Cass. Sez. III n. 49266 del 21 novembre 2016 (Ud 13 lug 2016)
Pres. Andreazza Est. Renoldi Ric. Centofanti
Urbanistica.Legislazione antisismica ed ignoranza della legge
La individuazione dei comuni e delle zone sottoposti alla legislazione antisismica avviene con norme poste da fonti normative secondarie di diritto oggettivo. Ne consegue che, pertanto, grava sull'agente una presunzione di conoscenza della legge, che può essere superata, secondo l'interpretazione avallata dalla sentenza n. 364 del 1988 della Corte costituzionale, pronunciata in relazione alla previsione dell'art. 5 cod. pen., solo nei casi di oggettiva impossibilità di conoscenza del precetto, l'inevitabilità dell'errore sul divieto non dovendo essere commisurata alla stregua di criteri cd. soggettivi puri (ossia di parametri che valutino i dati influenti sulla conoscenza del precetto esclusivamente alla luce delle specifiche caratteristiche personali dell'agente), quanto piuttosto secondo criteri oggettivi; ed anzitutto in base a criteri (cd. 4 oggettivi puri) secondo i quali l'errore sul precetto è inevitabile nei casi d'impossibilità di conoscenza della legge penale da parte d'ogni consociato
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 12/03/2015 il Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona condannò C.F. alla pena, condizionalmente sospesa, di 300,00 Euro di ammenda in relazione alla contravvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 94 e 95, accertata il (OMISSIS), per avere realizzato, in una superficie adiacente al terreno sito in (OMISSIS), al fg. (OMISSIS), part. (OMISSIS) del catasto, un muro di contenimento in cemento armato della lunghezza di circa 3,75 metri e con altezza massima pari a 3 metri, in assenza della prescritta autorizzazione del competente Ufficio tecnico della Regione. Con lo stesso provvedimento il Tribunale assolse lo stesso C., con la formula "perchè il fatto non costituisce reato", in relazione al delitto di cui agli artt. 633 e 639 c.p. contestatogli al capo a) dell'imputazione, per avere, con la predetta opera, arbitrariamente invaso, al fine di occuparla, la menzionata superficie del demanio stradale.
Secondo il Tribunale l'indicata opera edilizia doveva ritenersi rientrare nella nozione di "costruzione", in relazione alla quale, ove realizzata in zona sismica, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 93 e 94, impongono, rispettivamente, la denuncia allo sportello unico (cui deve essere allegato il progetto firmato da un tecnico autorizzato e dal direttore dei lavori) nonchè la preventiva autorizzazione da parte del Genio civile, organo tecnico regionale competente. Ciò conformemente all'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, che ha interpretato la nozione di costruzione in maniera assai ampia, comprendendovi qualsiasi opera, a prescindere dalle sue caratteristiche o dimensioni, purchè costituente manufatto in muratura, in modo da consentire i dovuti controlli sul rispetto della normativa in materia di costruzione in zone sismiche.
In assenza della prescritta autorizzazione, il Tribunale ritenne integrata la contravvenzione contestata, considerando come del tutto ininfluente, ai fini della commissione del reato, avente natura istantanea, l'asserito rilascio della prescritta autorizzazione successivamente all'esecuzione dei lavori.
2. Avverso la suddetta sentenza, C.F. propone ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi di censura.
Con il primo motivo egli denuncia la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in generale e delle norme giuridiche riguardanti la L. n. 380 del 2001 e del combinato disposto della L. n. 64 del 1974.
Secondo l'assunto dell'imputato, il giudice di prime cure avrebbe omesso di considerare che il Comune di Ari, violando la normativa edilizia, non avrebbe richiesto, all'atto della presentazione del progetto per la realizzazione del manufatto, la certificazione di adeguamento alla normativa antisismica, da rilasciarsi a cura del Genio Civile e da allegare alla richiesta di permesso di costruire. E, in questo modo, i tecnici del Comune avrebbero indotto in errore l'imputato.
Nondimeno, costui si sarebbe recato più volte presso gli uffici comunali e del Genio Civile, accompagnato dal proprio tecnico e da Carmine Ciancio, al fine di verificare se vi fosse bisogno della certificazione antisismica; ed in tale frangente gli sarebbe stato confermato che per il manufatto architettonico che intendeva realizzare non era prevista alcuna preventiva autorizzazione da parte del Genio Civile. A riprova di ciò, il permesso di costruire n. (OMISSIS) del (OMISSIS) non avrebbe previsto alcun obbligo, per il richiedente, di effettuare il preventivo deposito dell'elaborato tecnico presso l'Ufficio del Genio Civile.
A fronte di un siffatto comportamento nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, si sarebbe potuto muovere a carico dell'imputato. Tanto più che lo stesso consulente del Pubblico ministero, Arch. Ci., avrebbe confermato la farraginosità della normativa e la mancanza, tra gli operatori degli uffici tecnici, di una chiara consapevolezza della disciplina applicabile.
La buona fede dell'imputato sarebbe stata, altresì, dimostrata dal fatto che subito dopo aver avuto notizia dell'obbligo a suo carico, egli aveva provveduto a depositare, seppur tardivamente, il progetto dei lavori presso il Genio Civile.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) la violazione dell'art. 495 c.p.p., comma 2 per limitata e mancata assunzione di una prova decisiva; omessa motivazione e motivazione contraddittoria.
Il Giudice di primo grado avrebbe disatteso le richieste istruttorie proposte dalla Difesa dell'imputato, avendo limitato a tre il numero dei testimoni, senza ammetterne altri, in aperta violazione dell'art. 495 c.p.p., comma 2, e del diritto di C. all'ammissione delle prove a discarico, atteso che i testimoni non ammessi sarebbero stati a conoscenza del fatto che egli si era prodigato in tutti i modi per acquisire le informazioni necessarie presso gli uffici competenti, recandovisi più volte, in compagnia dei tecnici di sua fiducia, per conoscere quali adempimenti avrebbe dovuto compiere con riferimento alla normativa antisismica, ricevendo l'assicurazione che per il Comune di Ari, in relazione a quel tipo di manufatto e di quella altezza, non ricorreva alcun obbligo. In questa prospettiva, le prove di cui l'imputato aveva chiesto l'assunzione e che il giudice aveva, invece, ritenuto superflue, avrebbero avuto carattere di assoluta decisività.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Procedendo all'analisi dei motivi di ricorso secondo un ordine logico, conviene innanzitutto trattare il secondo motivo di ricorso, il quale è certamente infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Come ricordato nella esposizione che precede, all'udienza del 12/03/2015, il Tribunale di Chieti aveva disposto la revoca dell'ordinanza ammissiva di alcune prove per testi dedotte dalla Difesa sul presupposto della loro superfluità "alla luce del compendio documentale in atti" (v. ordinanza istruttoria presente a pag. 32 del fascicolo dibattimentale). Revoca che il ricorrente ora censura per violazione del diritto di difesa, chiedendo l'annullamento della sentenza.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nondimeno, la revoca dell'ordinanza ammissiva di testi della difesa, ancorchè in ipotesi resa in difetto di adeguata motivazione sulla superfluità della prova ai sensi dell'art. 495 c.p.p., comma 4, produce una nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 180 c.p.p., la quale deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell'art. 182 c.p.p., comma 2, con la conseguenza che, in caso contrario, essa è sanata (Sez. 2, n. 9761 del 10/02/2015, Rizzello, Rv. 263210; Sez. 5, n. 51522 del 30/09/2013, Abatelli e altro, Rv. 257891; Sez. 5, n. 18351 del 17/02/2012, Biagini, Rv. 252680; Sez. 3, n. 20128 del 12/02/2009, Bisiol, Rv. 243712; Sez. 3, n. 816/2006 del 6/12/2005, Guatta, Rv. 233256).
Tuttavia, nel caso di specie, tale eccezione non risulta tempestivamente dedotta, avendo il giudice, subito dopo la revoca dell'ordinanza, invitato le parti a concludere ed avendo, queste ultime, proceduto in tali termini senza nulla opporre (v. verbale dell'udienza del 12/03/2015, presente a pag. 32 del fascicolo dibattimentale).
2. Quanto poi al primo motivo di ricorso, giova in premessa ulteriormente ribadire come sia stata pacificamente accertata, nel corso dell'istruttoria dibattimentale, la necessità del nulla osta da parte del Genio civile, che non a caso l'odierno imputato richiese ed ottenne successivamente al sopralluogo da parte dei tecnici che effettuarono gli accertamenti in loco.
La circostanza che, nondimeno, è contestata dal ricorrente, riguarda l'elemento soggettivo e, dunque, la possibilità di configurare, a carico dello stesso C., un profilo di colpa nell'avere realizzato le opere senza avere preventivamente richiesto, all'organo tecnico provvedimento autorizzativo.
Sul punto osserva nondimeno il Collegio che anche astrattamente provato - ciò che, come si è visto, non è tuttavia avvenuto - che l'imputato abbia interloquito con gli uffici tecnici competenti, venendo dagli stessi indotto in errore, in ogni caso C. sarebbe comunque incorso, sotto un duplice profilo, in una condotta colposa.
Sotto un primo aspetto, infatti, questa Corte ha già avuto modo di osservare che la individuazione dei comuni e delle zone sottoposti alla legislazione antisismica avviene con norme poste da fonti normative secondarie di diritto oggettivo (così, tra le altre, Sez. 3, n. 5455 del 28/11/2013, Nincheri e altro, Rv. 258301). Ne consegue che, pertanto, grava sull'agente una presunzione di conoscenza della legge, che può essere superata, secondo l'interpretazione avallata dalla sentenza n. 364 del 1988 della Corte costituzionale, pronunciata in relazione alla previsione dell'art. 5 c.p., solo nei casi di oggettiva impossibilità di conoscenza del precetto, l'inevitabilità dell'errore sul divieto non dovendo essere commisurata alla stregua di criteri cd. soggettivi puri (ossia di parametri che valutino i dati influenti sulla conoscenza del precetto esclusivamente alla luce delle specifiche caratteristiche personali dell'agente), quanto piuttosto secondo criteri oggettivi; ed anzitutto in base a criteri (cd. oggettivi puri) secondo i quali l'errore sul precetto è inevitabile nei casi d'impossibilità di conoscenza della legge penale da parte d'ogni consociato (v. Sez. 3, n. 23494 del 17/04/2014, Bonura, non massimata). Una condizione, nella specie, pacificamente non ravvisabile.
Sotto altro profilo C. avrebbe comunque violato una regola di comune diligenza e prudenza nell'essersi limitato, secondo la sua stessa prospettazione, a formulare istanze informali e non documentate all'amministrazione, senza optare per la soluzione formalmente più corretta sul piano procedurale: ovvero la presentazione di una espressa richiesta all'autorità amministrativa, competente al rilascio del nulla osta, attendendo, per l'inizio dei lavori, la decisione favorevole ovvero, in caso di rigetto, attivando i rimedi previsti dall'ordinamento.
Ciò che, conseguentemente, impone di addivenire, anche sotto tale profilo, all'affermazione della infondatezza della censura dedotta.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere, dunque, rigettato e l'imputato condannato alle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2016.