Consiglio di Stato Sez. VI n. 8725 del 10 novembre 2025
Urbanistica.Individuazione della natura precaria di un’opera

Per individuare la natura precaria di un’opera, si deve seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un’opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie, anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili 

Pubblicato il 10/11/2025

N. 08725/2025REG.PROV.COLL.

N. 00246/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 246 del 2023, proposto da
Antonio Gernone, rappresentato e difeso dagli avvocati Michele Perrone e Paola Cruciano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Chiara Lonero Baldassarra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Puglia, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia n. 660/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 novembre 2025 il Cons. Giordano Lamberti e udito l’avvocato Angelo Michele Benedetto, in sostituzione degli avvocati Michele Perrone e Paola Cruciano, in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams";

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – Con atto di compravendita del 21.10.2010 (repertorio n. 40860) l’appellante ha acquistato un fondo rustico sito in Bari, alla c.da “La Copiana”, della superficie catastale di are 21,50.

Il descritto compendio immobiliare era distinto al foglio 74 del Catasto terreni del Comune di Bari, p.lla 28.

1.1 – Con altro atto di compravendita del 3.2.2011 (repertorio n. 40996), l’appellante ha acquistato un fondo rustico sito in Bari, alla c.da “La Copiana”, della superficie catastale di are 28,93 distinto al foglio 74 del catasto terreni, p.lle 30 e 88.

1.3 – Infine, con ulteriore atto di compravendita del 19.1.2012 (repertorio n. 42356), l’appellante ha acquistato due ulteriori fondi rustici siti nel Comune di Bari, il primo di are 25,07, foglio 74 p.lle 26 e 112, e il secondo figlio 74 p.lle 27 e 32.

2 - Successivamente ai predetti acquisti, sulle richiamate particelle (28, 30, 88, 26 e 27) l’appellante ha eseguito, in assenza di idoneo titolo abilitativo, opere edilizie consistenti in: sette tettoie per ricovero camper e roulotte; tre capannoni ad uso deposito, officina e ufficio; una casetta di legno prefabbricata e cinque w.c. prefabbricati.

2.1 - In data 8.11.2016, ha presentato istanza, acquisita al prot. con n.20160261236 del 11.11.2016, avente ad oggetto l’accertamento di conformità di tali opere, ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 in relazione “opere abusive realizzate sull’area sita alla Via Bitritto n. 130/A, censita in catasto terreni al foglio 74 p.lle 28-332-27-26-30-31-88-32”.

2.2 – Il Comune di Bari non si è pronunciato su tale istanza di sanatoria, pertanto, l’appellante ha proposto ricorso al Tar per la Puglia chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio rifiuto in ordine alla predetta istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001.

3 - Con successiva nota prot. n. 121173 del 18.5.2017, notificata in data 25.5.2017, il Comune di Bari ha comunicato il provvedimento di diniego della medesima istanza di sanatoria.

L’appellante ha impugnato tale provvedimento con motivi aggiunti.

4 – Il Tar adito, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse e ha respinto i motivi aggiunti.

5 – L’originario ricorrente ha proposto appello avverso tale pronuncia per i motivi di seguito esaminati.

5.1 – Con il primo motivo l’appellante rileva come il Tar abbia erroneamente basato la propria decisione sull’assunto, meramente formale, che l’area di proprietà del Sig. Gernone sia individuata dal P.R.G. del Comune di Bari come area di tipo A, e pertanto destinata ad attività agricola, di caccia e di pesca.

Secondo l’odierno appellante, infatti, l’area avrebbe subito nel tempo una sostanziale trasformazione urbanistica alla luce del rilascio da parte del Comune di titoli edilizi in sanatoria, tale per cui la stessa non sarebbe più riconducibile ad una destinazione agricola.

Pertanto, alla luce di tale mutamento il Comune avrebbe dovuto valutare e accogliere l’istanza di accertamento di conformità alla luce dei parametri di cui all’art. 37 delle NN.TT.AA del P.R.G. previsti per le zone riservate ad attività secondarie di tipo “B” (industriali e artigianali).

Inoltre, la destinazione dell’area come agricola non imporrebbe uno specifico obbligo di utilizzazione effettiva dell’area, non risultando incompatibili in tal senso gli interventi realizzati oggetto dell’istanza di accertamento.

Sotto diverso profilo viene anche contestata la mancata valutazione delle osservazioni presentate dal Sig. Gernone nel corso del procedimento amministrativo in violazione dell’art. 10-bis l. 241/1990.

Quanto agli ulteriori profili l’appellante evidenzia come, da un lato, la presenza di un vincolo idrogeologico risulti irrilevante alla luce dal rilascio di plurimi interventi in sanatoria assentiti dal Comune di Bari nel corso degli anni; dall’altro, le opere realizzate non necessiterebbero di certificazioni di idoneità statica poiché non realizzate in cemento o muratura.

5.2 – Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’omessa pronuncia da parte del Tar in merito al secondo motivo di ricorso introdotto con i motivi aggiunti.

Nel riproporre tale censura il Sig. Gernone rappresenta come il provvedimento di diniego non tenga conto del processo evolutivo dell’area nell’ultimo trentennio, fondandosi in definitiva su elementi di fatto non rispondenti all’attuale conformazione urbanistica.

6 – In via preliminare, va respinta l’istanza di rinvio dell’udienza, tenuto conto che nel processo amministrativo nessuna norma processuale o principio generale attribuisce alle parti in causa un diritto al rinvio della discussione del ricorso, poiché il principio dispositivo, che pure informa il processo amministrativo, va contemperato con l'interesse pubblico alla sollecita definizione della controversia coinvolgente l'esercizio di pubblici poteri (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 17 maggio 2018, n. 2948).

Nel merito, le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate.

Giova chiarire che nel caso di specie viene in considerazione la richiesta di un provvedimento di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del TU Edilizia in relazione ad opere realizzate senza la prescritta autorizzazione.

Occorre ricordare che l’art. 36 cit. disciplina l’accertamento di conformità, ossia quello strumento attraverso cui si consente la sanatoria di manufatti od opere realizzati in assenza di titolo edilizio, deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi “formali”, ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, ma conformi alla normativa applicabile. Invero, come noto, al fine del rilascio del permesso in sanatoria, è necessario che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della istanza di cui all’art. 36 cit. (cfr. Cons. St., sez. VI, 3194/2016; Cons. St., sez VI, 5 giugno 2015 n. 2784; Cons. St., sez IV, 26 aprile 2006, n. 2306; Corte Cost., 29 maggio 2013, n. 101).

Costituisce principio fondamentale nella materia del governo del territorio la verifica della “doppia conformità”, in quanto adempimento “finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità” (cfr. Corte Cost. n. 232 del 2017).

La giurisprudenza ha inoltre precisato che: “In sede di accertamento di conformità è interamente a carico della parte l'onere di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l'ottenimento della sanatoria edilizia ordinaria ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380/2001” (cfr. Consiglio di Stato, 14/03/2023, n. 2660.

6.1 – Va anche chiarito che, contrariamente a quanto prospettato dall’appellante, la domanda di sanatoria ha ad oggetto opere sicuramente rilevanti sotto il profilo urbanistico-edilizio, tenuto conto che – secondo quanto risulta dalla stessa relazione tecnica allegata all’istanza di permesso in sanatoria – queste sviluppano una volumetria complessiva di 5.639 mc. ed una superficie coperta di 3.517 mq. 8.1. Trattasi, come detto, di manufatti abusivi realizzati su un’area destinata a parcheggio di roulotte e camper - consistenti in n. 7 tettoie a struttura metallica e n. 3 capannoni, oltre ad alcuni prefabbricati.

Correttamente il Tar, al riguardo, ha escluso la natura precaria di dette opere, ricordando che per individuare la natura precaria di un’opera, si deve seguire “non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale”, per cui un’opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie, anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016).

6.1 - Il provvedimento impugnato (nota prot. n. 121173 del 18.5.2017) giustifica il rigetto dell’istanza di sanatoria alla stregua delle seguenti motivazioni: 1) alla luce dell’art. 34 N.T.A. "Le zone per attività primarie di tipo A sono destinate in prevalenza all'agricoltura, alle foreste, alla caccia ed alla pesca; in esse sono ammesse attività industriali connesse con l'agricoltura, con l'allevamento del bestiame, con le industrie estrattive, con i depositi di carburanti e simili. Per opere e manufatti connessi con la valorizzazione dell'agricoltura e la lavorazione trasformazione dei prodotti agricoli, valori diversi dagli indici e parametri fissati sono consentiti previa applicazione della procedura di deroga di cui all'art.16 della legge 6/8/67 n.765", pertanto, l'utilizzo dell'area a parcheggio risulta inammissibile; 2) la proposta di trasformare i capannoni in tettoie non è accoglibile in quanto l'ingombro degli stessi capannoni non risulta conforme alle distanze dai confini prescritte dall'art. 34 delle N.T.A., ovvero minimo 10 m dal confine; 3) gli immobili rientranti nelle particelle Foglio n. 74, pille nn. 26 - 27 - 31 - 32 - 88, sono ricompresi nelle aree ad alta pericolosità idraulica, pertanto tali opere avrebbero dovuto avere il parere vincolante dell'Autorità di Bacino del qual risultano carenti; 4) non risulta nessun deposito relativo alla certificazione di idoneità statica delle strutture; 5) i suoli interessati sviluppano una superficie catastale pari a 19.907,00 mq che, per l'indice fabbricabilità fondiaria dell'area tipizzata come "attività primaria di tipo A" pari a 0.03 mc/mq, sviluppa una volumetria complessiva pari a 597,21 mc, pertanto, si può constatare quanto quest’ultima risulti di gran lunga inferiore alla richiesta di sanatoria di 5.639,00 mc; 6) la documentazione grafica allegata all'istanza risulta carente.

Dunque, nel caso di specie, a prescindere dall’attuale situazione fattuale dell’area, la destinazione di questa, così come impressa dallo strumento urbanistico vigente, è di tipo A e cioè agricolo; ne consegue come non sia prospettabile sanare le opere in questione, in quanto pacificamente non conformi alla destinazione impressa all’era dal PRG.

Infatti, in virtù dell’art. 34 delle N.T.A. del P.R.G. “Le zone per attività primarie di tipo A sono destinate in prevalenza all’agricoltura, alle foreste, alla caccia ed alla pesca; in esse sono ammesse attività industriali connesse con l’agricoltura, con l’allevamento del bestiame, con le industrie estrattive, con i depositi di carburanti e simili, nel rispetto delle prescrizioni seguenti: Sf.: superficie fondiaria minima (lotto): mq. 5.000; Iff.: indice di fabbricabilità fondiaria: 0,03 mc./mq.; H.: altezza massima: ml. 8, salvo costruzioni speciali; Dc.: distanza dai confini: min. ml. 10; Df.: distanza tra fabbricati: somma delle altezze dei fabbricati prospicienti; Ds.: distanza dal ciglio delle strade di uso pubblico: min. ml. 20 e per il resto secondo il D.M.1404/68”.

6.2 - A prescindere dalle ulteriori criticità evidenziate nel provvedimento di diniego, le censure dedotte da parte appellante non sono idonee a superare l’aspetto innanzi messo in luce, dovendosi per l’effetto integralmente confermare il provvedimento impugnato ed essendo del tutto irrilevanti le questioni sollevate con l’appello.

Invero, ai limitati fini del presente giudizio, alla luce dei principi che regolano lo strumento dell’accertamento di conformità innanzi ricordati, ciò che rileva è unicamente il fatto che le opere che si intende sanare non sono conformi all’attuale disciplina urbanistica dell’area a prescindere da ogni ulteriore valutazione.

È lo stesso appellante ha confermare che di essere proprietario di un’area sita nel Comune di Bari-Carbonara individuata nel vigente P.R.G. quale zona per attività primarie di tipo A, destinata in prevalenza all’agricoltura, alle foreste, alla caccia ed alla pesca.

Sotto il profilo giuridico non assume alcuna rilevanza il fatto che il contesto territoriale al cui interno è inserita detta area risulta già essere trasformato sul piano urbanistico, stante la presenza di insediamenti industriali e artigianali, stratificatisi nel corso degli ultimi trent’anni; né è giuridicamente prospettabile che il Comune di Bari, nel corso degli anni e con il rilascio di plurimi provvedimenti di sanatoria, avrebbe “di diritto preso atto che l’area in questione aveva mutato la propria iniziale destinazione agricola, conseguendo un diverso classamento”; conseguente, non è in alcun modo sostenibile che attraverso il rilascio, da parte del Comune di Bari, dei plurimi provvedimenti in sanatoria, l’intero compendio edilizio avrebbe assunto la categoria catastale “D/1” (“opifici”).

Difatti, la scelta circa la modifica del P.R.G. per imprimere una diversa destinazione urbanistica ad un’area rientra nell’ambito del potere discrezionale dell’ente comunale, che pertanto non è obbligato a compiere modifiche al Piano in caso di mutamento della situazione di fatto (cfr. Cons. St., Sez. IV, 13 aprile 2005, n.1743; Cons. St., Sez. VI, 13 febbraio 2013, n.893).

Per altro, il Giudice di primo grado, ha in ogni caso rilevato che l’area edificata si concentra nel compendio immobiliare del ricorrente, e che la stessa risulta tuttora contornata da aree a verde.

6.3 - Da un altro punto di vista, non rileva neppure il rilascio di titoli in sanatoria sulla medesima area, dal momento che un profilo di disparità di trattamento – che in ogni caso non è stato provato dall’appellante - comunque non è giuridicamente prospettabile quando si impugna un atto vincolato e non si configura in particolare quando, come nella specie, si richiede l’estensione di un abuso, ovvero l’estensione a proprio vantaggio di un trattamento di favore illegittimamente riconosciuto ad altri. In base al principio di legalità, infatti, un atto amministrativo legittimo rimane tale a prescindere da eventuali atti illegittimi adottati in situazioni simili (cfr. Cons. St. sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1298).

6.4 – Alla luce delle considerazioni che precedono, non può incidere sul procedimento di accertamento di conformità la denunciata inadempienza del Comune di Bari in ordine alla necessità di ritipizzare l’intera area su cui insistono i cespiti di proprietà dell’appellante, non potendosi introdurre aspetti che riguardano la pianificazione del territorio nell’ambito di un procedimento di sanatoria disciplinato dall’art. 36 cit.

6.5 - In definitiva, in presenza della suddetta tipizzazione dell’area in questione, non può logicamente pretendersi l’applicazione di una differente disciplina relativa ad altra tipologia di area, sulla base di pretesi “dati di fatto”, che come detto sono irrilevanti ai fini del decidere.

Da ciò deriva anche che l’Amministrazione ha correttamente negato la possibilità di sanatoria delle opere, stante la loro collocazione ad una distanza inferiore a quella minima di 10 ml. dal confine, prescritta dall’art. 34 delle N.T.A.

6.6 - Resta poi insuperabile anche l’ulteriore elemento impeditivo evidenziato nel provvedimento impugnato per cui alcune delle opere per cui vi è causa avrebbero dovuto ricevere il preventivo parere vincolante dell’Autorità di Bacino, risultando collocate in un’area “ad alta pericolosità idraulica”.

L’appellante non ha mosso alcuna contestazione specifica al riguardo, limitandosi solo a denunciare che nel corso degli anni l’area avrebbe subito una serie di interventi in sanatoria modificativi dell’assetto idrogeologico dell’area senza osservazione alcuna da parte del Comune. Tale circostanza come detto è giuridicamente irrilevante ai fini del presente giudizio.

7 - Le ragioni del diniego innanzi esaminati sono evidentemente insuperabili a prescindere dagli ulteriori rilievi contenuti nel provvedimento impugnato.

Tale aspetto rende irrilevanti le doglianze di parte appellante, dovendosi ricordare che ai fini della legittimità di un atto amministrativo fondato su di una pluralità di ragioni, fra loro autonome, è sufficiente che anche una sola fra esse sia riconosciuta idonea a sorreggere l'atto medesimo, mentre le doglianze formulate avverso gli altri motivi devono ritenersi carenti di un sottostante interesse a ricorrere, giacché in nessun caso le stesse potrebbero portare all'invalidazione dell'atto (ex multis Cons. St. sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1769).

Ne consegue come non sia in alcun modo configurabile la violazione dell’art. 10 bis della l. 241/90.

Invero, per costante orientamento giurisprudenziale, l’art. 10-bis non impone la confutazione analitica delle deduzioni presentate dal privato, posto che risulta sufficiente che la motivazione posta a sostegno del provvedimento finale non contenga elementi nuovi rispetto alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento (ex multis Cons. St., Sez. V, 02 febbraio 2025, n.3724; Cons. St., Sez. V, 02 ottobre 2024, n.7933; Cons. St., Sez. II, 21 luglio 2023, n.7158).

8 – Per le ragioni esposte l’appello va respinto.

Le spese di lite, ad una valutazione complessiva della controversia, possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello e compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2025, tenutasi con modalità telematica, con l'intervento dei magistrati:

Giordano Lamberti, Presidente FF, Estensore

Davide Ponte, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Roberto Michele Palmieri, Consigliere