TAR Emilia Romagna (PR) Sez. I n. 143 del 23 maggio 2022
Urbanistica.Differenza tra pergolato e tettoia
Il pergolato non può essere coperto nella parte superiore in quanto struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze, costituita da un'impalcatura formata da montanti verticali ed elementi orizzontali che li connettono ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone. Di norma quindi il pergolato, come struttura aperta su tre lati e nella parte superiore, non richiede alcun titolo edilizio. Di contro, il pergolato stesso, quando sia coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile, diventa una tettoia, ed è soggetto alla disciplina relativa.
Pubblicato il 23/05/2022
N. 00143/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00236/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 236 del 2018, proposto da
Pulina Patrizia, Ciatti Sandro, rappresentati e difesi dagli avvocati Fernando Figoni, Antonella Dallavalle, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Podenzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
Francesca Arcelli Fontana, Filippo Arcelli Fontana, Marco Arcelli Fontana, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento,
- dell’ordinanza n. 5349 del 22 giugno 2018, n. 1/2018 Registro Ordinanze, con cui il Comune di Podenzano ha ordinato ai signori Ciatti Sandro e Pulina Patrizia la demolizione delle opere indicate nel provvedimento entro il termine di 90 giorni in quanto realizzate in assenza del previsto titolo abilitativo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° dicembre 2021 il dott. Massimo Baraldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I signori Pulina Patrizia e Ciatti Sandro, odierni ricorrenti, sono proprietari di un appezzamento di terreno e di un’abitazione nel Comune di Podenzano su cui hanno realizzato le seguenti opere:
1. una piscina interrata di m. 5,00 x 15,00, con cordolo e camminamento a una doppia fila di piastrelle lungo tutto il perimetro;
2. un fabbricato accessorio alla piscina in legno di m. 4,00 x m. 5,00 e appendice di m. 1,65 x m. 1,70, con copertura a due falde dall’altezza massima m. 2,55 e minima di m. 2,00;
3. una tettoia in tubolari metallici lungo il prospetto Nord dell’edificio principale;
4. un piccolo ricovero attrezzi prefabbricato in legno, per le attrezzature da giardino di m. 1,90 x m. 1,74 m, con altezza massima di m. 2,24 m e minima di m. 1,90.
Con nota del 13 ottobre 2017 il Comune di Podenzano informava gli odierni ricorrenti dell’avvio del procedimento di verifica della sussistenza di abusi edilizi.
In data 23 novembre 2017, tecnici del Comune di Podenzano eseguivano un sopralluogo presso l’abitazione degli odierni ricorrenti e accertavano l’esistenza delle opere edilizie sopra menzionate, tutte realizzate in assenza di relativo titolo abilitativo.
Successivamente, in data 22 giugno 2018, il Comune di Podenzano emetteva l’ordinanza di rimessione in pristino n. 5349, di cui in epigrafe, con cui ordinava agli odierni ricorrenti di procedere alla demolizione delle opere relative alla piscina, al fabbricato accessorio in legno e alla tettoia realizzata in aderenza all’abitazione principale, ritenendo, invece, riconducibile ad opera di edilizia libera il capanno in legno utilizzato quale ricovero attrezzi.
Avverso tale provvedimento hanno proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, depositato in data 9 ottobre 2018, i signori Pulina Patrizia e Ciatti Sandro, chiedendone l’annullamento deducendo i seguenti motivi:
- Eccesso di potere per illogicità e manifesta irragionevolezza;
- Eccesso di potere per travisamento dei fatti;
- Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e violazione dell’art. 8 della legge regionale Emilia-Romagna n. 15/2013.
Non si è costituito in giudizio il Comune di Podenzano.
In data 27 ottobre 2021 parte ricorrente ha depositato memoria finale e infine, all’udienza pubblica del 1° dicembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione su istanza di parte.
DIRITTO
1. - Il ricorso è infondato nel merito e va respinto.
2.1. - Col primo motivo di ricorso, parte ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto, relativamente ai terreni di proprietà dei ricorrenti ove insistono le opere edilizie abusive descritte nella parte in fatto, il Comune di Podenzano ha iniziato “un procedimento di revisione della strumentazione urbanistica del territorio” e, pertanto, “l’eliminazione di manufatti ritenuti non sanabili, ma che potrebbero invece essere sanabili a seguito dell’adozione dei nuovi strumenti urbanistici per i quali la pubblica amministrazione ha già iniziato un percorso di adozione, non è conforme ad alcun principio di salvaguardia e si pone in netto contrasto con il principio di uguaglianza rispetto a situazioni che, non sanzionate, potranno essere sanate”.
2.2. - Il motivo è infondato.
Il Collegio osserva che la circostanza per cui all’atto dell’emanazione del provvedimento impugnato fosse in corso di revisione la strumentazione urbanistica vigente nel Comune di Podenzano è irrilevante ai fini della legittimità del predetto provvedimento, atteso che la legittimità dello stesso va verificata in relazione al momento della sua adozione, in base al principio tempus regit actum, e, dunque, l’unico parametro di riferimento dello stesso è la strumentazione urbanistica vigente al momento dell’emissione del provvedimento la quale, secondo quanto affermato nell’ordinanza impugnata, non permetteva la realizzazione delle opere relative alla piscina ed al fabbricato accessorio in legno.
Inoltre, sul punto, risulta altresì irrilevante che, come dedotto da parte ricorrente nella memoria finale, in data 3 marzo 2020 il Comune di Podenzano abbia approvato un nuovo Regolamento Urbanistico ed Edilizio in base al quale “si evince che i terreni sui quali sono stati edificati la piscina e il ricovero attrezzi sono stati classificati dal Comune come area verde privato”, atteso che la successiva variazione degli strumenti urbanistici relativi ai terreni su sui insistono manufatti abusivi non rende illegittimo un provvedimento di demolizione dei predetti manufatti adottato sulla base degli strumenti urbanistici che vietavano la realizzazione, al momento dell’adozione del provvedimento, dei predetti manufatti.
Né la circostanza che sia stata presentata SCIA in sanatoria per la piscina muta le conclusioni sopra esposte, atteso che il Comune potrà in tale procedimento esplicare i propri poteri adottando gli atti che riterrà necessari, fermo restando che qualunque atto di sanatoria richiede la presenza del requisito della doppia conformità la quale, secondo costante giurisprudenza da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, “deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l'assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l'arco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformità (Cons. Stato, Sez. VI, 17/2/2021, n. 1457; 4/1/2021, n. 43; 9/9/2019, n. 6107; 11/9/2018, n. 5319; 18/7/2016, n. 3194; 5/6/2015 n. 2784; Sez. II, 25/5/2020, n. 3314; Sez. IV, 26/4/2006, n. 2306).” (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 4049/2021).
A tal proposito, poi, il Collegio osserva che, nel presente caso, l’ordinanza di demolizione n. 5349 del 22 giugno 2018, di cui in epigrafe, dà già pienamente atto della circostanza che la piscina ed il fabbricato accessorio “risultano essere non sanabili in quanto contrastano con la classificazione urbanistica dell’area e con la normativa regionale” e, dunque, il Comune di Podenzano si è già espresso sulla sanabilità delle predette opere con statuizione negativa, ravvisando un contrasto fra tali opere e la classificazione urbanistica dell’area vigente al momento dell’adozione del provvedimento di demolizione di che trattasi.
3.1. - Col secondo motivo di ricorso, parte ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato sostenendo che l’Amministrazione comunale sarebbe incorsa in un travisamento dei fatti in quanto il fabbricato accessorio e la tettoia non avrebbero natura di manufatto.
In particolare, per quanto concerne il fabbricato accessorio, lo stesso dovrebbe essere definito come “capanno per gli attrezzi, non è una costruzione in quanto manca delle caratteristiche essenziali per essere qualificato come tale.” mentre, per quanto concerne la tettoia, la stessa sarebbe una “struttura a pergolato smontabile” e, dunque, si tratterebbe “di un manufatto mobile che non può ricadere nell’ambito applicativo delle norme indicate dal provvedimento in quanto non afferente alla tipologia della costruzione e quindi non rientranti nell’ambito di attività edilizia”.
3.2. - Il motivo è infondato.
3.2.1. - Il Collegio osserva che l’ordinanza di demolizione impugnata dà conto del fatto che il fabbricato accessorio alla piscina è stato realizzato in legno ed ha dimensioni planimetriche di m. 4 x m. 5, con appendice di m. 1,65 x m. 1,70 e con altezza minima di m. 2 e massima di m. 2,55 e, dunque, la stessa integra pienamente le caratteristiche di costruzione, atteso inoltre che la stessa è anche dotata di impianto elettrico per la sua illuminazione.
In particolare, il Collegio rileva che risulta del tutto infondata l’affermazione di parte ricorrente secondo cui “L’art. 3 del DPR 380 del 2001 non definisce espressamente il concetto di costruzione, preferendo disciplinare l’attività edilizia” atteso che il predetto articolo 3 testualmente afferma che costituiscono interventi di nuova costruzione “e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee…” ed, in tale definizione, ben può essere ricompreso il fabbricato accessorio di che trattasi.
Con riferimento a tale fabbricato, poi, il Collegio rileva che il provvedimento impugnato dà pienamente conto delle sue caratteristiche, affermando che lo stesso “si configura come un’opera pertinenziale all’abitazione principale la cui attuazione, sotto il profilo meramente autorizzativo, è subordinata alla verifica della volumetria realizzata che, per essere soggetta a SCIA anziché a Permesso di Costruire, deve risultare inferiore al 20% dell’edificio principale” e, dunque, il provvedimento impugnato mostra di aver ben compreso la natura della costruzione di che trattasi e la sua (indubbia) rilevanza quale manufatto che necessitava di un titolo edilizio, rimanendo unicamente da acclarare se tale titolo era il Permesso di Costruire o la SCIA.
3.2.2. - Per quanto concerne, poi, la tettoia, il Collegio osserva che risulta immune da censure il provvedimento impugnato nella parte in cui lo stesso afferma che “la tettoia collegata all’abitazione non può qualificarsi come “pergolato” sia per tipologia costruttiva che per il manto di copertura fisso (lastre di plexiglass) di cui si è dotata” e, conseguentemente, che si è in presenza di un’opera pertinenziale “subordinata alla presentazione di specifico titolo abilitativo (CILA o SCIA) preventivo all’esecuzione dell’opera…”, rimanendo la ricostruzione di parte ricorrente circa la consistenza dell’opera del tutto scollegata dal (reale) dato fattuale in quanto la tettoia di che trattasi non può certo essere ritenuta un pergolato.
Sul punto, difatti, il Collegio osserva che il pergolato non può essere coperto nella parte superiore (come, invece, pacificamente è nel presente caso con copertura in plexiglas), in quanto, secondo consolidata giurisprudenza da cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, il predetto pergolato “è una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze, costituita da un'impalcatura formata da montanti verticali ed elementi orizzontali che li connettono ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone. Di norma quindi il pergolato, come struttura aperta su tre lati e nella parte superiore, non richiede alcun titolo edilizio. Di contro, il pergolato stesso, quando sia coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile, diventa una tettoia, ed è soggetto alla disciplina relativa.” (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 5008/2018).
4.1. - Col terzo motivo di ricorso, parte ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato con riferimento alla piscina realizzata dai ricorrenti.
In particolare, parte ricorrente sostiene che la piscina non è “certamente” un edificio abusivo, che “l’eventuale assenza di titoli potrebbe essere superata con le opportune procedure” e che, infine, “la realizzazione della piscina non contrasta in realtà con la destinazione dell’area”.
4.2. - Il motivo è infondato.
Il Collegio osserva che, nel presente caso, la piscina interrata di che trattasi, le cui dimensioni sono rilevanti (m. 5 x m. 15), costituisce con ogni evidenza una costruzione che necessitava di idoneo titolo abilitativo, ossia SCIA come dedotto dal Comune di Podenzano nell’ordinanza di demolizione, atteso che la stessa, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, costituisce pianamente una “trasformazione del territorio”, come evidenziato da condivisibile giurisprudenza secondo cui “la circostanza che la piscina interrata e la pavimentazione non si sviluppino in verticale, non esclude che esse alterino la consistenza dei suoli e costituiscano interventi edilizi sostanzialmente innovativi e modificativi dell’assetto edilizio del territorio…” (TAR Campania - Napoli, Sez. VII, sentenza n. 3875/2020).
Inoltre, con riferimento sempre alla sopra menzionata piscina, il Collegio osserva che, come affermato dallo stesso provvedimento di demolizione, la sua realizzazione contrastava pienamente con la destinazione dell’area, atteso che la classificazione della predetta area quale “Ambiti per nuovi insediamenti prevalentemente residenziali”, come puntualmente dedotto nel predetto provvedimento, “preclude l’esecuzione di qualsiasi intervento edilizio non qualificabile come attività edilizia libera”.
5. - Per tutto quanto sopra sinteticamente illustrato, dunque, il ricorso è infondato nel merito e va respinto.
6. - Nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione Comunale intimata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 1° dicembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Carlo Buonauro, Consigliere
Massimo Baraldi, Referendario, Estensore