Cass. Sez. III n.39601 del 28 ottobre 2024 (CC 3 ott 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Bannino
Urbanistica.Giudice esecuzione e demolizione
Il giudice dell’esecuzione non ha la competenza funzionale a emendare l’errore materiale contenuto nella sentenza di condanna irrevocabile per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 (e/o per quello di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004) che ometta di ordinare la demolizione del manufatto abusivo e/o la rimessione in pristino.
RITENUTO IN FATTO
1. Ignazio Bannino ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 17 aprile 2024 del Tribunale di Trapani che, pronunciando in sede esecutiva ed in accoglimento della richiesta del Pubblico ministero, ha disposto correggersi l’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza di applicazione pena del 5 aprile 2016 del medesimo Tribunale (irr. il 7 ottobre 2016) mediante l’inserimento nel dispositivo delle seguenti parole: «visto l’art. 31 comma 9 D.P.R. 380/2001, ordina la demolizione delle opere abusive, ove non altrimenti eseguita, a cura e spese di BANNINO Ignazio».
1.1. Con unico motivo deduce l’intangibilità del giudicato e la conseguente violazione degli artt. 130, 173, 448, 568 e 676 cod. proc. pen., nonché dell’art. 111 Cost., lamentando che il giudice dell’esecuzione non può correggere il dispositivo di una sentenza ormai irrevocabile in assenza di impugnazione del pubblico ministero sul punto oggetto di successiva correzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è fondato.
3. Con sentenza del 5 aprile 2016, il Tribunale di Trapani aveva applicato all’odierno ricorrente la pena, concordata con il Pubblico ministero, di sedici giorni di arresto e 14.438,00 euro di ammenda per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 (capo A), 110 cod. pen., 181 d.lgs. n. 42 del 2004 (capo B) e 110 cod. pen., 1161 Cod. nav. (capo C), accertati Favignana il 13 agosto 2013. Né nella motivazione, tantomeno nel dispositivo si faceva riferimento all’ordine di demolizione dell’opera abusivamente realizzata, ordine mai disposto ai sensi dell’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001.
3.1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Trapani, pronunciando in sede esecutiva, ha emendato il dispositivo nei termini indicati al § 1 che precede. Il Tribunale ha dichiaratamente applicato il principio affermato dalla Corte di cassazione con sentenza Sez. 3, n. 10067 del 02/12/2008, Guadagno, Rv. 244016 - 01, secondo cui quale l’omessa statuizione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo o dell'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato è rimediabile mediante il ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, in quanto si tratta di sanzioni amministrative accessorie di natura obbligatoria ed a contenuto predeterminato.
3.2. In realtà, la massima non riproduce fedelmente la motivazione della sentenza che, invece, così espressamente afferma: «[i]n conclusione, si deve affermare il principio di diritto secondo cui in caso di condanna per reato urbanistico che ometta di ordinare la demolizione delle opere abusive, o di condanna per reato paesaggistico che ometta di ordinare la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, trattandosi di sanzioni amministrative accessorie a contenuto predeterminato: a) è possibile rimediare alla omissione attraverso la procedura di correzione dell'errore materiale ex art. 130 c.p.p.; b) competente al riguardo è il giudice che ha emesso la sentenza di condanna, nonché il giudice della impugnazione, quando questa non sia inammissibile, ma non il giudice della esecuzione, che non ha una competenza specifica in materia».
3.3. Poiché in quel caso la sentenza emendata era divenuta irrevocabile, la Corte di cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico ministero che si era doluto del rigetto del Giudice dell’esecuzione della sua richiesta di correggere il dispositivo mancante dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi.
3.4. Il principio affermato da Sez. 3, Guadagno, è stato ribadito da Sez. 3, n. 40340 del 27/05/2014, Bognanni, Rv. 260421 - 01 e da Sez. 3, n. 35200 del 26/04/2016, Prestifilippo, Rv. 268106 - 01.
3.5. La giurisprudenza di legittimità ha sempre sostenuto che non rientra tra le attribuzioni del giudice dell'esecuzione la correzione, in generale possibile, dell'omessa adozione, in sentenza (nella specie, di applicazione della pena), della sanzione amministrativa accessoria della demolizione delle opere abusive o della riduzione in pristino dello stato dei luoghi (Sez. 3, n. 33642 del 21/04/2022, Laudani, Rv. 283473 - 01; Sez. 3, n. 12950 del 25/01/2021, Mirra, Rv. 281240 - 01; Sez. 3, n. 40861 del 23/09/2010, Pozzessere, Rv. 248696 - 01; Sez. 3, n. 32953 del 28/04/2010, Poeta, Rv. 248217 - 01; Sez. 3, n. 17380 del 22/03/2007, Ruocco, Rv. 236494 - 01; Sez. 3, n. 4751 del 13/12/2007, Gabrielli, Rv. 239070 - 01; Sez. 3, n. 33939 del 04/07/2006, Salata, Rv. 235052 - 01; Sez. 3, n. 21022 del 24/02/2004, Alberti, Rv. 229039 - 01).
3.6. Più recentemente si è invece riaffermato il principio secondo il quale l’omissione in sentenza di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non ne determina la nullità ed è emendabile dal giudice dell’esecuzione con la procedura di correzione dell'errore materiale di cui all'art. 130 cod. proc. pen. (Sez. 16714 del 12/03/2024, Annunziata, Rv. 286197 - 01; Sez. 3, n. 39081 del 17/05/2017, De Giudice, Rv. 270793 - 01).
3.7. Si tratta, per vero, di pronunce relative alla applicazione della confisca obbligatoria da parte del giudice dell’esecuzione, anche se la ratio dedicendi sembra applicabile, per quanto oltre si dirà, anche all’ordine di demolizione.
3.8. Afferma Sez. 3, Annunziata: «Si premette che - in tema di correzione di errore materiale - le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 18 maggio 1994, n. 8, depositata il 29 settembre 1994, hanno affermato che deve ritenersi esclusa l'applicabilità dell'art.130 c.p.p., quando la correzione si risolve nella modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già assunta. "L'errore, quale che sia la causa che possa averlo determinato, una volta divenuto partecipe del processo formativo della volontà del giudice, non può che diffondere i suoi effetti sulla decisione: ma questa, nella sua organica unità e nelle sue essenziali componenti, non può subire interventi correttivi, per quanto ampio significato si voglia dare alla nozione di "errore materiale" suscettibile di correzione. Viceversa, sono sempre ammissibili gli interventi correttivi imposti soltanto dalla necessità di armonizzare l'estrinsecazione formale della decisione con il suo reale intangibile 'contenuto, proprio perché intrinsecamente incapaci di incidere sulla decisione già assunta”. 1.1 - Tale principio è stato ribadito da una successiva decisione delle Sezioni Unite (9 ottobre 1996, n. 19, depositata il 6 dicembre 1996) ove è stato riaffermato, con riferimento alla definitività delle sentenze della Corte di Cassazione, che "non è consentito ricorrere alla procedura per la correzione degli errori materiali al fine di emendare gli errori di fatto in cui sia incorso il giudice: in tal modo, infatti, verrebbe dato ingresso ad un mezzo volto non già ad un'emenda del testo della sentenza, ma ad una inammissibile modifica della decisione”. Le Sezioni Unite, poi, si sono pronunciate sul tema dei rapporti tra ricorso straordinario per errore di fatto e procedura di correzione degli errori materiali, affermando (con sentenza 27 marzo 2002, n. 16102, depositata il 30 aprile 2002, Chiatellino) il principio secondo il quale, "non è consentito il ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, prevista dall'art. 130 c.p.p., per porre rimedio ad errori di fatto contenuti in provvedimenti della Corte di Cassazione, emendabili soltanto a norma dell'art. 625 bis dello stesso codice che disciplina l'unico rimedio esperibile per l'eliminazione di quest'ultimo tipo di errori”. 1.2. Le Sezioni Unite, infine, con un più recente intervento (sentenza 31 gennaio 2008, n. 7945, depositata il 20 febbraio 2008, Boccia), hanno ribadito il principio secondo il quale "la omissione di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina nullità e non attiene a una componente essenziale dell'atto, onde ad essa può porsi rimedio con la procedura di correzione di cui all'art. 130 c.p.p.", e sulla base di tale principio sono pervenute alla conclusione che "in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, laddove il giudice abbia omesso di condannare l’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, può farsi ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, sempre che non emergano specifiche circostanze idonee a giustificare l'esercizio della facoltà di compensazione, totale o parziale, delle stesse”. Secondo un indirizzo di giurisprudenza, che si richiama ai principi generali espressi da quest'ultima decisione delle Sezioni Unite, all'omessa statuizione della confisca obbligatoria nella sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti si può ovviare con la procedura di correzione degli errori materiali; si ammette dunque che possa essere disposta, ricorrendo alla procedura di correzione degli errori materiali, l'integrazione del dispositivo della sentenza impugnata nel senso di aggiungervi l'ordine di confisca (Sez. 3, n. 39081 del 17/05/2017, De Giudice, Rv. 270793; Sez. 6, n. 2944 del 12/11/2009, dep. 2010, Rubino, Rv. 246131; Sez. 1, n. 2881 del 13/06/1994, Rv. 198945). Si tratta di indirizzo che allo stato appare preferibile e consolidato, pur non ignorando, il collegio, la presenza di pronunce secondo le quali è abnorme il provvedimento con cui il giudice della cognizione dispone la confisca in un momento successivo a quello della pronuncia della sentenza, in quanto all'omessa pronuncia di tale provvedimento è possibile porre rimedio solo con l'impugnazione o, in caso di formazione del giudicato, con lo strumento previsto dall' art. 676 cod. proc. pen., specificamente dettato per l'ipotesi di beni oggetto di ablazione obbligatoria (in tal senso da ultimo Sez. 6, n. 25602 del 27/05/2020 Ammerti, Rv. 274578; sez. 5, n. 26481 del 04/05/2015, Cannone, Rv. 264004; Sez. 6, n. 10623 del 19/02/2004, Laklaa, Rv. 261886). 1.3. E invero deve ribadirsi che l'errore materiale ex art. 130 cod. proc. pen. viene unanimemente ravvisato nell'ipotesi di divergenza manifesta e casuale tra la volontà del giudice e il correlativo mezzo di espressione. Tipici in tal senso sono l'errore linguistico o l'errore enucleabile a seguito dell’analisi interna dell’atto. Si tratta di mere irregolarità formali, riparabili attraverso la semplice esplicitazione della volontà effettiva del giudice enucleabile dall'atto stesso. In tal caso è evidente che non possono in radice operare le preclusioni di cui all'art. 130 c.p.p. ("errori od omissioni che non determinano nullità e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell'atto"), non potendo, l'irregolarità, determinare nullità, né, la sua rimozione, una modificazione essenziale dell'atto. Non si differenziano concettualmente da tali ipotesi, anche se comportano in concreto un'estensione dell'area di ricognizione della volontà del giudice, quelle pronunce che ammettono la correzione sulla base di atti diversi da quello da correggere. Una variante qualitativa (cfr. in motivazione, Sez. Un. 31 gennaio 2008, n. 7945, cit. del 20 febbraio 2008a), rispetto all'impostazione di base, ricorre in quella (prevalente) giurisprudenza, seguita da parte della dottrina, che, con riferimento in particolare a casi di errore omissivo, ritiene esperibile la procedura correttiva a fronte della divergenza tra l'espressione usata dal giudice e quanto egli, pur nell'assenza di dirette risultanze della sua volontà in tal senso, avrebbe comunque dovuto univocamente esprimere in forza di un obbligo normativo. In tale ipotesi, si osserva, ricorre ugualmente la necessità e automaticità dell'intervento correttivo, diretto a esplicitare un comando giudiziale tradito dalla concreta realizzazione espressiva. Il dato peculiare è che quello che si introduce non si identifica nella volontà soggettiva del giudice, come emergente dallo stesso atto (o da atti allo stesso collegati), bensì la sua volontà "oggettiva", da considerarsi (necessariamente) immanente nell'atto, per dettato ordinamentale. Questa estensione della nozione di errore materiale nel processo penale deve essere condivisa, in quanto dal tenore dell'art. 130 c.p.p. non si evince alcun vincolo nel senso che il risultato dell'operanda correzione debba essere stato imprescindibilmente oggetto della effettiva volontà cosciente del giudice. Quello che si richiede è solo che dall'errore non derivi la nullità dell'atto e che la sua rimozione non ne determini una modificazione essenziale. E se il carattere materiale e ricognitivo dell'operazione non può mai legittimare processi concettuali di revisione o formulazione ex novo della volontà giudiziale, non per questo debbono considerarsi inibiti, nei limiti delle condizioni normativamente previste, interventi correttivi di automatica applicazione di quanto sia imposto dall'ordinamento (e non sia stato, beninteso, deliberatamente disatteso dal giudice). In tal caso deve effettuarsi un'unica verifica volta ad accertare l’insussistenza delle condizioni preclusive previste dall'art. 130 c.p.p. 1.4. In tale quadro si è evidenziato che, senza incorrere in cataloghi predeterminati di casi, non possono - per coerenza di sistema - determinare nullità e attenere a componenti essenziali dell'atto quelle omissioni per le quali lo stesso ordinamento prevede la correggibilità mediante la procedura di cui all’art. 130 c.p.p. come con riguardo all'art. 535, comma 4, c.p.p. Analoghe ragioni sistematiche impongono di ritenere insussistenti le condizioni preclusive di cui all'art. 130 c.p.p. anche per quelle omissioni in ordine alle quali sia previsto un automatico intervento integrativo da parte del giudice dell'esecuzione, come ad es. nei casi in cui sia mancata (non per scelta consapevole del giudice) la statuizione di pena accessoria obbligatoria o di confisca obbligatoria. Quest'ultimo rilievo consente di non condividere la valorizzazione della espressa previsione di facoltà del giudice dell'esecuzione nel procedere alla adozione di provvedimenti obbligatori omessi, come in tema di confisca, per escludere analoghi interventi del giudice della cognizione che risulti competente, mediante la procedura ex art. 130 cod. proc. pen. L'elemento che accomuna le situazioni descritte è all'evidenza la realizzabilità dell'integrazione dell'atto mediante operazioni meccaniche di carattere obbligatorio e conseguenziale. Tale elemento può, dunque, considerarsi presupposto sostanziale per la (implicita) valutazione normativa di non essenzialità della componente dell'atto omessa e di esclusione del carattere invalidante dell’omissione. 1.5. Dal complesso delle previsioni esaminate appare, dunque, emergere, e va ribadito, in un contesto di lettura del sistema che ne rispetti doverosamente le interne esigenze di coerenza logica e comparativa, il principio minimo per il quale la omissione di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina nullità e non attiene a una componente essenziale dell'atto, onde ad essa può porsi rimedio con la procedura di correzione di cui all'art. 130 c.p.p.».
3.9. Gli stessi argomenti sono stati sviluppati da Sez. 3, De Giudice.
3.10. È noto che l'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, con effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l'autore dell'abuso, con la conseguenza che non può ricondursi alla nozione convenzionale di "pena" nel senso elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetto a prescrizione (Sez. 3, n. 3979 del 21/09/2018, dep. 2019, Rv. 275850 - 02; Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Rv. 267977 - 01; Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Rv. 265540 - 01; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Rv. 264736 - 01; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, Rv. 250336 - 01).
3.11. Tale principio è stato recentemente ribadito anche dal Giudice convenzionale (Corte EDU Sezione I, 12 settembre 2024, Longo c/Italia) secondo il quale, sebbene l'ordine di demolizione sia emesso in ambito penale, il suo scopo è ripristinatorio – riportare il sito al suo stato precedente – e non punitivo, sicché non vi è "pena" ai sensi dell'articolo 7 della Convenzione (nessuna pena senza legge) e l'ordine di demolizione non è soggetto a prescrizione.
3.12. Ora, per quanto l’identità di ratio sembri deporre a favore della emendabilità in sede esecutiva anche dell’errore del giudice della cognizione che ometta di ordinare la demolizione ai sensi dell’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001 (trattandosi di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato), ciò che tuttavia osta alla applicazione del principio affermato in tema di confisca obbligatoria da Sez. 3, De Giudice, e Sez. 3, Annunziata, è proprio il tenore letterale dell’art. 676 cod. proc. pen. che non annovera tra le competenze funzionali del giudice dell’esecuzione quella di ordinare la demolizione del manufatto abusivo quando non vi abbia provveduto il giudice della cognizione; né tale competenza è desumibile dalla lettura degli articoli precedenti (diversamente da quanto previsto, invece, per la confisca).
3.13. È questo l’argomento utilizzato da Sez. 3, n. 46656 del 09/11/2011, D’Amato, Rv. 251962 - 01, che, muovendo dalla natura derogatoria dell’art. 676 cod. proc. pen. al principio generale della irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali definitivi di cui all’art. 648 cod. proc. pen., ne predica la stretta interpretazione e l’impossibile applicazione al di fuori delle materie in esso specificamente previste (in questo stesso senso la giurisprudenza citata al § 3.5, nonché Sez. 3, n. 872 del 14/12/2023, dep. 2024, Migliaccio, Rv. 285734 - 01 che, in un caso di omessa statuizione, nel decreto penale di condanna, dell'ordine di demolizione, ha escluso la competenza del giudice dell’esecuzione a disporre l’ordine, esulando l'emissione di tale ordine dalle "altre competenze" tassativamente indicate dall'art. 676 cod. proc. pen).
3.14. Deve perciò essere ribadito il principio di diritto secondo il quale il giudice dell’esecuzione non ha la competenza funzionale a emendare l’errore materiale contenuto nella sentenza di condanna irrevocabile per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 (e/o per quello di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004) che ometta di ordinare la demolizione del manufatto abusivo e/o la rimessione in pristino.
3.15. Ne consegue che il ricorso deve essere accolto e l’ordinanza impugnata annullata senza rinvio.
3.16. Copia degli atti deve essere trasmessa al Comune di Favignana per gli adempimenti di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 relativi alla demolizione del manufatto ove non altrimenti disposta.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone trasmettersi copia degli atti al comune di Favignana per gli adempimenti di cui all'art. 31 d.P.R. 380/2001
Così deciso in Roma, il 03/10/2024.