Pres. Grassi Est. Sarno Ric. De Pasquale
Urbanistica. Ordine di demolizione e decreto penale
L'ordine di demolizione rappresenta una sanzione amministrativa e non già una pena accessoria, una misura di sicurezza o, comunque, un effetto penale della condanna. L'estensione della statuizione sulla demolizione anche alle sentenze equiparate a quelle di condanna - come accade per il patteggiamento - rende a fortiori necessario procedere nello stesso senso nel caso del decreto penale che, a prescindere dalle peculiarità che pure lo contraddistinguono, rappresenta comunque una pronuncia di condanna; e dall'altro che, diversamente opinando, la condanna per decreto si convertirebbe in un anomalo meccanismo processuale elusivo dell'applicazione della sanzione amministrativa in questione. Nel caso di decreto penale, l'ordine deve essere necessariamente impartito dal GIP, anche d'ufficio, e, quindi, a prescindere dalla esistenza di una specifica istanza del PM nella richiesta di decreto penale.
UDIENZA CAMERA DI CONSIGLIO DEL 22/05/2007
SENTENZA N. 5491
REG. GENERALE N.044486/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. GRASSI ALDO
1.Dott.TERESI ALFREDO
2.Dott.TARDINO VINCENZO LUIGI
3.Dott.FRANCO AMEDEO
4.Dott.SARNO GIULIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da :
PUBBLICO MINISTERO PRESSO GIP TRIBUNALE di LATINA
nei confronti di:
DE PASQUALE CARMINE N. IL 10/03/1967
TSEGAI MEHARI SABA N. IL 12/09/1968
avverso DECRETO del 13/04/2006 GIP TRIBUNALE di LATINA
sentita la relazione fatta dal Consigliere SARNO GIULIO
lette le conclusioni del P. G. che ha concluso: annullarsi senza rinvio
il decreto impugnato, con restituzione atti al Tribunale competente per
ulteriore corso della richiesta ex art. 459 c.p.p..
Udit i difensor Avv. //
Svolgimento del processo
In data 13.4.2006 il GIP del Tribunale di Latina emetteva decreto
penale di condanna nei confronti di De Pasquale Carmine e Tsegai Mehari
Saba per il reato di cui all'art. 44 lett. b) D.P.R. 380/2001 per la
realizzazione di un secondo piano con scala in legno (accertato in
Latina il 19.1 -11.6.2004).
Il decreto veniva comunicato al PM in data 19.5.2006.
Con atto dell'1.6.2006 il procuratore della Repubblica del tribunale di
Latina proponeva ricorso per cassazione eccependo la violazione di
legge per l'inosservanza degli artt. 31 co. 9 del T.U. n. 380/2001
(già art. 7 u.c. L.n. 47/85) in quanto il GIP aveva omesso
di ordinare con il decreto penale la demolizione delle opere abusive.
Il PG presso la Corte ha concluso, invece, chiedendo, in accoglimento
del ricorso, di farsi luogo all'annullamento senza rinvio del decreto
impugnato, con conseguente restituzione degli atti al tribunale
competente per l'ulteriore corso della richiesta ex
art. 459 cpp.
Motivi della decisione
L'esame del ricorso impone anzitutto l'analisi di alcune questioni
preliminari.
1. L'art. 31 u.c. del D.P.R. 380/2001, analogamente all'art. 7 della L.
47/85 prevede che con la sentenza di condanna per il reato di cui
all'art. 44 venga ordinata la demolizione delle opere illecitamente
realizzate se ancora non sia stata altrimenti eseguita.
Si pone allora in primis la necessità di
verificare la compatibilità dell'ordine di demolizione con
il decreto penale di condanna.
Si osserva al riguardo, infatti, che per un verso l'art. 459 u.c. cpp
ne esclude a priori la possibilità di emissione quando
risulta la necessità di applicare una misura di sicurezza
personale e che il successivo art. 460, al comma 5, sancisce che il
decreto penale non comporta l'applicazione di pene accessorie; e che,
per altro verso, l'art. 31 citato fa in effetti riferimento espresso
solo alla sentenza di condanna.
Due sono, allora, le questioni su cui necessita focalizzare
l'attenzione.
La prima concerne l'individuazione della natura dell'ordine di
demolizione.
La seconda attiene, invece, alla individuazione della sfera di
applicazione dell'art. 31 co. 9 del D.P.R. 380/2001.
Ciò posto, avuto riguardo alla prima questione, si deve
puntualizzare che, salvo sporadiche decisioni contrarie, l'orientamento
oramai consolidato della Suprema Corte è nel senso di
ritenere che l'ordine di demolizione rappresenta una sanzione
amministrativa e non già una pena accessoria, una misura di
sicurezza o, comunque, un effetto penale della condanna (ex
plurimis Sez. 3, n. 991 del 11/06/1992 Rv. 190966; Sez. 3, n.
3107 del 02/10/1997 Rv. 208837; ecc.).
La questione è stata già più volte
affrontata specialmente con riferimento alla necessità di
includere detta statuizione nella c.d. sentenza di patteggiamento in
quanto, come noto, l'art. 445 cpp prevede che la predetta sentenza non
comporta l'applicazione di pene accessorie né delle misure
di sicurezza fatta eccezione per la confisca.
Ed al riguardo si è coerentemente concluso che l'ordine di
demolizione deve essere disposto anche in sede di patteggiamento ex
art. 444 cod. proc. pen. ancorché non sia stato oggetto
dell'accordo. (Sez. 3, n. 3107 del 02/10/1997 Rv. 208837). Venendo ora
all'altro aspetto del problema non si ravvisano ragioni per escludere
sul piano logico la necessità che l'ordine di demolizione
consegua anche alla emissione del decreto penale.
Sembrano condivisibili sul punto le osservazioni del Procuratore
Generale il quale ha per un verso rilevato che l'estensione della
statuizione sulla demolizione anche alle sentenze equiparate a quelle
di condanna - come accade per il patteggiamento - rende a fortiori
necessario procedere nello stesso senso nel caso del decreto penale
che, a prescindere dalle peculiarità che pure lo
contraddistinguono, rappresenta comunque una pronuncia di condanna; e
dall'altro che, diversamente opinando, la condanna per decreto si
convertirebbe in un anomalo meccanismo processuale elusivo
dell'applicazione della sanzione amministrativa in questione.
Va peraltro aggiunto, che già l'art. 98 del D.P.R. n.
380/2001, analogamente a quanto stabiliva la L. n. 64/1974, attualmente
prevede che la demolizione delle opere o delle parti di esse costruite
in difformità alle norme del capo di riferimento -
costruzioni in zone sismiche - o ai decreti interministeriali indicati
dalla norma sia ordinata indifferentemente con il decreto o con la
sentenza di condanna ed, inoltre, che, venuto meno il divieto di
sostituzione delle pene detentive brevi, posto dall'ultimo comma
dell'art 60 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (secondo cui la
sostituzione non operava in materia edilizia ed urbanistica, quando la
pena detentiva non era alternativa a quella pecuniaria) per effetto
dell'abrogazione di tale disposizione ad opera dell' art. 4, primo
comma lett. c) della legge 10 giugno 2003 n. 133, non sembra residuare
alcuna valida ragione sul piano logico per continuare ad operare
distinzioni legate - a ben vedere - alla sola tipologia dello strumento
di condanna.
E' attualmente senz'altro possibile, infatti, come dimostra lo stesso
provvedimento in esame, applicare - per effetto della L. n. 133/2003 -
anche per i reati di cui all'art. 44 lett. b) e c) del D.P.R. 380/2001
la sola pena pecuniaria.
La natura di provvedimento dovuto, privo di contenuto discrezionale e
necessariamente consequenziale alla sentenza di condanna o ad altra
alla stessa equiparata, che ha già indotto questa Corte ad
affermare che l'ordine di demolizione va disposto anche se mancante
nella richiesta di patteggiamento (Sez. 3, n. 3123 del 28/09/1995; Rv.
202794; Sez. 3, n. 64 del 14/01/1998 Rv. 210128), induce coerentemente
a ritenere che, nel caso di decreto penale, l'ordine debba essere
necessariamente impartito dal GIP, anche d'ufficio, e, quindi, a
prescindere dalla esistenza di una specifica istanza del PM nella
richiesta di decreto penale.
2. Si pone ora la questione del rimedio esperibile nel caso in cui
l'ordine di demolizione non sia stato impartito con il decreto penale.
All'orientamento affermato da questa Corte in alcune decisioni secondo
cui la Corte, senza violare il divieto di "reformatio in pejus"
e il principio devolutivo, può, utilizzare la normativa sul
procedimento di correzione degli errori materiali (Sez. 3, n. 768 del
24/02/1999 Rv. 213669), se ne contrappone altro e più
recente -cui anche questo Collegio ritiene di dovere aderire
condividendone le motivazioni - secondo il quale, in fase di
cognizione, alla mancata inclusione nella sentenza dell'ordine di
demolizione delle opere abusive e dell'obbligo di rimessione in
pristino dello stato dei luoghi non può essere dato rimedio
tramite la procedura di correzione dell'errore materiale, ma si rende
necessaria l'impugnazione del pubblico ministero (Sez. 3, n. 21022 del
24/02/2004 Rv. 229039).
Nel caso, invece, in cui la sentenza sia divenuta definitiva l'ordine
di demolizione potrà ugualmente essere disposto dal giudice
dell'esecuzione su richiesta dello stesso pubblico ministero (sulla
applicabilità delle sanzioni amministrative obbligatorie in
sede di esecuzione si richiamano le argomentazioni già
svolte da Sez. 3, n. 1880 del 18/05/1999 Rv. 213851).
3. Avendo nella specie il procuratore della Repubblica optato per il
ricorso in cassazione, occorre vagliare anzitutto la
possibilità per il ricorrente di accedere a tale mezzo di
impugnazione con riferimento al decreto penale.
E ciò in relazione alla mancanza di una disposizione
specifica al riguardo ed alla necessità di non arrecare
vulnus al principio di tassatività enunciato all'art. 568
cpp. Va subito detto che, nel vigore del precedente codice, tale
eventualità veniva generalmente esclusa dalla giurisprudenza
di legittimità.
Ciò sul rilievo che per il decreto penale di condanna
pronunciato fuori dei casi consentiti dalla legge era possibile
l'azione revocatoria prevista dall'art. 506, comma 4, cod. proc. pen.. (ex
plurimis Sez. 2, n. 3684 dei 10/11/1989 Rv. 183708) e che, al
di fuori di essa, non era previsto alcun rimedio specifico (in questo
senso, ad esempio, Sez. 3, n. 2046 del 06/04/1962 Rv.098842, secondo
cui deve ritenersi inammissibile il ricorso con cui il PM lamenti la
erronea applicazione della pena dell'ammenda per un delitto punito con
la multa in quanto nessun mezzo è dato in questo caso al PM
per ottenere la riparazione dell'errore commesso dal pretore; Sez. 5,
n. 298 del 16/12/1966 Rv. 103293 secondo cui l'azione revocatoria non
è esperibile in qualunque ipotesi di nullità del
decreto, bensì solamente in quella in cui il decreto stesso
sia stato pronunciato 'al di fuori dei casi consentiti dalla legge!).
L'orientamento esposto non sembra al Collegio che possa continuare a
trovare applicazione nella vigenza del codice attuale.
Va anzitutto rilevato al riguardo che non è più
contemplata dalle disposizioni in vigore la possibilità per
il pubblico ministero di esercitare l'azione revocatoria. Negando
all'ufficio requirente anche la possibilità di ricorrere in
cassazione, quest'ultimo si troverebbe dunque
nell'impossibilità di far valere le proprie ragioni pure in
presenza di sostanziali anomalie del decreto.
Inoltre non può dubitarsi del carattere decisorio del
provvedimento in questione. Nella logica cui è improntato il
codice del 1988, il procedimento penale è suscettibile di
varie possibilità di definizione una delle quali
è appunto quella del decreto penale.
Ed evidenti sono le analogie tra il decreto penale e la sentenza di
condanna. Ed, invero:
a) analogamente a quanto avviene per la sentenza di condanna l'art.
460,comma 2 cpp attribuisce al giudice il potere di decidere non solo
sulla pena principale, ma anche sulla sospensione condizionale e sulla
non menzione, nonché sulla confisca o sulla restituzione
delle cose sequestrate e sulla condanna del responsabile civile;
b) gli artt. 648 e ss. cpp, a differenza degli artt. 575 e ss. del
previgente codice, espressamente menzionano l'irrevocabilità
non solo delle sentenze ma anche del decreto penale di condanna;
c) gli artt. 629 e ss. cpp che, anch'essi in maniera innovativa
rispetto al passato, estendono le disposizioni sulla revisione anche al
decreto penale.
E proprio l'assimilazione dei due istituti ha comportato la pronuncia
di questa Corte secondo cui il decreto penale di condanna il cui
dispositivo non indichi la specie e la durata della pena detentiva
sostituita da quella pecuniaria è affetto da
nullità per incompletezza nei suoi elementi essenziali alla
luce dell'art. 546, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 13335 del
26/02/2003 Rv. 226434).
Né vale obiettare, ad avviso del Collegio, che, a differenza
della sentenza di condanna, il decreto penale, quand'anche sia divenuto
esecutivo, non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o
amministrativo.
Si osserva al riguardo, infatti, che anche nell'art. 445 cpp
è inserita una analoga previsione ma ciò non ha
impedito al legislatore di affermare l'equipazione nella medesima
disposizione della sentenza di applicazione della pena su richiesta a
quella di condanna.
Appare dunque legittimo concludere che il decreto di cui agli artt. 459
e ss. cpp, ha sostanzialmente natura di sentenza condividendone il
contenuto decisorio del merito del processo.
Se ne deve pertanto dedurre, a parere del Collegio, che, pure in
assenza di una disposizione codicistica specifica, sia comunque
consentito al pubblico ministero di esperire il ricorso per cassazione
- evidentemente per la sola violazione di legge -e ciò in
base all'art. 111 Cost..
La previsione del comma 7 (e, prima delle modifiche introdotte dalla L.
Cost. n. 2/99, del comma 2), infatti, suole essere collocata
nell'esegesi giurisprudenziale e dottrinale nel sistema delle
impugnazioni come norma di chiusura per i provvedimenti definitivi a
contenuto decisorio.
4. Affermata la ricorribilità astratta del provvedimento
occorre verificare ora quali siano i termini per l'impugnazione.
L'equiparazione del decreto penale alla sentenza comporta sul piano
logico la conseguenza che il termine per proporre impugnazione debba
essere necessariamente quello di trenta giorni (art. 585 co. 1 lett. b)
cpp) e, poiché l'art. 460 comma 3 cpp stabilisce che il
decreto penale deve essere comunicato al PM, ai sensi del comma 2
dell'art. 585 cpp tale termine decorre evidentemente dalla data della
comunicazione stessa.
5. L'intervento della Corte rimane ovviamente precluso nel caso in cui
vi sia stata revoca espressa o tacita del decreto penale e,
naturalmente, la situazione emerga dagli atti in possesso della Corte.
In questo caso non può che competere al giudice
dell'opposizione disporre l'ordine di demolizione e/o di riduzione in
pristino dei luoghi in quanto, essendo stato revocato, il decreto
penale non è più esistente.
6. Ciò posto, poiché il ricorso è
tempestivo e non risulta allo stato validamente proposta opposizione al
decreto penale di condanna, esso deve essere accolto. Il carattere
obbligatorio "ex lege" del provvedimento consente
alla Corte, secondo consolidato orientamento, di provvedere
direttamente a disporre l'ordine di demolizione senza
necessità di rinvio al giudice di merito.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato sul punto dell'omesso
ordine di demolizione delle opere abusive, ordine che impartisce.