TAR Piemonte, Sez. I, n. 26, del 8 gennaio 2014
Urbanistica.Costruzione di un soppalco all’interno di un fabbricato

La costruzione di un soppalco all’interno di un fabbricato è comunque soggetta al regime delle opere edili (richiedendo quindi il permesso di costruire o quantomeno la D.I.A.), potendosi al più discutere se trattasi di ristrutturazione edilizia, ovvero di restauro e risanamento conservativo, tenuto conto della sussistenza o meno di un aumento di superficie o di un’alterazione di volume che detta opera comporta. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00026/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01014/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1014 del 2008, proposto da: 
Costruzioni Industriali S.R.L., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mattia Casarotti e Roberta Casulini, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Piemonte, in Torino, corso Stati Uniti, 45;

contro

Comune di Bolzano Novarese;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Franzosi Miranda, Paracchini Agostino, Godi Anna Maria, Botta Antonio e Gagliardi Gian Giacomo, rappresentati e difesi dall'avv. Alessandro Crosetti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, corso Principe Eugenio, 9;

per l'annullamento

- dell'ordinanza n. 05 del 30.4.2008, a firma del Responsabile del Servizio Tecnico, avente ad oggetto "ripristino dello stato dei luoghi a seguito della realizzazione di soppalco interno con struttura in ferro dotato di scaffalature", notificata in data 10.5.2008, con la quale è stato ordinato alla società ricorrente "di procedere al ripristino dello stato dei luoghi nell'ambito dell'immobile ubicato in via per Gozzano al n. 9 e distinto in catasto alla particella 664 del foglio 3 del territorio comunale, mediante la rimozione del soppalco (...)", nonché di tutti gli atti preordinanti e connessi, con particolare riferimento, tra gli altri, ove occorrer possa, all'art. 29 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Bolzano Novarese.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. La Società Costruzioni Industriali s.r.l. è proprietaria di un fabbricato destinato ad uso produttivo sito nel Comune di Bolzano Novarese, via Gozzano, 9, proveniente dai beni del fallimento Rilg S.p.A..

L'immobile di cui trattasi, distinto al Catasto urbano al Fg. 3, mappale 664, sorge su un'area urbanisticamente classificata secondo il P.R.G. vigente ad "aree artigianali e industriali esistenti (PE)" (art. 29 N.T.A. del P.R.G. vigente). Le zone denominate "PE" sono “aree interne al contesto urbano, già occupate da insediamenti a carattere produttivo che si confermano nella loro ubicazione” (art. 29, comma 1 della N.T.A).

1.1 Con contratto di locazione del gennaio 2005, la società ricorrente affittava il fabbricato alla ditta Pul Tubi s.n.c..

1.2 Di seguito, in data 9 maggio 2005 il Comune rilasciava alla Costruzioni Industriali, in qualità di proprietaria, e alla Pul Tubi, in qualità di locataria, il permesso di costruire in sanatoria n. 13/2005, riferito, tra l’altro, alla realizzazione all’interno del fabbricato oggetto di locazione di un soppalco interno di superficie pari a mq 55,20.

1.3 Tale permesso in sanatoria è stato oggetto di un contenzioso innanzi a questo T.A.R. - instaurato da alcuni proprietari frontisti dell’immobile sito in via Gozzano n. 9 - conclusosi con l’annullamento del titolo edilizio.

La decisione (confermata dal giudice d’appello) è stata orientata dall’interpretazione dell’art. 29 delle NTA, riguardante il regime edilizio dell’area ove sorge l’immobile della ricorrente.

Nel disciplinare le tipologie di interventi ammessi, l’art. 29, punto 2.2, contempla le opere di "manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ampliamento e sopraelevazione, demolizione” limitando, tuttavia, tali interventi agli “edifici esistenti e ad esclusivo uso delle aziende esistenti e già operanti'.

In entrambi i gradi di giudizio si è ritenuto che la norma di piano dovesse interpretarsi nel senso di consentire i menzionati interventi edilizi solo su stabilimenti in uso ad aziende esistenti e operanti alla data di entrata in vigore delle norme urbanistiche. Questa condizione non ricorreva, nel caso di specie, né con riguardo alla società proprietaria dell’immobile (la Costruzioni Industriali), né con riguardo alla ditta conduttrice (la Pul Tubi s.n.c.), in quanto entrambe non risultavano titolari di azienda “esistente ed operante” alla data di approvazione del piano regolatore.

1.4 A partire dal mese di gennaio 2008, Costruzioni Industriali ha affittato l'immobile di cui trattasi al sig. Erminio Forti, che utilizza il capannone per la conservazione di veicoli storici.

1.5 Nella vigenza del nuovo rapporto locatizio, il Comune di Bolzano Novarese ha effettuato un primo sopralluogo, in data 23 febbraio 2008, nel corso del quale ha riscontrato la permanenza in loco del soppalco oggetto del (già annullato) permesso di costruire in sanatoria n. 13/05, di superficie pari a mq 55,20.

1.6 In data 9 aprile 2008, il Comune di Bolzano Novarese, a mezzo del proprio incaricato, ha effettuato un secondo sopralluogo, in occasione del quale ha constatato che la situazione relativa all'utilizzo del capannone non era cambiata, salvo che per l'aumento del numero di auto storiche esposte, e ha segnalato la presenza di un “nuovo soppalco interno (di superficie pari a mq 50,40) con struttura in ferro, adiacente e collegato a quello esistente e dotato di scaffalature utilizzate per lo stivaggio dei pezzi di ricambio e materiale vario da utilizzarsi per il restauro delle vetture storiche”. Lo stesso incaricato ha riscontrato la non conformità della nuova struttura all’art. 29 delle N.T.A. del P.R.G.C. vigente, per le stesse ragioni già addotte a sostegno della non conformità del precedente soppalco.

1.7 È stata quindi adottata la qui impugnata ordinanza di n. 5 del 30 aprile 2008, con la quale si è intimato all’odierna ricorrente di procedere al ripristino dello stato dei luoghi mediante la rimozione della struttura risultante dalla sommatoria dei due soppalchi, per una superficie complessiva di mq 105,60 (mq 55,20 + mq 50,40).

2. La Costruzioni Industriali ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza di demolizione n. 05/2008, deducendo i seguenti motivi di diritto:

I) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione, indeterminatezza - violazione per falsa applicazione art. 29 delle NTA di PRG.

II) Violazione per falsa applicazione art. 29 NTA del P.R. G. di Bolzano Novarese - Eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità manifesta, irrazionalità, carenza di istruttoria.

III) Violazione per falsa applicazione art. 37 D.P.R. 380/2001- Violazione per falsa applicazione art. 29 delle NTA del P.R.G. di Bolzano Novarese - Eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di istruttoria.

IV) Subordinatamente: illegittimità dell'art. 29 delle NTA di P.R. G. per violazione art. 42, comma 2 della Costituzione, eccesso di potere per illogicità manifesta, irrazionalità, sviamento, violazione del principio di proporzionalità - conseguentemente: illegittimità derivata degli atti impugnata.

3. Il Comune di Bolzano Novarese non si è costituito in giudizio.

4. Con atto depositato in data 5 agosto 2008 hanno spiegato intervento ad opponendum i sigg.ri Franzosi, Paracchini, Godi, Botta e Gagliardi, assumendo di essere soggetti controinteressati, in senso tecnico, all’accoglimento del ricorso, e da ciò facendo discendere una preliminare eccezione di inammissibilità dell’impugnativa, per mancata notifica ad almeno uno di essi. Nel merito, hanno insistito per il rigetto del ricorso e la conservazione dell'ordinanza di demolizione impugnata.

5. All’esito dell’udienza camerale del 4 settembre 2008 il Collegio, con ordinanza n. 689/2008, ha accolto la domanda incidentale di sospensione avanzata dal ricorrente, alla luce "di una ragionevole previsione sull'esito favorevole del ricorso sotto il profilo edilizio, fatta salva ogni eventuale misura sanzionatoria derivante da diverse ed ulteriori infrazioni urbanistiche".

6. Il ricorso è stato infine discusso all’udienza pubblica del 12 dicembre 2013.

7. Va innanzitutto esaminata l’eccezione preliminare di inammissibilità del gravame sollevata dai terzi interventori.

A dimostrazione della loro qualità di controinteressati in senso tecnico, questi ultimi pongono in rilievo due circostanze, ovvero: a) di essere proprietari frontisti all'immobile oggetto dell'ordinanza gravata, quindi portatori di una posizione di interesse sostanziale confliggente con quella della società ricorrente; b) di avere agito quali ricorrenti nel diverso giudizio avente ad oggetto l'annullamento del permesso in sanatoria n. 13/05, con ciò acquisendo titolo ad essere coinvolti anche nel presente giudizio.

7.1 Sotto entrambi i profili l’eccezione appare infondata.

In dissenso da quanto eccepito dai terzi interventori va sottolineato che tanto il provvedimento impugnato, quanto il verbale di sopralluogo in esso richiamato, non fanno alcun riferimento ad altri soggetti in qualche modo interessati o partecipanti al procedimento di cui è causa, sicché non sussiste il presupposto formale (l’individuazione nell’atto impugnato) che, cumulativamente con quello sostanziale della titolarità d'interesse opposto a quello fatto valere in ricorso, qualifica, ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., la figura del controinteressato destinatario della notifica per la corretta instaurazione del contraddittorio nel processo amministrativo (T.A.R. Liguria, sez. I 21 aprile 2009 n. 779).

7.2 Appare poi oppugnabile, secondo principi già affermati dalla Sezione, che nel giudizio instaurato per l'annullamento di un'ordinanza di demolizione possano configurarsi controinteressati in senso tecnico, anche se la misura repressiva sia stata disposta a seguito di segnalazioni di terzi, poiché la qualità di controinteressato non va riconosciuta a chiunque abbia un generico interesse a mantenere efficace il provvedimento impugnato, ma solo a colui che da quest'ultimo riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica, condizione che nel caso di specie non pare sussistere (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 20 luglio 2006, n. 3034 e 21 aprile 2011 n. 420; Consiglio di Stato sez. IV 06 giugno 2011 n. 3380).

7.3 Resta da osservare, infine, che se il riconoscimento di una posizione di controinteressato non opera in relazione ad esigenze processuali, dovendo essere condotto sulla scorta del cosiddetto elemento "sostanziale", cioè sulla base dell'individuazione della titolarità di un interesse analogo e contrario alla posizione legittimante del ricorrente - non rileva che gli attuali interventori siano stati soggetti promotori del precedente giudizio di impugnazione del permesso in sanatoria. L'odierno procedimento, infatti, non costituisce ottemperanza della statuizione passata in giudicato, trattandosi di controversia attivata su questioni non coincidenti con quelle già definite e su impulso della parte controinteressata all’attuazione delle misure esecutive di quel giudicato.

8. Nel merito, il Collegio ritiene che la valutazione di verosimile fondatezza delle censure dedotte in ricorso, espressa in fase cautelare, non possa trovare conferma in questa sede, per le ragioni che di seguito si vanno a esporre.

9. Con la prima censura la ricorrente ha evidenziato le differenze in fatto esistenti tra l'opera oggetto del permesso in sanatoria già annullato da questo T.A.R. e la nuova opera riscontrata nel corso del secondo sopralluogo del 9 aprile 2008: la prima consisterebbe in un soppalco calpestabile, la seconda in un sistema di scaffalature utilizzate per lo stivaggio dei pezzi di ricambio delle auto ricoverate all’interno dello stabile. La ricorrente nega, quindi, che la seconda opera, al pari della prima, possa essere definita soppalco; nega, altresì, che via sia collegamento strutturale tra le due installazioni, in difformità da quanto rilevato nel verbale di sopralluogo, ove si legge che la nuova opera sarebbe adiacente e collegata al soppalco preesistente; contesta, infine, che la nuova opera possa essere annoverata tra le opere interne, ai sensi dell’art. 4.2.1 delle N.T.A. del P.R.G.C., per il quale tali "si intendono le trasformazioni interne alle costruzioni che non siano in contrasto con il piano, che non comportino modifiche alla sagoma del fabbricato, dei prospetti, né aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari, che non modifichino la destinazione d'uso delle singole unità immobiliari, che non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile (. .. )".

In definitiva, secondo la parte ricorrente, la struttura in esame - diversamente da quanto sostenuto dal Comune - integrerebbe un grosso elemento di arredo, consistente in un sistema di scaffalature, non organicamente integrato nella struttura del capannone ma ancorato alle pareti tramite bulloni, né più né meno di come accade per molte librerie sulle pareti delle civili residenze.

In quest'ottica, il manufatto di cui trattasi - al pari del preesistente soppalco - non costituirebbe opera edilizia, né di ordinaria né di straordinaria manutenzione, suscettibile di ordine di demolizione.

9.1 L’argomentazione non pare accoglibile, innanzitutto nelle sue premesse in fatto.

Nel verbale di sopralluogo del 9 aprile 2008 si dà atto del rinvenimento in loco di “un nuovo soppalco interno con struttura in ferro, adiacente e collegato a quello esistente e dotato di scaffalature utilizzate per lo stivaggio dei pezzi di ricambio e materiale vario da utilizzarsi per il restauro delle vetture storiche..l’opera occupa una parte del capannone esistente per una superficie pari a mq. 50,40 (12,00 x 4,20), l’altezza della struttura è di mt 2,40 nella parte sottostante e di mt 2,00 nella parte superiore dal piano di calpestio sino al soffitto, è accessibile dal soppalco esistente tramite scaletta in ferro”.

Nel prosieguo del verbale viene ribadita l’unità strutturale e funzionale dei due soppalchi ( “le opere rilevate .. consistono nella realizzazione di un unico soppalco interno - anche se eseguito in due diversi momenti”).

9.2 Analoga dizione ricorre nel corpo dell’ordinanza qui impugnata, n. 5/2008, ove si dà atto dell’esistenza di “un soppalco interno eseguito in tempi diversi”.

9.3 E’ quindi ampiamente riscontrabile dalle puntuali indicazioni contenute nella relazione di sopralluogo, oltre che negli allegati fotografici e planimetrici, che per caratteristiche strutturali, dimensioni ed elementi di collegamento, i due manufatti si presentano come del tutto omogenei ed equivalenti: pressoché identiche sono le relative superfici (mq 55,20 - mq 50,40) e analoga è la destinazione, entrambi i soppalchi risultando dotati di scaffalature per lo stivaggio di pezzi di ricambio e di materiale vario, in uso per il restauro delle vetture, come puntualmente attestato nel verbale di sopralluogo del 9 aprile 2008.

La sussistenza del collegamento tra le due strutture trova poi specifico riscontro nella presenza di un accesso che le rende comunicanti tramite scaletta in ferro, circostanza, questa, in alcun modo contraddetta dalla documentazione fotografica allegata da parte ricorrente. Va quindi integralmente respinta l’affermazione di parte ricorrente riferita alla diversità strutturale e funzionale dei due manufatti abusivi.

9.4 Con riferimento all’ulteriore profilo di censura inerente la qualificazione di dette opere abusive, viene in considerazione il costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui la costruzione di un soppalco all’interno di un fabbricato è comunque soggetta al regime delle opere edili (richiedendo quindi il permesso di costruire o quantomeno la D.I.A.), potendosi al più discutere se trattasi di ristrutturazione edilizia, ovvero di restauro e risanamento conservativo, tenuto conto della sussistenza o meno di un aumento di superficie o di un’alterazione di volume che detta opera comporta (cfr., Cons. St., sez. VI 08 febbraio 2013 n. 720; T.A.R. Napoli, sez. IV 06 febbraio 2013 n. 721).

In ogni caso, per quanto rileva ai fini della decisione, la realizzazione del soppalco integra una delle attività edilizie soggette al disposto dell’art. 29 delle N.T.A.

10. Con il secondo e quarto motivo di ricorso, la società ricorrente sostiene che i rigorosi limiti imposti dall’art. 29 N.T.A. agli interventi edilizi sulle aree produttive site all’interno del centro urbano, opererebbero unicamente nell’ipotesi in cui i fabbricati fossero tuttora gestiti ad uso produttivo. Viceversa, una volta venuta meno la finalità produttiva, non avrebbe senso impedire il recupero degli edifici esistenti, altrimenti destinati al progressivo decadimento. La ratio sottesa alla disciplina delle zone PE mirerebbe, infatti, alla progressiva delocalizzazione delle industrie esistenti in centro città, per ricondurre queste aree a funzioni compatibili con la destinazione residenziale che caratterizza il contesto. Pertanto, l’art. 29 N.T.A. non potrebbe applicarsi al caso di specie, in quanto l’attività dell’attuale conduttore del fabbricato (Forti Erminio) non è inquadrabile tra le attività produttive, trattandosi di una collezione privata di auto d’epoca, del tutto coerente con il contesto residenziale del centro urbano.

Sotto diverso profilo (dedotto con il quarto motivo), risulterebbe irragionevole un’interpretazione della norma in termini talmente vincolanti e restrittivi da imporre il sostanziale abbandono dei fabbricati esistenti in una condizione di assoluta incuria, lesiva del decoro del restante contesto urbano.

10.1 Il primo profilo di censura non può essere condiviso, per l’essenziale ragione che con esso si assume che il regime giuridico dell’opera edilizia dipenda dalla destinazione concreta del fabbricato e non già, più correttamente, dalla sua destinazione urbanistica.

10.2 Come chiarito nel precedente giudizio coperto da giudicato, la norma di piano ha certamente inteso stabilire in via generale che gli impianti produttivi debbano essere collocati fuori del centro urbano, ammettendo la conservazione, all’interno del tessuto cittadino, degli impianti già esistenti ed operanti. Nel fare ciò ha imposto un limite alle facoltà edificatorie relative agli impianti produttivi cessati e a quelli esistenti ma non attivi alla data di entrata in vigore del P.R.G.C.. Ne consegue che l’attività edilizia è preclusa sia sugli impianti che alla data di entrata in vigore delle norme urbanistiche non erano più in funzione, sia - a maggior ragione - sugli impianti che abbiano cessato del tutto l’attività produttiva. La fattispecie per cui è causa rientra tra queste ultime ipotesi.

10.3 A ciò si aggiunga che, permanendo la destinazione urbanistica oggi in vigore, non è consentito operare in deroga a tali vincoli, indipendentemente dall’utilizzo concreto al quale tali fabbricati vengono assoggettati. Sul punto la giurisprudenza è costante nell’affermare che la destinazione d'uso giuridicamente rilevante di un immobile è unicamente quella prevista da atti amministrativi pubblici, di carattere urbanistico o catastale, dovendosi escludere il rilievo di un uso di fatto che in concreto si assume sia stato praticato sull'immobile, atteso che tale uso, anche se protratto nel tempo, è inidoneo a determinare un consolidamento di situazioni ed a modificare ex se la qualificazione giuridica dell'immobile (cfr. ex multis Cons. St., sez. IV 26 marzo 2013, n. 1712).

10.4 Resta da rilevare, con riferimento al secondo profilo di censura, che la ragionevolezza delle norme di piano di cui trattasi e la loro rispondenza agli obiettivi prefissati, sono già state riconosciute dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 889/2007 e vanno in questa sede ribadite.

Sul punto si osserva che la progressiva dismissione delle strutture produttive costituisce l’obiettivo principale avuto di mira dall’amministrazione comunale nel disegno di razionale regolamentazione e organizzazione urbanistica dell’area di territorio di cui si tratta. Tale intento si pone in termini coerenti con le previsioni della legge regionale urbanistica 5 dicembre 1977, n. 56, secondo cui il piano regolatore individua “gli impianti industriali esistenti che si confermano nella loro ubicazione, fissando le norme per la manutenzione straordinaria e gli ampliamenti ammessi, nonché per la eventuale dotazione di infrastrutture carenti”, ex art. 26, comma 1, lett. c).

10.5 Ciò posto, non pare pertinente l’ulteriore deduzione inerente il rischio – conseguente ad una interpretazione eccessivamente restrittiva delle norme di piano – di precludere ogni possibile intervento riparatorio degli edifici esistenti in loco, così destinandoli a progressivo decadimento: l’opera di cui trattasi, infatti, non presenta finalità di conservazione del fabbricato, quindi ad essa non si attaglia l’argomentazione in esame.

11. Viene in considerazione, infine, il terzo e ultimo (in ordine di esame) motivo di ricorso, riferito al soppalco preesistente. Con esso la parte ricorrente mira a negare il carattere abusivo di detto manufatto (sotto il profilo del contrasto con l’art. 29 N.T.A.), in quanto esso sarebbe stato realizzato dalla RILG, dante causa della ricorrente, quando la stessa era ancora azienda attiva.

Si tratta, tuttavia, di deduzione inammissibile, in quanto tardiva e in contrasto rispetto a quanto accertato in maniera definitiva nel procedimento conclusosi con sentenza del Consiglio di Stato n. 889/2007: in quel giudizio il sindacato si era concentrato, appunto, sullo specifico profilo, oggi riproposto nella censura qui al vaglio, inerente la paternità e l’epoca di esecuzione delle opere.

Sul punto fa quindi stato la sentenza - passata in giudicato - che ha statuito l'annullamento del titolo edilizio in sanatoria.

Per tutti i motivi esposti il ricorso non può trovare accoglimento.

Tenuto conto della peculiarità, in fatto e in diritto, delle questioni trattate, paiono ravvisabili giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario

Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)