Cass. Sez. III n. 43332 del 25 novembre 2021 (UP 30 sett 2021)
Pres. Andreazza Est. Corbetta Ric. Sabatino
Urbanistica.Reati edilizi e rapporto di coniugio

In tema di reati edilizi, la responsabilità di un coniuge per il fatto materialmente commesso dall'altro può essere rilevata sulla base di oggettivi elementi di valutazione quali il comune interesse all'edificazione, il regime di comunione dei beni, l'acquiescenza all'esecuzione dell'intervento, la presenza sul luogo di esecuzione dei lavori, l'espletamento di attività di controllo sull'esecuzione dei lavori, la presentazione di istanze o richieste concernenti l'immobile o l'esecuzione di attività indicative di una partecipazione all'attività illecita.


RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Torre Annunziata e appellata dall’imputata, la Corte di appello di Napoli revocava l’ordine di rimessione in prestino dello stato dei luoghi, nel resto confermando la pronuncia impugnata, la quale aveva affermato la penale responsabilità di Monica Sabatino per una serie di violazioni al d.P.R. n. 380 del 2001, come contestate ai capi A), B), C) e D) dell’editto di accusa, accertate il 26 febbraio 2016.

2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputata, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
2.1. Con i primi due motivi, esposti congiuntamente, si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’affermazione della penale responsabilità. Lamenta la ricorrente che la Corte di merito avrebbe confermato la sentenza di primo grado con motivazione insufficiente e generica, senza confrontarsi con i motivi dedotti con l’appello e non spiegando come mai l’imputata sia stata ritenuta esecutrice delle opere, sebbene non sia l’unica proprietaria del fondo, ed essendo del tutto neutra la circostanza della nomina a custode, posto che la Sabatino risiede nel fabbricato adiacente a quello oggetto di causa, così come irrilevante è il fatto che uno dei comproprietari sia il marito della ricorrente, la quale non può rispondere degli illeciti penali solo perché commessi dal coniuge.
2.2. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 157 cod. pen. Evidenzia la ricorrente che la Corte di merito non ha dato risposta al motivo incentrato sull’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, anche considerando che la data di ultimazione dei lavori, come riferito dal tecnico comunale, è antecedente di almeno un anno all’accertamento delle violazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato in relazione al terzo motivo.

2. I primi due motivi sono inammissibili perché fattuali e generici.

3. Occorre ricordare che, in tema di responsabilità per abuso edilizio del proprietario (o comproprietario) dell'area non formalmente committente, la costante giurisprudenza di questa Corte richiede la disponibilità di indizi e presunzioni gravi, precise e concordanti che sono stati individuati, ad esempio, nella piena disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del cui prodest); nei rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il proprietario; nell'eventuale presenza in loco del proprietario dell'area durante l'effettuazione dei lavori; nello svolgimento di attività di materiale vigilanza sull'esecuzione dei lavori; nella richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; nel particolare regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari; nella fruizione dell'opera secondo le norme civilistiche dell'accessione ed in tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale della stessa.
Grava, inoltre, sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (così Sez. 3 n. 35907 del 29/05/2008, Calicchia, non massimata, che riporta anche gran parte degli esempi sopra indicati e ampi richiami a precedenti pronunce; in senso conforme Sez. 3, n. 38492 del 19/5/2016, Avanzato, Rv. 268014; Sez. 3, n. 52040 del 11/11/2014, Langella e altro, Rv. 261522; Sez. 3, n. 44202 del 10/10/2013, Menditto, Rv. 257625; Sez. 3, n. 25669 del 30/5/2012, Zeno, Rv. 253065).

4. Con specifico riferimento al rapporto di coniugio, se è vero che la compartecipazione di un coniuge nel reato materialmente commesso dall'altro non può essere desunta dalla mera qualità di comproprietario, ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen., ai fini di una responsabilità concorsuale possono rilevare i seguenti elementi: il fatto che entrambi i coniugi siano proprietari del suolo su cui è stato realizzato l'edificio abusivo e che entrambi abbiano interesse alla violazione dei sigilli per completare l'opera al fine di trasferire la loro residenza (Sez. 3 n. 28526 del 30/5/2007, Mele, non massimata); l'abitare nel luogo ove si è svolta l'attività illecita di costruzione; l'assenza di manifestazioni di dissenso; il comune interesse alla realizzazione dell'opera (fattispecie relativa ad imputata la quale, benché formalmente residente in altro comune, conviveva con il marito, era con il predetto in regime di comunione di beni e ne condivideva anche le iniziative patrimoniali, tanto da rimanere coinvolta, in un precedente giudizio, unitamente al coniuge, in altri illeciti edilizi: Sez. 3 n. 23074 del 16/4/2008, Di Meglio, non massimata); la comunione dei beni, quale regime patrimoniale dei coniugi; lo svolgimento di attività di vigilanza dell'esecuzione dei lavori; la richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria e la presenza in loco all'atto dell'accertamento (Sez. 3 n. 40014 del 18/9/2008, Mangione, non massimata).

5. Tali principi sono stati richiamati in altre pronunce (Sez. 3, n. 49719 del 25/09/2019, Campagna, Rv. 277469, Sez. 3, n. 51489 del 18/9/2018, Bellu, Rv. 274108, non massimata sul punto), in cui si è affermato che, in tema di reati edilizi, la responsabilità di un coniuge per il fatto materialmente commesso dall'altro può essere rilevata sulla base di oggettivi elementi di valutazione quali il comune interesse all'edificazione, il regime di comunione dei beni, l'acquiescenza all'esecuzione dell'intervento, la presenza sul luogo di esecuzione dei lavori, l'espletamento di attività di controllo sull'esecuzione dei lavori, la presentazione di istanze o richieste concernenti l'immobile o l'esecuzione di attività indicative di una partecipazione all'attività illecita.

6. Ciò posto, deve rilevarsi che la sentenza impugnata risulta perfettamente allineata ai principi dianzi menzionati, avendo fondato l'affermazione di responsabilità penale della ricorrente sulla base di elementi fattuali, opportunamente valorizzati, perfettamente coincidenti a quelli indizianti individuati dalla giurisprudenza di questa Corte. Segnatamente, la Corte d’appello ha posto in evidenza che la Sabatino: a) non solo risultava formalmente comproprietaria dei terreni, ma era presente in loco al momento del sequestro delle opere; b) era stata destinataria dell’ordine di demolizione, al quale non si era opposta; c) aveva accettato la nomina a custode giudiziario dell’area senza nulla opporre; d) era di fatto residente in un’abitazione adiacente all’opera abusiva realizzata. Oltre a ciò, il Tribunale ha evidenziato che, al di fuori del capannone abusivo, vi era del materiale edile compatibile con l’attività svolta dal marito della Sabatino (p. 4 della sentenza di primo grado).
 Del tutto correttamente, dunque, i giudici del merito hanno ritenuto tali circostanze pienamente indicative di una corresponsabilità dell'imputata nella realizzazione delle opere abusive, dalle quali avrebbe tratto vantaggio.

7. Il terzo motivo è fondato.
Invero, la Corte di merito ha omesso di confrontarsi con il motivo di appello con cui, in maniera sufficientemente specifica, si deduceva l’intervenuta prescrizione dei reati, facendo leva sul fatto, di cui si dà conto nella sentenza di primo grado (cfr. p. 6), che il tecnico comunale aveva affermato che la datazione delle opere era inferiore all’anno rispetto al momento dell’accertamento delle violazioni.
Deve tuttavia rilevarsi che, alla data odierna, il reato risulta prescritto; di conseguenza, trova applicazione il principio secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275).

8. La sentenza impugnata deve perciò essere annullata senza rinvio per essere i reati  estinti per intervenuta prescrizione, con conseguente revoca dell’ordine di demolizione delle opere.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché i reati sono estinti per prescrizione. Revoca l’ordine di demolizione delle opere.
Così deciso il 30/09/2021.