Trib. Napoli Uff. GIP ord. 24 aprile 2009
Urbanistica.Condono e autorizzazione paesistica
Il giudice, pur disconoscendo il fumus del dolo di abuso d'ufficio, rileva la inammissibilità di una prassi dei comuni ischitani , in tema di condono e autorizzazione paesistica e surrogabilità della stessa con la procedura semplificata prevista da una legge regionale ritenuta prevalente.
N. 50574/07 R.G.N.R.
N. 8162/08 R.G. GIP
TRIBUNALE DI NAPOLI
Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari
Sezione XXI
ORDINANZA DI RIGETTO DELLA RICHIESTA DI SEQUESTRO PREVENTIVO
art. 321 cpp
Il Giudice dr. Raffaele Piccirillo,
sulla richiesta presentata dal P.M. in data 28 febbraio 2009, nel procedimento iscritto nei confronti di:
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Regine Francesco ( Forio, 14.3.54), Sindaco di Forio d’Ischia
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Amalfitano Filomena (Forio, 11.6.69), Assessore all’edilizia del comune di Forio d’Ischia
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Colella Giosuè (Forio, 31.8.46), Responsabile UTC del comune di Forio d’Ischia
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Buono Paolino (Barano d’Ischia, 16.4.60), Sindaco di Barano d’Ischia
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Gaudioso Dionigi (Ischia, 20.12.72), Assessore all’edilizia del comune di Barano d’Ischia
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Barbieri Giuseppe (Colleferro-Roma- 17.9.56), Responsabile UTC del comune di Barano d’Ischia
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D’Ambrosio Vincenzo (Casamicciola Terme. 28.2.58), Sindaco di Casamicciola Terme
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Barbieri Ignazio (Ischia, 2.4.74), Assessore all’edilizia del comune di Casamicciola T.
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Formisano Alessandro (Na, 7.8.47), Responsabile UTC del comune di Casamicciola T.
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Irace Restituta (Lacco Ameno, 4.8.65), Sindaco di Lacco Ameno
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Ungaro Crescenzo (Ischia, 13.4.51), Responsabile UTC del comune di Lacco Ameno
INDAGATI
per il reato di cui agli artt. 323 co.I e II, 110, 81 c.p. perché, in concorso tra loro, nello svolgimento delle relative funzioni rivestite nell’ambito dei rispettivi enti di appartenenza come sopra indicato, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in violazione delle norme di cui agli artt. 9 co. V della L. reg. 10/2004, 32 L. 47/85, 159 co. III d. lgs.vo 42/2004, nonché in violazione della delega conferita dalla Regione Campania agli enti territoriali ai sensi della L. 65/1981 ed art. 1 L. reg. 10/1982, mediante il rilascio di provvedimenti di sanatoria edilizia in relazione ad istanze di condono presentate ai sensi delle L. 47/85 e 724/94, previa consapevole e reiterata omissione, nonostante i numerosi richiami formulati in nome della stessa Regione nonché della Soprintendenza ai BB. AA. di Napoli, della trasmissione degli atti del procedimento all’ente preposto alla tutela del vincolo paesaggistico - ambientale vigente su tutto il territorio dell’isola d’Ischia, e comunque senza la necessaria previa acquisizione dei decreti di autorizzazione paesistica, intenzionalmente procuravano ingiusto profitto ai privati destinatari dei titoli in sanatoria analiticamente riportati nell’allegato elenco.
In Forio d’Ischia, Lacco Ameno, Barano d’Ischia e Casamicciola Terme, nelle date di rilascio dei titoli come indicate nell’elenco allegato e comunque fino al Gennaio 2009.
Letto il fascicolo delle indagini difensive depositato in data 23.2.2009 dall’avv. Lorenzo Bruno Molinaro, difensore degli indagati AMALFITANO Filomena e COLELLA Giosuè;
vista la documentazione trasmessa dal P.M. in data 5.3.09, 18.3.09 e 31.3.09;
OSSERVA
a.fumus del delitto di abuso d’ufficio
Trattandosi di una richiesta cautelare fondata sulla pretesa violazione dell’articolo 323 c.p., appare imprescindibile una disamina della ricorrenza nel caso concreto degli elementi costitutivi della fattispecie: violazione di legge o regolamento; ingiustizia del danno/profitto conseguito o conseguibile; dolo intenzionale di ingiusto profitto o d’ingiusto danno.
La violazione di legge
1. E’ nevralgica nell’addebito cautelare la questione del significato e dell’ambito applicativo dell’articolo 9 della legge regionale campana n. 10/2004, pubblicata sul B.U.R.C. n. 56 del 18 novembre 2004.
La norma è stata introdotta per la celere definizione delle domande di condono presentate ai sensi delle leggi nn. 47/85 e 724/94, ancora pendenti alla data di entrata in vigore della legge regionale.
La finalità acceleratoria è attuata attraverso la fissazione di un termine sollecitatorio di definizione delle pratiche (31 dicembre 2006) e la previsione di un meccanismo di semplificazione istruttoria affidato ad una dichiarazione sostitutiva, da redigersi ai sensi del D.P.R. 445/2000, nella quale il soggetto che dispone dell’immobile per il quale è stato chiesto il condono deve autocertificare: la disponibilità dell’immobile; la sussistenza delle condizioni per la riduzione delle somme dovute a titolo di oblazione ai sensi delle leggi 47/85 e 724/94; la descrizione dello stato delle opere abusive, con la specificazione di superfici e volumetrie; la propria residenza, nell’ipotesi di costruzioni destinate ad abitazione; la data di iscrizione camerale e la sede dell’impresa, nell’ipotesi di immobili destinati ad uso imprenditoriale; l’avvenuta esecuzione delle opere di adeguamento sismico nei casi prescritti.
Ricevuta la dichiarazione sostitutiva, i comuni hanno la ‘facoltà’ di verificare la veridicità delle dichiarazioni. Nell’ipotesi in cui la verifica venga effettuata con esito negativo, incombe sui comuni l’obbligo di trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica competente e di comunicare al dichiarante la ‘decadenza’ dal beneficio.
Al di fuori dell’ipotesi del controllo sostanziale o nel caso di esito positivo dello stesso, incombe sul ‘dirigente dell’ufficio comunale competente’ l’obbligo di verificare la regolarità formale della dichiarazione sostitutiva e l’avvenuto pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, per rilasciare ‘se sussistono i presupposti di legge’ il titolo edilizio in sanatoria.
Il comma quinto dell’articolo 9 prevede una preclusione che assume importanza cruciale ai fini che ci occupano: “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli abusi edilizi realizzati sulle aree del territorio regionale sottoposte ai vincoli di cui alla legge 47/85, articolo 33”.
I vincoli elencati nell’articolo 33 della legge n. 47/85 sono i seguenti:
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vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali idrogeologici;
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vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;
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vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;
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ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree;
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opere realizzate su edifici e immobili assoggettati alla tutela della legge 1 giugno 1939 n. 1089, che non siano compatibili con la tutela medesima.
Costituisce dato incontroverso l’assoggettamento dell’intero territorio dei comuni ischitani di Forio, Barano, Casamicciola Terme e Lacco Ameno a regime vincolistico d’interesse paesaggistico.
Emerge poi con evidenza dal testo dell’articolo 9 ultimo comma come il richiamo dell’articolo 31 della legge n. 47/85 non investa l’intera disposizione ma le tipologie vincolistiche ivi citate.
La norma eccettuativa non richiama i ‘casi di opere non suscettibili di sanatoria a causa dell’inedificabilità assoluta’, ma soltanto la parte definitoria della disposizione statale nella quale si elencano i vincoli significativi.
In tal senso ha già avuto modo di esprimersi il CdS nella decisione n. 4609/2006, ove si esclude la riferibilità del termine sollecitatorio previsto dall’art. 9 della L.R. 10/04 ad una pratica di condono ex lege 47/85 per un immobile napoletano assoggettato a vincolo paesistico e storico-artistico:
“Il rinvio contenuto in tale comma è ai tipi di ‘vincoli’ citati nell’articolo 33, e non ai casi di opere non suscettibili di sanatoria a causa dell’inedificabilità assoluta. Non essendo in contestazione che l’immobile in questione sia assoggettato a vincolo paesistico e storico-artistico (entrambi richiamati dal citato articolo 33), l’articolo 9 della l.r. n. 10/04 e, quindi, il menzionato termine del 31.12.2006 non si applicano alla fattispecie in esame”.
Così interpretata la portata dell’articolo 9 della legge n. 10/04, ne discende che le pratiche di condono degli abusi realizzati nei comuni ischitani nei termini di ultimazione fissati dalle leggi 47/85 e 724/94 non potevano sfuggire al subprocedimento di verifica della compatibilità paesistica previsto dall’articolo 32 della legge del 1985, richiamato dall’art. 39 della legge n. 724/1994.
La disposizione prevede la subordinazione del ‘rilascio’ della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria per opere realizzate su aree sottoposte a vincolo al ‘parere favorevole’ delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso’.
Il parere dev’essere rilasciato: nel termine di 120 giorni, quando riguardi interventi edilizi non incrementativi delle superfici e delle volumetrie preesistenti; nel termine di 180 giorni, quando riguardi interventi diversi. Il vano decorso del primo dei termini indicati è qualificato dal legislatore come silenzio – assenso; il decorso invece del secondo termine senza che l’autorità tutoria abbia espresso il parere è invece qualificato come silenzio-rifiuto impugnabile dall’interessato.
Il sub procedimento tutorio e le autorità che ne sono investite risultano dalla seguente successione di interventi normativi.
Con l’articolo 82 del D.P.R. 616/77 sono state delegate alle Regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di protezione delle bellezze naturali.
La Regione Campania, con legge n. 65/81, ha subdelegato dette funzioni alle Province, alle Comunità Montane e ai Comuni.
Con legge regionale 23 febbraio 1982 n. 10 sono state subdelegate ai comuni, previa acquisizione del parere delle commissioni edilizie integrate all’uopo costituite, le competenze per il rilascio dell’autorizzazione paesistica di cui all’articolo 7 della legge 29 giugno 1939 n. 1497, sostituito dall’articolo 151 del d. lgs.vo 490/99 e, da ultimo, dall’articolo 159 del d. lgs.vo 42/2004.
Per effetto dell’articolo 1 della legge 13 marzo 1988 n. 68 il parere previsto dall’articolo 32 della legge 47/85 è ritenuto equipollente, per natura, funzioni e contenuto, dell’autorizzazione paesistica ed è pertanto annullabile dal Ministero competente, entro sessanta giorni dalla comunicazione, per il tramite della Soprintendenza territorialmente competente.
2. La necessaria interlocuzione dell’autorità tutoria nelle pratiche in oggetto è stata ripetutamente segnalata alle amministrazioni comunali ischitane dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il paesaggio di Napoli, come ha dichiarato al P.M. l’architetto Paolo Mascilli Migliorini (verbale del 9.10.08):
“i comuni dell’isola furono più volte messi al corrente dal nostro ufficio sulla illegittimità della procedura ma ci fu risposto che invece era tutto regolare sottolineando anche la sussistenza di pareri legali da loro acquisiti in tal senso”.
Le ripetute sollecitazioni e l’esternazione del punto di vista della soprintendenza sono documentati da una serie di note datate a partire dall’anno 2006, acquisite al fascicolo e consegnate al p.m. dallo stesso architetto Mascilli Migliorini.
E’ stata proprio la soprintendenza di Napoli a stimolare l’intervento consultivo dell’Avvocatura Distrettuale e dell’Avvocatura generale dello Stato, i cui pareri (resi rispettivamente in data 24.3.07 e 21.1.08 inequivocabilmente confermano la necessità del parere di compatibilità paesistica previsto dall’art. 32 cit., sulla base di alcuni degli argomenti che qui di seguito si esporranno.
3. Non ci si può esimere a questo punto dal valutare le motivazioni della scelta semplificativa operata dai funzionari indagati nei provvedimenti di permesso in costruzione in sanatoria allegati al fascicolo e nel verbale della conferenza di servizi tra i comuni di Forio, Lacco Ameno, Casamicciola Terme, Ischia, Barano d’Ischia e Serrara Fontana stipulata in data 12 luglio 2007 presso la sede municipale di Forio.
Detti argomenti richiamano in gran parte provvedimenti del TAR Campania e del G.M. della Sezione Distaccata di Ischia raccolti nel fascicolo delle indagini difensive depositato dall’avv. Molinaro.
Gli argomenti possono raccogliersi intorno ai seguenti nuclei:
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la procedura dettata dall’articolo 9 della legge regionale 10/2004 abroga implicitamente, nella regione Campania e per il tempo della sua vigenza, la previsione dell’articolo 32 della legge statale 47/85;
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il richiamo del co. 5° è non casualmente limitato all’art. 33 della legge n. 47/85, avendo voluto con ciò il legislatore regionale circoscrivere l’esclusione della procedura semplificata ai soli casi di vincoli d’inedificabilità assoluta. Qualora il legislatore avesse inteso invece escludere dalla norma acceleratoria anche i casi di vincolo relativo, avrebbe richiamato l’articolo 32 della legge n. 47/85;
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l’articolo 9 della l.r. 10/2004 è tuttora vigente, non essendo stato neppure interessato dal conflitto sollevato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso altre disposizioni della stessa legge regionale;
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la disposizione superstite della legge regionale è destinata a prevalere ad ogni effetto sulla normativa statale e su quella regolamentare costituita dal piano territoriale paesistico dell’isola d’Ischia. Più specificamente si afferma: che i rapporti tra legge regionale e legge statale non sono regolati da criteri gerarchici, trattandosi di fonti di pari grado e forza; che dunque opera pienamente il principio di prevalenza della norma successiva sulla precedente, in forza del quale l’articolo 9 (interpretato come detto) ha abrogato nella Regione Campania il parere dell’autorità tutoria previsto dall’articolo 32 della legge n. 47/85.
Gli argomenti appena sintetizzati sono diffusamente esposti nel parere pro veritate reso dall’avv. Molinaro nell’anno 2005 su richiesta delle amministrazioni comunali in esame, parere ampiamente richiamato nei provvedimenti oggetto di censura.
Essi appaiono tutt’altro che convincenti.
Il primo argomento trascura il dato letterale dell’art. 9 co. 5° l.r. 10/04 che recita ‘Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli abusi edilizi realizzati sulle aree del territorio regionale sottoposte ai vincoli di cui alla legge 47/85, articolo 33 : un testo ove riteniamo evidente il richiamo dell’articolo 33 esclusivamente nella parte che contiene l’elenco dei vincoli rilevanti e non anche nella proposizione condizionale contenuta nella parte iniziale della norma (‘qualora questi comportino inedificabilità).
Intendere la disposizione eccettuativa nel modo propugnato dalle amministrazioni ischitane vorrebbe dire privarla di utilità: laddove vigano vincoli di inedificabilità assoluta, non trova spazio operativo l’istituto del condono e sarebbe dunque pletorica la disposizione che escludesse la praticabilità della procedura semplificata finalizzata alla sua adozione!
Deve poi considerarsi che la norma regionale non contempla un’espressa abrogazione del parere dell’autorità tutoria, come invece sembra ritenere l’avv. Molinaro nel parere recepito dalle amministrazioni comunali.
Nel comma 4° l’art. 9 impone anzi al dirigente dell’ufficio comunale competente di verificare – oltre che la regolarità formale della dichiarazione autocertificativa e l’avvenuta oblazione – la sussistenza dei ‘presupposti di legge’, tra i quali bene può annoverarsi il parere di compatibilità rilasciato dall’autorità preposta alla tutela del vincolo, visto che detto parere è contemplato dall’art. 32 della legge n. 47/85 come precondizione per il ‘rilascio’ del provvedimento di condono.
3. Una traccia delle considerazioni che abbiamo appena svolto si rinviene anche nel parere pro veritate rilasciato dal prof. Cocozza al Comune di Forio, parere che pure le amministrazioni citano – insieme a quello dell’avv. Molinaro – a sostegno della propria tesi.
Il costituzionalista napoletano afferma senz’altro che “non vi è sostituzione espressa ex art. 9 della legge regionale 10/04 delle cadenze procedimentali contemplate dalla legge 47/85”. Interrogandosi poi sull’eventualità che la legge regionale operi un’abrogazione implicita di quella statale, formula, sia pure in termini ‘perplessi’, osservazioni che depongono per l’illegittimità della procedura praticata dagli indagati.
Il prof. Cocozza rileva correttamente la mancanza del presupposto fondamentale dell’abrogazione implicita, quello della perfetta coincidenza delle materie diversamente regolate:
“le due discipline – regionale e statale – non sembrano necessariamente coincidere nel complessivo e intero ambito materiale, dal momento che la prima si occupa soprattutto di sostituire alle certificazioni le dichiarazioni dei soggetti; la seconda di prevedere i vari adempimenti finalizzati al rilascio del titolo”.
E’ ancora il professor Cocozza ad ammettere che “l’inciso del comma 4, che condiziona il rilascio del titolo edilizio in sanatoria alla sussistenza dei ‘presupposti di legge’, potrebbe far pensare ad un rinvio a quanto stabilito dalle leggi statali, e quindi, anche all’art. 32 della legge 47/85”.
Nell’affermare poi la finalità acceleratoria della disciplina regionale che potrebbe risultare frustrata dall’attivazione di sub procedimenti come quello demandato all’autorità tutoria, l’esperto non manca di ammettere che però “alcuni sub procedimenti, come quello relativo al nulla-osta ambientale, sono correlati a ben precise esigenze di sistema” e ancora che “la scelta di ritenere abrogato quanto imposto dal legislatore statale potrebbe non essere in linea con la oggettiva valutazione comparativa delle aree nelle quali si è dispiegato l’intervento delle discipline esaminate e incidere su ulteriori e diverse esigenze di sistema”.
Pur ravvisando nel rapporto tra le due normative dei profili di incertezza (che francamente stentiamo a riconoscere) e pur invocando l’intervento di una legge di interpretazione autentica, il costituzionalista propone una soluzione ben diversa da quella praticata dagli amministratori indagati.
Il parere pro veritate richiama infatti il Protocollo di Intesa stipulato in data 25 luglio 2001 fra la regione Campania e la Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici di Napoli e Provincia, indicandolo come strumento utile “per concordare cadenze procedimentali che, considerando la diversità tipologica degli interventi, consentano quei risultati di rapida definizione in linea con quanto la legge regionale prescrive”.
Non si vede davvero come la soluzione proposta dal prof. Cocozza possa essere invocata quale conforto della prassi seguita dai comuni ischitani.
Il Protocollo d’Intesa invocato dal consulente non prevede affatto l’estromissione del parere paesistico dalla procedura condonistica. L’obiettivo di accelerazione è perseguito piuttosto attraverso un’azione di coordinamento tra le amministrazioni coinvolte che trova i suoi momenti qualificanti:
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nella predeterminazione di criteri generali per la valutazione della compatibilità paesistica delle opere abusive, che devono guidare l’azione: innanzitutto delle Commissioni Edilizie Integrate investite del parere ai sensi della legge regionale 23.2.82 n. 10; quindi della soprintendenza che, ricevuta la comunicazione e la documentazione allegata, deve controllare l’autorizzazione paesistico-ambientale rilasciata dall’amministrazione comunale;
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nella predeterminazione delle prescrizioni che devono essere contenute nel parere di compatibilità paesistica, per garantire ‘il miglior inserimento delle opere abusive nel contesto ambientale, paesistico, naturale, al fine della riqualificazione architettonica dei manufatti abusivi’;
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nella specificazione del ‘corredo documentale e progettuale’ che deve accompagnare la domanda di condono edilizio di immobili realizzati in area vincolata per consentire l’esatta valutazione della compatibilità paesistica.
4. Una volta escluso che l’articolo 9 della legge regionale si ponga come norma implicitamente abrogatrice dell’articolo 32 della legge 47/85, il discorso potrebbe chiudersi qui.
Merita però aggiungere che la lettura della disposizione regionale propugnata dalle amministrazioni ischitane, oltre a tradire i dati testuali, è incompatibile con la Costituzione.
Se davvero la norma regionale avesse inteso stabilire l’emarginazione della valutazione di compatibilità paesistica dalla procedura di sanatoria degli abusi edilizi perpetrati in zone vincolate comprese nel territorio della Regione Campania, essa avrebbe vulnerato l’assetto dei rapporti tra Stato e Regioni stabilito dall’articolo 117 della Costituzione.
Un assetto che affida in via esclusiva allo Stato la conservazione ambientale e paesaggistica (art. 117 lettera s), per demandare invece alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali.
Verrebbe inoltre a realizzarsi una recessività dell’interesse paesistico rispetto a quello del governo del territorio, che sovverte la gerarchia di valori affermata ad esempio dall’articolo 145 co. 3 del d. lgs.vo 42/2004, dove si sancisce il principio della prevalenza dei piani paesaggistici sugli altri strumenti urbanistici (l’esatta gerarchia delle materie è ricostruita in plurime pronunce recenti della Corte Costituzionale: n. 182/2006; 367/2007; 180/2008).
E’ particolarmente significativa una sentenza recentissima nella quale la Corte Costituzionale è pervenuta all’annullamento di una disposizione della legge regionale pugliese n. 10/2007 (art. 11 co. 4 bis) con la quale si sottraevano ‘le strutture precarie e amovibili funzionali ad attività turistico-ricreativa già autorizzate per il mantenimento stagionale’ al rispetto dei ai vincoli previsti dalle normative in materia di tutela territoriale, paesaggistica, ambientale e idrogeologica.
La Corte ha ritenuto ‘fuor di dubbio’ che la disposizione violasse l’art. 117, comma secondo, lettera s) Cost. perché la pretermissione della ‘necessaria positiva valutazione di compatibilità paesaggistica’ si traduce nella lesione di ‘un valore primario e assoluto rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato’. Competenza esclusiva che – aggiunge la Corte – se non esclude la possibilità che leggi regionali, emanate nell’esercizio della potestà concorrente o di quella residuale, possano assumere tra i propri scopi anche indirette finalità di tutela ambientale, “non consente tuttavia che le stesse introducano deroghe agli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale, nel cui ambito deve essere annoverata l’autorizzazione paesaggistica’ (Corte Cost. n. 232/2008).
Quanto appena detto vale a sostenere che l’interpretazione della legge regionale espressamente propugnata dagli amministratori indagati nel rilascio dei condoni, oltre a non essere giustificata dal dato testuale, si pone in radicale contrasto con le premesse costituzionali.
Evidentemente però il testo dell’articolo 9 della legge regionale non implicava le conseguenze che hanno voluto trarne gli amministratori ischitani, sia pure con il conforto di un consulente e di alcune autorità giudiziarie. E questo probabilmente spiega perché la Presidenza del Consiglio dei Ministri non abbia impugnato innanzi alla Corte Costituzionale questo articolo della legge regionale (vedi la sentenza C. Cost. n. 49/06).
b. deficit indiziario e contestativo sul tema dell’ingiustizia sostanziale del profitto procurato ai privati beneficiari dei permessi di costruzione in sanatoria
Il convincimento maturato sulla illegittimità della procedura praticata dai comuni di Forio, Lacco Ameno, Barano d’Ischia e Casamicciola Terme non esaurisce il tema della nostra verifica.
Il delitto configurato dal P.M. è costruito infatti, a seguito della nota novellazione del 1997, come delitto d’evento nel quale la violazione di legge rappresenta la connotazione di una condotta che poi deve collegarsi causalmente ad un evento che il legislatore identifica come ‘ingiusto vantaggio patrimoniale’ o ’ingiusto danno’ e che il requirente individua in concreto nell’ “ingiusto profitto (procurato) ai privati destinatari dei titoli in sanatoria”.
La formula descrittiva dell’evento è costantemente letta - da una giurisprudenza ormai più che decennale - nel senso che il danno/profitto procurato dall’atto o dal comportamento illegittimo del pubblico ufficiale devono presentare connotazioni di contrasto sostanziale con la legge, diverse e ulteriori (per quanto causalmente connesse), rispetto alla violazione che contraddistingue la condotta. E’ la teoria della cd. doppia ingiustizia, per la quale ad esempio un provvedimento amministrativo adottato da un pubblico ufficiale in violazione di un preciso obbligo di astensione non dà luogo ad abuso d’ufficio se non si presenta in sé ingiusto (ex plurimis v. Cass., VI, 26.4. 2007 n. 26324; Cass., VI, 27.6.2006 n. 35381; Cass., VI, 26.11.2002 n. 62 in cui perspicuamente si legge: “ai fini dell’integrazione del reato di abuso d’ufficio è necessario che sussista la cd. doppia ingiustizia, nel senso che ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge ed ingiusto deve essere l’evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia. Ne consegue che occorre una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere l’ingiustizia del vantaggio conseguito dalla illegittimità del mezzo utilizzato e quindi dalla accertata esistenza dell’illegittimità della condotta”).
Applicata ai casi al nostro esame, la verifica della doppia ingiustizia esigerebbe un controllo delle pratiche capace di rilevare la sussistenza di vizi sostanziali, quali sarebbero costituiti ad esempio dall’assenso prestato ad abusi edilizi oggettivamente non condonabili perché ultimati in epoca successiva ai termini stabiliti dalle leggi dell’85 e del 94; o perché realizzati in aree assoggettate a vincoli di assoluta inedificabilità; o ancora perché in concreto incompatibili con le esigenze della salvaguardia paesistica.
Di questo genere di accertamento non è alcuna traccia in atti, né potrebbe esservi dal momento che le pratiche che formano oggetto dell’odierna richiesta di sequestro preventivo non sono mai state acquisite a termini degli articoli 253 o 256 c.p.p., e non hanno pertanto potuto essere analizzate nei loro aspetti sostanziali.
La mancanza è tale da incidere sulla valutazione di sussistenza del fumus delicti.
Laddove infatti al giudice sia sottoposta la mera, sia pure sistematica, illegittimità di una prassi amministrativa, gli è di fatto precluso operare sia pure a livello di mero fumus la diagnosi differenziale tra atti meramente illegittimi sul piano amministrativo e atti penalmente illeciti.
L’evento di ingiusto profitto/ingiusto danno e il carattere sostanziale che l’ingiustizia deve assumere rappresentano infatti – in una al profilo del dolo intenzionale sul quale tra breve ci intratterremo – una manifestazione essenziale della volontà del legislatore del ’97 distinguere nettamente l’area operativa della P.A. e del G.A. da quella del giudice penale, in omaggio al principio di separazione dei poteri.
c. difetti indiziari sul tema del dolo intenzionale
L’evidenziata mancanza di un’indagine mirata sulle singole pratiche di condono non può che ripercuotersi sulla delibazione del dolo intenzionale, che costituisce altro profilo determinante per la distinzione tra atti amministrativi illegittimi e atti penalmente sanzionabili ai sensi dell’ art. 323 c.p.
La disamina di questo profilo potrebbe essere superflua, una volta ritenuta la carenza del profilo oggettivo dell’ingiustizia del profitto.
Questo Giudice è però consapevole dell’esistenza di opinioni (prevalentemente dottrinarie) che non aderiscono alla teoria della ‘doppia ingiustizia’ e ritengono che il profitto/danno rivenienti da una condotta violativa della legge sia di per sé – e per ciò solo – ingiusto.
Conviene perciò arricchire l’argomentazione soffermandosi sui consistenti dubbi che si addensano sulla tipicità soggettiva della fattispecie portata all’esame di questo giudice.
E’ noto che la pretesa legislativa di un dolo intenzionale significa la necessità per il giudice di accertare (sia pure a livello meramente indiziario come la sede impone) – oltre che la rappresentazione dell’illecito e l’accettazione delle sue conseguenze – la direzione (esclusiva o precipua) della condotta verso obiettivi d’indebito favoritismo o pregiudizio previsti quali eventi consumativi del reato in argomento.
Nel caso in esame è sì vero che gli amministratori e i tecnici indagati furono più volte avvertiti dalla soprintendenza ai B.A.C. di Napoli, anche con la trasmissione di pareri dell’Avvocatura dello Stato, della illegittimità delle procedure seguite in tema di condono.
E’ altrettanto vero però che essi motivarono l’infelice scelta procedimentale con i pareri pro veritate che avevano acquisito; con le pronunce del TAR Campania che effettivamente confortavano le loro prassi (vedi in particolare la sentenza n. 10120 del 2007); con pronunce dei giudici penali della sezione distaccata di Ischia: atti e provvedimenti che con ampie (anche se non condivisibili) motivazioni avevano riconosciuto effetto estintivo ai condoni rilasciati senza il parere di compatibilità paesistica (vedi le otto sentenze del G.M. DI SALVO inserite nel fascicolo dell’avv. Molinaro).
Se in relazione al parere pro veritate del prof. Cocozza può dubitarsi dell’effettivo significato di conforto della persuasione di legittimità della prassi (per le ragione sopra illustrate che rintracciano anzi nell’elaborato profili di conferma della nostra opinione), appare inequivocabile l’idoneità persuasiva che poterono avere sui pubblici funzionari e amministratori ischitani il parere Molinaro, le pronunce del giudice ordinario ischitano e, soprattutto, le sentenze del TAR Campania richiamate sia nel verbale della conferenza di servizi che nei singoli permessi in sanatoria:
“Per quanto riguarda la legittimità del procedimento che ha preceduto l’emanazione del provvedimento impugnato è innanzitutto da ricordare che alla fattispecie oggetto della presente controversia è stato ritenuto applicabile la disciplina di cui all’art. 9 della l. n. 10 Regione Campania, di tal che, all’esito del procedimento di verifica della domanda di sanatoria, l’ufficio tecnico comunale ha rilasciato il provvedimento in sanatoria. Ritiene il Collegio che il ricorso a detto strumento procedurale sia legittimo, atteso che gli interventi abusivi così sanati non rientravano in quelli elencati dall’art. 33 della legge n. 47/85 espressamente esclusi dall’operatività dello stesso articolo 9 della citata legge regionale. Tanto premesso è infondata la censura relativa alla mancata acquisizione del parere paesaggistico. Infatti, in vigenza dell’art. 9 della legge regionale che non prevede il sub-procedimento avente ad oggetto il controllo in argomento, e che è applicabile al caso di specie (non rientrando lo stesso tra gli abusi di cui all’art. 33 della legge n. 47/85) i procedimenti di sanatoria adottabili in questa regione dagli interessati derogano alle previsioni contenute nell’art. 32 della legge n. 47/85 per come richiamato dagli artt. 39 e ss. della legge n. 724/1994” (sentenza TAR Campania – Sezione VI – n. 10120 del 10.10.2007).
Il tenore della richiamata pronuncia, se non pare idoneo a smentire l’articolata argomentazione che abbiamo sviluppato nel capitolo dedicato alla violazione di legge, è però tale da legittimare dubbi consistenti sul fatto che gli attuali indagati si siano rappresentati effettivamente (e nei termini di certezza richiesti dalla particolare qualifica del dolo tipizzato) l’illegittimità della prassi applicata.
Il numero delle pratiche definite e definiende risultante dai quattro elenchi allegati alla richiesta del P.M. e il sopra citato Protocollo d’Intesa documentano poi come la procedura de qua fu seguita in misura indifferenziata, senza cioè che risultino particolari distinzioni tra i cittadini istanti.
Si tratta insomma di una prassi illegittima, la cui dimensione denuncia però – almeno allo stato delle indagini - l’assenza di intenzioni di specifico favoritismo e che perciò dovrebbe suggerire investigazioni più mirate dirette alla scoperta di effettive finalità illecite (sia pure di carattere politico o elettorale) perseguite dagli amministratori.
Non può ignorarsi che un argomento difensivo classico per la confutazione del dolo intenzionale di abuso è costituito proprio dalla dimensione ‘di massa’ delle prassi illegittime: argomento non privo di dignità, secondo la giurisprudenza di legittimità (vedi tra le altre la sentenza resa dalla Sesta Sezione della Corte di Cassazione in data 22.11.02 n. 42839 che pure il P.M. allega a sostegno della sua richiesta).
Non giova alle istanze del P.M. l’allegazione e il richiamo di alcuni provvedimenti di sequestro di questo Ufficio (confermati dal T.R. di Napoli) sul presupposto dell’illegittimità dei condoni rilasciati dalle amministrazioni ischitane.
I titoli di reato posti a fondamento dei menzionati provvedimenti infatti (articolo 44 lettera c d.p.r. 380/01 e 181 d. lgs.vo 42/2004) non richiedono la forma dolosa dell’elemento soggettivo (vedi il reato contravvenzionale di abuso edilizio) e comunque non esigono (è questo il caso dell’articolo 181 d.lgs.vo 181/04) quella peculiare manifestazione del dolo (dolo intenzionale) che - non casualmente - il legislatore esige per il delitto di abuso d’ufficio.
L’analisi della doppia ingiustizia e dell’intenzionalità delittuosa non sono neppure richieste per le valutazioni inerenti la rilevanza estintiva (dei reati) dei condoni illegittimamente rilasciati dai comuni ischitani.
Anche in questo caso infatti il giudice può (e anzi deve) disconoscere l’effetto estintivo del condono, a prescindere da ogni valutazione inerente il rilievo penale del permesso di costruzione in sanatoria, in ossequio al mero dovere di controllare il legale perfezionamento della fattispecie estintiva prevista dalle leggi condonistiche o dalla normativa generale sulla sanatoria (Cass., S.U., 22.12.93 n. 17, Borgia e altri; Cass., V, 12.2.99 n. 736, Rubino e altri).
I provvedimenti di questa tipologia allegati alla richiesta in esame non valgono pertanto che a rafforzare il profilo della illegittimità della prassi seguita dai comuni ischitani; lasciando invariate le considerazioni svolte sui difetti indiziari inerenti gli altri profili della tipicità oggettiva e soggettiva del delitto di abuso d’ufficio.
Deve pertanto pervenirsi al rigetto della richiesta cautelare reale per difetto del fumus del delitto ipotizzato.
P.Q.M.
Rigetta la richiesta di sequestro preventivo avente ad oggetto “la documentazione giacente presso gli uffici competenti dei comuni di Forio d’Ischia, Lacco Ameno, Barano d’Ischia e Casamicciola Terme, relativa alle istanze di condono edilizio presentate ed ancora giacenti ai sensi della procedura di cui all’art. 9 L.Reg. nr. 10/2004”.
Napoli, 24 aprile 2009
Il Giudice
dr. Raffaele Piccirillo