Cass. Sez. III n. 48950 del 11 dicembre 2015 (Ud 4 nov 2015)
Pres. Franco Est. Ramacci Ric. Baio
Urbanistica.Zone sismiche e disciplina delle costruzioni
Le specifiche finalità della disciplina delle costruzioni in zone sismiche hanno determinato la previsione di un rigoroso regime autorizzatorio (articolo 93) che impone, a chiunque intenda procedere ad interventi in tali zone, di darne preavviso scritto allo sportello unico che, a sua volta, provvede alla trasmissione al competente ufficio tecnico regionale. La speciale disciplina si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 16/4/2015 ha parzialmente riformato - dichiarando non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo a-bis della rubrica, per essere lo stesso estinto per intervenuta sanatoria e rideterminando la pena originariamente inflitta, sostituendo la pena detentiva con quella pecuniaria e revocando le statuizioni civili – la decisione con la quale, in data 15/3/2013, il Tribunale di Agrigento aveva affermato la penale responsabilità di Francesco BAIO per i reati di cui agli artt. 44, lett. b), 93, 94 e 95 d.P.R. 380\01 in relazione alla realizzazione, in zona sismica, in assenza dei necessari titoli abilitativi, di lavori di chiusura di una veranda di mq 25, prospiciente a preesistente fabbricato, con muri perimetrali in mattoni forati dello spessore di cm. 30 nonché (fatto rilevante ai soli fini della normativa antisismica, essendo stato rilasciato permesso di costruire in sanatoria) per la realizzazione di un muro di contenimento formato da grossi massi avente un'altezza di circa 7 metri (in Favara, 12/12/2010).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che la Corte territoriale avrebbe erroneamente considerato opere stabili e durature quelle realizzate, risultando invece le stesse riconducibili ad una delle ipotesi contemplate dall'art. 20 della legge regionale 4\2003.
3. Con un secondo motivo di ricorso richiama, relativamente alle contestate violazioni della disciplina delle costruzioni in zone sismiche, i contenuti della Circolare 9695/2010 dell'Ufficio del Genio Civile di Agrigento, la quale escluderebbe l'inapplicabilità della menzionata normativa in caso di chiusura di verande e di muri di contenimento quali quelle oggetto di contestazione.
4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta l'eccessività della pena.
5. Con un quarto motivo di ricorso censura la mancanza di motivazione in ordine alla riconducibilità delle opere realizzate alle disposizioni normative che si assumono violate.
6. Con un quinto motivo di ricorso deduce l'intervenuta prescrizione dei reati contestati.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
7. Con motivi aggiunti, in data 15/10/2015 ha richiesto applicarsi alle fattispecie in esame l'art. 131-bis cod. pen. per la particolare tenuità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Occorre preliminarmente ricordare, per quanto attiene al primo motivo di ricorso, come l'articolo 20 della Legge Regionale 16 aprile 2003 n. 4 stabilisca che, in deroga ad ogni altra disposizione normativa, non sono soggette a concessione o autorizzazione né sono considerate aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione, la chiusura di terrazze di collegamento e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo.
In tali casi, contestualmente all'inizio dei lavori, il proprietario dell'unità immobiliare deve limitarsi a presentare al sindaco una relazione a firma di un professionista abilitato alla progettazione, che asseveri le opere da compiersi ed il rispetto delle norme di sicurezza e delle norme urbanistiche, nonché di quelle igienico-sanitarie vigenti ed a versare a favore del comune un determinato importo per ogni metro quadro di superficie sottoposta a chiusura con struttura precaria.
Tali disposizioni sono applicabili anche alla chiusura di verande o balconi con strutture precarie, come previsto dall'articolo 9 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37.
Ai fini dell'applicazione delle richiamate disposizioni il medesimo articolo precisa, al comma 4, che sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione, mentre si definiscono verande tutte le chiusure o strutture precarie come sopra realizzate, relative a qualunque superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra fabbricati. Alle verande sono assimilate le altre strutture, aperte almeno da un lato, quali tettoie, pensiline, gazebo ed altre ancora, comunque denominate, la cui chiusura sia realizzata con strutture precarie, sempreché ricadenti su aree private.
La disposizione in esame consente anche, a determinate condizioni, la regolarizzazione delle opere della stessa tipologia già realizzate.
2. Dei rapporti tra la summenzionata disciplina regionale e la normativa statale contenuta nel D.p.r. 380\01 si è ripetutamente occupata la giurisprudenza di questa Corte.
Si è così avuto modo di chiarire che, in ogni caso, le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali fissati dalla legislazione nazionale e, conseguentemente, devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi (Sez. 3, n. 28560 del 26/3/2014, Alonzo, Rv. 259938; Sez. 3, n. 2017 del 25/10/2007 (dep. 2008), Giangrasso, Rv. 238555; Sez. 3, n. 33039 del 15/6/2006, P.M. in proc. Moltisanti, Rv. 234935. Conf., ma con riferimento ad altre disposizioni normative della Regione siciliana, Sez. 3, n. 4861 del 9/12/2004 (dep. 2005), Garufi, Rv. 230914; Sez. 3, n. 6814 del 11/1/2002, Castiglia V, Rv. 221427).
Con specifico riferimento alla individuazione in via di eccezione, ad opera della Legge regionale 4\2003, di opere precarie non soggette a permesso di costruire, si è osservato che il legislatore regionale ha privilegiato il "criterio strutturale", considerando la circostanza che le parti di cui la costruzione si compone siano facilmente rimovibili, in luogo di quello "funzionale", relativo all'uso realmente precario e temporaneo cui la costruzione è destinata e che dette disposizioni non possono trovare applicazione al di fuori dei casi in esse espressamente previsti (Sez. 3, n. 48005 del 17/9/2014, Gulizzi e altro, Rv. 261156; Sez. 3, n. 16492 del 16/3/2010, Pennisi, Rv. 246771; Sez. 3, n. 35011 del 26/4/2007, Camarda, Rv. 237533).
Si è infine specificato, come pure ricordato in ricorso, che la legislazione regionale in disamina è applicabile con riferimento alla sola disciplina urbanistica, restando quindi sottratta quella relativa alla disciplina edilizia antisismica e quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, le quali attengono alla sicurezza statica degli edifici, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, Cost., con la conseguenza che dette opere continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione nazionale (Sez. 3, n. 37375 del 20/6/2013, P.M. in proc. Serpicelli, Rv. 257594; Sez. 3, n. 16182 del 28/2/2013, Crisafulli ed altro, Rv. 255254; Sez. 3, n. 38405 del 9/7/2008, Di Benedetto e altro, Rv. 241287).
3. Date tali premesse, appare di tutta evidenza che la Corte territoriale non è incorsa in alcuna violazione della disciplina statale applicata né, tanto meno, di quella regionale impropriamente richiamata in ricorso.
I giudici del gravame hanno infatti dato dimostrazione di aver fatto buon uso dei condivisibili principi dianzi richiamati e di aver adeguatamente considerato l'ambito di operatività della normativa regionale, inequivocabilmente limitato alle opere chiaramente definite dal menzionato articolo 20 L.R. 4\2003, entro il quale non potevano certo collocarsi le opere descritte nel capo di imputazione.
Invero, la Corte del merito evidenzia come sia stata accertata in fatto la realizzazione, attraverso la chiusura di una veranda, di un diverso e stabile corpo di fabbrica, la cui consistenza risulta dimostrata dalla documentazione fotografica in atti.
I giudici del gravame, richiamando il condiviso contenuto della decisione del primo giudice, evidenziano anche, in modo inequivocabile, che le opere erano state realizzate mediante mattoni forati e non anche con materiale amovibile.
A fronte di tali dati decisivi, il ricorso si limita a riproporre la tesi difensiva già platealmente smentita nel giudizio di merito, facendo peraltro ricorso ad argomenti in fatto che non possono avere ingresso in questa sede.
Le censure formulate in ricorso sul punto sono, pertanto, destituite di fondamento.
4. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il secondo motivo di ricorso.
Le opere realizzate, per la loro natura e consistenza, richiedevano il rispetto della disciplina dettata per la realizzazione di costruzioni in zone sismiche.
Va a tale proposito ricordato come si sia specificato (Sez. 3, n. 29737 del 04/06/2013, Vella, Rv. 255823) con argomentazioni che pare opportuno riproporre anche in questa occasione, come le specifiche finalità della disciplina delle costruzioni in zone sismiche abbiano determinato la previsione di un rigoroso regime autorizzatorio (articolo 93) che impone, a chiunque intenda procedere ad interventi in tali zone, di darne preavviso scritto allo sportello unico che, a sua volta, provvede alla trasmissione al competente ufficio tecnico regionale.
La speciale disciplina si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità.
Dal contenuto delle disposizioni che regolano la materia si rileva come il loro ambito di applicazione sia particolarmente esteso, riferendosi non solo alla costruzione dei nuovi edifici, ma anche ad interventi su manufatti già esistenti, in ordine ai quali si prendono in esame le sopraelevazioni (articolo 90) e le riparazioni (articolo 91) .
Del tutto inconferente, ai fini dell'applicazione della disciplina, è stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni che regolano la materia hanno una portata particolarmente ampia, perché finalizzate alla tutela dell'incolumità pubblica e devono, quindi, applicarsi a «tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità», a nulla rilevando, appunto, la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture (Sez. 3, n. 6591 del 24/11/2011 (dep. 2012), D'Onofrio, Rv. 252441; Sez. 3, n. 30224 del 21/6/2011, Floridia, Rv. 251284; Sez. 3, n.23076 del 27/4/2011, Coppa, non massimata; Sez. 3, n. 33767 del 10/5/2007, Puleo e altro, Rv. 237375; Sez. 3, n. 38142 del 26/9/2001, Tucci R, Rv. 220269. Il principio è stato ribadito anche con riferimento alla cartellonistica autostradale in Sez. 3, n. 24086 del 11/4/2012, Di Nicola e altro, Rv. 253056).
Altrettanto irrilevante è la eventuale natura precaria dell’intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche (Sez. 3, n.23076 del 27/4/2011, cit.; Sez. 3, n. 38405 del 9/7/2008, Di Benedetto e altro, Rv. 241288; Sez. 3, n. 37322 del 3/7/2007, Borgia e altro, Rv. 237842; Sez. 3, n. 48684 del 28/10/2003, Noto, Rv. 226561; Sez. 3, n. 33158 del 29/5/2002, P.M. in proc. Bianchini P, Rv. 222254).
A ciò va aggiunto che, nel caso di specie, la Corte del merito ha opportunamente rivolto l'attenzione alla specifica tipologia delle opere, osservando anche in punto di fatto che, per ciò che concerne la realizzazione del muro di contenimento, la rilasciata sanatoria era stata preceduta da un certificato di idoneità sismica, evidentemente richiesto dall'interessato, comprovante, dunque, l'applicabilità della suddetta normativa anche nel caso in esame.
Le osservazioni formulate dai giudici dell'appello rendono peraltro evidente l'irrilevanza dei contenuti della Circolare richiamata dal ricorrente, evidentemente riferita a fattispecie del tutto diverse da quella in esame ed, in ogni caso, non avente alcun valore vincolante (cfr. Sez. 3, n. 25170 del 13/6/2012 Rv. 252771).
5. Quanto alla determinazione della pena, di cui tratta il terzo motivo di ricorso, occorre rilevare che essa, in accoglimento dello specifico motivo di appello, è stata ridotta, tenendo presente, nella quantificazione, la personalità del reo e la natura dell'abuso, come indicato dalla Corte di appello.
Tali argomentazioni risultano del tutto sufficienti a giustificare il corretto esercizio del potere discrezionale di determinazione della pena e dei criteri di valutazione fissati dall’articolo 133 cod. pen., non essendo richiesto al giudice di procedere ad una analitica valutazione di ogni singolo elemento esaminato, ben potendo assolvere adeguatamente all’obbligo di motivazione limitandosi anche ad indicarne solo alcuni o quello ritenuto prevalente (v. Sez. 2, n. 12749 del 19/3/2008, Gasparri, Rv. 239754).
6. Il quarto motivo di ricorso è del tutto generico.
La Corte del merito ha comunque ampiamente specificato le ragioni per le quali alle opere realizzate rientravano tra quelle per le quali è necessario il permesso di costruire e quello richiesto dalla disciplina antisismica.
7. Per ciò che concerne, infine, il quinto motivo di ricorso deve rilevarsi che, avuto riguardo alla data di accertamento del fatto (12/12/2010), il termine massimo quinquennale non risulta ancora spirato.
Nessun dubbio si pone in ordine alla data di consumazione del reato, atteso che i giudici del merito hanno specificato che l'imputato venne colto in flagranza mentre stava realizzando le opere descritte nell'imputazione.
8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
Ai sensi dell'art. 585, comma 4 cod. proc. pen., l'inammissibilità dell'impugnazione principale si estende ai motivi nuovi. In ogni caso, l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare l'esclusione della punibilità, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., pur trattandosi di «ius superveniens» più favorevole al ricorrente (Sez. 3, n. 34932 del 24/6/2015, Elia, Rv. 264160).
Non si procede, inoltre alla liquidazione delle spese richieste dalla parte civile in quanto la memoria, prodotta dalla stessa, è pervenuta il 2/11/2015 ed è, pertanto, tardiva.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 4.11.2015