Corte Costituzionale sentenza n. 315 del 28 ottobre 2003
giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 4, 5, commi 2 e 3, 7 e 8 della legge Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 23 dicembre 2002, depositato in Cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 96 del registro ricorsi 2002.
SENTENZA N.315
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
Riccardo
CHIEPPA Presidente
Gustavo
ZAGREBELSKY Giudice
Valerio
ONIDA "
Carlo
MEZZANOTTE "
Fernanda
CONTRI "
Guido
NEPPI MODONA"
Piero
Alberto CAPOTOSTI "
Annibale
MARINI "
Franco
BILE "
Giovanni
Maria FLICK "
Francesco
AMIRANTE
"
Ugo DE SIERVO "
Romano VACCARELLA "
Paolo
MADDALENA "
Alfio
FINOCCHIARO "
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 4, 5, commi 2 e 3,
7 e 8 della legge Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del
registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della
pubblica e privata incolumità), promosso con ricorso del Presidente del
Consiglio dei ministri, notificato il 23 dicembre 2002, depositato in
Cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 96 del registro ricorsi 2002.
Visto
l’atto di costituzione della Regione Campania, nonché gli atti di intervento
dell’Associazione Proprietari Utenti (APU), Federazione di Napoli, del
Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari (SUNIA)
e della Confedilizia;
udito
nell’udienza pubblica del 30 settembre 2003 il Giudice relatore Annibale
Marini;
uditi l’avvocato dello Stato
Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato
Vincenzo Cocozza per la Regione Campania.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo
comma, 97, primo comma, e 117, commi secondo, lettera l),
e terzo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, in via
principale, degli artt. 2, 4, 5, commi 2 e 3, 7 e 8 della legge Regione Campania
22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei
fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità).
Il ricorrente premette che la legge oggetto di censura prevede, all’art.
1, che per ogni fabbricato, pubblico o privato, sia «istituito un registro»,
per la cui tenuta ed aggiornamento, secondo quanto previsto dall’art. 2, il
proprietario del fabbricato deve costituire un rapporto di lavoro autonomo con
un tecnico, definito «tecnico incaricato», appartenente a determinate
categorie professionali; che, ai sensi del successivo art. 3, della nomina di
questo deve essere data comunicazione alla amministrazione comunale competente
per territorio alla quale deve essere altresì inviata annualmente una «scheda
di sintesi del contenuto del registro e degli allegati».
L’art. 4 indica i compiti che il tecnico incaricato deve svolgere,
mentre l’art. 5 commina sanzioni in caso di violazione delle norme di cui ai
precedenti artt. 2, 3 e 4; l’art. 7 prevede l’obbligo a carico
dell’ufficiale rogante di verificare, in caso di «trasferimento di diritto
reale sul fabbricato o parte di esso», l’esistenza del registro e la nomina
del tecnico incaricato, dando comunicazione al Comune interessato se la verifica
è negativa.
L’art. 8 attribuisce, infine, alla Giunta regionale il compito di
approvare, «sentiti gli ordini ed i collegi professionali tecnici», il
regolamento attuativo della legge, nel quale saranno, fra l’altro, specificate
le tariffe concordate con i rappresentanti dei richiamati ordini e collegi
professionali.
Così sintetizzato il contenuto della legge, il ricorrente ritiene che
essa contrasti con i menzionati parametri costituzionali.
In particolare, le norme impugnate altererebbero la disciplina codicistica
in tema di rapporti contrattuali e diritti reali, incidendo, altresì, sulle
disposizioni statali in materia di beni pubblici e causando, inoltre,
disuguaglianze e turbative all’andamento dell’attività amministrativa.
Il ricorrente, pur non negando che la raccolta di documentazione su
ciascun fabbricato possa rispondere ad un interesse sia della generalità che
dei singoli proprietari, esclude che rientri nella competenza del legislatore
regionale imporre l’obbligo di stipulare contratti, prevederne il contenuto,
introdurre doveri a carico del notaio e dell’ufficiale rogante, nonché porre
limitazioni al regime di utilizzazione e circolazione dei beni.
Le disposizioni impugnate – ad avviso dell’Avvocatura - neppure
potrebbero trovare un loro fondamento costituzionale nella competenza regionale
concorrente in materia di «governo del territorio», potendo questa essere
esercitata solo entri limiti posti dalla legge dello Stato, cui è affidato il
compito di contemperare le esigenze del «governo del territorio» con quelle
della autonomia privata e del diritto di proprietà.
Conclude il ricorrente osservando che l’obiettivo della «pubblica e
privata incolumità» è d’altro canto perseguito, almeno in via prioritaria,
dallo Stato, secondo quanto previsto dall’art. 117, secondo comma, lettera h),
della Costituzione.
2.- Si è costituita in giudizio la Regione Campania, concludendo per la
infondatezza del ricorso.
Ad avviso della resistente, le norme censurate non violerebbero la
competenza legislativa statale in materia di «ordinamento civile», avendo la
stessa Corte riconosciuto, ancor prima della riforma del Titolo V della
Costituzione, come anche in tale materia vi sia spazio per interventi
legislativi regionali, ove questi siano – come nella specie - in stretta
connessione con materie di competenza regionale e rispondano al criterio di
ragionevolezza.
La legge regionale impugnata, d’altro canto, non disciplinerebbe il
contenuto del rapporto tra proprietario del fabbricato e tecnico incaricato, ma
riguarderebbe l’istituzione del registro dei fabbricati, sicuramente inerente
la materia urbanistico-edilizia, di esclusiva competenza regionale.
Peraltro, se anche si ritenesse l’intervento legislativo censurato
riconducibile alla materia del «governo del territorio», oggetto di potestà
legislativa concorrente, nondimeno esso dovrebbe ritenersi legittimo, rientrando
nelle competenze della Regione in siffatta materia la previsione, in
considerazione delle peculiarità geomorfologiche del proprio territorio e della
precarietà della situazione edilizia ivi riscontrabile,
nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalla legge statale, di
una disciplina più rigorosa di
quella generale, che contempli la istituzione del registro dei fabbricati e le
norme relative alla sua tenuta ed alle informazioni che esso deve riportare.
Tale più rigorosa disciplina, in quanto giustificata dalla esigenza di
tutelare la sicurezza pubblica e privata, non si porrebbe in contrasto con il
principio di eguaglianza, il quale certo non impedisce che situazioni diverse
siano diversamente regolate, in ragione della specificità delle condizioni che
determinano l’intervento legislativo.
Dovrebbe infine escludersi – ad avviso ancora della Regione Campania -
che la normativa impugnata rientri nella materia dell’ordine pubblico e della
sicurezza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h),
della Costituzione, dovendo questa intendersi riferita, secondo l’indirizzo
interpretativo della Corte costituzionale, al solo settore relativo alle misure
riguardanti la prevenzione dei reati ed il mantenimento dell’ordine pubblico.
3.- Con unico atto depositato il 20 febbraio 2003, sono intervenuti nel
giudizio l’Associazione Proprietari Utenti (APU), Federazione di Napoli, ed il
Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari (SUNIA), svolgendo
argomentazioni in ordine alla ammissibilità del proprio intervento e
concludendo per la declaratoria di infondatezza della questione di legittimità
costituzionale.
4.- Con atto depositato il 22 aprile 2003 è, altresì, intervenuta nel
giudizio la Confedilizia, motivando l’ammissibilità del proprio intervento e
concludendo per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale.
5.- Con memoria depositata il 23 giugno 2003 la Regione Campania,
ulteriormente illustrando gli argomenti già svolti, ha insistito per il rigetto
della questione.
In prossimità della udienza pubblica anche l’Avvocatura dello Stato ha
depositato memoria illustrativa, insistendo nelle già rassegnate conclusioni.
Considerato in diritto
1.- Il giudizio promosso in via principale dal Presidente del Consiglio
dei ministri ha ad oggetto la questione di legittimità costituzionale, in
riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, 97, primo comma, e
117, commi secondo, lettera l), e
terzo, della Costituzione, degli artt. 2, 4, 5, commi 2 e 3, 7 e 8 della legge
Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro
storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della pubblica e
privata incolumità).
In particolare, ritiene il ricorrente che le norme impugnate siano lesive
della competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento civile», siano
emanate – per quanto possa essere ricondotto alla materia del governo del
territorio, di competenza concorrente – in difetto dei principi generali, la
cui formulazione compete allo Stato, ed inoltre violino i principi
costituzionali di eguaglianza e di buon andamento della pubblica
amministrazione.
2.- Deve, preliminarmente, essere dichiarata l’inammissibilità degli
interventi spiegati dall’Associazione Proprietari Utenti (APU), Federazione di
Napoli, dal Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari (SUNIA) e
dalla Confedilizia, considerato che, secondo la costante giurisprudenza di
questa Corte, dalla quale non vi è ragione di discostarsi, nei processi
costituzionali in via principale non è ammessa la presenza di soggetti diversi
dalla parte ricorrente e dal titolare della potestà legislativa il cui
esercizio è oggetto di contestazione (ex
multis sentenze
n. 49 del 2003 e n.
510 del 2002).
3.- Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata la inammissibilità
del ricorso nella parte relativa alla impugnazione degli artt. 2 e 7 della legge
Regione Campania n. 27 del 2002.
La delibera di impugnazione, adottata dal Consiglio dei ministri nella
riunione dell’11 dicembre 2002, richiama, infatti, recependone integralmente
il contenuto, la proposta del Ministro per gli affari regionali nella quale le
censure di illegittimità costituzionale sono inequivocamente riferite ai soli
artt. 4, 5, commi 2 e 3, e 8 della legge.
La delibera stessa è pertanto inidonea – secondo la
giurisprudenza di questa Corte - a fondare il ricorso governativo con
riferimento alle norme, in essa non menzionate, di cui agli artt. 2 e 7 della
legge.
4.- Nel merito, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4,
5, commi 2 e 3, e 8 della legge – ai quali, come si è detto, deve essere
limitato l’esame di questa Corte – è fondata.
L’art. 1 della legge Regione Campania n. 27 del 2002, istituisce, a fini
di salvaguardia della pubblica e privata incolumità, «il registro
storico-tecnico-urbanistico di ogni fabbricato pubblico e privato, ubicato sul
territorio regionale, nel quale è dichiarato lo stato di conservazione e di
manutenzione del fabbricato stesso e delle aree e manufatti di pertinenza». Il
successivo art. 2 dispone che «per la tenuta e l’aggiornamento periodico del
registro, di cui all’articolo 1» ciascun condominio o unico proprietario
debba nominare «un tecnico – denominato tecnico incaricato – ingegnere,
architetto, geologo, geometra, perito edile, nel rispetto delle competenze
proprie di categoria».
Il successivo art. 3 riguarda le modalità di tenuta del registro e
l’obbligo di comunicazione al Comune della relativa scheda di sintesi entro il
31 dicembre di ogni anno, mentre l’art. 4 della legge – oggetto di censura
– elenca in maniera dettagliata i compiti del tecnico incaricato previsto
dall’art. 2, disponendo che questi innanzitutto rediga «una relazione sulle
condizioni statiche del fabbricato, sulle condizioni geologico-tecniche del
sottosuolo, sulla sua storicità dalla realizzazione all’attualità,
contenente tutte le informazioni di cui all’articolo 3, comma 1» e cioè
quelle riguardanti «la sicurezza, la situazione progettuale, urbanistica,
edilizia, catastale, strutturale, impiantistica, di smaltimento acque, geologica
del sottosuolo, autorizzativa, l’esistenza di vincoli, con le modificazioni e
gli adeguamenti intervenuti nel tempo».
Dispone ancora lo stesso art. 4 che il tecnico incaricato debba
successivamente controllare ed annotare sul registro del fabbricato «l’esecuzione
di ogni lavoro di ristrutturazione, manutenzione straordinaria, mutamento di
destinazione d’uso sull’intero fabbricato, o su parte di esso, con funzione
di mera sorveglianza» e che inoltre debba comunicare, entro quarantotto ore
dall’inizio, al condominio ed al Comune «ogni intervento che compromette la
sicurezza geo-statica del fabbricato» ed «alla competente Soprintendenza ai
beni architettonici, per il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico e
demo etno antropologico, l’esecuzione di ogni intervento che interessa
l’aspetto esteriore del fabbricato e delle aree e manufatti di pertinenza
sottoposti a vincolo».
Ora, se nessun dubbio può sussistere riguardo alla doverosità della
tutela della pubblica e privata incolumità, che rappresenta lo scopo dichiarato
della legge, ed al conseguente obbligo di collaborazione che per la
realizzazione di tale finalità può essere imposto ai proprietari degli
edifici, non è, neppure, contestabile che la previsione di siffatto obbligo e
dei conseguenti oneri economici deve essere compatibile con il principio di
ragionevolezza e proporzionalità e che le relative modalità di attuazione
debbono essere adeguate allo scopo perseguito dal legislatore.
5.- Passando all’esame delle norme impugnate è, in primo luogo,
evidente che i compiti attribuiti dal citato art. 4 al tecnico incaricato sono
tali da richiedere, per la loro ampiezza ed eterogeneità, la nomina non già di
«un tecnico incaricato» (come disposto dall’art. 2 della legge), bensì di
una pluralità di professionisti abilitati, secondo i rispettivi ordinamenti
professionali, ad effettuare le indagini e a fornire i dati richiesti dagli
artt. 3 e 4 della legge.
Con la conseguenza che, anche a prescindere dall’entità degli oneri
economici imposti indistintamente a tutti i proprietari dei fabbricati e,
quindi, anche a quelli di più
modeste condizioni economiche, la disciplina legislativa finisce per risultare,
nel raccordo dell’art. 2 con l’art. 4 della legge, intimamente
contraddittoria e, quindi, irragionevole.
Sempre sotto quest’ultimo aspetto, non può omettersi di considerare che
una parte considerevole delle informazioni richieste al tecnico sono già in
possesso delle amministrazioni comunali nel cui territorio ciascun fabbricato è
ubicato (si pensi ai dati relativi alla «situazione progettuale, urbanistica,
edilizia, catastale, strutturale» di immobili costruiti o ristrutturati nel
rispetto delle norme urbanistiche pro
tempore vigenti, previo rilascio dei necessari provvedimenti autorizzatori o
concessori), ed alcune di esse (quelle, ad esempio, riguardanti la esistenza di
vincoli o relative alla «storicità del fabbricato dalla realizzazione
all’attualità») non possono ritenersi strettamente connesse allo scopo
perseguito dal legislatore e sono tali da risultare (specie per gli edifici di
epoca risalente) di difficile acquisizione.
A proposito degli obblighi di controllo e di comunicazione previsti
dall’art. 4 risultano, poi, manifeste sia la genericità e
l’indeterminatezza del controllo e della mera sorveglianza, sia l’estraneità
della prevista comunicazione alla Soprintendenza, in quanto relativa soltanto
all’aspetto esteriore del fabbricato, rispetto allo scopo di tutela della
pubblica e privata incolumità che il legislatore intende perseguire.
Alla stregua delle considerazioni che precedono la norma impugnata risulta
perciò lesiva dell’art. 3 Cost., sotto il profilo del generale canone di
ragionevolezza, e dell’art. 97 Cost., in relazione al principio di efficienza
e buon andamento della pubblica amministrazione.
L’accoglimento della censura relativa all’art. 4 – che di fatto
rende privi di contenuto gli obblighi di tenuta e di aggiornamento periodico del
registro previsto dall’art. 1 della legge - non può non riflettersi,
rendendole irragionevoli, anche sulle sanzioni previste dall’art. 5, commi 2 e
3, per la violazione dei suddetti obblighi.
E ad identica conclusione deve pervenirsi riguardo all’art. 8, che
demanda ad un regolamento attuativo la normativa di dettaglio, oltretutto
prevedendo – con disposizione di dubbia ragionevolezza intrinseca – che sia
la Regione, pur priva di qualsiasi potere di rappresentanza dei proprietari di
fabbricati, a concordare «con i rappresentanti degli ordini e dei collegi
professionali tecnici di cui al comma 1» le tariffe da applicare ai proprietari
stessi per le prestazioni finalizzate alla redazione del registro.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità
costituzionale degli artt. 4, 5, commi 2 e 3, e 8 della legge Regione Campania
22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei
fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità);
dichiara inammissibile la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 7 della medesima legge
regionale sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo
comma, 97, primo comma, e 117, commi secondo, lettera l),
e terzo, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il
ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 15 ottobre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 ottobre 2003.