Cass. Sez. III n. 17834 del 9 maggio 2011 (Ud. 25 gen. 2011)
Pres. Petti Est. Fiale Ric. Casamento ed altro
Urbanistica. Lottizzazione e anticipazione dei lavori di costruzione degli edifici residenziali, rispetto alle opere di urbanizzazione primaria.
La anticipazione dei lavori di costruzione degli edifici residenziali, rispetto alla compiuta realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria poste a carico dei lottizzanti, integra inadempimento della convenzione di lottizzazione e non costituisce violazione di un mero obbligo civilistico, poiché le convenzioni di lottizzazione si presentano quale momento indefettibile del complesso procedimento di pianificazione urbanistica che si conclude con l’approvazione del piano di lottizzazione, sicché le stesse configurano un modulo organizzativo attraverso il quale si imprime un determinato statuto ai beni che ne formano oggetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRO PETTI - Presidente
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI - Consigliere
Dott. MARIO GENTILE - Consigliere
Dott. ALDO FIALE - Rel. Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CASAMENTO GIUSEPPE N. IL 13/09/1951
2) MOLICA GIORGIO N. IL 29/04/1961
avverso l'ordinanza n. 98/2010 TRIB. LIBERTA' di MESSINA, del 24/05/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
sentite le conclusioni del PG Dott. VIito D'Ambrosio il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udito il difensore Avv.to Carmelo Damiano, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Messina, con ordinanza del 24.5.2010, rigettava l'appello proposto nell'interesse di Casamento Giuseppe e Mollica Giorgio, ex art. 322 bis c.p.p., avverso il provvedimento 16.4.2010 con cui il G.I.P. del Tribunale di Patti aveva respinto l'istanza di dissequestro di un compendio immobiliare, sito in agro di Patti (sequestrato il 21.12010), la cui realizzazione era stata consentita con autorizzazione di lottizzazione del 30.12.1994.
La misura di cautela reale è stata disposta in relazione ad ipotizzati reati di concorso in abuso di ufficio (art. 323 cod. pen.) e di lottizzazione abusiva, per avere realizzato una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio con modalità attuative non consentite e con significativo aumento della volumetria rispetto al piano lottizzatorio approvato ed alla relativa convenzione stipulata con atto notarile del 26.9.1995 (art. 44, lett. c, del T.U. n. 380/2001).
Secondo l'impostazione dell'accusa, il rilascio della concessione edilizia n. 5/2004, per l'attuazione del piano, sarebbe avvenuto in violazione del disposto dell'art. 14, comma 5, della legge regionale n. 71/1978 (ove si prevede che il rilascio di concessioni edilizie nell'ambito dei singoli lotti è subordinato all'esistenza delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi), nonché della clausola n. 4 della convenzione stipulata il 26.9.1995 (secondo cui l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria è condizione per il rilascio della concessione edilizia nell'ambito dei lotti). Nella specie, invece, le opere di urbanizzazione primaria non erano state realizzate per intero anteriormente al rilascio della concessione edilizia.
Gli odierni ricorrenti (soci della s.r.l. "M&C Immobiliare"), con atto del 7.12.2006, avevano acquistato una porzione immobiliare, già parzialmente edificata, ed avevano poi richiesto ed ottenuto, nell'anno 2009, concessioni edilizie in variante alle quali "si trasmette" l'illegittimità dell'originaria concessione n. 5/2004.
Con le concessioni edilizie del 2009, inoltre, sarebbe stata assentita una volumetria edificatoria superiore a quella prevista nel piano di lottizzazione, essendo state consentite modificazioni dei sottotetti e, ai fini del computo dell'indice plano-volumetrico, non essendosi tenuto conto per intero dei volumi di quelli che erano stati considerati "piani seminterrati" degli edifici mentre non presentavano alcuna parete laterale interrata.
Il Tribunale, a fronte delle emergenze evidenziate dal GIP e delle relative contestazioni difensive, rilevava che nella specie:
- non risulta violato il principio della riserva di legge statale in materia penale, in quanto "è la disposizione incriminatrice statale a ricondurre disvalore penale alla trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione di prescrizioni stabilite da leggi regionali";
- la realizzazione di opere di urbanizzazione dopo il rilascio della concessione edilizia e coevamente all'esecuzione degli interventi di edificazione deve ritenersi inidonea ad escludere la sussistenza dell'ipotizzato reato di lottizzazione difforme dal titolo autorizzatorio;
- era stato sollecitato un approfondimento istruttorio della vicenda, anche a mezzo di accertamento tecnico peritale, non conciliabile, però, con le caratteristiche del procedimento di appello incidentale.
Avverso l'anzidetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore degli indagati, il quale - sotto il profilo della violazione di legge - ha lamentato che:
- è precluso al legislatore regionale di introdurre nelle norme penali elementi materiali che sono invece esclusi con chiarezza dalla ipotesi legale di reato configurata dalla legge statale. Nella vicenda in esame il 5° comma dell'art. 14 della legge n. 71/1978 della Regione siciliana subordina l'edificazione dei singoli lotti del piano di lottizzazione alla compiuta previa realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria contemplate dal piano stesso; se si ammettesse che la violazione di tale precetto valga ad integrare la fattispecie del reato di lottizzazione abusiva si finirebbe per ricondurre a responsabilità penale un fatto (l'esecuzione degli edifici contemporaneamente a tali opere urbanizzative) che, invece, viene contemplato dal legislatore statale quale ordinaria modalità di attuazione del piano di lottizzazione. Già l'art. 28 della legge urbanistica n. 1150/1942 aveva disposto che il rilascio delle licenze edilizie nell'ambito dei singoli lotti fosse subordinato all'impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione e questa norma troverebbe riscontro nell'art.. 12, 2° comma, del T.U. n. 380/2001, ove si subordina il permesso di costruire all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle opere di urbanizzazione primaria contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso;
- non vi sarebbe stato, nella specie, alcun incremento illegittimo delle volumetrie, dovendo applicarsi, per il computo delle stesse, non il Regolamento edilizio del 31.3.2004, vigente all'epoca dell'accertamento, bensì quello del 24.2.1982, in vigore alla data di approvazione del piano di lottizzazione, secondo il quale i "volumi seminterrati" erano definibili dal rapporto fra il volume del terreno asportato e quello dell'edificio senza che dovesse ricorrere il materiale interramento dell'opera.", sicché non doveva computarsi l'intero volume del piano seminterrato qualora il volume delle materie rimosse avesse ecceduto di due terzi quello dell'intero piano, ovvero se il livello di copertura del piano stesso non avesse superato di mt. 1,20 il piano viabile;
- le concessioni in variante rilasciate nel 2009, in particolare, non avevano autorizzato alcun incremento di volumetria, avendo riguardato soltanto la novazione soggettiva del titolo concessorio del 2004, "salva una insignificante modifica nella pendenza di una falda del tetto in uno solo degli edifici";
- l'esercizio di poteri istruttori, richiesto dalla difesa, non é precluso dalla legge processuale nelle ipotesi di appello ex art. 322-bis c.p.p.
E' stata depositata memoria difensiva dell' 11.1.2011.
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Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
1. Va ribadito anzitutto il principio - consolidato nella giurisprudenza di questa Corte - secondo il quale è configurabile il reato di lottizzazione abusiva quando la trasformazione edilizia o urbanistica dei terreni sia realizzata con difformità tipologiche, volumetriche, strutturali e di destinazione tanto rilevanti e diffuse su tutta l'area, rispetto al progetto approvato dall'autorità amministrativa, da far ritenere l'opera non più riferibile a quella pianificata e, quindi, senza autorizzazione (vedi Cass., Sez. III, 9.8.2006, n. 28683, Saggese ed altri; 6.3.1996, n. 2408, Antonioli ed altro; 17.9.1991, n. 9633, Le Pira ed altro).
Deve trattarsi, dunque, di una difformità totale rispetto all'autorizzazione, mentre irrilevanti devono considerarsi le ipotesi di difformità parziale, poiché si vuole impedire che siano vanificati il preventivo controllo ed il consenso dell'autorità comunale che la legge intende assicurare, laddove le piccole difformità e le non rilevanti violazioni dell'iter procedurale potranno essere eventualmente sanzionate ai sensi dell'art. 44, lett. a), del T.U. n. 380/2001.
2. Nella vicenda in esame si contesta:
a) (quale rilevante violazione dell'iter procedurale, riflettente i suoi effetti sulla organizzazione del territorio) la realizzazione dell'edificazione residenziale anteriormente all'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria - descritte nella convenzione lottizzatrice e rappresentate nei progetti allegati al piano di lottizzazione - che, secondo quanto prescritto dall'art. 14, comma 5, della legge regionale n. 71/1978 e dalla clausola n. 4 della convenzione medesima, si ponevano quali condizioni imprescindibili per lo stesso rilascio delle concessioni edilizie nell'ambito dei singoli lotti;
b) un significativo aumento della volumetria consentita, in violazione dei parametri fissati con la lottizzazione convenzionale.
3. Quanto al primo degli anzidetti 'profili di illegittimità delineati nell'impostazione accusatoria, deve evidenziarsi che la trasformazione del territorio autorizzata dall'autorità amministrativa competente sarebbe illegittima qualora si ponesse in contrasto con prescrizioni contenute in leggi statali e regionali ovvero negli strumenti urbanistici (art. 30, 1° comma, T.U. n. 380/2001).
Infondata è, al riguardo, la doglianza riferita in ricorso alla riserva di legge statale in materia penale ed alla impossibilità, per la legge regionale, di criminalizzare le condotte dei consociati, dovendosi rilevare che la Corte Costituzionale - con la sentenza n. 487 del 25.10.1989 - ha in generale riconosciuto che "alle leggi regionali non è precluso concorrere a precisare, secundum legem, presupposti di applicazione di norme penali statali né concorrere ad attuare le stesse norme e cioè non è precluso realizzare funzioni analoghe a quelle che sono in grado di svolgere fonti secondarie statali".
Nel caso del reato di lottizzazione abusiva la fattispecie incriminatrice (con la quale la legge statale ha autonomamente operato le scelte fondamentali circa l'opportunità di punire con sanzione penale determinate condotte) è integrata dall'art. 30, 1° comma, del T.U. n. 380/2001, secondo il quale - attraverso una descrizione testuale che ha riprodotto pedissequamente quella già formulata dal 1° comma dell'art. 18 della legge n. 47/1985 - "si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione ... ".
La Regione Siciliana (a statuto speciale), in un'ottica evidente di tutela del proprio territorio, ed anche a fronte di una serie di situazioni alternativamente previste dal 2° comma dell'art. 12 del T.U. n. 380/2001, ha privilegiato la necessità della preesistenza effettiva di un adeguato stato di urbanizzazione al momento dell'aggravio edilizio.
Nella specie, inoltre, la anticipazione dei lavori di costruzione degli edifici residenziali, rispetto alla compiuta realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria poste a carico dei lottizzanti, integra altresì inadempimento della convenzione di lottizzazione e non costituisce violazione di un mero obbligo civilistico, poiché le convenzioni di lottizzazione si presentano quale momento indefettibile del complesso procedimento di pianificazione urbanistica che si conclude con l'approvazione del piano di lottizzazione, sicché le stesse configurano un modulo organizzativo attraverso il quale si imprime un determinato statuto ai beni che ne formano oggetto (così già Cass., Sez. III, 9.2.1998, Svara ed altri).
4. In relazione, poi, all'incremento della volumetria che, nella tesi accusatoria, sarebbe stato illegittimamente autorizzato con le cc.dd. "concessioni in variante" nn. 9, 10 e 12 del 2009, va rilevato che:
- indipendentemente dal nomen iuris, la natura di "variante" di precedente concessione edilizia può riconoscersi soltanto al provvedimento introducente modifiche qualitative o quantitative che, in riferimento alla valutazione complessiva dell'erigendo edificio, risultino di modesta entità, in modo da potersi ritenere che la costruzione sia regolata dall'originaria concessione che conserva la sua efficacia ex tunc. Al contrario, deve ritenersi "nuova concessione" quella che modifica, anche attraverso un'apprezzabile aumento della volumetria, elementi essenziali del progetto originariamente assentito;
- solo ove fossero in concreto ravvisabili le caratteristiche distintive della concessione "in variante" rimarrebbero sussistenti tutti i diritti quesiti con il provvedimento originario nel caso (corrispondente a ciò che assume la difesa) di sopravvenienza di una nuova contrastante disciplina pianificatoria. Nella vicenda che ci occupa, invece, una situazione siffatta appare tutt'altro che evidente ictu oculi;
- il G.I.P., nell'ordinanza sottoposta alla valutazione del Tribunale, con riferimento al fabbricato tipo "L", ha evidenziato la circostanza (non confutata in ricorso) dell'intervenuta perdita di efficacia, per decorso dei termini, della concessione n. 5/2004, sicché la c.d. "variante" riferita a tale fabbricato appare configurabile quale "nuova concessione", totalmente assoggettata alle prescrizioni di piano vigenti al momento del suo rilascio;
- il Tribunale chiamato a decidere sull'appello in materia di sequestro preventivo ha il potere di escludere la prospettazione accusatoria quando essa appaia ad evidenza giuridicamente infondata ma non può esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza, sicché il controllo di legalità non può estendersi al compimento di indagini autonome.
5. Allo stato, dunque, può ritenersi senz'altro sussistente il fumus di una edificazione intrapresa in zona che ancora non poteva considerarsi adeguatamente urbanizzata e non conforme all'indice di edificabilità (rapporto superficie-volume) consentito dalla pianificazione vigente.
La compiuta verifica spetta al giudice del merito ma, a fronte dei prospettati elementi, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie argomentazioni svolte dai ricorrenti non valgono certo ad escludere la legittimità della misura adottata.
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti medesimi al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arti 607, 127 e 325 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Cosi deliberato in ROMA, nella camera di consiglio del 25.1.2011
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 09/05/2011