CGAR Sez. giur. n. 805 del 15 novembre 2023
Urbanistica.Regime giuridico delle tettoie
Rientrano nella categoria di pertinenze urbanistiche le opere di modesta entità e accessorie rispetto all’opera principale, quali a esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, e non anche le opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotano per avere una propria autonomia rispetto all’opera principale e per non essere coessenziali alla stessa, cioè tali da non rendere possibile una diversa utilizzazione economica. Quanto alle tettorie, esse richiedono il rilascio del permesso di costruire quando, per caratteristiche costruttive, siano idonee ad alterare la sagoma dell’edificio, mentre si sottraggono a detto regime ove la loro conformazione e le ridotte dimensioni ne rendano evidente e riconoscibile la finalità di mero arredo e di riparo e protezione dell’immobile cui accedono
Pubblicato il 15/11/2023
N. 00805/2023REG.PROV.COLL.
N. 00592/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 592 del 2021, proposto da
Maria Concetta Caracappa, rappresentata e difesa dall’avvocato Ignazio Cucchiara, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di Sciacca, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia (Sezione seconda) n. 2950/2020, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 20 settembre 2023, nessuno presente per le parti, il Cons. Anna Bottiglieri;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
La signora Maria Concetta Caracappa realizzava nel 2016, su una porzione di terreno pertinenziale a un fabbricato, entrambi di proprietà, una tettoria con sei pilastri in legno, travi, tavolato e tegole di circa 22 mq, con altezza alla linea di gronda pari a m 2,30 circa e alla linea di colmo pari a m 2,55 circa, fissata al terreno, pavimentato e recintato, mediante piastre bullonate.
Il Comune, accertata con sopralluogo del 6 luglio 2017 la realizzazione dell’opera in assenza di permesso di costruire, ne disponeva la demolizione con ordinanza n. 12/2018, adottata ai sensi dell’art. 7 della l. 28 febbraio 1985, n. 47, e degli artt. 31 e ss. del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
L’interessata impugnava il provvedimento con ricorso proposto avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, che, nella resistenza del Comune, lo respingeva mediante la sentenza in epigrafe, compensando tra le parti le spese del giudizio.
L’interessata ha appellato la sentenza. Ha dedotto: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001; eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione, di travisamento dei fatti, di istruttoria; 2) Violazione e mancata applicazione dell’art. 6 comma 1 lett. e-quinquies) del d.P.R. 380/2001, o, in alternativa, violazione e mancata applicazione dell’art. 6-bis dello stesso decreto. Ha concluso per la riforma della sentenza gravata.
Il Comune non si è costituito in giudizio.
L’appellante ha depositato una memoria difensiva.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 20 settembre 2023.
DIRITTO
1. Con il primo motivo lamenta l’appellante che il Tar ha rilevato la complessità, rispetto a una mera tettoia, dell’opera per cui è causa, senza precisare le ragioni di una siffatta qualificazione e in quale modo l’opera si discostasse da quanto descritto nell’impugnativa, che ha riprodotto, sul punto, quanto emergente dalla gravata ordinanza di demolizione.
Afferma poi l’appellante, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, che, ravvisato il carattere di stabilità della costruzione e la sua non assimilabilità a una pergotenda, ha confermato che la sua edificazione necessitava del permesso di costruire, che, stante le caratteristiche dell’opera, si tratta di una mera pertinenza, soggetta al più alla presentazione di SCIA o CILA.
Invoca quindi l’applicabilità alla fattispecie della giurisprudenza amministrativa formatasi in materia di pertinenze, nonché dell’art. 20 della l.r. Sicilia 16 aprile 2003, n. 4, siccome interpretato da questo Consiglio con parere n. 105/2020, che: stabilisce che “In deroga ad ogni altra disposizione di legge, non sono soggetti a concessioni e/o autorizzazioni né sono considerati aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione la chiusura di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a metri quadrati 50 e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie …” (comma 1); assoggetta alla stesso regime la chiusura di verande o balconi con strutture precarie (comma 3); assimila alle verande “le altre strutture, aperte almeno da un lato, quali tettoie, pensiline, gazebo ed altro ancora, comunque denominate, la cui chiusura sia realizzata con strutture precarie, sempre ricadenti su aree private” (comma 4).
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Per costante giurisprudenza, rientrano nella categoria di pertinenze urbanistiche le opere di modesta entità e accessorie rispetto all’opera principale, quali a esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, e non anche le opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotano per avere una propria autonomia rispetto all’opera principale e per non essere coessenziali alla stessa, cioè tali da non rendere possibile una diversa utilizzazione economica (Cons. Stato, VI, 4 gennaio 2016, n. 19; 24 luglio 2014, n. 3952; V, 12 febbraio 2013, n. 817; IV, 2 febbraio 2012, n. 615).
Quanto alle tettorie (da ultimo, Cons. Stato, VI, 4 febbraio 2023, n. 1205), esse richiedono il rilascio del permesso di costruire quando, per caratteristiche costruttive, siano idonee ad alterare la sagoma dell’edificio (Cons. Stato, VI, 16 febbraio 2017, n. 694), mentre si sottraggono a detto regime ove la loro conformazione e le ridotte dimensioni ne rendano evidente e riconoscibile la finalità di mero arredo e di riparo e protezione dell’immobile cui accedono (Cons. Stato, V, 13 marzo 2014 n. 1272).
Passando al caso di specie, va innanzitutto escluso che, come sembra suggerire l’appellante, la pertinenzialità dell’opera possa derivarsi dalla pertinenzialità del terreno su cui essa è stata costruita, non essendovi nell’ordinamento urbanistico-edilizio una norma che consenta una siffatta assimilazione.
Tanto chiarito, in applicazione della citata giurisprudenza, deve riconoscersi che l’opera per cui è causa per la non irrilevante dimensione (mq 22,00), per le caratteristiche strutturali che la contraddistinguono (pilastri in legno, travi, tavolato e tegole), per stabilità (derivante dall’ancoraggio con piastre bullonate su un terreno pavimentato), per posizionamento rispetto al fabbricato principale (che ne consente l’autonoma utilizzazione), difetta con ogni evidenza dei requisiti propri delle pertinenze e degli interventi precari, costituendo invece una innovazione urbanistica che determina, sia dal punto di vista morfologico che funzionale, una variazione planivolumetrica e architettonica dell’assetto edilizio preesistente, che rendeva necessario per la sua edificazione il preventivo rilascio del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10 comma 1 lett. a) del d.P.R. 380/2001.
Le motivazioni del Tar qui contestate risultano pertanto prive di mende, anche in relazione alla ritenuta complessità dell’opera.
Non soccorre in contrario avviso il parere di questo Consiglio n. 105/2020, relativo all’art. 20 della l.r. Sicilia 4/2003.
Detto parere, se riconosce che il predetto art. 20 consente la libera realizzabilità della chiusura di terrazze, verande e balconi per una superficie non superiore a mq. 50, assimilando a questi le “tettoie”, le “pensiline”, e i “gazebo”, sottolinea che la chiusura deve essere effettuata con strutture precarie su una “terrazza … urbanisticamente regolare”.
Si tratta di condizioni non ravvisabili nella fattispecie: circa l’impossibilità di considerare precaria la struttura di cui trattasi si rimanda a quanto appena sopra; quanto al resto, emerge dall’atto gravato che l’opera abusiva ricade in zona “E- Verde agricolo” di piano regolatore, e insiste sull’area pertinenziale di un fabbricato anch’esso abusivo, per il quale pende ancora una richiesta di sanatoria presentata nel 2014 ai sensi della 326/2003.
A tale ultimo riguardo, non sembra superfluo rammentare il principio per cui la presentazione della istanza di condono non autorizza l’interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare, i manufatti che ne formano oggetto, i quali, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi (da ultimo, Cons. Stato, VI, 10 marzo 2023, n. 2568; 24 aprile 2022, n. 2645).
2. E’ infondato per le stesse ragioni espresse al capo che precede il secondo motivo, con cui la ricorrente insiste sul carattere pertinenziale della tettoia e sulla sua carenza di autonomia funzionale, sostenendo che per la sua realizzazione non era necessario il permesso di costruire.
3. L’appello va pertanto respinto.
Nulla per le spese del grado, non essendo costituito in appello il Comune di Sciacca.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Nulla per le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 20 settembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore
Giuseppe Chinè, Consigliere
Giovanni Ardizzone, Consigliere
Paola La Ganga, Consigliere