Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5187, del 21 ottobre 2014
Urbanistica.Normativa urbanistica comunale
La disposizione dell'ultimo comma dell'art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 a tenore del quale "Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi", deve essere rettamente intesa, nel senso che la normativa urbanistica comunale (come ovviamente anche la legislazione regionale) non possa dare agli interventi una classificazione diversa da quella ivi stabilita, né traslare i medesimi dall'una all'altra tipologia, e non anche che, in sede di piani esecutivi, non possa definire le modalità quali-quantitative degli interventi, e quindi anche limitare, ad esempio, il numero di piani realizzabili, tanto più quando l'intervento si inserisca in piano inteso al risanamento di un contesto urbano secondo linee filologiche di recupero dei caratteri storico-architettonici, e quindi anche al fine di ripristinare un armonico sviluppo di una schiera edilizia. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 05187/2014REG.PROV.COLL.
N. 09574/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9574 del 2009, proposto da:
Spina Gino & Geom. Sergio S.r.l., con sede in Cupra Marittima, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Sergio Gabrielli e con questi elettivamente domiciliata in Roma, alla via Pier Luigi da Palestrina n. 47, presso l'avv. Filippo Lattanti (studio legale Satta & Associati), per mandato a margine dell'appello;
contro
Giovanni Franzinelli e Velia Galeati, ed ora Velia Galeati ved. Franzinelli, rappresentata e difesa dagli avv.ti Valeria Mancinelli e Edoardo Maria Stecconi, ed elettivamente domiciliata in Roma, al corso Vittorio Emanuele II n. 18, presso lo studio Grez & Associati, per mandato in calce all'atto di costituzione nel giudizio d'appello;
nei confronti di
- Comune di Cupra Marittima, in persona del Sindaco pro-tempore, già costituito nel giudizio di primo grado e non costituito nel giudizio d'appello;
- Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica;
- Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio delle Marche, in persona del Soprintendente pro-tempore;
entrambi rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per le Marche n. 1307 del 19 settembre 2008, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n.r. 204/2007, sono stati annullati il permesso di costruire n. 64 del 26 ottobre 2006 e gli atti presupposti, ivi compresa l'autorizzazione paesaggistica di cui alla determinazione dirigenziale n. 19 del 13 giugno 2006 e gli atti presupposti emanati dalla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio delle Marche, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Velia Galeati e del Ministero per i beni e le attività culturali e della Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio delle Marche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l'avv. Zappasodi, per delega dell'avv. Gabrielli, per Spina Gino & Geom. Sergio S.r.l., l'avv. Stecconi per Velia Galeati e l'avvocato di Stato Palasciano per il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio delle Marche;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) L'impresa Spina Gino & Geom. Sergio S.r.l., con sede in Cupra Marittima, con istanza in data 30 marzo 2006 ha chiesto il rilascio di permesso di costruire per un intervento di ristrutturazione e ricostruzione di "organismo diruto" sito nella frazione di Marano del Comune di Cupra Marittima, alla via Castello, distinto in catasto al foglio 7, mappale n. 197, compreso nel piano di recupero del centro storico di Marano, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Cupra Marittima n. 6 del 28 gennaio 2006, nel quale è contraddistinto come unità minima d'intervento (U.M.I.) 50.
Acquisito il parere favorevole della Commissione edilizia integrata in data 12 maggio 2006, l'autorizzazione paesaggistica di cui alla determinazione n. 19 del 13 maggio 2006, e preso atto che la Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio delle Marche, con nota n. 9759 del 27 settembre 2006, aveva significato di non ravvisare motivi per l'esercizio dei poteri ex art. 159 comma 3 del d.lgs. n. 42/2004, il Responsabile del Servizio urbanistica - sportello unico attività produttive/edilizia del Comune di Cupra Marittima ha rilasciato il permesso di costruire n. 64 del 26 ottobre 2006.
Con ricorso in primo grado iscritto al n.r. 204/2007 i coniugi Giovanni Franzinelli e Velia Galati, proprietari di edificio prospiciente, ubicato alla via Castello n. 78, distinto in catasto al foglio 7, mappale 232, hanno impugnato il permesso di costruire, e gli atti a esso presupposti (parere della C.E.C., autorizzazione paesaggistica, nota soprintendentizia) deducendone l'illegittimità sotto quattro distinti profili, di seguito sintetizzati:
a) contrasto con le N.T.A. del piano di recupero del centro storico di Marano e con la scheda norma U.M.I. 50, in base alle quali l'organismo edilizio è composto di soli tre piani fuori terra al prospetto nord-ovest anziché quattro, come invece previsto dal suddetto titolo edilizio;
b) carente motivazione delle ragioni del rilascio del permesso di costruire in deroga alle suddette previsioni del piano di recupero;
c) omesso rilievo da parte della C.E.C. del contrasto del progetto assentito con la normativa del piano di recupero;
d) illegittimità dell'autorizzazione paesaggistica per violazione degli artt. 146 e 159 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 nonché delle prescrizioni impartite dalla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio delle Marche nelle precedenti determinazioni relative al piano di recupero.
Nel giudizio si sono costituiti la controinteressata impresa Spina Gino & Geom. Sergio S.r.l. e il Comune di Cupra Marittima che hanno dedotto a loro volta l'infondatezza del ricorso.
Con sentenza del T.A.R. per le Marche n. 1307 del 19 settembre 2008 l'impugnativa è stata accolta -respingendosi la sola cumulativa domanda risarcitoria- con annullamento di tutti gli atti impugnati, in base alle ragioni di seguito sintetizzate:
- il permesso di costruire contrasta con le previsioni del piano di recupero, perché, dovendosi fare riferimento, secondo gli artt. 11 e 23 delle N.T.A., alle "schede normative" relative agli interventi in esso contemplati, per l'U.M.I. 50 è consentita la ricostruzione di tre soli piani, in tal senso essendo stati recepiti i rilievi della Soprintendenza;
- nessun rilievo potrebbe assumere la "riserva" espressa nella nota soprintendentizia n. 5780 del 19 maggio 2005 -come invocata dalle controparti resistenti- di verificare, sulla base di ulteriori eventuali approfondimenti, la coerenza della prima proposta progettuale (che prevedeva quattro piani) sia perché affatto atipica, e da considerare quale "clausola non apposta (vitiatur sed non vitiat)" , sia perché non è stata espressa "...una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà in merito a tale diversa soluzione progettuale" da parte del Consiglio Comunale in sede di approvazione del piano di recupero;
- non potrebbe neppure ritenersi che la ricostruzione con la volumetria originaria dell'organismo diruto sia consentita comunque -secondo i rilievi della controinteressata- in base all'art. 3 comma 2, del d.lgs. 6 giugno 2001, n. 380, che contiene una definizione classificatoria degli interventi ma non può limitare i poteri urbanistici comunali in ordine alla identificazione di eventuali limiti da osservare nella ricostruzione;
- anche l'autorizzazione paesaggistica e la nota soprintendentizia susseguente sono illegittime perché fondate sull'anomala "riserva" espressa nella nota n. 5780 del 19 maggio 2005.
2.) Con appello spedito per la notifica a mezzo del servizio postale raccomandato il 3 novembre 2009 e depositato il 30 novembre 2009, l'impresa Spina Gino & Geom. Sergio S.r.l. ha impugnato la sentenza deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:
1) Illegittimità della sentenza per aver disapplicato parzialmente la normativa urbanistica di piano, non impugnata, in virtù della quale il Comune si era riservato la facoltà di assentire la ricostruzione dei quattro piani originari. Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c.
Il piano di recupero contiene la riserva di verificare in sede di ulteriori approfondimenti la coerenza della prima proposta progettuale con i più generali principi del recupero urbano, e quindi di assentire l'intervento per i quattro piani in origine previsti.
Esso non è stato impugnato e il giudice amministrativo marchigiano non poteva, quindi, disapplicarlo, incorrendo peraltro nel vizio di ultrapetizione.
2) Illegittimità della sentenza per violazione, erronea, contraddittoria e illogica interpretazione e applicazione delle N.T.A. del piano di recupero e della scheda U.M.I. 50. Difetto di motivazione
La deliberazione consiliare n. 6 del 28 gennaio 2006, peraltro non impugnata, ha approvato il piano di recupero con le integrazioni rivenienti dalla rielaborazione delle schede a seguito dell'accoglimento delle osservazioni, e la scheda è caratterizzata da rappresentazione grafica nella quale l'U.M.I. 50 è costituita da quattro piani, che è coerente alle indicazioni descrittive; la deliberazione richiama inoltre la nota soprintendentizia n. 5780 del 19 maggio 2005.
3) Illegittimità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 e violazione dei principi in materia di legislazione concorrente (art. 117 Cost.), perché la ricostruzione fedele, e quindi con il numero di piani e la volumetria originaria, è ammessa da disposizione legislativa, che prevale su tutte le disposizioni locali, ivi comprese eventuali norme regionali, e quindi anche su prescrizioni urbanistico-edilizie, come recate da un piano di recupero, di tal che il giudice amministrativo marchigiano ha in definitiva disapplicato l'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001.
4) Illegittimità della sentenza per aver disapplicato provvedimento presupposto della Soprintendenza non impugnato. Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. Difetto di motivazione.
La sentenza ha obliterato che il Soprintendente, nella conferenza di servizi del 4 luglio 2004, aveva già espresso parere favorevole al piano di recupero nella sua formulazione originaria e quindi alla ricostruzione dei quattro piani, e tale provvedimento non è stato impugnato, costituendo il successivo avviso di cui nota n. 9759 del 27 settembre 2006 atto sostanzialmente confermativo e vincolato dal precedente parere, con conseguente inammissibilità del quarto motivo di ricorso, peraltro inammissibile per omessa impugnazione della nota soprintendentizia n. 5780 del 19 maggio 2005; peraltro la nota del 27 settembre 2006 si ricollega alla nota n. 19377 del 22 dicembre 2005, che si esprimeva in senso favorevole alla prima proposta progettuale, ossia alla ricostruzione dei quattro piani.
Costituitasi in giudizio, Velia Galeati ved. Franzinelli (essendo medio tempore deceduto il coniuge) con memoria depositata il 22 gennaio 2010, e successiva memoria depositata il 6 febbraio 2014, ha dedotto, a sua volta, l'infondatezza dell'appello con diffusa argomentazione.
All'udienza pubblica dell'11 marzo 2014 l'appello è stato discusso e riservato per la decisione.
3.) L'appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico, onde deve essere rigettato, con la conseguente conferma della sentenza gravata, integrata nella motivazione dai rilievi che seguono.
3.1) Ad integrazione della narrativa in fatto giova precisare che:
- l'organismo edilizio "diruto", edificato nel corso del secolo decimonono, ha due fronti ad altezze diverse in relazione a un dislivello di circa sette metri: il fronte a "valle" lungo via Castello era in origine composto di quattro piani, quello a "monte" pure ubicato su via denominata Castello, prospiciente l'edificio dei coniugi Franzinelli-Galati, risultava composto di piano terra e primo piano (tenuto conto appunto delle differenti quote);
- secondo l'originaria formulazione della "scheda" descrittiva dell'intervento ricostruttivo relativo all'U.M.I. 50, si prevedeva "...la ricostruzione dell'antica volumetria per ridare continuità alla schiera, preesistente e crollata nel tempo per incuria, e di restituire al tessuto edilizio quella compattezza che storicamente il borgo presentava...", pur rilevando che "...la tipologia a schiera mediamente si riscontra di due-tre piani";
- la "scheda" esibita in allegato al n. 22 della produzione dell'appellante, invece, contiene la seguente testuale indicazione prescrittiva "La ricostruzione ripropone tre piani fuori terra per dare compattezza alla quinta urbana che guarda verso la porta principale di accesso alla città storica", e richiama il testo della nota soprintendentizia n. 5870;
- la nota soprintendentizia n. 5870 del 19 maggio 2005, per quanto rileva, a sua volta è così testualmente formulata:
"Per quanto riguarda l'osservazione n. 3 contenuta nella nota n. 12086 del 21.7.2004 di autorizzazione si concorda con la proposta riduzione dell'altezza prevista nell'ipotesi ricostruttiva sebbene ci si riservi di specificare, sulla base di ulteriori eventuali approfondimenti, la coerenza della prima proposta progettuale con i più generali principi del recupero urbano";
- la nota n. 12086 del 21 luglio 2004 ("Scheda di risposta alle osservazioni della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche (prot. 12086 del 21.7.2004)"), richiamata anche nella sentenza gravata in modo testuale -e non esibita dall'appellante nella pur nutrita produzione documentale, ciò che non appare privo di significato - a sua volta riteneva che: "L’area interessata dalla ricostruzione è posta nei pressi della porta di accesso principale alla città storica di Marano … Nonostante dalla foto storica appaia evidente che la U.M.I. 50 si elevava per 4 piani fuori terra sul fronte nord, si concorda con la Soprintendenza nella proposta di ricostruire un fronte unitario disponendo la ricostruzione per soli 3 piani fuori terra, così come specificato nel disegno del nuovo profilo”;
- in sede di approvazione definitiva del piano di recupero, di cui alla deliberazione n. 6 del 28 gennaio 2006, si richiama la (sola) nota soprintendentizia n. 5780 del 19 maggio 2005 e si dispone di "integrare gli elaborati adottati con il fascicolo denominato 'Schede di risposta alle osservazioni dei privati', nella parte contenente le osservazioni accolte parzialmente in modo che vada a far parte integrante del Piano di Recupero del Centro Storico di Marano".
3.2) Orbene, non può revocarsi in dubbio che il piano di recupero approvato non contenga alcuna "riserva", che sarebbe peraltro affatto atipica e contrastante col carattere esecutivo del piano urbanistico, in ordine ad una "revisione", in sede di progettazione esecutiva dei singoli interventi, delle prescrizioni contenute nella "scheda" descrittiva relativa all'U.M.I. 50, che, peraltro, secondo la copia esibita dalla stessa impresa appellante, si riferisce in modo chiaro e inequivoco a tre piani.
La delibera approvativa, a sua volta, non fa alcun cenno alla invocata nota soprintendentizia n. 19377 del 23 dicembre 2015, nella quale si esprime un "parere favorevole alla possibilità di formulare la progettazione esecutiva in relazione alla prima proposta progettuale n. 3 U.M.I. 50 del piano di recupero...che prevedeva la ricostruzione secondo i profili e le altezze originarie...".
In tal senso il Collegio deve condividere i rilievi svolti dal giudice amministrativo marchigiano circa l'evidente contrasto del permesso di costruire con le prescrizioni del piano di recupero, avendo assentito la ricostruzione di un piano ulteriore (il quarto), rispetto ai tre soli piani consentiti.
Dai rilievi che precedono discende la palese infondatezza del primo e del secondo motivo d'appello, avvalorata, peraltro, dalla circostanza, posta in rilievo dall'appellata, che sia stata adottata, con deliberazione consiliare n. 44 del 27 ottobre 2008, e quindi approvata, con deliberazione consiliare n. 6 del 2 aprile 2009, apposita e specifica variante parziale del piano di recupero, proprio allo scopo di legittimare l'intervento edilizio, medio tempore eseguito e completato, impugnata dalla sig.ra Velia Galati con ricorso pendente in primo grado con n.r. 641/2009.
3.3) E' altresì infondato il terzo motivo di appello, posto che la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 -a tenore del quale "Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi"-, deve essere rettamente intesa, come puntualizzato nella sentenza gravata, nel senso che la normativa urbanistica comunale (come ovviamente anche la legislazione regionale) non possa dare agli interventi una classificazione diversa da quella ivi stabilita, né traslare i medesimi dall'una all'altra tipologia, e non anche che, in sede di piani esecutivi, non possa definire le modalità quali-quantitative degli interventi, e quindi anche limitare, ad esempio come nel caso di specie, il numero di piani realizzabili, tanto più quando l'intervento si inserisca in piano inteso al risanamento di un contesto urbano secondo linee filologiche di recupero dei caratteri storico-architettonici, e quindi anche al fine di ripristinare un armonico sviluppo di una schiera edilizia.
3.4) E' da ultimo palesemente infondato il quarto motivo d'appello, posto che il Soprintendente, nella conferenza di servizi del 7 aprile 2004, secondo il verbale esibito al n. 10 della produzione documentale dell'appellante, aveva espresso un parere "...in linea di massima...", riservandosi di "...fare pervenire un parere dettagliato sulle prescrizioni e indicazioni da adottare", laddove nella nota successiva n. 5780 del 19 maggio 2005 si esprimeva in modo specifico in senso favorevole all'osservazione n. 3 concordando "...con la proposta riduzione dell'altezza prevista nell'ipotesi ricostruttiva...", ancorché con riserva di future valutazioni.
Né, considerato quanto evidenziato sub 3.3), può sostenersi che la controinteressata avesse l'onere d'impugnare la suddetta "riserva", ex se priva di alcuna efficacia giuridica e ininfluente sull'approvazione del piano di recupero, o anche la successiva nota soprintendentizia n. 19377 del 23 dicembre 2015, essa pure non richiamata nella delibera di approvazione del piano di recupero.
4.) In conclusione l'appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, restando assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
5.) Il regolamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull'appello in epigrafe n.r. 9574 del 2009:
1) rigetta l'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza del T.A.R. per le Marche n. 1307 del 19 settembre 2008;
2) condanna l'appellante Spina Gino & Geom. Sergio S.r.l., in persona del legale rappresentante, alla rifusione, in favore dell'appellata Velia Galati, delle spese e onorari del giudizio d'appello, liquidati in complessivi € 3.000.00 (tremila/00), oltre IVA e CAP nella misura dovuta.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)