TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 1792 del 29 dicembre 2016
Urbanistica.Ravvedimento operoso dell’autore dell’abuso e del proprietario del bene
Per quanto riguarda la possibilità di ottenere la liberazione dalla sanzione pecuniaria sostitutiva attraverso la rimozione delle opere abusive, si ritiene che il ravvedimento operoso dell’autore dell’abuso (o del proprietario del bene) sia idoneo a determinare la perdita del potere di esigere il pagamento della sanzione già applicata. Poiché la sanzione sostitutiva è nella sostanza il prezzo di una sanatoria, non esiste un interesse pubblico che possa opporsi alla rinuncia ai diritti edificatori acquisiti dal privato in violazione della disciplina urbanistica.Tuttavia, l’amministrazione conserva il potere di verificare che (a) l’eliminazione dell’abuso sia non solo tecnicamente possibile ma anche non facilmente reversibile, e (b) i lavori necessari per l’eliminazione dell’abuso non comportino pregiudizio per la parte dell’edificio eseguita in conformità (peraltro è possibile che il privato accetti di modificare anche la parte conforme, se questo appare utile per eliminare in sicurezza le opere abusive). Entrambe le regole derivano direttamente dall’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001. L’amministrazione subirebbe infatti un danno economico se accettasse di perdere l’importo della sanzione in cambio di un’eliminazione solo apparente dell’abuso, e d’altra parte non è possibile lasciare al privato la valutazione circa l’assenza di rischi per la sicurezza delle persone e delle cose.
Pubblicato il 29/12/2016
N. 01792/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00784/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 784 del 2015, proposto da:
SILVIO FUCILI, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Diaz 13/C;
contro
COMUNE DI CAROBBIO DEGLI ANGELI, rappresentato e difeso dall'avv. Yvonne Messi, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;
per l'annullamento
- dell’ordinanza del responsabile del Settore Tecnico-Manutentivo prot. n. 9128/2015 del 23 gennaio 2015, con la quale è stato nuovamente ingiunto al ricorrente il pagamento di una sanzione pari a € 88.520,28 in luogo della demolizione delle opere abusive, ai sensi dell’art. 34 comma 2 del DPR 6 giugno 2001 n. 380;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Carobbio degli Angeli;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2016 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Carobbio degli Angeli, con ordinanza del responsabile del Settore Tecnico-Manutentivo del 23 gennaio 2015, ha nuovamente ingiunto al ricorrente Silvio Fucili il pagamento di una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione delle opere abusive, ai sensi dell’art. 34 comma 2 del DPR 6 giugno 2001 n. 380. L’importo della sanzione è stato quantificato in € 88.520,28.
2. L’intervento edilizio abusivo interessa un edificio residenziale situato nella frazione di S. Stefano, e consiste nella realizzazione di una cantina più ampia di quanto assentito e nella trasformazione della stessa in taverna o soggiorno abitabile (e quindi in superficie utile).
3. Questo intervento è stato ritenuto non sanabile, mentre per altre opere abusive eseguite nel medesimo edificio è stato concesso l’accertamento di conformità ex art. 36 del DPR 380/2001. La domanda di sanatoria era stata presentata il 25 giugno 2012, ed era poi stata integrata l’8 gennaio 2013.
4. Il Comune, con provvedimento del responsabile del Settore Tecnico-Manutentivo del 2 marzo 2013, aveva già quantificato in € 88.520,28 la sanzione ex art. 34 comma 2 del DPR 380/2001. Tale provvedimento non è stato impugnato.
5. In data 4 maggio 2013 il ricorrente ha contestato direttamente presso gli uffici comunali le modalità di calcolo attraverso una perizia del geom. Mario Antonio Brignoli, proponendo una stima diversa. I punti di contrasto (riferiti agli art. 16-19-21-22 della legge 27 luglio 1978 n. 392) riguardavano (a) il livello di piano (seminterrato o piano terra), (b) lo stato di conservazione dell’immobile (mediocre o normale), e (c) la base di calcolo della sanzione pecuniaria (disapplicazione del coefficiente correttivo riferito alla tipologia di costruzione). Modificando solo i parametri relativi al livello di piano e allo stato di conservazione, la sanzione sarebbe pari a € 57.226,02. Se poi venisse modificata anche la base di calcolo, non applicando al costo di produzione la maggiorazione collegata alla tipologia di costruzione, la sanzione sarebbe pari a € 40.875,73.
6. Il Comune, con provvedimento del responsabile del Settore Tecnico-Manutentivo del 20 agosto 2014, ha respinto l’ipotesi di calcolo formulata dal ricorrente, confermando la sanzione in € 88.520,28. Contro questo provvedimento il ricorrente ha presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con atto notificato il 19 dicembre 2014.
7. Nello stesso tempo, il ricorrente, con nota del 19 novembre 2014, ha reiterato la richiesta di riduzione della sanzione, e, in alternativa, ha proposto un percorso di cancellazione dell’abuso edilizio mediante modifica dello stato dei luoghi (ribassamento del soffitto fino a 2,50 metri, ripristino della destinazione a cantina). L’eliminazione delle opere abusive avrebbe dovuto comportare l’inapplicabilità dell’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001, e la conseguente liberazione del ricorrente dall’obbligazione pecuniaria.
8. Il Comune, con la citata ordinanza del 23 gennaio 2015, ha respinto le richieste del ricorrente, confermando l’importo della sanzione.
9. Contro il suddetto provvedimento il ricorrente ha presentato impugnazione davanti a questo TAR, con atto notificato il 26 marzo 2015 e depositato il 17 aprile 2015. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione delle garanzie procedimentali per omesso invio del preavviso di diniego; (ii) violazione dell’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001, in quanto il Comune non ha consentito al ricorrente di sottrarsi alla sanzione pecuniaria rimuovendo le opere abusive; (iii) violazione degli art. 15-22 della legge 392/1978, in quanto vi sarebbero degli errori nel calcolo del costo di produzione delle opere abusive (in proposito, il ricorso rinvia a una nuova perizia del geom. Mario Antonio Brignoli, datata 12 ottobre 2014).
10. Il Comune si è costituito in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso, e chiedendone la reiezione nel merito.
11. Questo TAR, con ordinanza n. 793 del 12 maggio 2015, ha accolto la domanda cautelare in relazione al secondo motivo di ricorso, invitando il Comune a esaminare la proposta di cancellazione delle opere abusive finalizzata a ottenere la liberazione dalla relativa sanzione.
12. In esecuzione dell’ordine del TAR, il Comune ha invitato il ricorrente a chiarire le modalità scelte per l’eliminazione dell’abuso edilizio. Il ricorrente ha presentato un apposito progetto, che prevedeva la riduzione dell’altezza interna del locale destinato a soggiorno mediante l’installazione di un solaio in legno con innesti nella muratura, e contemporaneamente la mimetizzazione della costruzione all’esterno con la posa di terreno sulla copertura. Il responsabile del Settore Tecnico-Manutentivo, con provvedimento del 5 agosto 2015, ha ritenuto che la predetta soluzione non fosse idonea a ripristinare una situazione urbanisticamente conforme, in quanto lasciava invariata la maggiore superficie lorda di pavimento (87,05 mq) rispetto a quella assentita (45,00 mq).
13. Il provvedimento del 5 agosto 2015 non è stato impugnato.
14. Così riassunta la vicenda contenziosa, sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.
Sulle eccezioni preliminari
15. La sanzione pecuniaria ex art. 34 comma 2 del DPR 380/2001, sostitutiva della demolizione, è stata definita nello stesso importo in tre distinti provvedimenti: il primo (2 marzo 2013) non impugnato; il secondo (20 agosto 2014) impugnato con ricorso straordinario; il terzo (23 gennaio 2015) impugnato nel presente ricorso.
16. Non vi è stata acquiescenza rispetto al primo provvedimento, in quanto la richiesta di riesame ha tenuto aperto il canale di confronto con gli uffici comunali. L’amministrazione, pertanto, sia con il secondo sia con il terzo provvedimento, ha adottato decisioni fondate su una nuova valutazione dei fatti, che hanno ciascuna sostituito la precedente.
17. Proseguendo su questa linea, si può ritenere che non vi sia litispendenza rispetto al ricorso straordinario, in quanto il terzo provvedimento si presenta come la risposta finale dell’amministrazione alle plurime richieste e contestazioni del ricorrente. L’interesse a impugnare il secondo provvedimento sussisteva certamente in origine, ma è stato poi sostituito dall’interesse a impugnare il terzo provvedimento, che ha definitivamente impedito al ricorrente sia di cancellare la sanzione pecuniaria attraverso la rimozione delle opere abusive sia di ottenere una riduzione dell’importo dovuto.
18. Non sussisteva invece un autonomo onere di impugnazione del quarto provvedimento della serie, ossia del nuovo diniego emesso dal Comune il 5 agosto 2015 in seguito al supplemento istruttorio disposto da questo TAR con l’ordinanza cautelare. Per chiarire questo punto è necessario esaminare il primo motivo di impugnazione, che riguarda la violazione delle garanzie procedimentali.
Sulle garanzie procedimentali
19. In generale, l’omissione del preavviso di diniego in una procedura avviata da tempo e caratterizzata dalla continua interlocuzione tra il privato e gli uffici comunali non può essere considerata come un vizio autonomo del provvedimento finale.
20. Diverso è il problema del mancato esame dell’ultima proposta avanzata dal ricorrente, ossia della possibilità di ottenere la liberazione dalla sanzione pecuniaria mediante la rimozione delle opere abusive. Qui, in effetti, l’interlocuzione tra il ricorrente e gli uffici comunali si è arrestata troppo presto, lasciando il dubbio di un’istruttoria inadeguata. Questo difetto, tuttavia, non riguarda l’intero provvedimento (non incide, in particolare, sui criteri di calcolo della sanzione pecuniaria), e può essere oggetto di convalida in sede giudiziale tramite il meccanismo della motivazione ex post di cui all’art. 21-octies comma 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241.
21. L’ordinanza cautelare, attivando immediatamente il suddetto meccanismo allo scopo di fare economia dei mezzi processuali, ha rimesso in termini le parti per completare il confronto anche su questo profilo della vicenda contenziosa. Tale confronto ha avuto esito negativo per il ricorrente, nel senso che il Comune ha confermato motivatamente la propria posizione. Tuttavia, poiché il nuovo provvedimento appartiene all’attività processuale, non è necessaria un’autonoma impugnazione, potendovi essere diretta cognizione da parte del giudice, nella fase di merito, sugli atti conseguenti alle pronunce cautelari. La censura riguardante il mancato esame della proposta di rimozione delle opere abusive si trasforma quindi da formale a sostanziale, concentrandosi sulle ragioni che non hanno consentito questo percorso di sanatoria.
Sulla cancellazione delle opere abusive
22. Per quanto riguarda la possibilità di ottenere la liberazione dalla sanzione pecuniaria sostitutiva attraverso la rimozione delle opere abusive, si ritiene che il ravvedimento operoso dell’autore dell’abuso (o del proprietario del bene) sia idoneo a determinare la perdita del potere di esigere il pagamento della sanzione già applicata. Poiché la sanzione sostitutiva è nella sostanza il prezzo di una sanatoria, non esiste un interesse pubblico che possa opporsi alla rinuncia ai diritti edificatori acquisiti dal privato in violazione della disciplina urbanistica.
23. Tuttavia, l’amministrazione conserva il potere di verificare che (a) l’eliminazione dell’abuso sia non solo tecnicamente possibile ma anche non facilmente reversibile, e (b) i lavori necessari per l’eliminazione dell’abuso non comportino pregiudizio per la parte dell’edificio eseguita in conformità (peraltro è possibile che il privato accetti di modificare anche la parte conforme, se questo appare utile per eliminare in sicurezza le opere abusive).
24. Entrambe le regole derivano direttamente dall’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001. L’amministrazione subirebbe infatti un danno economico se accettasse di perdere l’importo della sanzione in cambio di un’eliminazione solo apparente dell’abuso, e d’altra parte non è possibile lasciare al privato la valutazione circa l’assenza di rischi per la sicurezza delle persone e delle cose.
25. Nello specifico, è evidente che il ribassamento del soffitto fino a un’altezza di 2,50 metri mediante un solaio in legno non costituisce né un intervento irreversibile (essendo anzi facilmente reversibile) né un ostacolo all’utilizzo della superficie del locale per qualsiasi destinazione, comprese quelle incompatibili con la disciplina urbanistica. Si tratta in realtà di una misura che non cancella l’abuso edilizio, e in particolare non riduce la superficie lorda di pavimento e il connesso maggiore volume. Del tutto irrilevante, sotto questo profilo, appare inoltre la mimetizzazione del volume verso l’esterno con la posa di terreno sulla copertura.
26. La rimozione radicale delle opere abusive non è stata proposta dal ricorrente, e non è stata neppure contestata sul piano tecnico la valutazione del Comune circa i rischi che un simile intervento potrebbe creare per la parte conforme dell’edificio.
27. Anche prescindendo dalla reversibilità dell’intervento di riduzione dell’altezza interna, si sottolinea che non è possibile qualificare come superfici non utili, e quindi urbanisticamente irrilevanti, quei locali dove l’altezza è appena al di sotto del limite minimo ma comunque perfettamente idonea a consentire la generalità degli utilizzi residenziali. A maggior ragione, nel caso di abusi edilizi, non è possibile conseguire la sanatoria solo formalmente, ribassando l’altezza, e conservare nella sostanza l’utilità delle opere in contrasto con la disciplina urbanistica. L’unica forma di sanatoria passa per il consolidamento dell’abuso edilizio ex art. 34 comma 2 del DPR 380/2001, con il pagamento di una sanzione pecuniaria sostitutiva.
Sulla quantificazione della sanzione pecuniaria sostitutiva
28. Relativamente ai parametri utilizzati per calcolare l’importo di cui all’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001, si ritiene che il Comune abbia operato correttamente.
29. La base di calcolo della sanzione pecuniaria sostitutiva è rappresentata dal costo di produzione di cui alla legge 392/1978, che per gli immobili ultimati dopo il 31 dicembre 1975 è disciplinato dall’art. 22 di tale legge, e ha come riferimento principale il costo dell'edilizia convenzionata accertato mediante decreto ministeriale. Al costo di produzione sono poi applicati diversi coefficienti in incremento o in riduzione.
30. Il comma 3 dell’art. 22 della legge 392/1978 consente di tenere conto del costo effettivo, se superiore al costo di produzione, quando vi sia una prova adeguata dello stesso ai fini fiscali o in base ad altra documentazioni di origine pubblica. Il successivo comma 4 prevede che al costo effettivo non sia applicato il coefficiente di cui all’art. 16, relativo alla tipologia dell’abitazione. Nel caso del ricorrente, questo significherebbe non applicare il coefficiente 1,4 riferito ai villini (categoria catastale A/7), con la conseguente riduzione della base di calcolo della sanzione pecuniaria.
31. La richiesta del ricorrente non appare tuttavia condivisibile, in quanto l’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001, nel rinviare alla legge 392/1978, precisa chiaramente che il rinvio riguarda il costo di produzione, sul quale è calcolata la sanzione pecuniaria. Così formulata, la norma non consente di richiamare anche le basi di calcolo alternative descritte nella legge 392/1978, le quali rimangono quindi irrilevanti con riguardo alla sanzione pecuniaria. Questa interpretazione appare preferibile non solo perché è più vicina alla lettera dell’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001, ma anche perché assicura maggiore semplicità e omogeneità alla disciplina repressiva degli abusi edilizi, il che rende la sanzione meglio prevedibile, tutelando conseguentemente il principio di certezza del diritto.
32. L’art. 19 della legge 392/1978 individua il coefficiente 0,80 per le abitazioni situate al piano seminterrato. Il ricorrente sostiene che il locale abusivo sarebbe appunto seminterrato, tenendo conto della linea originaria del terreno.
33. Questa impostazione non può essere condivisa. Nell’applicare i coefficienti correttivi del costo di produzione occorre fare riferimento alla situazione successiva all’intervento edilizio, in quanto il valore economico rilevante è quello che risulta dal completamento dei lavori. L’autore (o il proprietario) di un’opera abusiva non può conservare il valore attuale del bene illegittimamente realizzato senza corrispondere al Comune una sanzione che sia direttamente commisurata a tale valore, e comunque non può ridurre la propria obbligazione avvalendosi di categorie edilizie di favore (come la definizione di locale seminterrato) che sono riferibili soltanto alle edificazioni legittime.
34. Nello specifico, le stesse cartografie prodotte dal ricorrente in occasione della domanda di sanatoria e la relativa documentazione fotografica (doc. 5 e 6 del Comune) chiariscono che il locale abusivo fuoriesce dal terreno su tre lati, ed è del tutto assimilabile per aspetto e funzionalità a una costruzione fuori terra.
35. L’art. 21 della legge 392/1978 impone di applicare il coefficiente 0,80 se lo stato di conservazione e manutenzione dell'immobile è mediocre. Secondo il ricorrente, tale condizione sarebbe dimostrata dalla presenza di muffe e umidità di risalita, dalla circostanza che l’impianto elettrico e l’impianto termosanitario non sono a norma, e dalle infiltrazioni che interessano la copertura.
36. Non sembra tuttavia che questa situazione possa consentire la riduzione della sanzione pecuniaria. La finalità della legge 392/1978 è l’individuazione di un canone adeguato alle condizioni dell’immobile nel momento in cui viene attivato o rinnovato il rapporto di locazione. L’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001 presuppone invece l’individuazione del valore di un’opera abusiva rimasta fin dall’inizio nella disponibilità del soggetto che ha violato la disciplina urbanistica (o dei suoi aventi causa). Pertanto, ai fini della sanzione pecuniaria, lo stato di conservazione e manutenzione dell'immobile deve essere riferito esclusivamente alla data di realizzazione delle opere abusive. Il deterioramento sopravvenuto non rileva, in quanto, non essendo l’inerzia nella manutenzione imputabile ad altri soggetti, non è possibile consentire all’autore dell’abuso edilizio (o ai soggetti subentrati allo stesso) di ridurre unilateralmente per questa via l’entità della propria obbligazione.
37. Nello specifico, come riferito nel provvedimento del 23 gennaio 2015 oggetto di impugnazione, le autocertificazioni e le dichiarazioni allegate alla domanda di sanatoria attestavano la conformità dell’impianto elettrico e dell’impianto termosanitario, e l’idoneità statica del locale. Su questa base, si può ritenere che alla data della domanda di sanatoria, e a maggior ragione alla data di conclusione dei lavori abusivi, l’immobile si trovasse in uno stato di conservazione e manutenzione normale.
Conclusioni
38. Il ricorso deve quindi essere respinto.
39. La complessità della vicenda e la necessità di riaprire l’istruttoria ex art. 21-octies comma 2 della legge 241/1990 giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando:
(a) respinge il ricorso;
(b) compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Mara Bertagnolli, Consigliere