Consiglio di Stato Sez. II n. 3488 del 4 maggio 2022
Urbanistica.Differenza tra tenda retrattile e pergotenda
L’elemento differenziale della c.d. “pergotenda”, rispetto a una mera tenda retrattile, consiste non già nella necessaria esistenza di una struttura di supporto, laterale o frontale, rigida e leggera (solitamente in alluminio) a sostegno del telo (la quale è invece in sé necessaria a mantenere in tensione ogni tenda esposta al vento, quanto piuttosto di una serie di profili rigidi (nella prassi c.d. “frangitratta”), distanziati loro di circa 50-100 centimetri, aventi la specifica funzione di dare alla copertura maggior resistenza strutturale alla formazione di sacche d’acqua o al carico nevoso accidentale (altresì consentendone la chiusura “a pacchetto”, anziché a rullo), tanto da consentirne l’utilizzo a copertura di superfici notevolmente più ampie.
Pubblicato il 04/05/2022
N. 03488/2022REG.PROV.COLL.
N. 00003/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3 del 2022, proposto dal
Comune di Loano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Masetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via XXV Aprile 11a/3,
contro
I signori Daniele Bruno e Francesca Renza, rappresentati e difesi dall’avvocato Mauro Vallerga, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 632/2021, resa tra le parti, concernente ordinanza di demolizione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Daniele Bruno e Francesca Renza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2022 il Cons. Carla Ciuffetti, uditi per le parti l’avvocato Andrea Masetti e l’avvocato Mauro Vallerga;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. La sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso dell’odierna parte appellata diretto all’annullamento dell’ordinanza n. 184, in data 15 settembre 2020, a firma del Dirigente del Servizio Edilizia Privata del Comune di Loano, recante ingiunzione di demolizione di “struttura montata a copertura del terrazzo” di appartamento di proprietà, in quanto realizzata in difformità dal permesso di costruire.
2. Il gravame è affidato ai seguenti motivi:
a) “Erroneità e ingiustizia dell’impugnata decisione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 27 e 34 del DPR 380/2001. Violazione e/o falsa applicazione del DM 2 marzo 2018”: la struttura di cui si è ingiunta la demolizione non potrebbe essere considerata una pergotenda, e quindi un manufatto rientrante nell’edilizia libera, in quanto altererebbe il prospetto dell’immobile, determinerebbe uno spazio chiuso comportante un aumento volumetrico e di superficie dell’immobile e non risponderebbe quindi ad esigenze meramente temporanee; poiché la parte appellata aveva presentato una variante edilizia che prevedeva l’installazione di una tenda a rullo, l’installazione della struttura controversa avrebbe sostanziato un intervento edilizio in parziale difformità dal permesso di costruire;
b) “Erroneità ed ingiustizia dell’impugnata decisione. Violazione e falsa applicazione artt. 6 e 27 c. 2 del Dpr 380/2001. Violazione ed errata applicazione dell’art. 13 delle NTA del PRG di Loano”: la struttura in questione sarebbe stata realizzata in violazione dell’art. 13 NTA del PRG - che, per le zone BA, vieta “gli interventi che introducono elementi innovativi (sopraelevazioni con allineamenti di gronde, balconi, logge, lucernari, aperture a pozzo, ecc)” tali da alterare i valori di immagine che caratterizzano il paesaggio - e, perciò non potrebbe essere ricondotta alle opere di edilizia libera;
c) “Erroneità e ingiustizia dell’impugnata decisione. Violazione e falsa applicazione artt. 6 e 27 del d.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione art. 13 NTA del PRG del Comune di Loano. Violazione art. 142, d.lgs. n. 42/2004”: il citato art. 13 NTA richiederebbe la sottoposizione ad un preventivo controllo di compatibilità con i peculiari valori del centro storico di tutti gli interventi che introducono elementi innovativi nella zona BA sulla base della predisposizione da parte degli interessati di un preventivo studio di insieme, che, nella fattispecie, non sarebbe stato presentato ai competenti uffici. Dall’elencazione esemplificativa e non esaustiva delle opere da assoggettare ad un tale studio, contenuta nell’art 13 NTA, si ricaverebbe la prescrizione della sottoposizione al controllo preventivo dell’Amministrazione anche di interventi come l’opera in questione; erroneamente il Tar avrebbe rilevato la mancanza di dimostrazione da parte dell’Amministrazione dell’esistenza di un vincolo sull’immobile, in quanto le esigenze di tutela cui un tale vincolo sarebbe preordinato verrebbero assicurate dallo stesso art. 13 NTA, non avversato dagli appellati.
3. Gli appellati si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
4. Nella camera di consiglio del 25 gennaio 2022, il Collegio ha comunicato alle parti, in forma diretta ed esplicita, la possibilità di adottare una sentenza in forma semplificata, ricorrendone le condizioni previste; quindi, sentite le stesse ai sensi dell’art. 60 c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Il Collegio ritiene che i motivi del gravame si prestino ad un esame congiunto, ai cui fini giova prendere le mosse da quanto rilevato dall’ordinanza impugnata in primo grado in merito alla circostanza che “la struttura montata a copertura del terrazzo, così come realizzata, non si configura come tenda a rullo, come sommariamente rappresentata nella variante finale, ma bensì come una tenda dotata di struttura di supporto che emerge da tutti i lati dal profilo di copertura, andando a costituire pertanto un elemento che deturpa i valori di immagine che caratterizzano il paesaggio del centro storico, come ben si evince dalla documentazione allegata”.
Dalla documentazione fotografica depositata in atti dall’Amministrazione risulta installato sul terrazzo a pozzo dell’appartamento di proprietà degli appellati, sito in zona BA (zone di insediamento di interesse storico e relative aree di cornice paesistica), - non soggetto a vincolo paesaggistico - un supporto, costituito da elementi di alluminio, di scorrimento di tenda retrattile soprastante e di teli laterali.
Va osservato che una struttura grossomodo assimilabile a quella in questione, pure realizzata nel territorio del Comune di Loano, ma in zona B, è stata qualificata da questo Consiglio “pergotenda”, cioè opera che “pur non essendo destinata a soddisfare esigenze precarie, non necessita di titolo abilitativo in considerazione della consistenza, delle caratteristiche costruttive e della sua funzione (Cons. Stato, Sez. VI, 9/7/2018, n. 4777; 25/1/2017, n. 306; 27/4/2016, n. 1619)” (Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2019 n. 2206).
Invero, non sembra esservi totale chiarezza, nella giurisprudenza amministrativa, sulla distinzione tra i concetti di tenda retrattile e di c.d. “pergotenda” (cosa che, peraltro, pare essere logica conseguenza del fatto che tale ultima dizione, piuttosto che integrare un bene giuridicamente ben definito, è frutto del recepimento nel più recente lessico giuridico di terminologie semplicemente trasfuse dalla prassi, anche commerciale, degli operatori del settore).
Sicché non sembra inutile, in argomento, uno sforzo definitorio più perspicuo: che, pur muovendo necessariamente dalla riferita prassi, individui l’elemento differenziale della c.d. “pergotenda”, rispetto a una mera tenda retrattile, nella necessaria esistenza – non già, come si sostiene da parte del Comune appellante, di una struttura di supporto, laterale o frontale, rigida e leggera (solitamente in alluminio) a sostegno del telo (la quale è invece in sé necessaria a mantenere in tensione ogni tenda esposta al vento: cfr. C.d.S., VI, 27 aprile 2016, n. 1619); quanto piuttosto – di una serie di profili rigidi (nella prassi c.d. “frangitratta”), distanziati loro di circa 50-100 centimetri, aventi la specifica funzione di dare alla copertura maggior resistenza strutturale alla formazione di sacche d’acqua o al carico nevoso accidentale (altresì consentendone la chiusura “a pacchetto”, anziché a rullo), tanto da consentirne l’utilizzo a copertura di superfici notevolmente più ampie.
Ne deriva che quella di cui trattasi nel caso di specie neppure sarebbe ascrivibile al novero delle c.d. pergotende, né dunque ai relativi limiti che, essenzialmente in termini di estensione superficiale, sono stati individuati in giurisprudenza come parametro della loro riconducibilità al novero degli interventi di edilizia tout court libera (ossia senza oneri di previa comunicazione dell’installazione all’autorità comunale).
In ogni caso – ossia quand’anche delle opere di cui qui trattasi fosse predicabile la (maggior) consistenza strutturale che, come s’è appena detto, distingue le c.d. pergotende dalle mere tende retrattili non rinforzate – meriterebbe comunque richiamarsi, in argomento, l’insegnamento di C.d.S., VI, n. 1619/2016, cit.; 11 aprile 2014, n. 1777; e 25 gennaio 2017, n. 306: alla cui stregua, quale che sia la più esatta identificazione dei tendaggi in esame, l’esito del presente appello non potrebbe che essere reiettivo.
Il Collegio ritiene infatti che a tale esito debba comunque pervenirsi anche nella fattispecie in esame, non ostandovi neppure la collocazione dell’immobile degli appellati in zona BA. In ogni caso, infatti la struttura di supporto non costituisce un’opera autonoma e principale rispetto alla tenda, perché è inidonea di per sé ad offrire un’autonoma utilità al di là del mero sostegno perimetrale alla tenda retrattile e relativi teli laterali. Perciò l’intervento di cui si è ingiunta la demolizione non sostanzia, come preteso dall’appellante, una violazione degli artt. 6, 27 e 34 del d.P.R. n. 380/2001, dato che non integra un intervento di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire, bensì una delle opere realizzabili in regime di edilizia libera ai sensi dell’articolo 1, co. 2, d.lgs. n. 222/2016, prevista, in particolare, al n. 50 dell’allegato al D.M. 2 marzo 2018 recante “Glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera”.
Dunque, anche nel caso in esame, alla luce della documentazione fotografica in atti, emerge che “l’opera principale non è, infatti, l’intelaiatura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che l’intelaiatura medesima si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda” (Cons. Stato n. 2206/2019, cit). L’eventuale permanenza in posizione di spiegamento della tenda e dei teli laterali non è di per sé idonea a conferire alla struttura la natura di nuova costruzione, in quanto tale richiedente uno specifico titolo edilizio (e men che mai il permesso di costruire).
Invero, gli interventi di arredo di spazi aperti effettuati con materiali leggeri devono di norma (ossia ove non vi siano peculiari e specifiche previsioni vincolistiche o pianificatorie puntualmente ostative, nella specie insussistenti) essere considerati liberamente ammissibili, in quanto idonei a realizzare il miglior godimento dell’immobile senza incidere significativamente su di esso: ossia lasciandone inalterate le caratteristiche edilizie, progettuali, culturali, ambientali ed estetiche dell’edificio (tali ultimi caratteri rilevando, va da sé, solo a fronte dei pertinenti vincoli).
Ad avviso del Collegio, dunque, neppure sussiste la pretesa violazione dell’art. 13 NTA.
Ciò in quanto la lett. i) di tale articolo, rubricata “Prescrizioni particolari sulle caratteristiche tecniche degli interventi: soffitte ed elementi esterni”, all’ultimo punto, richiamato dall’appellante a supporto della propria tesi, stabilisce che “Poiché l’obiettivo della norma è quello di non alterare i valori di immagine che caratterizzano il paesaggio urbano di Loano, gli interventi che introducono elementi innovativi (sopraelevazioni con allineamenti di gronde, balconi, logge, lucernari, aperture a pozzo, ecc.) rispetto a tale immagine, devono essere di forza e qualità tali da poter divenire essi stessi fattori di rafforzamento dei valori di immagine. La dimostrazione di cui sopra è data da un apposito studio di insieme”, e dovendosi evidenziare, in proposito, che le opere ivi indicate, sia pur solo in via esemplificativa, sostanziano interventi edilizi strutturali, da cui deriva aumento di superficie utile, dal cui novero va esclusa, per quanto sopra considerato, la struttura in questione.
Non essendo configurabile una violazione dell’art. 13 NTA, non può attribuirsi alcun rilievo alle censure dell’appellante che, facendo riferimento a tale articolo, mirano ad avversare la considerazione da parte del Tar della mancanza di dimostrazione da parte dell’Amministrazione dell’esistenza di un vincolo sull’immobile.
In conclusione, l’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
Il regolamento processuale delle spese del grado di giudizio, operato come in dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Loano alla rifusione, in favore degli appellati, delle spese del presente grado di giudizio, che sono liquidate in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre s.g. e accessori di legge, e rifusione del c.u. se versato.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2022, con l’intervento dei magistrati:
Ermanno de Francisco, Presidente
Oberdan Forlenza, Consigliere
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere
Carla Ciuffetti, Consigliere, Estensore