolo a seguito dell’esclusione, da parte della ASL competente, della specifica ipotesi di pericolo per la salute pubblica e degli animali posta dal Comune a fondamento di detta limitazione all’uso del terreno in godimento al sig. Cortina.

2.1 Infatti, avendo l’Amministrazione civica espressamente condizionato l’operatività della misura restrittiva de qua al ricevimento delle analisi a tal fine richieste alla ASL di Frosinone, non vi è dubbio che l’Ente avrebbe dovuto revocare il divieto di pascolo in esito alla nota del 4 dicembre 2017, con cui l’Amministrazione sanitaria ha dichiarato l’insussistenza dei rischi precedentemente ipotizzati dal Comune di Ceccano “[…] non rappresentando l’amianto, alla luce delle attuali conoscenze, un contaminante delle derrate alimentari (siano esse destinate agli animali produttori di alimento o all’uomo) in grado di determinare, in caso di consumo, effetti patologici o di accumulo. Inoltre, ulteriori controlli eseguiti in proprio dal Servizio Veterinario di ispezione degli alimenti di o.a. riguardo animali macellati e provenienti dal sito de quo e tendenti alla verifica della quantità di metalli pesanti Pb e Cd, hanno dato esito conforme”.

2.2 L’accertata esistenza di tale radicale vizio di legittimità consente di assorbire la disamina degli altri due motivi di doglianza e di disporre l’annullamento della gravata ordinanza sindacale nella sola parte relativa all’introduzione di un divieto di pascolo provvisorio.

3. Il ricorso per motivi aggiunti è, invece, fondato quanto al secondo, terzo e quarto motivo di censura.

3.1 Il primo motivo aggiunto di ricorso, relativo all’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, è infondato poiché l’art. 7, l. n. 241 del 1990, esclude l’obbligo di previa comunicazione di avvio quando “sussistono ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento” e fa comunque “salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari”; ipotesi, queste, che ben si attagliano alle ordinanze sindacali contingibili e urgenti adottate dal Sindaco ex art. 50, comma 5, d.lgs. n. 267 cit. (Cons. Stato, sez. V, 1° dicembre 2014 n. 5919; sez. II, 15 marzo 2011 n. 1169; sez. V, 29 settembre 2000 n. 4906: T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 18 luglio 2017 n. 1632; T.A.R. Piemonte, sez. I, 30 giugno 2016 n. 956; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 23 aprile 2015 n. 646; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 17 febbraio 2015 n. 485; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 1° agosto 2013 n. 1217).

3.2 Fondato è, invece, il secondo motivo aggiunto di impugnazione, concernente la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 50, comma 5, d.lgs. n. 267 cit., in virtù della asserita mancanza dei presupposti di emergenza sanitaria idonei a legittimare l’emissione in via contingibile e urgente del divieto di pascolo, oltre a eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e violazione del principio di proporzionalità.

Infatti, l’art. 50, comma 5, d.lgs. n. 267 cit., prevede che: “[…] in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale […]”.

Le ordinanze sindacali de quibus costituiscono, quindi, espressione di un potere amministrativo extra ordinem e possono essere adottate esclusivamente per fronteggiare situazioni eccezionali e imprevedibili, laddove si rivelino inutili gli strumenti ordinari posti a disposizione dal legislatore, e dunque in presenza di presupposti tassativi e di stretta interpretazione di pericolo eccezionale e tale da rendere indispensabili interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell’imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato (Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2010 n. 868; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 23 marzo 2018 n. 270; T.A.R. Veneto, sez. I, 24 giugno 2016 n. 675; T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 28 dicembre 2016 n. 381; T.A.R. Sardegna, sez. I, 30 novembre 2012 n. 1080). I presupposti indefettibili delle ordinanze in parola, la cui sussistenza deve essere suffragata da una adeguata istruttoria e da una congrua motivazione, sono: a) l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data, in relazione alla ragionevole previsione di un danno incombente (urgenza); b) l’impossibilità di far fronte alla situazione di pericolo incombente con gli ordinari mezzi offerti dall’ordinamento giuridico (contingibilità); c) la precisa indicazione del limite temporale di efficacia, in quanto solo in via temporanea può essere consentito l’uso di strumenti extra ordinem, che permettono la compressione di diritti e di interessi privati con mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge (Cons. Stato, sez. V, 26 luglio 2016 n. 3369; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 8 settembre 2017 n. 4324; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 12 gennaio 2016 n. 69).

Nel caso di specie, il Comune di Ceccano ha, in primo luogo, adottato la citata ordinanza n. 10 dopo aver acquisito dalla ASL di Frosinone elementi istruttori che, anziché confermare, hanno escluso la presenza di specifici rischi per il pascolo degli animali connessi alla presenza di rifiuti speciali pericolosi e, dunque, si è determinato ad agire in contrasto con le più recenti evidenze scientifiche disponibili senza, tuttavia, fornire un’adeguata motivazione in ordine alle ragioni per le quali esse sarebbero inattendibili o non esaustive. Ciò integra un evidente eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e violazione del principio di proporzionalità, secondo quanto denunciato dal ricorrente.

Inoltre, il provvedimento impugnato è carente per quanto riguarda l’indispensabile requisito dell’urgenza, dal momento che la situazione in cui versa l’ex stabilimento SNIA-BPD di Bosco Faito è nota al Comune di Ceccano quantomeno dal 16 novembre 2011, data di ricezione della nota prot. 27211 del 6 settembre 2011, con la quale il Ministero dell’ambiente ha comunicato che l’ARPA Lazio, con nota del 28 luglio 2011, ha trasmesso la relazione conclusiva delle attività di sub-perimetrazione del sito di bonifica di interesse nazionale del fiume Sacco, già perimetrato provvisoriamente con d.m. 31 gennaio 2008 n. 4352. Infatti, l’area industriale dismessa ex SNIA-BPD (FR0012) è stata individuata dall’ARPA Lazio nell’ambito delle attività poste in essere in esecuzione della convenzione conclusa con il Ministero dell’ambiente e la Regione Lazio il 31 ottobre 2008 e avente ad oggetto la sub-perimetrazione del predetto sito di bonifica. Ebbene, il decorso di un così considerevole lasso di tempo dal profilarsi della situazione di potenziale pericolo per la salute pubblica, in assenza di elementi di novità che il provvedimento impugnato non esplicita – e che anzi esclude, dando conto del fatto che “[…] ad oggi la situazione ambientale e territoriale risulta invariata rispetto a quanto rilevato dallo stesso Ministero […] anche in considerazione della non ancora avvenuta caratterizzazione e bonifica delle aree interessate dal presente provvedimento” – rende l’ordinanza sindacale gravata illegittima per difetto del presupposto dell’urgenza.

L’ordinanza n. 10 cit. è, poi, mancante anche sotto il profilo della contingibilità, cioè dell’impossibilità di far fronte a una situazione di pericolo incombente con gli ordinari mezzi di azione previsti dalla legge, sol che si considerino gli ampi poteri di ordinanza che il Sindaco può esercitare in materia di abbandono di rifiuti, peraltro nell’ambito di una competenza esclusiva, ai sensi dell’art. 192, d.lgs. n. 152 cit., che nella specie non è stata attivata.

Infine, anche il requisito della temporaneità della misura restrittiva introdotta in via contingibile e urgente non è stato rispettato, considerato che nessun termine certo è stato, in realtà, apposto all’efficacia del provvedimento restrittivo per la situazione giuridica del ricorrente.

3.3 Fondato si rivela pure il terzo motivo aggiunto di ricorso, con il quale si lamenta il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà nella motivazione dell’atto impugnato, in relazione alla temuta presenza di metalli pesanti nell’area ex SNIA-BPD, e per l’irragionevolezza della misura disposta in carenza assoluta di istruttoria.

Al riguardo, come si è già detto sub 3.2, la decisione di confermare la misura limitativa dell’uso agricolo del terreno è stata irragionevolmente disposta in assenza ed anzi in contrasto con le evidenze scientifiche acquisite in istruttoria, rispetto alle cui conclusioni non è stata fornita alcuna analitica motivazione utile al loro superamento.

Né può ritenersi che tali carenze possano essere superate attraverso il richiamo al principio di precauzione di cui all’art. 301, d.lgs. n. 152 cit., citato tra le motivazioni dell’ordinanza impugnata, per il quale: “1. In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione. 2. L’applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva […]”.

Il c.d. principio di precauzione di derivazione comunitaria, infatti, impone che, quando sussistono incertezze o un ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi (Cons. Stato, sez. IV, 8 febbraio 2018 n. 826; in termini: Cons. Stato, sez. IV, 18 luglio 2017 n. 3559; sez. IV, 27 marzo 2017 n. 1392; sez. V, 18 maggio 2015 n. 2495; sez. III, 6 febbraio 2015 n. 605; sez. IV, 11 novembre 2014 n. 5525; sez. V, 10 settembre 2014 n. 4588; sez. V, 11 luglio 2014 n. 3573; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 10 gennaio 2017 n. 334; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 22 settembre 2015 n. 11328; T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 11 marzo 2015 n. 1504).

Tuttavia, allo stato attuale, sebbene l’ordinanza sindacale gravata sia stata disposta dall’Amministrazione comunale “[…] nelle more della identificazione dei potenziali rischi”, è un dato di fatto che, in attesa che sia realizzata la caratterizzazione del sito, tutti gli accertamenti sinora effettivamente eseguiti in loco dagli organi pubblici competenti hanno dato esito negativo rispetto alle fonti di pericolo ipotizzate, fugando così incertezze o ragionevoli dubbi.

3.4 Da ultimo, appare fondato anche il quarto motivo aggiunto di ricorso, concernente l’esistenza del vizio di eccesso di potere e contraddittorietà della parte motiva e dispositiva in relazione alla dichiarata conformità alle disposizioni impartite dal Ministero dell’ambiente per la messa in sicurezza dell’area.

Al riguardo, non pertinente è il richiamo fatto nel provvedimento impugnato all’art. 1, comma 3, dell’ordinanza n. 226, prot. n. 2035/10, del 19 novembre 2010, emessa dal Presidente della Regione Lazio nella sua qualità di commissario delegato per il superamento dell’emergenza nei territori del bacino del fiume Sacco, il quale prescrive il divieto di stazionamento e pascolo di animali nelle “aree perimetrate”. Infatti, è pacifico che il sito ex SNIA-BPD non sia incluso in nessuna delle tre aree individuate da detta ordinanza e cioè: “a) le aree esondabili con periodo di ritorno inferiore ai 30 anni (fascia A e B1 come definite dall’Autorità di Bacino Liri Garigliano); b) le porzioni di territorio rientranti nella fascia di 100 m dall’argine del fiume, salvo che venga superato un dislivello altimetrico superiore a 5 metri; c) le porzioni di territorio limitrofe alle aree descritte ai punti a) e b) che sono state interessate dalla caratterizzazione ambientale eseguita dall’Ufficio commissariale nel corso del 2008 per il Ministero dell’ambiente, tutela del territorio e del mare, che hanno presentato valori rilevabili per gli isomeri dell’HCH”.

Non pertinente è anche il riferimento alla nota prot. 14618/12 dell’11 luglio 2012, con la quale il Comune di Ceccano ha chiesto alla ex SNIA-BPD (e non, quindi, alla Xalien Italia s.r.l., dante causa del ricorrente) “la presentazione di un piano di caratterizzazione delle aree di propria competenza e, se del caso, l’attivazione dei primi interventi minimali di messa in sicurezza d’emergenza […]” tra i quali “la realizzazione di idonea recinzione e cancello di ingresso al fine di impedire l’accesso nell’area di discarica a personale non autorizzato e ad animali”. Infatti, se, per un verso, l’obbligo di recintare un fondo, cioè di interdirne all’accesso a terzi, è misura diversa dal vietarne l’uso a fini di pascolo da parte del proprietario o dei suoi aventi causa, per altro verso, la sua adozione non è stata neppure prescritta come obbligatoria ma è stata rimessa al prudente apprezzamento del proprietario, come testimoniato dall’utilizzo della locuzione “se del caso”. Sul punto della presenza di preesistenti divieti di pascolo si osserva conclusivamente che, sulla base degli atti di causa, le uniche aree senz’altro interdette all’uso agricolo e al pascolo nel bacino del fiume Sacco risultano essere quelle indicate dalle ordinanze commissariali n. 2, prot. 196/05, del 9 settembre 2005 e n. 226, prot. 2035/10, del 19 novembre 2010, quest’ultima che ha esteso le prescrizioni recate dalla prima (tra cui il divieto di passaggio, stazionamento e pascolo) fino alla confluenza fra il fiume Sacco e il fiume Liri e che riguarda, quindi, anche le anzidette porzioni del territorio del Comune di Ceccano tra le quali non rientra il sito ex SNIA-BPD.

Da ultimo, con riferimento al “forte sospetto di sostanze inquinanti presenti nel suolo e sottosuolo che avrebbero alterato le matrici ambientali” ed alla necessità, evidenziata nella nota del Ministero dell’ambiente prot. 19538 del 19 settembre 2017, di porre in essere non meglio individuati “interventi urgenti sotto il profilo sanitario ed ambientale”, entrambe richiamate dal provvedimento impugnato, si osserva quanto segue. Come già detto, in attesa di caratterizzazione dei rischi, tutte le indagini scientifiche sinora svolte sul posto da organi pubblici hanno escluso, per l’area utilizzata dal sig. Cortina, la presenza delle fonti di rischio che erano state ipotizzate. Ciò vale anche per gli esiti, negativi, delle ultime analisi eseguite dalla ASL di Frosinone, comunicate al Comune di Ceccano con la nota prot. 22777 del 9 marzo 2018 ove, si afferma che i suini allevati dal sig. Cortina producono “carni sapide e i loro derivati possono essere considerati “prodotti di nicchia” molto ricercati sul mercato”. Del resto, l’attivazione del Comune di Ceccano in via contingibile e urgente è stata innescata proprio dalla richiesta della ASL di Frosinone formulata nella citata nota del 26 ottobre 2017, ove si sollecitava l’adozione di provvedimenti a tutela della salute pubblica; richiesta, questa, che non è stata più reiterata nella successiva corrispondenza intercorsa con il Comune. È, invece, da ritenere che, ove la ASL avesse individuato ulteriori fattori concreti di rischio per la salute pubblica, ne avrebbe certamente reso edotta l’Amministrazione civica per le azioni di competenza.

4. In definitiva, va riaffermato che i presupposti per l’adozione da parte del Sindaco dell’ordinanza contingibile e urgente per motivi sanitari sono la sussistenza di un pericolo imminente e irreparabile per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, la provvisorietà e temporaneità dei suoi effetti e la proporzionalità del provvedimento; pertanto, è illegittima l’adozione di ordinanze sindacali contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni permanenti o quando non sia stata previamente accertata l’esistenza di oggettive ragioni di urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile a tutela della salute pubblica.

L’accertata esistenza dei predetti vizi di legittimità comporta l’annullamento anche della seconda ordinanza sindacale.

5. Il regime delle spese di giudizio segue la soccombenza ed è liquidato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina (sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna il Comune di Ceccano al pagamento delle spese di giudizio, che sono liquidate in euro 3.500,00 (tremilacinquecento,00), oltre ad accessori di legge e rifusione del contributo unificato versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Vinciguerra, Presidente

Roberto Maria Bucchi, Consigliere

Valerio Torano, Referendario, Estensore