TAR Toscana Sez. III n. 348 del 11 marzo 2019
Urbanistica.Non sovrapponibilità tra permesso di costruire e certificato di agibilità
Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi e non sovrapponibili, dato che il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l'immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche è oggetto della specifica funzione del titolo edilizio, essendo stato sottolineato che i diversi piani possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell'edificio ad entrambe le tipologie normative sia in quella patologica di una loro divergenza. E’ dunque paradossalmente possibile che un edificio sia eseguito in difformità dal titolo edilizio rilasciato ma rispetti le norme di igiene, sicurezza e contenimento del consumo energetico, seguendone che, in tale ipotesi, l'edificio è agibile (e quindi può essere rilasciato il certificato di agibilità), ma difforme dal progetto approvato e quindi sanzionabile dal punto di vista urbanistico-edilizio.
Pubblicato il 11/03/2019
N. 00348/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00321/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 321 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Angelo Montani, Gloria Montani, rappresentati e difesi dall'avvocato Fabio Merusi, domiciliato come da PEC di Registri di Giustizia;
contro
Comune di Pisa in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppina Gigliotti, Gloria Lazzeri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
della nota del Comune di Pisa prot. n. EP/000108/2013 avente ad oggetto "segnalazione certificata inizio attività per ristrutturazione e cambio d'uso da magazzino a civile abitazione in Tirrenia, 77 - prop. Montani Angelo", comunicata al ricorrente il 16.12.2013;
nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, anche se di estremi non conosciuti, ivi compreso il parere dell'Avvocatura Civica indicato nella predetta nota (ad oggi non ancora trasmesso all'interessata) ed il Regolamenti Urbanistico del Comune di Pisa, nei limiti indicati in narrativa.
e con i motivi aggiunti depositati il 18.4.2014
per l’annullamento del parere dell’Avvocatura civica, già richiamato nella nota impugnata.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2019 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Si espone che, con licenza edilizia del 1956, veniva realizzato - in Tirrenia(PI) via del Gattici n.77 - un fabbricato composto da quattro unità abitative poste al primo ed al secondo piano, oltre a n. 4 fondi al piano terra ad uso magazzino.
Nell’anno 1957 veniva rilasciato il certificato di abitabilità, oltre che per gli appartamenti del primo e del secondo piano, anche per i quattro fondi siti al piano terreno, considerati come unità residenziali che, in effetti, come tali venivano accatastati e commercializzati.
In data 19.11.2012 il sig. Montani Angelo, quale amministratore di sostegno della proprietaria dell’immobile, sig.ra Ersilia Montani, nella consapevolezza che l’effettiva destinazione non fosse corrispondente ai titoli edilizi rilasciati, presentava richiesta di accertamento di conformità in sanatoria per le opere di ristrutturazione e cambio di uso da magazzino a civile abitazione.
La richiesta di sanatoria era relativa anche alle modifiche effettuate nell’immobile quanto all’altezza interna di ml 2,58, anziché ml 2,70, dei locali ad uso magazzino, modifiche realizzate in corso d’opera del fabbricato in difformità dalla licenza edilizia del 1956, precisando che nel certificato di abitabilità del 1957 era stata erroneamente riportata la presenza al piano terra di n. 4 appartamenti, anziché 4 fondi ad uso magazzino, con altezza di cm. 230 in contrasto con i requisiti minimi di abitabilità e cioè cm. 270.
In data 17.12.2012 l’Amministrazione rilasciava l’attestazione di conformità in sanatoria, ai sensi dell’art.140, comma 6, della legge reg. n.1/2005, che regolarizzava i locali del piano terra come magazzino, non più conformati come unico vano in esecuzione della licenza edilizia del 1956, ma frazionato in più locali con un’altezza diversa da quella autorizzata.
In data 15.1.2013 il sig. Montani presentava segnalazione certificata inizio attività (SCIA) per la realizzazione di opere di ristrutturazione interna al fine di modificare la destinazione d’uso da magazzino a civile abitazione.
In data 11.2.2013 l’Ufficio Edilizia Privata del Comune richiedeva chiarimenti sui lavori e ne disponeva la sospensione qualora iniziati. Successivamente veniva sollecitata la dimostrazione della conformità dell’intervento proposto con le norme dell’allora vigente Regolamento Urbanistico e del Regolamento Edilizio Unificato.
L’amministrazione, evidenziando al ricorrente le contraddizioni della richiesta precedente comunicava che avrebbe inviato la pratica all’Ufficio legale per un parere.
Venivano inoltre riscontrate difformità quanto all’altezza, relativamente alle altre tre unità poste al piano terra del medesimo fabbricato, per le quali erano state presentate istanze di condono per la trasformazione da magazzini ad abitazioni civili.
Sulla base del parere dell’Avvocatura comunale, in data 2.12.2013 il Comune comunicava agli interessati l’inefficacia del deposito della SCIA n.108 del 15.1.2013.
Avvero tale atto proponeva ricorso il sig. Angelo Montani, n.q. di amministratore di sostegno della proprietaria dell’immobile, sig.ra Ersilia Montani, deducendo:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt.24 e 25 DPR n.380/200. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore nei presupposti, motivazione errata e apodittica, difetto di istruttoria, violazione del principio del legittimo affidamento.
2. Violazione degli artt.1.2.2.4 del R.U. del Comune di Pisa, nonché dell’art.04.5 del medesimo R.U. Violazione dell’art.79 L.R. n.1/2005. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore dei presupposti e carenza di istruttoria (sotto altro profilo), disparità di trattamento, illogicità ed ingiustizia manifesta.
A seguito dell’acquisizione, a mezzo istanza di accesso agli atti, del citato parere dell’Avvocatura comunale, parte ricorrente proponeva motivi aggiunti di ricorso, notificati il 18.4.2014 prospettando ulteriori censure:
3. Violazione e falsa applicazione degli artt.24 e 25 DPR n.380/200. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore nei presupposti, motivazione errata e apodittica, difetto di istruttoria, violazione del principio del legittimo affidamento sotto ulteriori profili.
Si costituiva in giudizio il Comune di Pisa instando per la reiezione del gravame.
A seguito del decesso della ricorrente, con memoria depositata il 25 novembre 2015, si costituivano in giudizio in riassunzione gli eredi della medesima sig.ri Gloria e Angelo Montani.
Nella pubblica udienza del 27 febbraio 2019 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Viene impugnata la nota in epigrafe con cui il Comune di Pisa ha dichiarato l’inefficacia della SCIA n.108 del 15.1.2013 presentata dalla parte ricorrente per la ristrutturazione e cambio d'uso da magazzino a civile abitazione di una porzione di immobile sito in località Tirrenia, via del Gattici n.77.
Il ricorso non è suscettibile di accoglimento.
2. Assume la ricorrente, richiamando giurisprudenza anche di questo T.A.R., che le unità immobiliari in questione possiedono una destinazione abitativa sin dal 1957 e tale destinazione risulterebbe legittimata dal certificato di abitabilità rilasciato lo stesso anno. Ebbene tale licenza, ove si esprima anche in merito alla conformità del titolo edilizio rilasciato, avrebbe piena validità in ordine alla legittimazione edilizia e urbanistica della destinazione con essa certificata.
La tesi, per quanto sorretta da una parte minoritaria della giurisprudenza, non appare condivisibile.
Come rilevato dalla difesa del Comune, la funzione e le modalità di rilascio del certificato di abitabilità sono regolate dall’art. 24 del D.P.R. 380/2001 secondo cui detto certificato accerta “La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato…”.
Secondo la norma citata ed il successivo art. 25 la certificazione avviene attraverso la segnalazione certificata di inizio di attività asseverata e documentata dai competenti professionisti.
Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono perciò collegati a presupposti diversi e non sovrapponibili, dato che il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l'immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche è oggetto della specifica funzione del titolo edilizio, essendo stato sottolineato che i diversi piani possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell'edificio ad entrambe le tipologie normative sia in quella patologica di una loro divergenza. (Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3212 id., sez. IV, 24 ottobre 2012 n. 5450; id, sez. V, 30 aprile 2009 n. 2760).
E’ dunque paradossalmente possibile che un edificio sia eseguito in difformità dal titolo edilizio rilasciato ma rispetti le norme di igiene, sicurezza e contenimento del consumo energetico indicate dall’art. 24 seguendone che, in tale ipotesi, l'edificio è agibile (e quindi può essere rilasciato il certificato di agibilità), ma difforme dal progetto approvato e quindi sanzionabile dal punto di vista urbanistico-edilizio.
2.1. Né, ai fini di cui trattasi può attribuirsi rilievo al classamento catastale o all’affidamento ingeneratosi per effetto del decorso del tempo
Quanto al primo profilo vale rilevare che i dati catastali per le qualificazioni e valutazioni di ordine urbanistico-edilizio non possono ritenersi fonte di prova certa sulla situazione di fatto esistente sul piano immobiliare, rappresentando l'accatastamento un adempimento di tipo fiscale-tributario, che fa stato ad altri fini, senza assurgere a strumento idoneo, al di là di un mero valore indiziario, per evidenziare la reale consistenza degli immobili interessati e la relativa conformità alla disciplina urbanistico-edilizia (in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2015, n. 631; 4 febbraio 2013, n. 666; Sez. V, 29 marzo 2004, n. 1631, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 13/08/2015, n. 2615).
In ordine al secondo aspetto è noto che la giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che in materia di abusi edilizi non sussiste in capo all’amministrazione l’onere di motivare in maniera specifica la sanzione ripristinatoria mentre deve escludersi che trovi tutela l’affidamento del privato sulla legittimità dell'opera realizzata, fondata sul mero decorso del tempo accompagnato dall'inerzia dell'amministrazione sino a quel momento (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 26/03/2018, n. 1893, id. sez. VI, 03/10/2017, n. 4580; T.A.R. Emilia Romagna, Parma 10/05/2017, n. 154).
3. Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta che, in ogni caso, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo giacché il Regolamento urbanistico comunale consentirebbe il frazionamento e il mutamento di destinazione (art. 79, co. 1, lett. c) delle NTA).
La censura non è fondata.
Il R.U. all’art.04.3, ammette la possibilità di frazionamento delle unità immobiliari esistenti subordinandolo a due condizioni: che la superficie utile netta media delle unità residenziali risultanti non sia inferiore a mq 65, e che sia realizzato almeno un posto auto pertinenziale per ogni unità edilizia. La possibilità di modifica della destinazione d’uso da superficie accessoria a superficie utile è riservata a unità immobiliari di superficie maggiori o uguali a 96 mq.
Ne segue che il cambio di destinazione d’uso a civile abitazione richiesto contrasta con le norme del R.U. posto che nel caso di specie non è ravvisabile la sussistenza delle condizioni sopra menzionate.
4. Quanto ai motivi aggiunti di ricorso essi si limitano a illustrare quanto già dedotto con l’atto introduttivo del giudizio e pertanto, per le ragioni già illustrate, devono ritenersi infondati.
Ne discende che il ricorso va rigettato seguendo le spese del giudizio la soccombenza come in dispositivo liquidate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 3.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Gianluca Bellucci, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Bernardo Massari Saverio Romano