Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1902, del 16 aprile 2014
Urbanistica.Permessi di costruire in deroga criterio è solo quello di carattere restrittivo
Il criterio interpretativo valevole nei casi di permessi di costruire (come già per le concessioni edilizie) in deroga è quello di carattere restrittivo. Ciò in considerazione del fatto che le deroghe agli strumenti urbanistici si pongono come elementi dissonanti rispetto all’armonia ricercata nel concetto stesso di pianificazione, per cui queste non sono in grado di travolgere le esigenze di ordine urbanistico evidenziate nel piano e restano legittime fin quando non incidono su destinazioni di zona che attengono all'impostazione stessa del piano regolatore generale e ne costituiscono le norme direttrici. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01902/2014REG.PROV.COLL.
N. 01602/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 1602 del 2013 proposto da
Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Morri e Silvana Rossi, ed elettivamente domiciliato, unitamente ai difensori, presso l’avv. Maria Teresa Barbantini Fedeli in Roma, viale Giulio Cesare n. 14, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Giacomo Roberto Ghiselli, rappresentato e difeso dall’avv. Luigino Biagini, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. Fabrizio Brochiero in Roma, via Lorenzo Rocci n. 14, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
nei confronti di
Comune di Rimini, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Assunta Fontemaggi, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. Maria Teresa Barbantini Fedeli in Roma, viale Giulio Cesare n. 14, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sezione prima, n. 458 del 29 giugno 2012, resa tra le parti e concernente l’autorizzazione in deroga alle N.T.A. del P.R.G. all'esecuzione di opere di demolizione di un fabbricato rurale e contestuale ricostruzione in altra area.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Giacomo Roberto Ghiselli e del Comune di Rimini;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2013 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Morri e Luigino Biagini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 1602 del 2013, l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Rimini propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sezione prima, n. 458 del 29 giugno 2012 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Giacomo Roberto Ghiselli contro lo stesso istituto e il Comune di Rimini per l'annullamento: dell'atto prot. 109052 del 15 luglio 2011 emesso dal Comune di Rimini, con cui si autorizzava l'Istituto Diocesano per il Sostentamento del clero in deroga alle norme tecniche di attuazione del piano regolatore, alla esecuzione delle opere di demolizione di un fabbricato rurale di sua proprietà ed alla sua ricostruzione fuori dalle fasce di rispetto stradale e di elettrodotto con aumento di superficie utile ed uso quale struttura residenziale socio sanitaria; di ogni altro atto preordinato o comunque connesso e in particolare della delibera del medesimo comune n. 21 del 24 febbraio 2011.
Dinanzi al giudice di prime cure, l’originario ricorrente Giacomo Roberto Ghiselli impugnava “l’atto ricognitorio finale” in data 15.7.2001 dello Sportello Unico per le Attività Produttive di Rimini con cui l’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero era stato autorizzato in deroga alle N.T.A. del P.R.G. all’esecuzione delle opere di demolizione di un fabbricato rurale di sua proprietà ed alla sua ricostruzione in altra area con aumento di superficie utile ed uso quale struttura residenziale ed assistenziale ed è altresì impugnato il relativo permesso di costruire.
Costituitosi l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Rimini e il Comune di Rimini, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione all’incompatibilità del manufatto, autorizzato in deroga, con la destinazione urbanistica dell’area.
Contestando le statuizioni del primo giudice, l’Istituto appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie difese.
Nel giudizio di appello, si sono costituiti il Comune di Rimini in posizione adesiva a quella della parte appellante, nonché Giacomo Roberto Ghiselli, chiedendo invece di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 9 aprile 2013, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 1315/2013.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - Con la prima doglianza di carattere preliminare (lett. C, punti 15 – 22 dell’atto di appello), l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Rimini lamenta la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse da parte dell’originario ricorrente Giacomo Roberto Ghiselli, fondata sulla circostanza che si tratti di un’opera di interesse generale assimilabile al concetto di opera pubblica e quindi per la carenza di un interesse concreto e diretto dello stesso all’impugnazione degli atti de qua.
2.1. - La doglianza è inammissibile e, si noti incidentalmente, infondata.
Va in primo luogo rilevato, come correttamente posto dalla difesa di Giacomo Roberto Ghiselli, che la censura in esame è del tutto nuova, in quanto proposta unicamente in grado di appello, sebbene illustrata, come si afferma nel ricorso, “nel corso della discussione orale” in prime cure. Era quindi già tardiva in quella sede, per cui correttamente il T.A.R. non ne ha dato conto, e viene qui riproposta in modo più formale, ma parimenti inammissibile, stante la sua novità.
Incidentalmente, si noti peraltro che la stessa è palesemente infondata, atteso che, da un lato, l’appellato ha dato prova della sussistenza del requisito della vicinitas, elemento dirimente nell’ambito della legittimazione per le questioni di edilizia ed urbanistica e, dall’altro, è palese l’irrilevanza della eventuale parificazione dell’opera a quelle pubbliche, in quanto lo statuto pubblicistico dei manufatti non è in sé elemento di applicazione di alcuna disciplina processuale di favore.
3. - Con la seconda doglianza (lett. D, punti 23 – 34 dell’atto di appello; si tratta peraltro della ragione dedotta anche nel motivo del Comune di Rimini, dove si lamenta violazione ed errata applicazione dell’art. 31.2 delle N.T.A. del P.R.G., seppur con accenti diversi che possono essere esaminati tuttavia congiuntamente) viene lamentata la ritenuta applicabilità nel caso in esame del principio dell’inderogabilità delle destinazioni di zona. In dettaglio, l’appellante e il Comune in posizione adesiva evidenziano come, data la peculiarità del caso in esame, si dovesse transigere dal principio posto a fondamento della decisione del primo giudice, in quanto l’intervento opera su un edificio che ha perso i requisiti della ruralità, potendo quindi conseguire destinazioni diverse da quella agricola, e quindi favorisce il recupero a fini residenziali non connessi, come voluto dalla normativa regionale, stante la destinazione ad attività socio assistenziali.
3.1. - La censura, sotto tutte le sue articolazioni, non può essere condivisa.
Ponendo in disparte l’argomentazione centrale della difesa di controparte (che evidenzia, peraltro in modo condivisibile, come tutto l’impianto defensionale dell’appellante si fondi sulla sola ritenuta eccezionalità del caso in esame), rileva la Sezione come, nel dettaglio dei singoli profili, la ricostruzione data alla vicenda dal giudice di prime cure si presenti del tutto lineare e centrata sui valori che animano le ragioni pianificatorie nell’ambito dell’edilizia.
Per chiarire l’ordine concettuale di disamina delle questioni sottoposte, va evidenziato come effettivamente, seguendo lo stesso iter motivazionale già fatto proprio dal primo giudice, il criterio interpretativo valevole nei casi di permessi di costruire (come già per le concessioni edilizie) in deroga è quello di carattere restrittivo (oltre alla giurisprudenza indicata nella sentenza di prime cure, v. di recente Consiglio di Stato, sez. IV, 13 luglio 2011 n. 4234). Ciò in considerazione del fatto che le deroghe agli strumenti urbanistici si pongono come elementi dissonanti rispetto all’armonia ricercata nel concetto stesso di pianificazione, per cui queste non sono in grado di travolgere le esigenze di ordine urbanistico evidenziate nel piano e restano legittime fin quando non incidono su destinazioni di zona che attengono all'impostazione stessa del piano regolatore generale e ne costituiscono le norme direttrici. In tal senso si muove la normativa vigente, sia nazionale (l’art. 14 “Permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici” del Testo unico dell’edilizia limita la deroga, “nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza”, unicamente ai “limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, fermo restando in ogni caso il rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444”) sia regionale, qui applicabile (l’art. 15 “Permesso di costruire in deroga” della legge regionale Emilia-Romagna 25 novembre 2002, n.31, applicabile ratione temporis, prevedeva che “la deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza e dei limiti inderogabili stabiliti dalle disposizioni statali e regionali, può riguardare esclusivamente le destinazioni d'uso ammissibili, la densità edilizia, l'altezza e la distanza tra i fabbricati e dai confini, stabilite dalle norme di attuazione del POC e del PUA ovvero previste dal PRG e dai relativi strumenti attuativi”).
Conclusivamente, anche nel contesto della legislazione regionale appena riportata, deve ritenersi che la deroga abbia una sua ragione solo all’interno delle diversificate destinazioni d'uso, ammesse dagli strumenti urbanistici all'interno delle singole destinazioni di zona urbanistiche previste dalla legge, dovendosi mantenere un collegamento tra le destinazioni d’uso dei singoli immobili con quelle di zona.
Le citate coordinate interpretative consentono di affrontare e risolvere la questione qui esaminata.
Come emerge dalla documentazione in atti, non è posta in discussione la circostanza che l’edificio di proprietà dell’Istituto ricada in “zona agricola E2 di cui all’art. 31.2 delle N.T.A. per la salvaguardia paesistica ed ambientale” e che quindi si verta in un’ipotesi di contrasto con la destinazione di zona di P.R.G.. Se il dato principale di riferimento è quindi incontrovertibile, va posta in rilievo la irrilevanza delle circostanze che, a giudizio dell’appellante, escluderebbero l’applicabilità della disciplina generale.
In primo luogo (lett. D, punti 26 - 30, la perdita dei requisiti di ruralità, in disparte il tema della sua effettiva rilevanza atteso che in tal modo si andrebbe a fare legittimazione a situazioni abusivamente determinatesi, si fonda sulla mera attribuzione di una categoria catastale diversa, ossia su un fatto fiscalmente rilevante ma urbanisticamente inconsistente.
In secondo luogo, neppure è condivisibile una lettura diversa della disciplina valevole nel contesto ambientale, come evincibile dal Piano territoriale di coordinamento provinciale (Lett. D, punti 31 – 33) dove si mira proprio, invertendo il canone interpretativo sopra ricordato, a leggere la disciplina dell’atto amministrativo come interpretazione, peraltro derogatoria, dei limiti imposti dalla normativa di rango legislativo. In tal senso, il T.A.R. ha esattamente rilevato l’irrilevanza della questione di interpretazione e corretta applicazione della normativa regionale, sia in merito al rinvio operato all’applicabilità o meno dell’art. 14 del D.lgs. n. 380 del 2001 in rapporto con il dettato dell’art. 50 della L.R. n. 31 del 2002, sia anche in relazione all’applicabilità alla fattispecie dell’art. 8 delle N.T.A del P.R.G., dove peraltro effettivamente permane l’esistenza di un differente presupposto, dato dall’esistenza di un edificio da destinare a servizio pubblico o d’interesse pubblico, mentre nel caso in questione vi è una nuova costruzione residenziale da realizzare in zona agricola e con consistente aumento di superficie.
4. - L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla particolarità della questione decisa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 1602 del 2013;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Riccardo Virgilio, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Francesca Quadri, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)