Corte Costituzionale sent. 21 del 28 gennaio 2010
Norme impugnate: Decreto legge 25/06/2008, n. 112, convertito con modificazioni in legge 06/08/2008, n. 133; discussione limitata all\'art. 35, c. 1°.
Oggetto: Edilizia e urbanistica - Impianti elettrici, radiotelevisivi, di riscaldamento ed altri, posti all\'interno degli edifici - Emanazione di decreti ministeriali concernenti la semplificazione degli adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese, la definizione di un sistema di verifiche per la sicurezza, la revisione della disciplina sanzionatoria - Lamentata incidenza sulle materie concorrenti del governo del territorio e della tutela della salute, delegificazione, mancato coinvolgimento delle Regioni.
Dispositivo: non fondatezza
Norme impugnate: Decreto legge 25/06/2008, n. 112, convertito con modificazioni in legge 06/08/2008, n. 133; discussione limitata all\'art. 35, c. 1°.
Oggetto: Edilizia e urbanistica - Impianti elettrici, radiotelevisivi, di riscaldamento ed altri, posti all\'interno degli edifici - Emanazione di decreti ministeriali concernenti la semplificazione degli adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese, la definizione di un sistema di verifiche per la sicurezza, la revisione della disciplina sanzionatoria - Lamentata incidenza sulle materie concorrenti del governo del territorio e della tutela della salute, delegificazione, mancato coinvolgimento delle Regioni.
Dispositivo: non fondatezza
SENTENZA N. 21
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 1, del decreto–legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), nel testo modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133, promosso dalla Regione Emilia-Romagna con ricorso notificato il 20 ottobre 2008, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2008 ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 novembre 2009 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi l’avvocato Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna e gli avvocati dello Stato Maria Letizia Guida e Guido Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. ( Con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 22 ottobre, la Regione Emilia-Romagna ha impugnato, tra l’altro, l’art. 35, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), nel testo modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.
Sotto la rubrica «Semplificazione della disciplina per l’installazione degli impianti all’interno degli edifici», la disposizione denunciata stabilisce che «entro il 31 dicembre 2008 il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, emana uno o più decreti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti a disciplinare: a) il complesso delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici prevedendo semplificazioni di adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese; b) la definizione di un reale sistema di verifiche di impianti di cui alla lettera a) con l’obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli impianti garantendo una effettiva sicurezza; c) la revisione della disciplina sanzionatoria in caso di violazioni di obblighi stabiliti dai provvedimenti previsti alle lettere a) e b)».
La ricorrente osserva che tale disposizione si applica a tutti gli impianti posti all’interno degli edifici (impianti elettrici, radiotelevisivi, di riscaldamento, ecc.) e prevede una normativa generale che si estende a tutti gli aspetti di progettazione, realizzazione, installazione, certificazione di conformità e manutenzione degli impianti stessi.
Secondo la Regione Emilia-Romagna, l’art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 sarebbe lesivo delle competenze regionali.
In particolare, la lettera a) sarebbe riconducibile all’edilizia (“governo del territorio”) e la lettera b) alla “tutela della salute”. A sostegno di una competenza statale esclusiva non potrebbe essere invocato l’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, perché l’art. 35, comma 1, si limita a prevedere, alle lettere a) e b), la disciplina delle attività di installazione e dei sistemi di verifica, ma non si occupa affatto dei requisiti di sicurezza degli impianti (e, dunque, neppure dei requisiti minimi di sicurezza).
Secondo la Regione ricorrente, il comma 1 dell’art. 35 prevederebbe, in sostanza, una delegificazione “clandestina”, fatta con decreto ministeriale invece che con regolamento governativo e con “norme generali” assai vaghe e decisamente insufficienti. Di qui l’illegittimità costituzionale, per violazione del principio di legalità sostanziale.
La norma denunciata, inoltre, prevedendo un regolamento ministeriale in materie regionali (governo del territorio e tutela della salute), risulterebbe lesiva delle competenze regionali, violando l’art. 117, terzo e sesto comma, Cost.
Le disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 35, comma 1, dovrebbero essere dettate con legge regionale, nel rispetto dei principi statali e degli standard minimi di sicurezza.
In via subordinata, la ricorrente sostiene che la disposizione denunciata sarebbe comunque illegittima per difetto di qualunque coinvolgimento delle Regioni e, in particolare, per difetto dell’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, in violazione del principio di leale collaborazione.
2. ( Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della questione.
La difesa erariale premette che la norma censurata corrisponde a quella già contenuta nell’art. 11-quaterdecies, comma 13, del decreto–legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, cui è stata data esecuzione con il decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37 (il cui art. 13 è stato abrogato dal comma 2 dell’impugnato art. 35).
Ad avviso dell’Avvocatura, la norma censurata avrebbe l’esclusivo scopo di garantire la sicurezza degli impianti edilizi attraverso apposite misure di salvaguardia attinenti sia alla loro realizzazione che alla loro manutenzione e gestione.
La difesa erariale sostiene che la disposizione denunciata sarebbe riconducibile, non alla materia del “governo del territorio” o a quella della “tutela della salute”, ma alla previsione dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., che riserva alla esclusiva competenza legislativa dello Stato la materia dell’“ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale” ovvero, in subordine, alla previsione della lettera m) dello stesso comma, che parimenti attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva sulla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
Il termine “sicurezza” – osserva l’Avvocatura – non si riferisce esclusivamente al tema della pubblica sicurezza, ma ha una portata ben più ampia, riferendosi a tutti i casi in cui sia interessata l’incolumità delle persone sia come singoli sia nelle comunità in cui si esplica la loro vita di relazione. Pertanto, correttamente lo Stato avrebbe rivendicato il potere di disciplinare l’installazione degli impianti negli edifici – quali quelli di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica; quelli radiotelevisivi ed elettronici (compresi antenne ed impianti di protezione da scariche atmosferiche); quelli di riscaldamento e climatizzazione; quelli idrosanitari; quelli di trasporto e di utilizzazione del gas; quelli di sollevamento di persone o di cose; quelli di protezione antincendio – aventi un impatto sulla sicurezza personale e collettiva, nonché, in taluni casi, sulla sicurezza ambientale.
In ogni caso, le funzioni di sicurezza alle quali tende la normativa sugli impianti negli edifici sarebbero riconducibili alla garanzia dei “diritti civili e sociali” (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.), tra cui rientrano anche il diritto alla prevenzione da qualsiasi possibile incidente e la tutela della incolumità personale rispetto a qualsiasi possibile rischio connesso all’installazione e all’uso di impianti potenzialmente pericolosi.
3. ( In prossimità dell’udienza, la Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria illustrativa.
La difesa della Regione osserva che la norma denunciata non corrisponde in toto a quella già contenuta nell’art. 11-quaterdecies, comma 13, del decreto-legge n. 203 del 2005. In ogni caso, gli atti legislativi sono impugnabili anche se apparentemente confermativi, perché dotati sempre, per propria natura intrinseca, del carattere della novità.
Secondo la Regione, la norma denunciata non si occupa di fissare standard tecnici di sicurezza. La finalità principale risiederebbe piuttosto nella introduzione di semplificazione di adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese. Anche la lettera b) dell’art. 35, comma 1 – si sostiene – non fissa alcuna regola tecnica, ma mira alla definizione di un reale sistema di verifiche di impianti, cioè prevede un’attività di vigilanza sul rispetto delle regole tecniche fissate aliunde.
In ogni caso – ricorda la difesa della ricorrente – è consolidata nella giurisprudenza costituzionale l’interpretazione che limita la competenza statale in materia di ordine pubblico e sicurezza alla prevenzione dei reati, per cui non sarebbe possibile ricondurre la norma impugnata all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
Né sarebbe condivisibile il richiamo dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., perché l’art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 non fissa alcun livello essenziale, né riguarda prestazioni che debbano essere rese da pubbliche amministrazioni.
Considerato in diritto
1. ( La Regione Emilia-Romagna ha proposto con il ricorso in epigrafe questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
L’impugnativa relativa all’art. 35, comma 1, viene qui trattata separatamente rispetto alle altre questioni proposte nello stesso ricorso.
2. ( La disposizione denunciata – rubricata «Semplificazione della disciplina per l’installazione degli impianti all’interno degli edifici» – prevede che «entro il 31 dicembre 2008 il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, emana uno o più decreti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti a disciplinare: a) il complesso delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici prevedendo semplificazioni di adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese; b) la definizione di un reale sistema di verifiche di impianti di cui alla lettera a) con l’obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli impianti garantendo una effettiva sicurezza; c) la revisione della disciplina sanzionatoria in caso di violazioni di obblighi stabiliti dai provvedimenti previsti alle lettere a) e b)».
La questione di legittimità costituzionale è posta in riferimento all’art. 117, terzo e sesto comma, della Costituzione.
Secondo la ricorrente, sarebbe lesa la sfera di competenza regionale in materie affidate alla competenza legislativa concorrente (“governo del territorio” e “tutela della salute”).
La disposizione denunciata – sostiene la Regione Emilia-Romagna – finirebbe con l’introdurre una delegificazione “clandestina”, fatta con decreto ministeriale invece che con regolamento governativo e con “norme generali” assai vaghe e decisamente insufficienti; prevederebbe un regolamento ministeriale in materie di competenza regionale; escluderebbe qualunque coinvolgimento delle Regioni, in violazione del principio di leale collaborazione.
3. ( La questione non è fondata.
3.1. ( La disciplina degli impianti relativi agli edifici, quale che ne sia la destinazione d’uso (impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica; impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere; impianti di riscaldamento e di climatizzazione; impianti di riscaldamento e di climatizzazione; impianti idrosanitari nonché di trasporto, di trattamento, di uso e di accumulo di acqua; impianti per il trasporto e l’utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme; impianti di sollevamento di persone o di cose; impianti di protezione antincendio), involge l’individuazione dei requisiti essenziali di sicurezza sia in fase di installazione, sia nelle successive fasi di manutenzione e gestione, in modo che sia assicurato l’obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli impianti medesimi, garantendo la loro incolumità, nonché l’integrità delle cose. In quest’ambito è coinvolta non solo la determinazione dei principi fondamentali, ma anche la regolamentazione tecnica di dettaglio, ossia quel complesso di prescrizioni concernenti la realizzazione dell’opera che in larga parte si sostanzia nei profili connessi alla sicurezza, e che comunque da essi non possono prescindere. Né va tralasciato il fatto che i requisiti per la sicurezza di impianti all’interno di edifici sono per lo più previsti da norme tecniche.
La disposizione impugnata – attenendo a profili di sicurezza delle costruzioni, collegati ad aspetti di pubblica incolumità – è riconducibile alla materia della sicurezza, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., la quale non si esaurisce nell’adozione di misure relative alla prevenzione e repressione dei reati, ma comprende la tutela dell’interesse generale alla incolumità delle persone, e quindi la salvaguardia di un bene che abbisogna di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale.
La giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 407 del 2002, n. 6, n. 162 e n. 428 del 2004, n. 95 e n. 383 del 2005, n. 222 del 2006) ha chiarito che la materia sicurezza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., riguarda gli interventi finalizzati alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico. Ma ha anche precisato che rientrano in tale ambito di competenza esclusiva dello Stato la definizione delle attività necessarie a garantire la sicurezza aeroportuale relativa al controllo bagagli e passeggeri (sentenza n. 51 del 2008) e la disciplina dell’assegnazione delle bande orarie negli aeroporti coordinati (sentenza n. 18 del 2009).
La norma impugnata non trova posto invece nella materia del “governo del territorio”, nel cui ambito rientrano gli usi ammissibili del territorio e la localizzazione di impianti o attività (sentenze n. 307 del 2003, n. 336 e n. 383 del 2005, n. 237 del 2009), ma non la sicurezza delle costruzioni; e neppure nella materia della “tutela della salute”, per quanto questa abbia assunto, dopo la riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, un significato più ampio rispetto alla precedente materia dell’assistenza sanitaria e ospedaliera, giacché il profilo della pubblica incolumità si differenzia concettualmente da quello della prevenzione sanitaria.
Spetta, quindi, allo Stato, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione ricorrente, adottare una disciplina applicativa dell’installazione degli impianti all’interno degli edifici anche attraverso un regolamento ministeriale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo e sesto comma, della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2010.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 1, del decreto–legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), nel testo modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133, promosso dalla Regione Emilia-Romagna con ricorso notificato il 20 ottobre 2008, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2008 ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 novembre 2009 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi l’avvocato Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna e gli avvocati dello Stato Maria Letizia Guida e Guido Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. ( Con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 22 ottobre, la Regione Emilia-Romagna ha impugnato, tra l’altro, l’art. 35, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), nel testo modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.
Sotto la rubrica «Semplificazione della disciplina per l’installazione degli impianti all’interno degli edifici», la disposizione denunciata stabilisce che «entro il 31 dicembre 2008 il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, emana uno o più decreti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti a disciplinare: a) il complesso delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici prevedendo semplificazioni di adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese; b) la definizione di un reale sistema di verifiche di impianti di cui alla lettera a) con l’obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli impianti garantendo una effettiva sicurezza; c) la revisione della disciplina sanzionatoria in caso di violazioni di obblighi stabiliti dai provvedimenti previsti alle lettere a) e b)».
La ricorrente osserva che tale disposizione si applica a tutti gli impianti posti all’interno degli edifici (impianti elettrici, radiotelevisivi, di riscaldamento, ecc.) e prevede una normativa generale che si estende a tutti gli aspetti di progettazione, realizzazione, installazione, certificazione di conformità e manutenzione degli impianti stessi.
Secondo la Regione Emilia-Romagna, l’art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 sarebbe lesivo delle competenze regionali.
In particolare, la lettera a) sarebbe riconducibile all’edilizia (“governo del territorio”) e la lettera b) alla “tutela della salute”. A sostegno di una competenza statale esclusiva non potrebbe essere invocato l’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, perché l’art. 35, comma 1, si limita a prevedere, alle lettere a) e b), la disciplina delle attività di installazione e dei sistemi di verifica, ma non si occupa affatto dei requisiti di sicurezza degli impianti (e, dunque, neppure dei requisiti minimi di sicurezza).
Secondo la Regione ricorrente, il comma 1 dell’art. 35 prevederebbe, in sostanza, una delegificazione “clandestina”, fatta con decreto ministeriale invece che con regolamento governativo e con “norme generali” assai vaghe e decisamente insufficienti. Di qui l’illegittimità costituzionale, per violazione del principio di legalità sostanziale.
La norma denunciata, inoltre, prevedendo un regolamento ministeriale in materie regionali (governo del territorio e tutela della salute), risulterebbe lesiva delle competenze regionali, violando l’art. 117, terzo e sesto comma, Cost.
Le disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 35, comma 1, dovrebbero essere dettate con legge regionale, nel rispetto dei principi statali e degli standard minimi di sicurezza.
In via subordinata, la ricorrente sostiene che la disposizione denunciata sarebbe comunque illegittima per difetto di qualunque coinvolgimento delle Regioni e, in particolare, per difetto dell’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, in violazione del principio di leale collaborazione.
2. ( Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della questione.
La difesa erariale premette che la norma censurata corrisponde a quella già contenuta nell’art. 11-quaterdecies, comma 13, del decreto–legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, cui è stata data esecuzione con il decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37 (il cui art. 13 è stato abrogato dal comma 2 dell’impugnato art. 35).
Ad avviso dell’Avvocatura, la norma censurata avrebbe l’esclusivo scopo di garantire la sicurezza degli impianti edilizi attraverso apposite misure di salvaguardia attinenti sia alla loro realizzazione che alla loro manutenzione e gestione.
La difesa erariale sostiene che la disposizione denunciata sarebbe riconducibile, non alla materia del “governo del territorio” o a quella della “tutela della salute”, ma alla previsione dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., che riserva alla esclusiva competenza legislativa dello Stato la materia dell’“ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale” ovvero, in subordine, alla previsione della lettera m) dello stesso comma, che parimenti attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva sulla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
Il termine “sicurezza” – osserva l’Avvocatura – non si riferisce esclusivamente al tema della pubblica sicurezza, ma ha una portata ben più ampia, riferendosi a tutti i casi in cui sia interessata l’incolumità delle persone sia come singoli sia nelle comunità in cui si esplica la loro vita di relazione. Pertanto, correttamente lo Stato avrebbe rivendicato il potere di disciplinare l’installazione degli impianti negli edifici – quali quelli di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica; quelli radiotelevisivi ed elettronici (compresi antenne ed impianti di protezione da scariche atmosferiche); quelli di riscaldamento e climatizzazione; quelli idrosanitari; quelli di trasporto e di utilizzazione del gas; quelli di sollevamento di persone o di cose; quelli di protezione antincendio – aventi un impatto sulla sicurezza personale e collettiva, nonché, in taluni casi, sulla sicurezza ambientale.
In ogni caso, le funzioni di sicurezza alle quali tende la normativa sugli impianti negli edifici sarebbero riconducibili alla garanzia dei “diritti civili e sociali” (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.), tra cui rientrano anche il diritto alla prevenzione da qualsiasi possibile incidente e la tutela della incolumità personale rispetto a qualsiasi possibile rischio connesso all’installazione e all’uso di impianti potenzialmente pericolosi.
3. ( In prossimità dell’udienza, la Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria illustrativa.
La difesa della Regione osserva che la norma denunciata non corrisponde in toto a quella già contenuta nell’art. 11-quaterdecies, comma 13, del decreto-legge n. 203 del 2005. In ogni caso, gli atti legislativi sono impugnabili anche se apparentemente confermativi, perché dotati sempre, per propria natura intrinseca, del carattere della novità.
Secondo la Regione, la norma denunciata non si occupa di fissare standard tecnici di sicurezza. La finalità principale risiederebbe piuttosto nella introduzione di semplificazione di adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese. Anche la lettera b) dell’art. 35, comma 1 – si sostiene – non fissa alcuna regola tecnica, ma mira alla definizione di un reale sistema di verifiche di impianti, cioè prevede un’attività di vigilanza sul rispetto delle regole tecniche fissate aliunde.
In ogni caso – ricorda la difesa della ricorrente – è consolidata nella giurisprudenza costituzionale l’interpretazione che limita la competenza statale in materia di ordine pubblico e sicurezza alla prevenzione dei reati, per cui non sarebbe possibile ricondurre la norma impugnata all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
Né sarebbe condivisibile il richiamo dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., perché l’art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 non fissa alcun livello essenziale, né riguarda prestazioni che debbano essere rese da pubbliche amministrazioni.
Considerato in diritto
1. ( La Regione Emilia-Romagna ha proposto con il ricorso in epigrafe questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
L’impugnativa relativa all’art. 35, comma 1, viene qui trattata separatamente rispetto alle altre questioni proposte nello stesso ricorso.
2. ( La disposizione denunciata – rubricata «Semplificazione della disciplina per l’installazione degli impianti all’interno degli edifici» – prevede che «entro il 31 dicembre 2008 il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, emana uno o più decreti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti a disciplinare: a) il complesso delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici prevedendo semplificazioni di adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso privato e per le imprese; b) la definizione di un reale sistema di verifiche di impianti di cui alla lettera a) con l’obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli impianti garantendo una effettiva sicurezza; c) la revisione della disciplina sanzionatoria in caso di violazioni di obblighi stabiliti dai provvedimenti previsti alle lettere a) e b)».
La questione di legittimità costituzionale è posta in riferimento all’art. 117, terzo e sesto comma, della Costituzione.
Secondo la ricorrente, sarebbe lesa la sfera di competenza regionale in materie affidate alla competenza legislativa concorrente (“governo del territorio” e “tutela della salute”).
La disposizione denunciata – sostiene la Regione Emilia-Romagna – finirebbe con l’introdurre una delegificazione “clandestina”, fatta con decreto ministeriale invece che con regolamento governativo e con “norme generali” assai vaghe e decisamente insufficienti; prevederebbe un regolamento ministeriale in materie di competenza regionale; escluderebbe qualunque coinvolgimento delle Regioni, in violazione del principio di leale collaborazione.
3. ( La questione non è fondata.
3.1. ( La disciplina degli impianti relativi agli edifici, quale che ne sia la destinazione d’uso (impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica; impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere; impianti di riscaldamento e di climatizzazione; impianti di riscaldamento e di climatizzazione; impianti idrosanitari nonché di trasporto, di trattamento, di uso e di accumulo di acqua; impianti per il trasporto e l’utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme; impianti di sollevamento di persone o di cose; impianti di protezione antincendio), involge l’individuazione dei requisiti essenziali di sicurezza sia in fase di installazione, sia nelle successive fasi di manutenzione e gestione, in modo che sia assicurato l’obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli impianti medesimi, garantendo la loro incolumità, nonché l’integrità delle cose. In quest’ambito è coinvolta non solo la determinazione dei principi fondamentali, ma anche la regolamentazione tecnica di dettaglio, ossia quel complesso di prescrizioni concernenti la realizzazione dell’opera che in larga parte si sostanzia nei profili connessi alla sicurezza, e che comunque da essi non possono prescindere. Né va tralasciato il fatto che i requisiti per la sicurezza di impianti all’interno di edifici sono per lo più previsti da norme tecniche.
La disposizione impugnata – attenendo a profili di sicurezza delle costruzioni, collegati ad aspetti di pubblica incolumità – è riconducibile alla materia della sicurezza, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., la quale non si esaurisce nell’adozione di misure relative alla prevenzione e repressione dei reati, ma comprende la tutela dell’interesse generale alla incolumità delle persone, e quindi la salvaguardia di un bene che abbisogna di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale.
La giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 407 del 2002, n. 6, n. 162 e n. 428 del 2004, n. 95 e n. 383 del 2005, n. 222 del 2006) ha chiarito che la materia sicurezza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., riguarda gli interventi finalizzati alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico. Ma ha anche precisato che rientrano in tale ambito di competenza esclusiva dello Stato la definizione delle attività necessarie a garantire la sicurezza aeroportuale relativa al controllo bagagli e passeggeri (sentenza n. 51 del 2008) e la disciplina dell’assegnazione delle bande orarie negli aeroporti coordinati (sentenza n. 18 del 2009).
La norma impugnata non trova posto invece nella materia del “governo del territorio”, nel cui ambito rientrano gli usi ammissibili del territorio e la localizzazione di impianti o attività (sentenze n. 307 del 2003, n. 336 e n. 383 del 2005, n. 237 del 2009), ma non la sicurezza delle costruzioni; e neppure nella materia della “tutela della salute”, per quanto questa abbia assunto, dopo la riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, un significato più ampio rispetto alla precedente materia dell’assistenza sanitaria e ospedaliera, giacché il profilo della pubblica incolumità si differenzia concettualmente da quello della prevenzione sanitaria.
Spetta, quindi, allo Stato, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione ricorrente, adottare una disciplina applicativa dell’installazione degli impianti all’interno degli edifici anche attraverso un regolamento ministeriale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo e sesto comma, della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2010.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA