TAR Lombardia (BS), n. 1057, del 15 ottobre 2014
Urbanistica.Concorso tra funzioni di vigilanza edilizia e di protezione del vincolo paesistico
Nel caso di concorso tra le funzioni di vigilanza edilizia ex art. 31 del DPR 380/2001, di cui è titolare il Comune, e quelle di protezione del vincolo paesistico ex art. 167 del Dlgs. 42/2004, attribuite all’ente gestore del Parco, ciascuno dei due enti è quindi legittimato ad adottare le misure repressive nei confronti degli abusi edilizi, compresa l’ingiunzione di rimessione in pristino. Le valutazioni che i due enti svolgono nell’esercizio delle funzioni repressive non sono sovrapponibili. Il Comune deve certamente tenere conto dei limiti e dei divieti di natura urbanistico-edilizia posti dal piano territoriale di coordinamento del Parco, ma nella qualificazione dell’abuso e nell’accertamento di conformità ex art. 36 del DPR 380/2001 applica definizioni e categorie esclusivamente edilizie. Il Parco, in quanto autorità preposta al rilascio dell’autorizzazione paesistica, esercita un potere differente, perché decide sulla compatibilità paesistica ai fini della sanatoria adattando le definizioni e le categorie edilizie al proprio peculiare punto di osservazione. Di conseguenza, il Comune si concentra sul contenuto della singola opera abusiva, per stabilire se la stessa ricada in una delle facoltà edificatorie previste dalla disciplina urbanistica comunale o sovraordinata. Il Parco valuta invece la percepibilità dell’opera quale parte di un insieme, come evidenziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Un nuovo volume potrebbe quindi essere sanabile nella valutazione del Comune ma non nella valutazione paesistica del Parco. Cambiando le circostanze di fatto, potrebbe verificarsi il caso opposto. A maggior ragione le conclusioni possono divergere per gli interventi edilizi minori e accessori. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01057/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01273/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1273 del 2007, proposto da:
MANUELA BREMBILLA, rappresentata e difesa dagli avv. Cesare Zonca e Filippo Collia, con domicilio eletto presso il secondo in Brescia, piazza Vittoria 11;
contro
COMUNE DI BERGAMO, rappresentato e difeso dagli avv. Vito Gritti e Silvia Mangili, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;
per l'annullamento
- del provvedimento del dirigente della Divisione Gestione del Territorio prot. n. U0070880 del 13 agosto 2007, con il quale è stata ingiunta la demolizione di alcune opere abusive realizzate in via Riva di Villa Santa;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bergamo;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2014 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente Manuela Brembilla è proprietaria di un fondo situato nel Comune di Bergamo tra via Paradiso e via Riva di Villa Santa, sul quale si trovano due fabbricati, precisamente un edificio residenziale di due piani fuori terra e un separato locale seminterrato censito come cantina.
2. L’intera proprietà è sottoposta a vincolo paesistico e ricade nel Parco Regionale dei Colli di Bergamo. Il piano territoriale di coordinamento del Parco classifica l’area in zona C2 (ad alto valore paesistico).
3. Nel 2006 il padre della ricorrente ha ristrutturato abusivamente il locale seminterrato, intervenendo anche sul terreno circostante. Un sopralluogo congiunto dei guardaparco e dei funzionari comunali eseguito il 15 giugno 2006 ha accertato la presenza delle seguenti opere: (a) un manufatto in pietra a vista e cemento (7,5x5x2,5 metri) con copertura piana (8x6 metri) a livello della strada, completata da ringhiera di protezione e pergolato in metallo alto circa 2,5 metri; (b) un muro di contenimento alto da 0,7 metri a 2,5 metri; (c) una pavimentazione in cemento (4x5 metri); (d) una vasca a livello della pavimentazione (3x2 metri, profonda 0,9 metri); (e) un vialetto in cemento e pietra (1x9,3 metri); (f) un muretto di confine addossato alla preesistente recinzione metallica.
4. Sulla base delle relazioni di sopralluogo il Comune, preso atto che non era stato rispettato l’ordine di sospensione, ha ingiunto in data 13 agosto 2007, con ordinanza del dirigente della Divisione Gestione del Territorio, la demolizione delle opere abusive, e specificamente del manufatto adibito a cantina, del muro di contenimento, del vialetto e della vasca.
5. In precedenza anche il direttore del Parco, con provvedimento del 12 luglio 2007, aveva ingiunto la rimessione in pristino.
6. Contro l’ordinanza del Comune la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 13 novembre 2007 e depositato il 23 novembre 2007. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione dell’art. 80 comma 5 della LR 11 marzo 2005 n. 12, che attribuisce al gestore del Parco la competenza sanzionatoria sugli abusi commessi all’interno del perimetro del Parco stesso; (ii) travisamento, in quanto la cantina oggetto dei lavori abusivi era preesistente, e risulta in effetti in una scheda di accatastamento del 4 novembre 1943; (iii) difetto di motivazione ed erronea applicazione dell’art. 31 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 in luogo dell’art. 167 del Dlgs. 22 gennaio 2004 n. 42.
7. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
8. L’ordinanza del direttore del Parco è stata impugnata separatamente davanti a questo TAR (ricorso n. 1172/2007, non ancora definito).
9. In data 14 febbraio 2008 la ricorrente ha presentato al Comune domanda di accertamento di conformità. Il relativo procedimento non si è ancora concluso.
10. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.
Sulla compresenza di profili edilizi e paesistici
11. Per quanto riguarda i rapporti tra gli enti incaricati della repressione degli abusi edilizi all’interno dei parchi regionali, la tesi dell’alternatività sostenuta dalla ricorrente non appare condivisibile.
12. Nel caso in esame si verifica in realtà un concorso tra le funzioni di vigilanza edilizia ex art. 31 del DPR 380/2001, di cui è titolare il Comune, e quelle di protezione del vincolo paesistico ex art. 167 del Dlgs. 42/2004, che in base alla legislazione regionale (v. art. 80 comma 5 della LR 12/2005) sono attribuite all’ente gestore del Parco. Ciascuno dei due enti è quindi legittimato ad adottare le misure repressive nei confronti degli abusi edilizi, compresa l’ingiunzione di rimessione in pristino.
13. Le valutazioni che i due enti svolgono nell’esercizio delle funzioni repressive non sono sovrapponibili. Il Comune deve certamente tenere conto dei limiti e dei divieti di natura urbanistico-edilizia posti dal piano territoriale di coordinamento del Parco, ma nella qualificazione dell’abuso e nell’accertamento di conformità ex art. 36 del DPR 380/2001 applica definizioni e categorie esclusivamente edilizie. Il Parco, in quanto autorità preposta al rilascio dell’autorizzazione paesistica, esercita un potere differente, perché decide sulla compatibilità paesistica ai fini della sanatoria adattando le definizioni e le categorie edilizie al proprio peculiare punto di osservazione.
14. Di conseguenza, il Comune si concentra sul contenuto della singola opera abusiva, per stabilire se la stessa ricada in una delle facoltà edificatorie previste dalla disciplina urbanistica comunale o sovraordinata (in caso affermativo l’abuso è solo formale, e dunque regolarizzabile, in caso negativo si applicano le misure ripristinatorie o pecuniarie ex art. 31-34 del DPR 380/2001). Il Parco valuta invece la percepibilità dell’opera quale parte di un insieme, come evidenziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (v. parere dell’Ufficio Legislativo prot. n. 0016721 del 13 settembre 2010) e dalla giurisprudenza (v. TAR Napoli Sez. VII 10 febbraio 2014 n. 930; TAR Torino Sez. II 17 dicembre 2011 n. 1310). Un nuovo volume potrebbe quindi essere sanabile nella valutazione del Comune (ad esempio, perché gli indici edificatori non sono ancora esauriti) ma non nella valutazione paesistica del Parco. Cambiando le circostanze di fatto, potrebbe verificarsi il caso opposto. A maggior ragione le conclusioni possono divergere per gli interventi edilizi minori e accessori.
Sulla valutazione sotto il profilo edilizio
15. Il punto che appare decisivo nella vicenda in esame è la preesistenza del manufatto, adibito a cantina, sul quale sono stati eseguiti gli interventi principali. La ricorrente ha documentato attraverso la scheda di accatastamento del 4 novembre 1943 che a quella data il seminterrato era già stato realizzato. Non è chiaro se i lavori di costruzione siano iniziati anteriormente all’entrata in vigore della legge 17 agosto 1942 n. 1150, ma nelle situazioni dubbie prevale la tesi più favorevole alla conservazione di quanto edificato (v. TAR Brescia Sez. II 10 maggio 2012 n. 825; TAR Brescia Sez. II 2 aprile 2013 n. 307). Del resto, il lungo tempo trascorso priverebbe di qualsiasi rilievo l’interesse pubblico alla demolizione del manufatto, anche se al momento della realizzazione fosse stato necessario un titolo autorizzatorio.
16. La presunzione di regolare edificazione derivante dall’accatastamento e il notevole intervallo temporale impongono pertanto di considerare il manufatto come preesistente e ormai stabilizzato, con la conseguente impossibilità di qualificare l’intervento edilizio abusivo come nuova costruzione. In base alle tavole allegate alla domanda di accertamento di conformità presentata dalla ricorrente (doc. 14) sembra in effetti trattarsi di ristrutturazione pesante ex art. 10 comma 1-c del DPR 380/2001, sia per l’incremento del volume esterno del manufatto, determinato dal riporto di terreno necessario per livellare la copertura, sia perché la terrazza così ottenuta aumenta la superficie disponibile, sia perché vi è stata modifica dei prospetti con l’inserimento di finestre sui lati est e ovest.
17. Le altre opere di sistemazione indicate nel provvedimento impugnato sono attratte nella ristrutturazione complessiva di questa parte della proprietà, e quindi l’intero intervento deve essere considerato in modo unitario.
18. Nell’insieme, non sembra che vi sia stato uno stravolgimento della condizione dei luoghi. Il confronto non deve essere fatto con la situazione di rinaturalizzazione o degrado anteriore all’intervento abusivo, ma con le caratteristiche edilizie intrinseche alle opere originarie, comprese le potenzialità di miglioramento estetico e funzionale ottenibili grazie all’inserimento di nuovi materiali e di elementi decorativi. Così, la circostanza che la copertura del fabbricato seminterrato si trovi a livello del piano stradale ne consente certamente la sistemazione in modo da ricavarne una terrazza o dei posti auto, ed è compatibile sia con l’aggiunta di una sovrastante struttura leggera con funzione di pergolato o berceau, sia con il posizionamento di una ringhiera di protezione. Si tratta di una normale evoluzione dell’arredo esterno dei luoghi, che può dare più evidenza alla cantina sottostante ma non ne altera la natura o la consistenza interna. Parimenti, la realizzazione di muri di contenimento e di vialetti è da considerare come parte della ristrutturazione, in quanto queste opere contribuiscono al disegno di recupero dello spazio in cui si colloca il manufatto.
19. Queste osservazioni rendono necessaria un’ulteriore precisazione sulla qualificazione dell’intervento abusivo. Come si è visto sopra, la categoria della ristrutturazione pesante deve essere utilizzata a causa di alcune modifiche inserite nel manufatto adibito a cantina (volume, superficie, prospetti). È però evidente che la finalità dei lavori è quella del recupero e risanamento dell’immobile, e, salve le verifiche rimesse agli uffici comunali, il peso delle innovazioni sembra congruente con questa finalità (il maggior volume è esterno al manufatto, e ugualmente la superficie destinata a terrazza o parcheggio). La sede per maggiori approfondimenti al riguardo è però in primo luogo la procedura di accertamento di conformità, che non è mai stata ultimata, benché sia iniziata ancora nel 2008.
Conclusioni
20. In accoglimento del ricorso, il provvedimento impugnato deve quindi essere annullato, in quanto si limita a rilevare la presenza dell’abuso edilizio senza porsi il problema della preesistenza del manufatto adibito a cantina e senza precisare le ragioni che imporrebbero comunque la demolizione.
21. Questa pronuncia comporta, quale effetto conformativo, l’obbligo per il Comune di pronunciarsi sulla domanda di accertamento di conformità presentata dalla ricorrente ex art. 36 del DPR 380/2001. L’esame sotto il profilo edilizio dovrà concludersi entro 60 giorni dal deposito della presente sentenza.
22. La complessità di alcune questioni, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra vigilanza edilizia e protezione del vincolo paesistico, consente la compensazione delle spese di giudizio.
23. Il contributo unificato è a carico del Comune ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando:
(a) accoglie il ricorso come precisato in motivazione;
(b) compensa le spese di giudizio;
(c) pone il contributo unificato a carico del Comune.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)