Consiglio di Stato Sez. II n. 8383 del 16 dicembre 2021
Urbanistica.Pianificazione e perentorietà dei termini procedimentali

Il termine previsto dall’art. 14 ter, comma 1, della Legge n. 241/1990, in materia di svolgimento della conferenza di servizi non ha alcuna caratterizzazione come termine perentorio, non essendo espressamente denominato in tal senso dalla legge, né essendo prevista alcuna altra sanzione o diverso sviluppo procedimentale per la inosservanza del termine. In mancanza di una espressa previsione contraria, alla violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non consegua l'illegittimità dell'atto tardivo, trattandosi di una regola di comportamento e non di validità dell’atto


Pubblicato il 16/12/2021

N. 08383/2021REG.PROV.COLL.

N. 09061/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9061 del 2014, proposto dalla signora
Lazzara Giannuzzi, rappresentata e difesa dall'avvocato Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bocca di Leone 78 (Studio BDL);

contro

Comune di Sternatia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pier Luigi Portaluri, con domicilio eletto presso l’avvocato Giuseppe Pecorilla in Roma, corso Vittorio Emanuele II n.18;
Regione Puglia, Provincia di Lecce, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Terza) n. 701/2014, resa tra le parti, concernente approvazione piano urbanistico generale comunale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sternatia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2021 il Cons. Cecilia Altavista e uditi per le parti l’avvocato Ugo De Luca, in sostituzione dell'avvocato Ernesto Sticchi Damiani, e l’avvocato Pierluigi Portaluri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con delibera n. 25 del 26 novembre 2004 il Consiglio comunale di Sternatia approvava il documento programmatico preliminare del nuovo Piano urbanistico generale(PUG); con la delibera n. 7 dell’11 luglio 2005, il Consiglio comunale, rilevata la incompatibilità di 9 su 13 consiglieri comunali, in quanto proprietari di lotti interessati dal piano, chiedeva alla Regione la nomina di un Commissario, che veniva nominato nella persona dell’arch. Rodolfo Fontefrancesco con delibera della Giunta regionale n. 1357 del 28 settembre 2005.

Con delibera n. 1 del 6 luglio 2006 il Commissario straordinario del Comune di Sternatia adottava il Piano urbanistico generale del Comune, nel quale erano previste, per i lotti di proprietà della signora Lazzara Giannuzzi, la destinazione come area a parcheggio per il lotto, sito in via Gorizia, angolo via Perrone (distinto al N.T.C. al foglio 14, mapp. 507 e 595, esteso circa mq 525), che il Programma di fabbricazione, approvato con delibera n. 966 del 19 aprile 1977, classificava come zona “E2- verde speciale”; la destinazione in parte a parcheggio e viabilità urbana, in parte a servizi “F12”, “F13”, “F14”, in parte come zona di espansione residenziale “C2” per il lotto sito tra via Piave, via Pisa e via vicinale Frauli, (distinto al N.T.C. al foglio 14, mapp. 15, 16, 17, 18, 19, 20, esteso circa 60.000 mq) per cui il programma di fabbricazione prevedeva la destinazione in zona “B2-completamento”, “C1- espansione”, “C3- espansione edilizia economica e popolare” ed in parte “E1- agricola”.

La signora Giannuzzi presentava, quindi, osservazioni contestando le destinazioni impresse ai lotti di sua proprietà, in particolare in quanto le destinazioni a servizi e parcheggio erano previste nelle zone interne al tessuto edificato; rilevava invece che il piano aveva indicato alcune aree a destinazione B (B3 e B4) in zone periferiche, non in linea con le indicazioni del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444.

Con delibera n. 1 del 12 luglio 2007, il Comune esaminava le osservazioni e accoglieva in parte quelle della signora Giannuzzi, riferite alle aree periferiche a destinazione B, per cui rimodulava gli interventi ammissibili con la previsione del rilascio dei permessi di costruire previa cessione gratuita degli standard pubblici correlati al carico insediativo o, qualora non possibile, alla monetizzazione degli stessi; adottava, quindi, in via definitiva il PUG confermando le destinazioni impresse con il piano adottato ai terreni di proprietà della signora Giannuzzi.

Il 17 dicembre 2007 il PUG veniva inviato alla Regione Puglia per il controllo di compatibilità ai sensi dell’art. 11, comma 7 della L.r. 27 luglio 2001, n. 20.

La Giunta Regionale, con delibera n. 717 del 6 maggio 2008, si esprimeva nel senso della non compatibilità del PUG adottato, in quanto “le previsioni pianificatorie comportano un eccessivo consumo di suolo sia per quanto riguarda l’espansione residenziale sia per le previsioni di dotazioni di aree per attrezzature comuni che di interesse generale”; in particolare rilevava l’aumento delle previsioni residenziali e di tipo B3 e B4, riferite quest’ultime inoltre ad ambiti periurbani non aventi i requisiti previsti dal D.M. 1444 del 1968 per la classificazione come zone omogenee di tipo B.

Pertanto, il Comune convocava, ai sensi dell’art. 11 comma 9 della L.r. n. 20/01, la Conferenza di servizi con nota del Sindaco del 6 giugno 2008 per il 30 giugno 2008; successivamente, con nota del Sindaco del 12 giugno 2008 la prima riunione della Conferenza veniva spostata al 2 luglio 2008, per impegni dei partecipanti e, con comunicazione del Responsabile del procedimento del 16 giugno 2008 al 1 luglio 2008, per impegno del Presidente della Provincia.

La prima seduta della Conferenza di servizi si teneva, dunque, il 1° luglio 2008 nella quale emergeva la esigenza di nominare un Commissario anche per tale fase della Conferenza di servizi, in relazione alla incompatibilità dei nove consiglieri comunali, che aveva comportato la nomina del Commissario in sede di adozione del piano.

Pertanto, la seduta del 1° luglio 2008 si concludeva con l’aggiornamento dei lavori a data da destinarsi, disponendo l’interruzione del termine di cui all’art. 11 comma 10 della legge regionale in attesa che la conferenza potesse ricostituirsi in legittima composizione.

Il Commissario veniva, quindi, nominato in data 1° luglio 2008 nella persona dell’arch. Rodolfo Fontefrancesco.

Il 23 luglio 2008 si teneva una ulteriore seduta della Conferenza di servizi in cui si prospettava l’adeguamento del piano ad un minore consumo di suolo e si aggiornava la seduta al 30 luglio 2008.

Il 24 luglio 2008 l’arch. Fontefrancesco comunicava di aver subito un infortunio da cui derivava l’impossibilità di assolvere l’incarico; pertanto, con determina n. 1435 del 29 luglio 2008, veniva sostituito con l’arch. Raffaele Guido, che aveva collaborato con il Commissario per l’adozione del piano quale membro del comitato urbanistico regionale, a cui veniva comunicata la nomina il 30 luglio 2008, giorno in cui si teneva la nuova seduta della Conferenza di servizi, nella quale venivano, altresì, deliberate le modifiche al PUG considerate necessarie per renderlo compatibile con gli atti di pianificazione sovraordinati di cui all’art. 11 comma 7 della L.r. n. 20/01.

La Giunta regionale, con delibera n. 2038 del 30 ottobre 2008, attestava la compatibilità del piano ed il Comune di Sternatia approvava il PUG in via definitiva con delibera del Commissario straordinario n. 1 del 20 novembre 2008; il piano approvato veniva pubblicato sul B.U.R.P. n. 188 del 4 dicembre 2008.

Nel piano approvato i terreni di proprietà della signora Giannuzzi mantenevano la destinazione impressa dal Comune ovvero area a parcheggio per il lotto su via Gorizia angolo con via Perrone e destinazione in parte a parcheggio, in parte a servizi “F12”, “F13”, “F14”, e in parte come zona di espansione “C2” per il lotto sito tra via Piave, via Pisa e via vicinale Frauli.

Avverso gli atti di pianificazione la signora Lazzara Giannuzzi ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, formulando un primo motivo di violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 11 commi 9 e 10 della legge regionale n. 20 del 2001 e dell’art. 14 ter della legge 7 agosto 1990 n. 241, eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto, illogicità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa, carenza istruttoria, sostenendo la illegittimità degli atti della Conferenza di servizi, che non sarebbe stata tenuta nel termine di trenta giorni dalla sua convocazione, in quanto la seduta del 1° luglio 2008 non sarebbe stata validamente costituita, mentre la prima Conferenza idonea, ai sensi della legge regionale, sarebbe quella del 30 luglio 2008, ma oltre il termine previsto dall’art. 14 ter; inoltre al Commissario che ha partecipato alla seduta del 30 luglio 2008 la relativa convocazione è stata comunicata solo in pari data, essendo stato nominato, in tale data, con violazione del termine di 5 giorni previsto dall’art. 14 ter comma 3 della legge n. 241 del 1990; inoltre, il termine perentorio di trenta giorni previsto dalla legge regionale non sarebbe stato rispettato, essendo, alla data del 30 luglio, decorsi trenta giorni dalla data della convocazione il 6 giugno 2008; né il termine perentorio di trenta giorni potrebbe essere interrotto in mancanza di espressa previsione nella legge regionale e sarebbe, quindi, priva di effetto la indicazione della interruzione del termine apposta al verbale della seduta del 30 luglio.

Con il secondo e terzo motivo si è lamentata la violazione e falsa applicazione del D.P.P. approvato giusta delibera di C.c. n. 25 del 26 novembre 2004, l’eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto ed in diritto, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione amministrativa, sviamento, violazione del principio di perequazione urbanistica, contestando la destinazione impressa ai lotti di proprietà; in particolare il lotto sito all’angolo tra via Gorizia e via Perrone sarebbe inserito sul fronte esterno di una unica maglia per cui è prevista la destinazione B1, per cui la delibera del 2004 faceva riferimento alla edificazione diffusa per quanto attiene al “completamento dei fronti stradali dei vari isolati”; si è sostenuto, quindi, che la previsione di un parcheggio su un fronte esterno impedirebbe il completamento di fronti stradali su via Gorizia imponendo come prospetti adiacenti alla villa comunale quelli interni dei fabbricati con inidoneità a garantire il decoro architettonico; inoltre dall’altra parte della via Perrone un’altra area sarebbe stata destinata a zona B3, pur non avendo le caratteristiche del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 per la zona B, mentre nel PdF era destinata in parte a verde speciale in parte a sede stradale; con riferimento al lotto posto tra via Piave, via Pisa e via vicinale Frauli, è stata contestata la destinazione in parte a parcheggio in parte a servizi F12, F13, F14, deducendo che si tratterebbe di area interna al tessuto edificato in contrasto, poi, con la previsione, nel piano adottato, di zone B in parti inedificate del territorio comunale, quali B4 “zone residenziali con giardini”; B3 “residenziali di completamento dei tessuti edificati”, B2 “residenziale parzialmente edificata”.

Tali previsioni sono state in parte modificate a seguito dei rilievi regionali e delle osservazioni nel medesimo senso della signora Giannuzzi, ma - secondo la tesi difensiva- in mancanza di una completa rimodulazione del piano anche con riguardo alle aree di proprietà Giannuzzi.

E’ stata poi formulata un’ulteriore censura di eccesso di potere per sviamento, illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrativa, sostenendo che l’Amministrazione comunale avrebbe condotto una attività persecutoria nei confronti della signora Giannuzzi avendo già subito l’esproprio di vari lotti di terreno per la realizzazione della villa comunale, per la realizzazione di un tratto stradale e per la destinazione ad attrezzature civili di interesse comune, tutte aree adiacenti a quelle interessate dalle destinazioni contestate; un altro tentativo di esproprio era stato oggetto di ricorso accolto dal Tribunale amministrativo regionale sezione di Lecce con sentenza n. 1394 del 1999, le destinazioni impresse con il PUG sarebbero quindi irragionevolmente penalizzanti dei lotti rimasti in proprietà alla Giannuzzi; inoltre, per i terreni di cui è proprietaria ha subito un avviso di accertamento per la rettifica dell’ICI per cui ha proposto ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Lecce che è stato poi definito con una transazione con l’Amministrazione.

Nel giudizio di primo grado si costituiva il Comune di Sternatia sostenendo la legittimità degli atti impugnati.

Con la sentenza n. 701 del 4 marzo 2014 il ricorso è stato respinto ravvisando, con riferimento al primo motivo, la correttezza del procedimento pianificatorio e il rispetto della tempistica procedurale delineata dall’ art. 11 comma 10 della L.r. n. 20/01, ed individuando come prima seduta della Conferenza di servizi quella del 1° luglio 2008, avvenuta nel rispetto del termine di 30 giorni dalla sua convocazione, il 6 giugno 2008; ritenendo irrilevante il rinvio per la nomina del Commissario, in quanto risultavano presenti alla prima seduta i soggetti indicati dal citato art.11 comma 9, mentre l’art. 14 ter della legge n. 241/90 non prescrive alcunché in ordine alla composizione della prima seduta della Conferenza, indicando solo i termini entro cui la stessa deve effettuarsi; il giudice di primo grado ha, poi, affermato che il rispetto del termine di 5 giorni entro cui la convocazione della Conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, come prescritto dall’art. 14 ter comma 3 della legge n. 241/90, deve intendersi riferito alle amministrazioni diverse da quella procedente, di modo che una sua eventuale inosservanza non può essere fatta valere da soggetti terzi, mentre ha ritenuto non provata la circostanza secondo cui il Commissario arch. Raffaele Guido avrebbe partecipato alla seduta senza la dovuta preparazione e senza conoscere l’oggetto dei lavori, risultando dal contenuto della delibera di nomina n. 1435 del 29 luglio 2008, l’avvenuta collaborazione pregressa con il Commissario Fontefrancesco; ha ritenuto tempestiva altresì la delibera di adeguamento del P.U.G. da parte della Conferenza, adottata il 30 luglio 2008, in quanto intervenuta entro i trenta giorni dalla “prima convocazione”, ai sensi dell’art. 11 della L.r. n. 20/11, dovendo intendersi per prima convocazione la prima “seduta” della Conferenza stessa, avvenuta il 1° luglio 2008. Ha ritenuto inammissibili le censure relative alla destinazione dei lotti di proprietà Giannuzzi, in quanto attinenti alle scelte di merito dell’Amministrazione; ha comunque esaminato tali motivi nel merito, giudicandoli infondati, considerando le previsioni urbanistiche non arbitrarie né illogiche, nei limiti del sindacato sulle scelte discrezionali dell’Amministrazione in sede di pianificazione. In particolare, con riferimento al lotto tra via Gorizia e via Perrone ha affermato la non manifesta illogicità e irragionevolezza delle scelte comunali, trattandosi di un lotto inedificato, circondato dalla villa comunale e da altre zone con destinazione F a servizi; inoltre il D.P.P., approvato con delibera C.c. n. 25 del 26 novembre 2004, nel rilevare che le maglie in zona B1 risultano caratterizzate da una edificazione largamente diffusa “per quanto attiene al completamento dei fronti stradali di vari isolati”, non imponeva vincoli precisi al Comune nelle sue future scelte pianificatorie ma si limitava ad una ricognizione dell’esistente, evidenziando la necessità di approfondimenti progettuali relativi a spazi pubblici, concernenti in particolare piazzette e parcheggi, proprio per le maglie B1; ha ritenuto indimostrata la affermazione per cui altra area posta al di là di via Perrone, destinata dal previgente P.d.F. in parte a sede stradale e in parte a zona “E2”, sarebbe priva dei requisiti prescritti dal D.M. n. 1444/68 per la tipizzazione, quale zona “B3”. Con riferimento al lotto sito tra via Piave, via Pisa e vicinale Frauli, il giudice di primo grado ha richiamato i rilievi regionali che avevano evidenziato un sovradimensionamento delle previsioni residenziali insediative dello stesso, per cui il Comune di Sternatia aveva proceduto ad una correzione delle tipizzazioni assegnate alle aree periferiche, “B”, cancellandole, in parte, in sede di adozione definitiva del Piano; ha quindi ritenuto la scelta pianificatoria relativa all’area in questione né irragionevole né incoerente rispetto allo stato dei luoghi atteso che, dall’esame della documentazione agli atti, la zona controversa risulta esterna al centro edificato del Comune di Sternatia; né risulta adeguatamente provata l’affermazione di parte ricorrente secondo cui le rimanenti zone tipizzate come “B” sarebbero prive dei requisiti prescritti dal D.M. n. 1444 del 1968. Ha ritenuto la inammissibilità e la irrilevanza dell’ultima censura, con cui si lamentava l’attività persecutoria da parte dell’Amministrazione comunale, realizzata mediante una pluralità di atti susseguitisi nel tempo, tra cui, da ultimo, le previsioni del PUG, non configurando specifici e comprovati motivi di censura al provvedimento impugnato.

Avverso tale sentenza è stato proposto il presente appello sostanzialmente riproponendo i primi tre motivi del ricorso di primo grado.

In particolare, è stato riproposto il primo motivo relativo alla violazione della disciplina della Conferenza di servizi, insistendo per la illegittimità del procedimento, in quanto la Conferenza di servizi, convocata il 6 giugno 2008, non sarebbe stata utilmente tenuta il 1° luglio 2008, essendo in tale data non composta validamente a causa delle incompatibilità del rappresentante del Comune; mentre per la successiva seduta, con la presenza del Commissario, in data 30 luglio 2008, non sarebbe stato rispettato il termine di trenta giorni dalla convocazione, previsto dall’art. 14 ter della legge 241/90; inoltre il Commissario avrebbe dovuto essere convocato nel termine di 5 giorni, ma invece è stato convocato il giorno stesso, né vi sarebbe prova della conoscenza degli atti da parte del Commissario stesso affermata dal giudice di primo grado; con riferimento al termine previsto dall’art. 11 comma 10 della legge regionale si è sostenuto che per prima convocazione sarebbe da intendersi la comunicazione della convocazione e, quindi, tale termine sarebbe scaduto dopo trenta giorni dalla prima comunicazione del 6 giugno 2008, come sarebbe provato dal verbale della seduta del 1° luglio, che indicava espressamente l’avvenuta sospensione dei termini.

Con riguardo alla destinazione impressa ai terreni sono state riproposte le censure del primo grado, sostenendo che il giudice di prime cure non avrebbe correttamente valutato la situazione dei lotti e si è insistito per la illogicità e irragionevolezza delle scelte comunali e la disparità di trattamento con le zona periferiche destinate a B3 e B4, per le quali tale disparità sarebbe rimasta anche a seguito delle modifiche operate al regime delle zone B in sede di approvazione, considerando anche che la cessione gratuita delle aree nelle zone B sarebbe a carico del Comune e nelle zone C a carico del privato.

Si è costituito il Comune di Sternatia contestando la fondatezza dell’appello.

Entrambe le parti hanno presentato memorie e repliche per l’udienza pubblica.

La difesa appellante nella memoria ha riprodotto sostanzialmente le argomentazioni dell’atto di appello e ha poi contestato la classificazione in zona B3 e B4 attribuita ad alcune aree periurbane, anche a seguito delle modifiche in sede di approvazione del piano.

La difesa comunale, nella memoria, ha eccepito, in primo luogo, un profilo di inammissibilità dell’appello, non contenente critiche alle argomentazioni della sentenza, ma riproducendo i motivi del ricorso di primo grado; ha poi insistito per la infondatezza dell’appello

Nelle repliche entrambe le parti hanno insistito per la fondatezza delle proprie tesi difensive.

All’udienza pubblica del 19 ottobre 2021 il giudizio è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Si può prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità dell’appello, proposta in quanto atto riproduttivo del ricorso di primo grado, in relazione alla evidente infondatezza dello stesso.

Con la prima parte dell’appello si ripropone la prima censura del ricorso di primo grado relativa alla violazione dell’art. 14 ter della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2001, in quanto non sarebbero stati rispettati i vari termini previsti da tali disposizioni.

Tali argomentazioni non possono essere condivise.

Ai sensi dell’art. 14 ter, comma 1, della legge n. 241 del 1990, allora vigente, “la prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione”.

In base al comma 2, “la convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima”.

In primo luogo, il termine previsto dall’art. 14 ter, comma 1, non ha alcuna caratterizzazione come termine perentorio, non essendo espressamente denominato in tal senso dalla legge, né essendo prevista alcuna altra sanzione o diverso sviluppo procedimentale per la inosservanza del termine; si deve, infatti, richiamare la diversa previsione del comma 3 dell’art. 14 ter che prevedeva, invece, dopo il superamento di novanta giorni, l’adozione della determinazione conclusiva da parte dell’Amministrazione procedente, con superamento quindi della competenza delle altre Amministrazioni partecipanti alla Conferenza stessa.

Come è noto, la giurisprudenza è costante nel ritenere che, in mancanza di una espressa previsione contraria, alla violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non consegua l'illegittimità dell'atto tardivo, trattandosi di una regola di comportamento e non di validità dell’atto (Cons. Stato Sez. VI, 9 marzo 2018, n. 1519; Cons. Stato Sez. VI, 8 febbraio 2018, n. 1061; Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1237).

Nel caso di specie, si tratta, poi, di indicazioni di modalità e tempistiche organizzative, per cui in mancanza di una espressa previsione di legge il termine non si può ritenere perentorio, ma solo acceleratorio, essendo evidente la volontà del legislatore di imprimere rapidità al procedimento della Conferenza ma senza stabilire alcuna sanzione per il ritardo.

Ne deriva che l’eventuale mancato rispetto del termine di trenta giorni dalla data di indizione della Conferenza, non avrebbe comunque alcun effetto sulla legittimità dell’atto finale della Conferenza stessa.

Pertanto, anche a ritenere, secondo la tesi della difesa appellante, che la seduta del 30 giugno 2008 sarebbe “inesistente”, ciò non provocherebbe alcun vizio di legittimità sulle determinazioni di modifica del piano, né - in mancanza di espressa previsione di legge in tal senso- si potrebbe ritenere nulla la determina finale della Conferenza.

In ogni caso, ai fini del rispetto della tempistica procedimentale, la riunione del 30 giugno 2008 non si può considerare non materialmente tenuta.

Infatti, è stata regolarmente convocata; erano presenti tutti i soggetti competenti a partecipare alla Conferenza stessa (ai sensi del comma 8 dell’art. 11 della legge regionale, “Presidente della Giunta regionale o suo Assessore delegato, il Presidente della Provincia o suo Assessore delegato e il Sindaco del Comune interessato o suo Assessore delegato”).

Se poi è emerso un profilo di incompatibilità del rappresentante del Comune e si sia ritenuto di proseguire con la competenza straordinaria del Commissario per la situazione di incompatibilità, ciò attiene ad un profilo relativo al corretto funzionamento della Conferenza stessa, che non ha reso la seduta “inesistente”, come nella sostanza si dovrebbe ritenere secondo la ricostruzione della difesa appellante.

Del tutto irrilevante rispetto ai soggetti non partecipanti alla Conferenza di servizi è poi il termine di cinque giorni per la ricezione della convocazione da parte delle altre Amministrazioni partecipanti, trattandosi di un vizio che potrebbe rilevare solo per l’Amministrazione per cui tale termine non è stato rispettato.

Peraltro, nel caso di specie il Commissario straordinario nella Conferenza di servizi rappresentava il Comune che, in base alle disposizioni del comma 8 dell’art.11 della legge regionale, (“qualora la Giunta regionale o la Giunta provinciale deliberino la non compatibilità del P.U.G. con il P.T.C.P., il Comune promuove, a pena di decadenza delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 13, entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di invio del P.U.G., una Conferenza di servizi alla quale partecipano il Presidente della Giunta regionale o suo Assessore delegato, il Presidente della Provincia o suo Assessore delegato e il Sindaco del Comune interessato o suo Assessore delegato”) è l’Amministrazione competente alla convocazione della Conferenza, per la quale dunque il termine di cinque giorni neppure avrebbe dovuto essere rispettato, salva ovviamente la richiesta del Commissario nominato in data 29 giugno 2008 di rinviare per potere avere un congruo termine per la preparazione della conferenza, in base ai principi generali in materia di convocazione degli organi collegiali.

E’ invece espressamente considerato perentorio dall’art. 11 comma 10 della legge regionale n. 20 del 27 luglio 2001, per cui la “Conferenza di servizi assume la determinazione di adeguamento del P.U.G. alle modifiche di cui al comma 9 entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data della sua prima convocazione, l'inutile decorso del quale comporta la definitività delle delibere regionale e/o provinciale di cui al comma 9, con contestuale decadenza delle misure di salvaguardia”, il termine per lo svolgimento della Conferenza di servizi.

Dal dato letterale della disposizione, anche alla luce delle indicazioni ricavabili dall’art. 14 ter comma 1 sopra citato, la “prima convocazione” della Conferenza non può che essere individuata nella prima seduta della stessa, come correttamente affermato dal giudice di primo grado.

Infatti, l’art. 14 ter, comma 1, della legge n. 241 del 1990, distingue la convocazione della “prima riunione” dalla “indizione” della conferenza consentendo un lasso temporale di trenta giorni per la riunione della Conferenza.

A ritenere il termine di trenta giorni previsto dalla legge regionale decorrente dalla convocazione della riunione, il termine massimo di trenta giorni per la determinazione finale previsto dalla legge regionale, potrebbe essere interamente assorbito dai termini di convocazione, con estrema riduzione del periodo di svolgimento delle attività della Conferenza, necessarie per la prosecuzione dell’iter di approvazione del piano.

La interpretazione sostenuta dalla difesa appellante non avrebbe senso neppure rispetto al sistema previsto dalla legge regionale, considerato che l’art. 11 comma 8 citato, assegna un termine di ben 180 giorni per la “indizione” della Conferenza di servizi dalla data di invio del PUG, per cui è evidente che il termine ristretto di trenta giorni costituisce un termine particolarmente breve, che può essere ritenuto ragionevole in quanto relativo ai soli lavori della Conferenza già materialmente insediata e non con riferimento anche al termine di convocazione della riunione.

Anche tale termine risulta, dunque, rispettato nel caso di specie.

La data di indizione della Conferenza di servizi è quella del 6 giugno 2008 nella quale il Sindaco, in base alla competenza attribuita dall’art. 11 comma 8, ha fissato la prima riunione della Conferenza, mentre la data di prima convocazione è quella del 1 luglio 2008, data della prima riunione; pertanto il termine perentorio di trenta giorni risulta rispettato con l’adozione del provvedimento finale in data 30 luglio 2008.

Del tutto irrilevante è poi l’avvenuta dichiarazione di interruzione del termine nel verbale della conferenza del 1 luglio 2008, trattandosi di una annotazione disposta precauzionalmente dai partecipanti alla Conferenza, anche in relazione al loro eventuali profili di responsabilità, ma non idonea di per sé a qualificare il momento di decorrenza del termine perentorio.

Venendo alle censure con cui si contestano le destinazioni impresse ai lotti di proprietà dell’appellante, ritiene il Collegio, in primo luogo, di richiamare i consolidati orientamenti giurisprudenziali della Sezione in materia di pianificazione.

Come è noto, la giurisprudenza di questo Consiglio è costante nel ritenere che le scelte di pianificazione urbanistica costituiscano esplicazione di potere tecnico-discrezionale della pubblica amministrazione e siano censurabili in sede di sindacato giurisdizionale di legittimità solo in presenza di figure sintomatiche di eccesso di potere per palese irragionevolezza ed illogicità (tra le tante, Cons. Stato, sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1095; sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221).

Le scelte riguardanti la classificazione dei suoli sono il frutto di complesse valutazioni tecniche e amministrative, riservate al livello politico; in tale ambito la posizione dei privati risulta recessiva rispetto alle determinazioni istituzionali, in quanto scelte di merito non sindacabili dal giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento di fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare, potendosi derogare a tali regole solo in presenza di situazioni di affidamento qualificato del privato a una specifica destinazione del suolo, mentre il sindacato giurisdizionale su tali valutazioni è di carattere estrinseco e limitato al riscontro di palesi elementi di illogicità ed irrazionalità apprezzabili ictu oculi, essendo invece estraneo al sindacato giurisdizionale l’apprezzamento della condivisibilità delle scelte, profilo già appartenente alla sfera del merito (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2020, n. 2284; 31 dicembre 2019, n. 8917; 12 maggio 2016, n. 1907).

L’esercizio della discrezionalità riguarda, inoltre, non soltanto scelte strettamente inerenti all’organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 agosto 2018 n. 4734; id. 26 ottobre 2018, n. 6106).

Il potere di pianificazione, infatti, è considerato espressione di un potere ampio e funzionalizzato di “governo del territorio” discendente direttamente dalla indicazione prevista dall'art. 117 della comma 3 della Costituzione, che si esplica non solo nella individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale e della disciplina della edificazione dei suoli, ma in tutte le modalità di utilizzo delle aree, nel quadro di rispetto e di positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati. L’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo (Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2017, n. 821; id.1 giugno 2018, n. 3314, Sezione II, 20 dicembre 2019, n. 8631; id. 14 novembre 2019, n. 7839).

Le scelte di pianificazione non sono, neppure, condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d’uso diverse e più favorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico, con il solo limite dell’esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo) approvato o convenzionato, o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un’aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 6 novembre 2019, n. 7560; sez. IV, 1 agosto 2018, n. 4734; sez. IV, 12 aprile 2018, n. 2204; sez. IV, 25 agosto 2017, n. 4063) o da giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione (Cons. Stato, Sez. II, 10 luglio 2020, n. 4467; Sez. VI, 8 giugno 2020, n. 3632; sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4343) o la modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Cons. Stato Sez. II, 8 maggio 2020, n. 2893; Sez. IV, 30 dicembre 2016, n. 5547).

In base a tali consolidate coordinate giurisprudenziali, da cui il Collegio non ritiene di discostarsi nel caso di specie, la sentenza di primo grado deve essere confermata.

In primo luogo, infatti, è evidente che le argomentazioni della difesa appellante sostituiscono proprie scelte di merito a quelle dell’Amministrazione, come rispetto all’assetto di via Gorizia e al

“completamento dei fronti stradali di vari isolati”, per cui si sostiene che l’aspetto estetico della via Gorizia e l’esigenza di evitare la vista del lato interno dei fabbricati sarebbero prevalenti sulla scelta comunale di realizzare un parcheggio in una zona, che - in base a quanto dedotto dalla stessa difesa appellante- è già ampiamente edificata.

E’ evidente che si tratta di una scelta effettuata dall’Amministrazione, che non può essere sostituita da altra scelta ritenuta preferibile dal privato.

Né l’Amministrazione era direttamente vincolata dalle previsioni del documento programmatico

approvato con delibera del Consiglio comunale n. 25 del 26 novembre 2004, che aveva rilevato la situazione di una zona (B1) caratterizzata da una edificazione diffusa “per quanto attiene al completamento dei fronti stradali”, ma non indicava precisamente la soluzione da adottare da parte del piano; anzi il documento prevedeva approfondimenti progettuali per l’ “individuazione in qualche punto nodale di spazi pubblici (piazzette e parcheggi)”.

Pertanto, rispetto a tale previsione, risulta congrua e conseguente la scelta di destinazione dell’area a parcheggio.

In ogni caso, nell’ambito di limiti del sindacato giurisdizionale sulle scelte pianificatorie comunali, l’individuazione di un’area a parcheggio, inoltre anche nei pressi della villa comunale - secondo quanto affermato dalla stessa appellante - non può essere ritenuta manifestamente illogica o irragionevole, trattandosi proprio di integrare un territorio in parte già edificato con aree destinate al miglioramento della vivibilità.

Analogamente deve ritenersi per il lotto collocato tra via Piave e via Pisa e la strada vicinale Frauli, per il quale la difesa appellante sostiene che si tratta di area inserita in territorio edificato.

A prescindere dalla circostanza di fatto che si tratta di aree ai margini del tessuto edificato, come risulta dalla stessa destinazione residenziale di espansione C2 di parte del lotto, comunque, anche per tale area non appare manifestamente irragionevole la destinazione in parte a parcheggio e viabilità, in parte a servizi F12 “ attrezzature civile di interesse comune”, F13 “attrezzature religiose di interesse comune” , F14 “verde attrezzato”, considerato che non è dedotto alcunché sull’eventuale sovradimensionamento delle aree a servizi per la collettività.

La circostanza che si tratti di lotti inedificati nell’ambito di un territorio in parte edificato o ai limiti dello stesso, non comporta, infatti, alcuna irragionevolezza della scelta comunale, finalizzata, evidentemente, a fornire tale territorio di idonei servizi, sia in relazione all’edificato esistente che in vista della ulteriore espansione residenziale, come risulta dalla destinazione di parte della proprietà dell’appellante a zona di espansione e dalle specifiche destinazioni a servizi impresse dal piano, ovvero “attrezzature civile di interesse comune” (F12), “attrezzature religiose di interesse comune” (F13), “verde attrezzato” (F 14).

Sono poi generiche le censure riproposte nell’appello relative alla irragionevolezza in relazione alle destinazioni residenziali B impresse ad aree periferiche, di cui è dedotto che tali destinazioni sono in parte state cancellate e modificate, a seguito delle modifiche apportate nella Conferenza di servizi considerato anche il parziale accoglimento delle osservazioni presentate dalla stessa signora Giannuzzi, lamentando genericamente la mancata riconsiderazione complessiva del piano anche rispetto alle aree di proprietà Giannuzzi, ma senza specificare per quali aree rimaste con destinazione B3 o B4 nel piano adottato sussista ancora eventualmente la mancanza del rispetto del D.M. 1444 del 1968 per le caratteristiche di zona B.

Tale specificazione in parte è stata indicata solo nella memoria per l’udienza pubblica, ma come tale inammissibile.

Anche la censura relativa alla classificazione B3 dall’altro lato di via Perrone di una area che non avrebbe le caratteristiche di zona B, ai sensi del D.M. 1444 del 1968, deve ritenersi generica e specificata in parte solo nella memoria difensiva.

In ogni caso, per costante giurisprudenza anche della Sezione, la valutazione dell'idoneità delle aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, rientra nei limiti dell'esercizio del potere discrezionale, rispetto al quale, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è neppure configurabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, basata sulla comparazione con la destinazione impressa agli immobili adiacenti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2018, n. 4071; id. 6 agosto 2013, n. 4150 del 2013; Sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854; Sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2264).

Ritiene, sul punto il Collegio di richiamare, altresì, l’orientamento espresso di recente dalla Sezione, per cui “la pretesa uniformità delle caratteristiche morfologiche non implica infatti un automatismo di inquadramento che renderebbe del tutto superflua qualsivoglia valutazione specifica, generando una sorta di effetto domino tale da azzerare completamente la discrezionalità di scelta, anche innovativa limitatamente a singole porzioni, facente capo al Comune procedente” (Cons. Stato, Sez. II, 28 febbraio 2020, n. 1461) e potendo la pianificazione urbanistica “tendere a ridisegnare il territorio in funzione degli interessi complessivi della città” (Cons. Stato Sez. II, 22 gennaio 2021, n. 659; id. 13 ottobre 2021 n. 6883).

In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto con conferma della sentenza impugnata.

In considerazione della particolarità della vicenda sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del presente grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Antonella Manzione, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere

Pietro De Berardinis, Consigliere