TAR Puglia (BA) Sez. III n. 192 del 27 febbraio 2017
Urbanistica.Attività edilizia libera e regolamenti locali introdotti a tutela di una zona dichiarata patrimonio dell’umanità

L’attività edilizia libera (rectius mera sostituzione di infissi ovvero apposizione di zoccolatura esterna), per sua natura ed in forza di specifica statuizione di legge (art. 6 d.p.r. n. 380/2001) non soggetta a DIA / SCIA, non esclude affatto l’applicazione dei regolamenti locali introdotti dalla Amministrazione al fine di tutelare una zona dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.




Pubblicato il 27/02/2017

N. 00192/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00898/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 898 del 2016, proposto da:
Frattaruolo Carlo, Santodirocco Maria, Potenza Giuseppe, Potenza Giovanni, Ciuffreda Lucia, rappresentati e difesi dall’avvocato Gilda Sacco, domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Puglia in Bari, piazza Massari, 6;

contro

Comune di Monte Sant’Angelo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Attilio Spagnolo, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Abbrescia, 50;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- delle ordinanze del Comune di Monte Sant’Angelo di “demolizione e ripristino dello stato dei luoghi - artt. 27, 37 del d.p.r. n. 380/2001”:

n. 51 del 2.5.2016 notificata il 4.5.2016, a Frattaruolo Carlo;

n. 55 del 2.5.2016 notificata il 4.5.2016, a Santodirocco Maria;

n. 56 del 2.5.2016 notificata il 4.5.2016, a Santodirocco Maria;

n. 57 del 2.5.2016 notificata il 4.5.2016, a Potenza Giuseppe;

n. 58 del 3.5.2016 notificata il 4.5.2016, a Potenza Giovanni e Ciuffreda Lucia;

- nonché di ogni atto ad esse presupposto, connesso, o consequenziale;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Monte Sant’Angelo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2017 per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti Frattaruolo Carlo, Santodirocco Maria, Potenza Giuseppe, Potenza Giovanni, Ciuffreda Lucia sono proprietari di immobili siti in Monte Sant’Angelo – Largo Sottotenente Domenico Arena, nn. 10, 24, 25, 30, 27.

In data 4.3.2016 venivano emessi nei loro confronti distinti rapporti di servizio di contestazione di abusi (rectius apposizione di infissi esterni in materiali e modalità di posa non compatibili con i regolamenti vigenti e apposizione di zoccolatura in pietra di Apricena, con specifico riferimento, per quanto riguarda quest’ultima contestazione, agli immobili siti in Largo Sottotenente Domenico Arena, n. 30 e n. 27).

Venivano quindi adottate le ordinanze n. 4/2016 e n. 5/2016 nei confronti dei sigg.ri Potenza Giuseppe e Santodirocco Maria di ripristino dello stato dei luoghi e di irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria.

L’Ufficio comunale riteneva successivamente che gli abusi de quibus non erano soggetti a permesso di costruire; pertanto annullava in autotutela le precedenti ordinanze n. 4/2016 e n. 5/2016 con provvedimenti n. 28/2016 e n. 29/2016.

Con gli stessi provvedimenti comunicava l’avvio del procedimento repressivo per la rimozione dei medesimi elementi realizzati in difformità dalle norme vigenti.

Negli altri casi il provvedimento sanzionatorio impugnato in questa sede era preceduto da comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 legge n. 241/1990.

Infine, venivano adottate le gravate ordinanze di rimozione degli abusi n. 51, 55, 56, 57 e 58 del 2.5.2016.

Gli istanti impugnavano con il ricorso introduttivo i citati provvedimenti, deducendo censure così sinteticamente riassumibili:

1) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 27 e 37 e ss. d.p.r. n. 380/2001; violazione e/o falsa applicazione del regolamento per la buffer zone – sito UNESCO “Regolamento Centro Storico – Buffer Zone – Zona Ambientale” approvato con la delibera di C.C. n. 12 del 22.3.2013; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria; travisamento dei fatti; sviamento; vizio di motivazione; violazione degli artt. 1, 2 e 3 legge n. 241/1990 e dell’art. 97 Cost.: gli interventi sanzionati (sostituzione di infissi e zoccolatura) sarebbero antecedenti all’entrata in vigore del d.p.r. n. 380/2001 (richiamato nei provvedimenti impugnati); sia la disciplina precedente al d.p.r. n. 380/2001, sia lo stesso T.U. edilizia escluderebbero per la sostituzione delle finiture esterne la necessità di concessione / autorizzazione, trattandosi di intervento di manutenzione ordinaria; in particolare in virtù del d.p.r. n. 380/2001 (artt. 3, 6 e 22) la tipologia di interventi per cui è causa rientrerebbe tra le attività edilizie libere per le quali non è richiesta DIA / SCIA; sarebbe, altresì, da escludere che gli immobili in esame siano sottoposti a vincoli ai sensi del dlgs n. 42/2004; inoltre, il regolamento del 2013 “Regolamento Centro Storico – Buffer Zone – Zona Ambientale” (delibera di C.C. n. 12/2013) consentirebbe all’art. 7.3.2 la possibilità di adottare soluzioni tecnologicamente avanzate come quelle realizzate dai ricorrenti; il regolamento del 2013 non sarebbe applicabile agli interventi preesistenti; gli interventi in esame ricadrebbero nell’ambito di applicazione del regolamento del 1986 in forza del quale la sostituzione di infissi e la cd. zoccolatura sarebbero sottratti ad autorizzazione e concessione, così come non era previsto dallo stesso regolamento alcun obbligo di SCIA / DIA; per quanto riguarda la zoccolatura, il citato regolamento del 1986 non contemplerebbe alcun divieto di realizzazione in pietra di Apricena; il regolamento del 1986 escluderebbe unicamente l’utilizzo di materiali impattanti, ma non il PVC (materiale all’epoca non esistente) che riproduce in tutto i caratteri del legno; in altri edifici presenti nel Comune di Monte Sant’Angelo sarebbe stato utilizzato il PVC simil legno (dallo stesso Comune per il complesso monumentale dell’ex Convento delle Clarisse);

2) violazione del principio del legittimo affidamento: i provvedimenti impugnati violerebbero il principio del legittimo affidamento, posto che le opere sarebbero state realizzate da lungo tempo rispetto alla data dell’intervento repressivo del Comune; in particolare a Frattaruolo Carlo con il censurato provvedimento n. 51/2016 viene ordinata la demolizione di opere abusive relativamente ad un immobile (sito al civico n. 10 di Largo Sottotenente Domenico Arena) oggetto in passato di concessione in sanatoria rilasciata in data 2-6.10.1986; l’ordinanza n. 55/2016, infine, ordina la demolizione di una vecchia porta in ferro che visibilmente non avrebbe subito interventi da tempo remoto;

3) violazione dell’art. 7 legge n. 241/1990; vizio di motivazione; eccesso di potere: l’attività comunale di adozione dei rapporti di servizio in data 4.3.2016 sarebbe rimasta ignota ai ricorrenti in violazione dell’art. 7 legge n. 241/1990; interventi simili a quelli oggetto dei citati provvedimenti non sarebbero stati sanzionati dal Comune; i provvedimenti gravati sarebbero viziati da difetto di motivazione, essendo stati assunti in assenza della chiara indicazione dei presupposti in fatto ed in diritto su cui gli stessi si fondano.

Si costituiva il Comune di Monte Sant’Angelo, resistendo al gravame.

2. Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia da respingere in quanto infondato.

2.1.- In primo luogo, deve prendersi atto della rinuncia al ricorso formulata nel corso dell’udienza pubblica del 15 febbraio 2017 dal difensore per quanto concerne la posizione di Santodirocco Maria.

2.2.- Preliminarmente va sottolineato che il ricorso collettivo deve considerarsi ammissibile sulla base del principio di diritto di cui a Cons. Stato, Sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 831 ed in presenza delle condizioni ivi richiamate (“Il ricorso collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con un unico atto, è ammissibile nel solo caso in cui sussistano, cumulativamente, i requisiti dell’identità di situazioni sostanziali e processuali - ossia, alla condizione che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi - e dell’assenza di un conflitto di interessi tra le parti.”).

2.3.- Nel merito evidenzia questo Giudice quanto segue.

Con riferimento al motivo di gravame sub 1), si rileva che l’attività edilizia libera (rectius mera sostituzione di infissi ovvero apposizione di zoccolatura esterna), per sua natura ed in forza di specifica statuizione di legge (art. 6 d.p.r. n. 380/2001) non soggetta a DIA / SCIA, non esclude affatto, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, l’applicazione dei regolamenti locali (peraltro non oggetto di alcun motivo di doglianza) introdotti dalla Amministrazione al fine di tutelare una zona dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.

Peraltro, i provvedimenti impugnati costituiscono corretta applicazione dell’art. 7 del regolamento del 2013 che vieta espressamente porte in PVC (vedi art. 7.4.6), mentre la norma che riguarda l’ammissibilità di soluzioni tecnologicamente avanzate (invocata da parte ricorrente a pag. 15 dell’atto introduttivo) riguarda esclusivamente i serramenti interni (art. 7.3).

In ogni caso anche l’art. 25 delle NTA del PRG del 1986 prevede espressamente il divieto di usare per ringhiere e infissi esterni alluminio anodizzato o materiali assimilabili, imponendo per gli infissi esterni l’uso esclusivo del legno.

Parimenti, per quanto concerne l’uso della pietra di Apricena (di cui si fa riferimento nelle censurate ordinanze n. 57/2016 e n. 58/2016 per contestarne un’utilizzazione non consentita nelle zoccolature esterne negli immobili siti in Largo Domenico Arena rispettivamente ai nn. 30 e 27), va rilevato che in generale l’art. 25 delle NTA del PRG del 1986 fa divieto “… di usare marmi, ceramiche e rivestimenti in gres e in cotto e simili per qualsiasi opera di rifinitura esterna”. Conseguentemente, deve ritenersi non consentito l’utilizzo della pietra di Apricena in quanto costituente rivestimento esterno espressamente vietato.

Analogamente l’art. 5.1.8 del regolamento del 2013 prevede che “Per gli interventi di sostituzione di elementi lapidei, fino all’eventuale riattivazione di cave autorizzate per l’estrazione della “pietra di Monte”, si dovrà fare uso del calcare greco, o in alternativa della pietra di Lecce o la pietra di Carovigno”.

Ove anche si volesse attribuire valore alla nota comunale prot. n. 6540 del 6.6.2016 (invocata da parte ricorrente a pag. 18 dell’atto introduttivo), che ammette l’utilizzo della pietra di Apricena nel centro storico solo con effetto a vista opaco e previo parere favorevole della Soprintendenza, deve tuttavia evidenziarsi che detto parere non risulta essere stato adottato.

Pertanto, si deve ritenere che l’utilizzo della pietra di Apricena resti vietato, come correttamente ritenuto dal Comune nei censurati provvedimenti nn. 57 e 58 del 2016.

In conclusione, applicando sia la vecchia disciplina del 1986, sia il regolamento del 2013, le opere oggetto dei provvedimenti impugnati restano comunque vietate.

In ogni caso, l’onere della prova in ordine all’epoca di realizzazione dell’intervento oggetto di contestazione grava sull’interessato (cfr. T.A.R. Umbria n. 461/2013: “… in materia edilizia, l’onere della prova in ordine all’epoca di realizzazione di un abuso edilizio grava sull’interessato che intende dimostrare la legittimità del proprio operato, e non sul Comune che, in presenza di un’opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla a norma di legge. …”).

Nella fattispecie in esame non si può ritenere assolto detto onere, non rilevando le fatture degli interventi o le bolle di accompagnamento dei materiali in quanto atti privi di data certa.

Va, altresì, rimarcato che il condono del 2-6.10.1986 rilasciato in favore di Frattaruolo Matteo relativamente all’immobile sito in Largo Domenico Arena n. 10 non necessariamente riguarda l’apposizione di infissi metallici non conformi di cui al gravato provvedimento n. 51/2016, avendo il condono ad oggetto genericamente “sistemazione esterna e ampliamento vano porta”.

2.4.- Per quanto concerne la doglianza sub 2), deve evidenziarsi che alcun legittimo affidamento è configurabile in capo ai privati, a fronte di interventi correttamente considerati abusivi dalla Amministrazione comunale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 29/07/2016, n. 3435) ed in considerazione del “grave nocumento agli immobili sottoposti a tutela in base al piano urbanistico vigente ed al regolamento … approvato con D.C.C. n. 12 del 22.3.2013 e al carattere storico della zona rientrante nel contesto storico, architettonico e paesaggistico tutelato in quanto appartenente al sito dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità; …” (cfr. motivazione delle ordinanze impugnate).

In tal modo la P.A. ha adempiuto adeguatamente all’obbligo di motivazione “rafforzata” su di essa gravante circa l’individuazione di un interesse pubblico specifico alla emissione della sanzione demolitoria (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 08/04/2016, n. 1393) ricollegato alla tutela di un bene – come detto - dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

2.5.- Quanto alla censura sub 3) relativa alla asserita violazione dell’art. 7 legge n. 241/1990, va rimarcato che sono presenti in atti le comunicazioni di avvio del procedimento repressivo indirizzate ai singoli ricorrenti e comunque le stesse comunicazioni sono specificamente menzionate nei gravati provvedimenti. Quindi agli stessi interessati è stata data la possibilità di partecipare al procedimento.

Ne consegue che il motivo di ricorso va disatteso.

2.6.- Da ultimo si richiama il principio di diritto di cui a Consiglio di Stato, Sez. IV, 14/06/2005, n. 3124 in forza del quale “Non si può lamentare alcuna significativa disparità di trattamento, invocando analoghi provvedimenti concessori rilasciati dallo stesso comune ad altri soggetti asseritamente versanti in situazioni analoghe a quelle del ricorrente, non essendo consentito invocare a proprio vantaggio illegittimi comportamenti eventualmente adottati dalla p.a. in favore di terzi.”.

Semmai l’Amministrazione resistente dovrà provvedere in futuro alla repressione di interventi analoghi a quelli oggetto di legittima contestazione nei confronti degli odierni ricorrenti.

3. Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la declaratoria di estinzione del ricorso per rinuncia di Santodirocco Maria e la reiezione del ricorso proposto dagli altri istanti.

4. In considerazione della peculiarità e novità della controversia, sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

1) dichiara l’estinzione del ricorso per rinuncia di Santodirocco Maria;

2) respinge il ricorso proposto dagli altri istanti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Gaudieri, Presidente

Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore

Viviana Lenzi, Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Francesco Cocomile        Francesco Gaudieri