Cass. Sez. III n. 21924 del 22 maggio 2013 (Cc 13 mar. 2013)
Pres. Mannino Est. Sarno Ric. Cerciello
Urbanistica. Giudice amministrativo e ordine di demolizione

L'annullamento dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo da parte del Tar (ed a maggior ragione, la mera pendenza di un ricorso al Tar) non incide sul provvedimento di restituzione in favore dell'Autorità comunale, già disposta dal P.M. per l'inutile decorso del termine di novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire, essendosi verificata, alla scadenza del predetto termine, l'automatica acquisizione al patrimonio comunale del manufatto e dell'area di sedime.

OSSERVA

1. C.P. propone ricorso per cassazione avverso l'ordinanza 20/7/2011 con la quale la Corte di Appello di Napoli ha rigettato l'istanza di restituzione dell'area di sedime su cui originariamente insistevano i manufatti abusivi poi demoliti tra i mesi di aprile e maggio 2011, in esecuzione dell'ordine di demolizione di cui alla sentenza di condanna 12/7/2005 del Tribunale di Nola successivamente confermata dalla Corte di Appello di Napoli.

La corte di merito ha rigettato in sede di esecuzione l'istanza finalizzata alla restituzione del terreno su cui insistevano i manufatti demoliti affermando che ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 31 non solo il bene abusivamente edificato ma anche l'area di sedime debba ritenersi acquisita di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.

2. Deduce in questa sede il ricorrente la violazione di legge (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31) e il vizio di motivazione lamentando che l'acquisizione dell'opera abusiva e dell'area di sedime non era assoggettata a confisca nè risultava acquisita al patrimonio del comune o dichiarata di prevalente interesse pubblico. Aggiunge poi che l'acquisizione dell'area al comune non rappresenta una conseguenza automatica della realizzazione abusiva dell'opera ma consegue solo all'accertamento della ingiustificata inottemperanza dell'ingiunzione a demolire. E, pertanto, eccepisce che per un verso necessita la previa notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza alla demolizione e, per altro verso, occorre che l'inadempienza sia ingiustificata il che non è accaduto nella specie avendo il ricorrente presentato ricorso al TAR non ancora culminato in una sentenza definitiva ed avendo anche richiesto con domanda del 10.12.2004 il condono ex art. 326 del 2003. Si rappresenta, infine, che, in ogni caso, l'estensione dell'area è superiore a quella acquisibile ex lege.


CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.

Come correttamente rilevato dal PG della Corte, secondo l'orientamento ormai consolidato nelle più recenti pronunce di questa Corte ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 7, comma 3 e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 3 l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione di costruzione abusiva emesso dall'Autorità comunale comporta l'automatica acquisizione gratuita dell'immobile al patrimonio comunale in favore del quale quindi deve essere disposta la restituzione ove l'immobile stesso venga dissequestrato; in particolare l'acquisizione del manufatto e dell'area di sedime conseguente all'inottemperanza all'ordine di demolizione si verifica ope legis alla inutile scadenza del termine di novanta giorni fissato per detta ottemperanza, senza che possa avere rilievo l'ulteriore adempimento della notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza, idoneo unicamente a consentire all'Ente l'immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell'acquisizione; il trasferimento al patrimonio comunale della proprietà dell'immobile abusivo non costituisce impedimento giuridico a che il privato responsabile esegua l'ordine di demolizione, con la conseguenza che il manufatto abusivo dissequestrato dopo che il responsabile non abbia ottemperato all'ingiunzione comunale di demolizione dello stesso, va restituito non già al privato responsabile, quand'anche egli sia ancora in possesso del bene, bensì allo stesso Ente comunale, ormai divenutone proprietario a tutti gli effetti di legge a seguito dell'inutile decorso del termine di legge di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 (Cass sez 3 cent 45705 del 26/10/2011 Perticaroli; Cass sez 3 10935/2010; 35785/2004; 14638/2005; 16283/2005: 4962/2008; 48031/2008).

4. Per quanto concerne poi il ricorso al TAR esso viene evocato in questa sede in maniera del tutto generica e nulla è dato di sapere sulle ragioni di esso nè sull'esito definitivo.

Di qui l'evidente genericità della doglianza.

In ogni caso va anzitutto ricordato come la giurisprudenza della Corte sia assolutamente consolidata nell'affermare che l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con sentenza irrevocabile, non può essere revocato o sospeso sulla base della mera pendenza di un ricorso in sede giurisdizionale avverso il rigetto della domanda di condono edilizio non potendo rilevare la possibilità dell'eventuale emanazione di atti favorevoli al condannato in tempi lontani o non prevedibili (da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 16686 del 05/03/2009 Rv. 243463) e, più recentemente, si è anche affermato che l'annullamento dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo da parte del Tar (ed a maggior ragione, la mera pendenza di un ricorso al Tar) non incide sul provvedimento di restituzione in favore dell'Autorità comunale, già disposta dal P.M. per l'inutile decorso del termine di novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire, essendosi verificata, alla scadenza del predetto termine, l'automatica acquisizione al patrimonio comunale del manufatto e dell'area di sedime. (Sez. 3, Sentenza n. 10395 del 04/02/2010 Rv. 246347).

5. La già avvenuta acquisizione di diritto da parte del Comune della proprietà dell'immobile alla scadenza del termine di 90 giorni dalla notifica dell'ingiunzione comunale di demolizione (notificata sin dal 20/11/2001) priva in ogni caso anche il condannato della legittimazione a richiedere la restituzione dell'area.

6. Devono ritenersi infine inammissibili le doglianze circa l'estensione dell'area confiscata per l'assoluta genericità dei rilievi sul punto.

A mente dell'art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di Euro 1000.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2013.