Sez. 3, Sentenza n. 46291 del 09/11/2004 Cc. (dep. 30/11/2004 ) Rv. 230476
Presidente: Zumbo A. Estensore: Grassi A. Relatore: Grassi A. Imputato: Sambuco. P.M. Passacantando G.
(Conf.)
(Rigetta, Trib. Venezia, 16 Aprile 2004)
EDILIZIA - IN GENERE - Pertinenza - Nozione - Riferibilità alla sola edilizia residenziale - Fondamento.
Massima (Fonte CED Cassazione)
La qualifica di pertinenza è applicabile, ai sensi dell'art. 7, comma secondo lett. a), del D. L. 23 gennaio 1982 n. 9, convertito con legge 25 marzo 1982 n. 94, soltanto con riferimento all'edilizia residenziale in quanto le opere devono essere destinate al servizio di edifici già esistenti. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la natura di pertinenza ad un capanno da pesca e ad un magazzino per ricovero attrezzi assunti dalla difesa al servizio di un fondo rustico).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 9/11/2004
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 1367
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 29143/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SAMBUCO RICCARDO, nato a Pordenone il 7/9/1943;
avverso l'ordinanza del Tribunale di Venezia in data 16/6/04;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Grassi;
Udito il S. Procuratore Generale Dottor. G. Passacantando il quale ha chiesto il rigetto del ricorso, perché infondato.
La Corte Suprema di Cassazione:
OSSERVA
Con decreto del 15/3/04 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia disponeva il sequestro preventivo di un manufatto ad uso di capanno da pesca, di un magazzino in ferro ad uso deposito di attrezzi, di un piccolo pontile, di una piazzola a forma ottagonale e di un cancello in legno, realizzati - nell'isola Verde - Mazzorbo di Burano, Venezia, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico censita a fl. 15 del mappale 39 - da Riccardo Sambuco, indagato in ordine ai reati di costruzione abusiva, perché non preceduta da permesso di costruzione e da nulla-osta dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo.
Affermava il G.I.P. che, trattandosi di opere realizzate in zona vincolata, era irrilevante accertare se alcune di esse avessero carattere pertinenziale; che le cose sequestrande costituivano certamente cose pertinenti ai reati oggetto di investigazione, previsti dagli artt. 44 lett. c) D.P.R. 380/01 e 163 D. Lgs. 490/'99 e che, sebbene le opere abusive fossero state ultimate, doveva ritenersi esistente il pericolo che, lasciate nella disponibilità del Sambuco, avrebbero continuato a proiettare le conseguenze negative dei reati sul regolare assetto del territorio, perpetuando l'offesa del bene tutelato.
La misura cautelare reale di che trattasi veniva confermata, in sede di riesame chiesto dallo indagato, dal Tribunale di Venezia con ordinanza del 16/4/04, nella quale si legge:
a) che la zona in cui le opere di che trattasi sono ubicate è sicuramente soggetta a vincolo e nessuna autorizzazione alla loro realizzazione era stata data da parte dell'Autorità preposta alla tutela di esso;
b) che, inoltre, per le dette opere ed, in particolare, per il manufatto adibito a capanno da pesca, il quale per le dimensioni e modalità di costruzione si presentava come una vera e propria casetta, era necessario il permesso di costruzione;
c) che a nessuna di tali opere era applicabile il regime delle pertinenze, sia perché anche per queste, se realizzate in zona soggetta a vincolo, è necessario il nulla-osta della menzionata Autorità, sia perché non v'è alcun edificio principale rispetto al quale il rapporto pertinenziale potrebbe essere ipotizzato;
d) che, nonostante le opere in questione fossero ultimate, deve ritenersi sussistente il pericolo che, lasciate nella libera disponibilità del Sambuco, verrebbero usufruite e godute non solo dal proprietario, ma anche da parte di probabili ospiti dello stesso, con aumento sensibile del loro impatto ambientale in zona lagunare ed aggravamento delle conseguenze dei reati;
e) che l'istanza di rilascio di concessione in sanatoria, asseritamente presentata dal Sambuco, è irrilevante in fase di procedimento incidentale cautelare.
Avverso l'ordinanza di riesame l'indagato ha proposto ricorso per Cassazione e ne chiede l'annullamento per violazione di legge e difetto di motivazione.
Deduce, in particolare, il ricorrente:
1. che il cancello in legno ed il pontile per lo sbarco a terra sarebbero opere che non necessitano ne' di permesso di costruzione, nè di nulla-osta dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo;
2. che il capanno da pesca ed il magazzino destinato a ricovero di attrezzi costituirebbero pertinenza del fondo rustico limitrofo e, dunque, sarebbe irrilevante la mancanza di un edificio principale al cui servizio destinarli;
3. che il "periculum in mora" sarebbe stato ritenuto esistente con motivazione insufficiente e senza adeguata indicazione delle ragioni per le quali, nonostante lo avvenuto completamento delle opere asseritamente abusive, la disponibilità di queste, da parte sua, aggraverebbe l'impatto ambientale ed il carico urbanistico e comporterebbe una perpetuazione dell'offesa al bene giuridico tutelato dalla norma.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è destituito di fondamento e, come tale, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente - a mente dell'art. 616 c.p.p. - al pagamento delle spese processuali. Va anzitutto puntualizzato che, in tema di sequestro preventivo, la verifica sulle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del riesame, o dell'appello e di questa Corte non può tradursi in una anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità dell'indagato o imputato in ordine al reato, o ai reati, oggetto di contestazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità fra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria ed attenta dell'antigiuridicità penale del fatto (v. conf. Cass. Sez. Un. 7/11/'92, Midolini; sez. 3^, 18/02/'94, Pernici; 12/4/'99, Pomi;
16/5/'00, Pirrotta e 2/5/01, Berengo).
Per questo le condizioni generali per l'applicabilità delle misure cautelari personali, indicate nell'art. 273 c.p.p., non sono estensibili, per la loro peculiarità, alle misure cautelari reali e da ciò deriva che, ai fini della doverosa verifica della legittimità del provvedimento con il quale sia stato ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno o più reati, è preclusa ogni valutazione sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza, sulla gravità di essi e sulla colpevolezza dello indagato o dell'imputato (v. conf. Cass. Sez. Un. 23/4/'93, Gifuni;
sez. 3^, 14/10/'94, Petriccione e 14/4/'98, Silverio). Ciò perché, altrimenti, si finirebbe con l'utilizzare surrettiziamente la procedura incidentale di riesame per una preventiva verifica del fondamento dell'accusa, con evidente usurpazione dei poteri riservati al Giudice del procedimento principale (v. conf. Cass. sez. 6^, 4/2/'93, Francesconi; sez. 3^, 3/5/'00, Caruso; 1/10/'99, Borretti; 14/4/'98, Silverio e 16/1/'96, Lopez).
Inoltre, a norma dell'art. 325 co. 1^ c.p.p., il ricorso per Cassazione avverso ordinanze emesse in sede di riesame o di appello di misure cautelari reali può essere proposto solo per violazione di legge, non anche per difetto di motivazione, sicché tutte le censure con le quali si lamenta tale ultimo vizio vanno dichiarate inammissibili.
A mente dell'art. 321 c.p.p., quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa di questo aggravare o protrarre le conseguenze, o agevolare la commissione di altri reati, di essa può essere disposto e/o mantenuto il sequestro preventivo.
Ai fini, dunque, della legittimità della misura cautelare reale di che trattasi occorre solo verificare che nei fatti, così come rappresentati dal P.M., siano ravvisabili il reato o i reati oggetto d'indagine, a nulla rilevando - in questa sede - che il soggetto o i soggetti indagati ne siano o possano esserne ritenuti responsabili penalmente.
Ciò premesso, rileva la Corte che nella fattispecie in esame i reati oggetto di investigazione appaiono essere stati legittimamente ipotizzati in quanto qualsiasi opera, idonea a modificare l'assetto urbanistico del territorio, realizzata in zona vincolata, necessita del nulla-osta dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, a prescindere dall'eventuale carattere pertinenziale di essa. Le opere poste in essere dal Sambuco in zona soggetta a vincolo paesaggistico - un manufatto ad uso di capanno da pesca, un magazzino in ferro ad uso deposito di attrezzi, un piccolo pontile, una piazzola a forma ottagonale ed un cancello in legno - necessitavano di detto nulla-osta e del permesso di costruzione, non essendo neppure qualificabili come pertinenze escluse dal regime concessorio. Ciò perché, a norma dell'art. 7 co. 2^ lett. a) D.L. 23/17'82, n. 9, conv. con mod. in L. 25/3/'82, n. 94, la qualifica di "pertinenza" è applicabile solo con riferimento all'edilizia residenziale in quanto la legge la riserva alle opere destinate "al servizio di edifici già esistenti", sicché non è ipotizzarle alcuna pertinenza a servizio di un fondo rustico.
Questa Corte Suprema ha già statuito, a Sezioni Unite penali (v. sent. 29/1/3, ric. P.M. c. Innocenti) che, in materia edilizia, può essere disposto legittimamente il sequestro preventivo di un immobile o di altre opere, abusivamente costruiti, la cui edificazione risulti ultimata, a condizione che le "conseguenze ulteriori", rispetto alla consumazione del reato, abbiano carattere antigiuridico e possano essere impedite per effetto dell'accertamento del reato ed, altresì, che il pericolo presenti il requisito della concretezza. Nel caso di specie il Tribunale ha legittimamente e motivatamente ritenuto che il perdurare dell'utilizzo del capanno da pesca e degli altri manufatti in sequestro, implicherebbe il godimento e l'accesso, all'area relativa ed alle zone limitrofe, del proprietario e di eventuali ospiti dello stesso, con modalità più intense rispetto alla fruizione della medesima area priva di qualsiasi struttura e con conseguente protrazione delle conseguenze dei reati ed aggravamento della situazione di concreto pericolo e di rischio per l'equilibrato assetto del territorio in un ambiente delicato, qual'è quello lagunare.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso proposto da Riccardo Sambuco avverso l'ordinanza del Tribunale di Venezia in data 16/4/04 e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 Novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2004