Cass. Sez. III n. 29617 del 27 luglio 2010 (CC 5 mag. 2010)
Pres. De Maio Est. Amoroso Ric. PM in proc. Toti ed altri
Urbanistica. Sequestro e facoltà d’uso
Se con il sequestro preventivo si vuole evitare l’aggravamento del carico urbanistico, non si può poi consentire, sia pure per ragioni umanitarie, l’utilizzazione del bene, giacché siffatta utilizzazione neutralizza quella posta a base del sequestro. In tali circostanze o si evita l’utilizzazione dell’immobile per non aggravare il carico urbanistico o, se si ritiene necessario imporre il vincolo, si deve giustificare il sequestro in base ad altre esigenze cautelari, attuali e concrete, diverse dall’aggravamento del carico urbanistico. Né rileva che, nella specie, la facoltà d’uso sarebbe limitata per un periodo tempo, pur non breve, al fine di soddisfare esigenze di continuità didattica dell’università perché comunque vi sarebbe un marcato differimento nel tempo della misura, che nell‘immediato, stante il già intervenuto completamento dei lavori, svolgerebbe, nella sostanza, una mera ed atipica funzione di preavvertimento ed intanto si protrarrebbe quella situazione di asserito periculum che invece la misura sarebbe mirata a rimuovere con carattere di urgenza ed immediatezza.
UDIENZA del 05.05.2010
SENTENZA N. 714
REG. GENERALE N. 8741/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi signori Magistrati:
dott. Guido De Maio Presidente
1. dott. Agostino Cordova
2. dott. Mario Gentile
3. dott. Giovanni Amoroso
4. dott. Giulio Sarno
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma nel procedimento penale pendente nei confronti di Toti Pierluigi, n. Roma il 00.00.0000; Aronica Aldo, n. Canicatti, il 00.00.0000; Martegiani Corrado, n. Roma il 00.00.0000; Toti Claudio, n. Montevideo (Uruguay) il 00.00.0000;
- avverso l'ordinanza del 11.12.2009 del tribunale di Roma,
- Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
- Udito il F.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Guglielmo Passacantando che ha concluso per l'annullamento con rinvio;
- Uditi g li avv.ti Susanna Carrara e Giorgio Tamburilli per i ricorrenti, i qua li hanno concluso per il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. In data 6 maggio 2009 il P.M. presso il tribunale di Roma chiedeva il sequestro preventivo del complesso immobiliare ubicato in Roma Viale Romania 32, di proprietà della Lamaro Appalti s.r.l., e del canone di locazione corrisposto dalla conduttrice LUISS alla Lamaro Appalti s.r.l. nell'ambito del procedimento a carico di Toti Pierluigi n. Roma il 17. 12.1949, Aronica Aldo n. Canicatti (AG) il 20 /1/1944; Martegiani Corrado n. Roma il 18.11.1962, e Toti Claudio n. Montevideo (Uruguay) il 30/10/1954 indagati per:
a) il reato di cui agli artt. 110 c.p., 44 lett. c) d. P.R. 6 giugno 2001 n. 380, perché, in concorso tra loro, i primi due quali amministratori unici della Lamaro Appalti s.ra., proprietaria e committente, il terzo quale direttore dei lavori, il primo e il quarto quali amministratori delegati della Lamaro Appalti S.p.a., esecutrice dei lavori, in un complesso immobiliare in Roma Viale Romania 32, complesso ubicato su area dichiarata di notevole interesse pubblico con DM 1676/1953 e ricadente nel PTP 15/8 "Valle del Tevere", compresa in zona G "aree private a verde", sottozona G1 "parco privato vincolato", realizzavano con DIA ex art. 22, 1° e 2° comma, d.P.R. 380/01, prot. CB 34556/2006 per "Interventi di restauro conservativo e adeguamento impianti tecnologici", in difformità dalle prescrizioni dello strumento urbanistico, opere di ristrutturazione con aumento di superficie e modifica della sagoma, dirette a trasformare il complesso in una sede universitaria moderna, funzionale ed idonea allo svolgimento della didattica e non finalizzate né al restauro conservativo, né al ripristino delle sue caratteristiche originarie;
b) il reato di cui agli artt. 110 c.p., 142, 181, commi 1 e 1 bis, d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, perché, in concorso tra loro, eseguivano le opere descritte nel capo che precede, su area dichiarata di notevole interesse pubblico con DM 1676/1953 e compresa nel PTP 15/8 "Valle del Tevere", senza la prescritta autorizzazione dell'Ente preposto alla tutela del vincolo.
Riteneva in particolare il P.M. - quanto al fumus commissi delicti - che l'intervento in questione avesse radicalmente modificato l'impianto originario dell'immobile per trasformarlo in una sede universitaria, realizzando un organismo in gran parte diverso dal precedente, comportando in particolare un aumento di superficie con la chiusura definitiva di una porzione del lastrico solare pari a circa mq. 250.
Riteneva inoltre sussistere il fondato pericolo che la libera disponibilità del complesso immobiliare e dei manufatti esterni da parte degli indagati potesse consentire il protrarsi dell'attività abusiva con aggravamento delle conseguenze del reato, pericolo che poteva essere evitato solo con l'emissione del provvedimento di sequestro preventivo, anche per la struttura di 150 mq. sottoposto a sequestro probatorio.
L'edifico cosi illegittimamente trasformato aveva - secondo il P.M. - un notevole impatto sul territorio circostante e sugli standard urbanistici rispetto al pregresso, quantomeno in relazione alle esigenze di parcheggio che quotidianamente richiedeva l'afflusso di studenti, docenti, personale amministrativo.
2. Il g.i.p. presso il Tribunale di Roma inizialmente accoglieva la richiesta ed emetteva sequestro preventivo in data 1° Luglio 2009, ritenendo sussistente il fumus nonché il periculum in mora.
Però in data 18 settembre 2009 il Tribunale del riesame dichiarava l'inefficacia del sequestro preventivo.
Il P.M. provvedeva allora a reiterare la richiesta di sequestro al g.i.p..
Con provvedimento del 22 settembre 2009 il g.i.p., presa visione della nuova documentazione prodotta dalla difesa degli indagati e, segnatamente, di una c.t. di parte sulla consistenza delle opere assunte dall'accusa come abusive e sull'assenza di un pregiudizio urbanistico ulteriore, rigettava la nuova richiesta.
3. Dal P.M. veniva proposto appello avverso tale provvedimento.
Il Tribunale per il riesame con ordinanza dell'I I dicembre 2009 rigettava l'appello con provvedimento comunicato il 7 gennaio 2010, ritenendo in particolare insussistente il periculum in mora, in assenza di un aggravio del carico urbanistico.
4. Avverso questa pronuncia il P.M. propone ricorso per cassazione.
L'indagato Toti Pierluigi ha prodotto una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il P.M. ricorrente deduce, quanto al fumus commissi delicti, che sono stati realizzati lavori edilizi che hanno profondamente modificato l'interno dell'edificio allo scopo di adeguarlo a d una nuova destinazione (sede universitaria) diverrà da quella originaria (edificio scolastico) pur se ricadente nella stessa categoria dei servizi secondo le Norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale.
L'intervento edilizio effettuato sull'immobile in questione doveva essere inquadrato nella categoria della ristrutturazione con aumento di superfici, volumi, sagome e prospetti, nonché modifica di destinazione, ricadente nella disciplina dell'art. 10, lett. c), d.P.R. 380/01 per cui era necessario il permesso di costruire o la DIA ex art. 22, comma 30, del citato decreto presidenziale.
Quanto al periculum, il P.M. ricorrente deduce che l'intervento edilizio doveva essere valutato in modo unitario. Sottolinea poi che non è contraddittorio, rispetto alla richiesta di misura cautelare, il riconoscimento della facoltà d'uso laddove sia stabilito un termine con temporaneo sacrificio sul carico urbanistico.
2. Il ricorso è infondato.
3. Va premesso che - secondo l'orientamento in materia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 20 novembre 1996 - 29 gennaio 1997, n. 23) - in sede di riesame di sequestro preventivo (ovvero anche di sequestro probatorio), il tribunale deve stabilire l'astratta configurabilità del reato ipotizzato; tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice, nel senso che questi deve esclusivamente prendere atto della tesi accusatoria senza svolgere alcuna attività, ma determina soltanto l'impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza; l'accertamento, pertanto, della sussistenza del reato deve essere compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti al fine di verificare se essi consentano di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica; il tribunale non deve quindi instaurare un processo nel processo, ma è chiamato a svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie ed esaminando sotto ogni aspetto l'integrabilità dei presupposti del sequestro.
Questo orientamento è stato più volte confermato da questa Corte. In particolare Cass., sez. V, 24 marzo 2009 - 18 maggio 2009, n. 20818, ha affermato che le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo consistono, quanto al "fumus commissi delicti", nell'astratta configurabilità di una delle ipotesi criminose previste, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità. Cfr. anche Cass., sez. VI, 26 giugno 2008 - 24 settembre 2008, n. 36710; Cass., sez. VI, 14 aprile 2008 - 7 luglio 2008, n. 27710.
Pertanto al giudice compete il potere-dovere di espletare il controllo di legalità nell'ambito delle indicazioni di fatto offerte dal p.m. e quindi l'accertamento della sussistenza del reato va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati dal p.m..
4. Deve poi considerarsi che - come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 29 maggio 2008 - 26 giugno 2008, n. 25932) - il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. In particolare nella citata pronuncia le Sezioni Unite hanno affermato che «contro le ordinanze emesse a norma dell'art. 324 c.p.p. in materia di sequestro preventivo (ma per effetto del rinvio operato dall'art. 257 c.p.p. alla disposizione anzidetta il discorso vale anche per il sequestro probatorio) il ricorso è ammesso solo per "violazione di legge" (art. 325 c.p.p., comma 1), per censurare, cioè, "errores in indicando" o "errores in procedendo" (art. 606 c.p.p., lett. B e C) commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulti di conseguenza radicalmente viziata».
Va ancora precisato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l'apparato argomentativo, che dovrebbe giustificare il provvedimento, manchi del tutto ovvero risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dall'organo investito del procedimento". Conf., ex plurimis, Cass. sez. V, 13 ottobre 2009 - 11 novembre 2009, n. 43068 ; Cass., sez. IV, 6 febbraio 2009 - 26 febbraio 2009, n. 8804.
Pertanto solo la totale mancanza di motivazione ovvero la motivazione meramente apparente, che è sostanzialmente equiparabile alla mancanza di motivazione, integrano l'ipotesi di violazione di legge deducibile avverso l'ordinanza pronunciata in sede di riesame o di appello in tema di sequestro preventivo. Ne consegue che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione, non rientrando nel concetto di violazione di legge anche la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall'art. 606, lett. e), cod. proc. pen..
5. Quanto poi al requisito del periculum questa Corte (ex plurimis Cass., sez. V, del 16 dicembre 2009 - 29 marzo 2010, n. 12064) ha affermato che esso, quale presupposto per la adozione della misura cautelare del sequestro preventivo, deve presentare i requisiti della concretezza e della attualità e deve essere valutato con riferimento alla situazione esistente al momento della sua adozione, sicché esso deve essere inteso, non già come mera astratta eventualità, ma come concreta possibilità - desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto - che la libera disponibilità del bene assuma carattere strumentale rispetto alla agevolazione della commissione di altri reati della stessa specie. Cfr. anche Cass., sez. V, 7 febbraio 2008 - 13 marzo 2008, n. 11247, che ha precisato che ai fini del "periculum in mora", che legittima l'adozione del sequestro preventivo, assume rilievo l'aggravamento delle conseguenze della condotta penalmente illecita ove la cosa pertinente al reato sia lasciata nella libera disponibilità del soggetto indagato. Conf. Cass., sez. III, 23 gennaio 2008 - 17 marzo 2008, n. 11769, che ha ribadito che il "periculum in mora" che, ai sensi dell'art. 321, comma primo, cod. proc. pen., legittima il sequestro preventivo, deve intendersi come concreta possibilità che il bene assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o all'agevolazione della commissione di altri reati.
Con riferimento poi alla possibile incidenza sul territorio le Sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., 29 gennaio 2003 - 20 marzo 2003, n. 12878) hanno affermato che la valutazione che, al fine di disporre il sequestro preventivo di manufatto abusivo, il giudice di merito ha il dovere di compiere in ordine al pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa agevolare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati, va diretta in particolare ad accertare se esista un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico protetto ovvero se la persistente disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo dell'offensività. Cfr. anche Cass., sez. II, 16 novembre 2006 - 7 febbraio 2007, n. 5225, che fa riferimento alla necessità di valutare i possibili effetti lesivi dell'equilibrio urbanistico ed ambientale.
In ogni caso l'accertamento di una situazione che possa qualificarsi come di "periculum in mora", quale requisito per il sequestro preventivo, costituisce una tipica valutazione di merito, non censurabile in sede di legittimità, in ragione della richiamata limitazione alla violazione di legge delle censure deducibili in tale sede.
6. Nella specie il tribunale nell'impugnata ordinanza ha considerato che sussiste il fumus commissi delicti in riferimento agli addebiti di cui ai numeri 2 e 3 del capo A), relativi il primo alla trasformazione nel livello quarto del fabbricato in questione (cd. Istituto) a mezzo di copertura in lamiera con un tetto in tegole e consolidamento della pregressa trasformazione dell'ex terrazza per un aumento di cubatura pari a metri cubi 800,00 circa e di superficie pari a circa metri quadrati 250,00 mentre il secondo è riferito all'apertura di lucernai sulle falde del tetto nell'ala Ovest dell'Istituto e l'apertura con copertura ed abbaino della superficie di mq. 6,5 nel tetto dell'ala Est dell'Istituto.
Ha poi osservato il tribunale che tali abusi - pur in disparte il fatto che parrebbero oggetto di una risalente domanda di condono, a suo tempo presentata dalle Suore dell'Assunzione ovvero dall'Arciconfratemita di Sant'Antonio da Padova - oggettivamente non sono tali da giustificare un provvedimento di sequestro preventivo dell'intero complesso immobiliare, dal momento che il provvedimento di sequestro preventivo non può essere inutilmente vessatorio, ma deve essere limitato alla parte della cosa effettivamente pertinente al reato ipotizzato, cosicché, ove sussistente il periculum in mora, potrebbe al più - secondo il tribunale - procedersi al sequestro preventivo di tali unici elementi aggiuntivi abusivamente realizzati.
7. Quanto al periculum, il tribunale ha condiviso il rilievo, già svolto dal g.i.p., relativo all'intrinseca contraddittorietà tra l'istanza di sequestro preventivo avanzata dal Pubblico Ministero e fondata per lo più sull'aggravio del carico urbanistico che, asseritamente, deriverebbe dall'utilizzo universitario ed il provvedimento di concessione della facoltà d'uso fino al mese di ottobre 2010 emesso dal medesimo Pubblico Ministero in data 31 agosto 2009.
Secondo il tribunale non vi sono in atti elementi che consentano di condividere la tesi secondo la quale la destinazione dell'edificio ad uso universitario comporta un aggravio del carico urbanistico maggiore di quella dell'edificio a uso di scuola inferiore, quale era prima delle opere edilizie in questione. Sul punto il tribunale ha ritenuto condivisibile l'osservazione del c.t. di parte degli indagati secondo cui nel passaggio da edificio scolastico ad università è addirittura ipotizzabile una riduzione del peso insediativo, alla luce delle diverse caratteristiche della popolazione studentesca della L.U.I.S.S., formata da maggiorenni, autonomi nei trasporti ed, in quanto tali, fruitori di mezzi pubblici o di sistemi a due ruote.
Il tribunale ha quindi concluso che difettava nella specie uno dei presupposti di legge, e precisamente l'elemento del periculum in mora, sicché si imponeva il rigetto dell'appello.
8. In diritto deve considerarsi innanzi tutto che l'impugnata ordinanza è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. III, 11 febbraio 2009 - 15 aprile 2009, n. 15717) che - con riferimento ad una fattispecie di intervenuto sequestro, per abusi edilizi, di intere unità abitative a fronte di difformità riguardanti le sole mansarde delle stesse - ha affermato che il provvedimento di sequestro preventivo non deve essere inutilmente vessatorio, ma deve essere limitato alla cosa o alla parte della cosa effettivamente pertinente al reato ipotizzato e deve essere disposto nei limiti in cui il vincolo imposto serve a garantire la confisca del bene o ad evitare la perpetuazione del reato. Cfr. anche Cass., sez. III, 4 maggio 2004 - 6 luglio 2004, n. 29203, con riferimento all'utilizzo quale abitazione da parte dell'autore dell'illecito edilizio di un corpo di fabbrica abusivamente realizzato, che non comportava in concreto, per le dimensioni dell'immobile, le sue caratteristiche e per la destinazione ad abitazione familiare, un apprezzabile aggravamento del carico urbanistico.
Quanto poi alla valutazione di merito in ordine alla sussistenza del periculum, devono richiamarsi i principi sopra enunciati in tema di controllo di legittimità del sequestro preventivo, che - come sopra rilevato - è limitato al vizio di violazione di legge, laddove l'identificazione nel caso di specie di una situazione appunto di periculum si qualifica come tipica valutazione di merito, non censurabile in sede di legittimità per non essere deducibile il vizio di motivazione.
Limitatamente quindi ai profili di diritto, gli unici deducibili in questa sede, può considerarsi in particolare che l'impugnata ordinanza è conforme all'orientamento di questa Corte (Cass., sez. III, 5 luglio 2005 - 23 settembre 2005, n. 34142) che ha affermato che in materia edilizia è sì ipotizzabile il sequestro preventivo anche dell'immobile abusivamente costruito e già ultimato, quando il giudice ritenga sussistente un concreto e attuale pericolo derivante dal libero uso della cosa; ma devono essere verificati la reale compromissione degli interessi attinenti il territorio, ossia il livello di pericolosità che l'utilizzazione della "cosa" appare in grado di raggiungere in ordine all'oggetto della tutela penale; ne discende che, nel caso sia ipotizzato un aggravamento del carico urbanistico, occorre che la consistenza reale e l'intensità del pregiudizio siano valutati tenendo conto della situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento cautelare. Ed è quanto ha fatto il tribunale che - confermando peraltro la valutazione del g.i.p. - ha ritenuto non sussistente un aggravio urbanistico tale da giustificare l'adozione della misura cautelare.
C'è poi altresì da considerare che l'impugnata ordinanza anche sotto altro profilo è in linea con la giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. III, del 4 dicembre 2008 - 13 gennaio 2009, n. 825), che ha affermato che in tema di reati edilizi, ai fini dell'adozione del provvedimento di sequestro preventivo di un immobile già ultimato ed occupato, l'esigenza cautelare di evitare l'aggravamento del carico urbanistico è incompatibile con l'autorizzazione all'uso dell'immobile stesso. In particolare ha rilevato questa Corte che "se con il sequestro preventivo si vuole evitare l'aggravamento del carico urbanistico, non si può poi consentire, sia pure per ragioni umanitarie, l'utilizzazione del bene, giacché siffatta utilizzazione neutralizza quella posta a base del sequestro. In tali circostanze o si evita l'utilizzazione dell'immobile per non aggravare il carico urbanistico o, se si ritiene necessario imporre il vincolo, si deve giustificare il sequestro in base ad altre esigenze cautelari, attuali e concrete, diverse dall'aggravamento del carico urbanistico.". Né rileva che nella specie la facoltà d'uso sarebbe limitata per un periodo tempo, pur non breve, al fine di soddisfare esigenze di continuità didattica dell'università perché comunque vi sarebbe un marcato differimento nel tempo della misura, che nell'immediato, stante il già intervenuto completamento dei lavori, svolgerebbe, nella sostanza, una mera ed atipica funzione di preavvertimento ed intanto si protrarrebbe quella situazione di asserito periculum che invece la misura sarebbe mirata a rimuovere con carattere di urgenza ed immediatezza.
9. Una volta ritenuto non sussistente il periculum per l'adozione della misura cautelare, correttamente il tribunale ha dichiarato assorbiti i motivi dell'appello del p.m. riferiti al rigetto da parte del g.i.p. anche dell'istanza di sequestro del canone locativo, stante il carattere meramente conseguenziale della misura.
10. Pertanto il ricorso del pubblico ministero va rigettato.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, 5 maggio 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 27 Lug. 2010